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a ngelo p agano - la scuola poetica siciliana

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III.3. La metafora<br />

L’utilizzo del<strong>la</strong> metafora presso i poeti del<strong>la</strong> Scuo<strong>la</strong> <strong>siciliana</strong> non è molto<br />

efficace, poiché è legato fortemente alle tradizioni: infatti incontriamo<br />

immagini che suggeriscono consuetudine, monotonia, immagini evocanti<br />

l’amore ardente (foc’aio al cor da «Madonna dir vo voglio», v. 24;<br />

m’incendon <strong>la</strong> corina da «Dolce coninzamento», v. 10) e <strong>la</strong> sua metaforica<br />

bellica, come il balenare improvviso dell’amore visto come un colpo inferto<br />

da un’arma: a lo cor m’hai <strong>la</strong>nciata; Amore m’ha feruto; fere, lo dardo de<br />

l’Amore. Le allusioni botaniche si rial<strong>la</strong>cciano, invece, al<strong>la</strong> ricca tradizione<br />

<strong>poetica</strong> provenzale: aulente rosa col fresco colore; fior de l’orto; rosa fresca. Sono<br />

presenti in gran numero metafore di significato astrale e connesse al<strong>la</strong><br />

luce, come, ad esempio, stel<strong>la</strong> lucente («Dolce coninzamento», v. 6) che però<br />

appare come semplice vocativo inserito nel contesto realistico creato<br />

dai toponimi, ancora lontano dall’immaginario concettuale e poetico del<br />

Dolce stilnovo, <strong>la</strong>sciato per lo più intravvedere con l’espressione più luce<br />

sua beltate e dà sprendore («Madonna ha ’n sé vertute», v. 5), che pure si accompagna<br />

ad attributi decisamente ”sco<strong>la</strong>stici”.<br />

III.4. L’ossimoro<br />

Figura principale del<strong>la</strong> lirica amorosa sia c<strong>la</strong>ssica che medievale, <strong>la</strong> figura<br />

dell’ossimoro è idonea soprattutto a rappresentare il dramma del<strong>la</strong> situazione<br />

dell’uomo vittima – e totalmente in balìa – del potere irrazionale<br />

dell’amore, come pure le ambivalenze del suo stato psichico. Citiamo a<br />

questo proposito un’illuminante osservazione di Santagata:<br />

14<br />

Per secoli, mancanza e frustrazione faranno del<strong>la</strong> poesia amorosa<br />

un discorso di pena; pena a cui solo <strong>la</strong> rievocazione postuma, in poesia,<br />

del<strong>la</strong> mancanza e del<strong>la</strong> frustrazione conferisce valore e pregio.<br />

La paro<strong>la</strong> <strong>poetica</strong> acquista così una funzione in bilico fra risarcimento<br />

e conso<strong>la</strong>zione, le dolci <strong>la</strong>crime e il caro soffrire divengono suoi<br />

ossimori costitutivi (Santagata 1999: 9-10).<br />

L’ossimoro si arricchisce, presso i Siciliani, quando il poeta paragona<br />

le proprie contraddizioni interne al comportamento paradossale<br />

e mitico delle creature descritte nei bestiari. Gli ossimori in Giacomo<br />

non sono esclusivamente segni di una realtà inconciliabilmente caotica,

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