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se tu vieni quassu

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di dis<strong>tu</strong>rbo od anche di offesa. Iniziò alle nove del mattino e durò fino al primo pomeriggio<br />

allorché Alfredo fu ferito e gli si inceppò poi l’arma che stava continuando ad usare per con<strong>se</strong>ntire<br />

il ripiegamento dei suoi uomini. Ormai ferito mortalmente i suoi compagni non lo abbandonarono<br />

sul campo, ma lo portarono via con loro. Assistito alla meglio da un ufficiale dell’Armata Rossa ex<br />

prigioniero dei tedeschi, dottore veterinario, lo lasciarono in un casolare di campagna e la donna<br />

che lo accol<strong>se</strong>, con suo grande rischio e pericolo, lo confortò nelle lunghe nove ore di agonia.<br />

Aveva appena 22 anni e morì alle ore quattro del mattino dell’11 giugno tra le braccia del<br />

compagno Tartagli, invocando la mamma. Benché proibito e pericoloso gli fecero regolare funerale<br />

e lo <strong>se</strong>ppellirono nel cimitero del Frassine…”.<br />

Luigi Tartagli, compagno di Gallistru nella 3^ Brigata Garibaldi, così ricorda le ultime ore<br />

dell’amico: …la mattina del 10 giugno 1944 eravamo a parlamentare nella sacrestia della chiesa<br />

di Monterotondo con il parroco don Oreste Piccioni. Ad un certo momento <strong>se</strong>ntimmo alcune salve<br />

di mortaio. Erano i tedeschi che si pre<strong>se</strong>ntarono in forze attaccandoci da due lati, dalla Buca di<br />

Paladino e dalla strada Mas<strong>se</strong>tana. Noi eravamo un centinaio, con armamento composto da alcuni<br />

mitra, due fucili mitragliatori e fucili ’91. Il comandante Chirici, resosi conto che le forze<br />

partigiane non potevano sostenere una battaglia in campo aperto, ordinò la ritirata dietro as<strong>se</strong>nso<br />

del tenente Gallistru e dei comandanti delle squadre. La battaglia era durata varie ore. Decine di<br />

tedeschi furono colpiti. Purtroppo soltanto a <strong>se</strong>ra fu possibile rastrellare i luoghi del<br />

combattimento e vi trovammo i corpi dei nostri caduti: Mario Cheli, Gino Borsari, Ercole Ferrari<br />

e due feriti, Franco Ros<strong>se</strong>tti e il nostro comandante Alfredo Gallistru. Il Ros<strong>se</strong>tti era ferito ad una<br />

gamba, ma Gallistru rivelò subito una ferita gravissima. Predisponemmo immediatamente il loro<br />

trasporto usando due scale a pioli come barelle. In un <strong>se</strong>condo tempo fummo informati della morte<br />

del partigiano Ateo Casalini, avvenuta sul versante opposto del monte. Durante la marcia in cerca<br />

di un rifugio sicuro, ci raggiun<strong>se</strong> il nostro medico. Era un ufficiale sovietico, medico veterinario.<br />

Dalla visita poté rilevare che Gallistru aveva la vescica perforata. Dopo alcune ore di cammino ci<br />

fermammo in un podere: il Chirici mi ordinò di non abbandonare il ferito e di stargli <strong>se</strong>mpre vicino.<br />

Io, pietosamente, fui costretto a rispondere alle domande di Alfredo con delle bugie, perché sapevo<br />

che non sarebbe sopravvissuto a lungo. Sorreggendogli la testa lo rassicuravo che al più presto ci<br />

sarebbe stato un intervento chirurgico, e<strong>se</strong>guito da un medico che doveva arrivare da un momento<br />

all’altro. Nel passare delle ore la sua pancia si gonfiava <strong>se</strong>mpre più. Erano le quattro del mattino<br />

dell’11 giugno 1944 quando Gallistru pronunciò le sue ultime parole: “Luigi, non ce la faccio<br />

più…mamma! mamma!” 36<br />

Il 17 gennaio 1966 Alfredo Gallistru fu decorato di medaglia d’argento alla memoria al<br />

valor militare con il soprassoldo annuo di lire 18.750. Ben più tempestiva fu la concessione della<br />

Laurea in Giurisprudenza da parte dell'Università di Cagliari avvenuta durante la inaugurazione<br />

dell’Anno Accademico 1947-48, il 18 gennaio 1948. Il consiglio comunale di Ruinas gli ha infine<br />

intitolata una via nel pae<strong>se</strong> natale mentre quello di Campiglia Marittima gli ha intitolato una<br />

piazza e la locale <strong>se</strong>zione della Democrazia Cristiana ebbe il suo nome. Dal cimitero di Frassine,<br />

luogo della prima <strong>se</strong>pol<strong>tu</strong>ra, la salma fu riesumata e trasportata con cerimonia solenne al cimitero<br />

di Massa Marittima dove <strong>tu</strong>ttora riposa assieme ad altri partigiani morti nella lotta di Liberazione.<br />

Il padre di Alfredo ritenne giusto che i resti mortali del figlio rimanes<strong>se</strong>ro nella terra dove aveva<br />

combat<strong>tu</strong>to e per la quale aveva versato il suo sangue.<br />

Di Alfredo Gallistru resta una sola fra<strong>se</strong>, scritta su un frontespizio di un libro di grammatica<br />

tedesca, usato probabilmente all’Accademia di Modena: “Alfredo Gallistru, IV compagnia, III<br />

plotone. Soltanto si merita la libertà e la vita colui che <strong>se</strong> la sa conquistare”. Fra<strong>se</strong> che riecheggia<br />

la più celebre di Mazzini: “Odio la libertà portata in dono”, che, tante volte Alfredo Gallistru avrà<br />

<strong>se</strong>ntito declamare da Chirici e dai suoi compagni partigiani di fede repubblicana. Per tale motivo<br />

36 TARTAGLI, G., Alla macchia!, cit.<br />

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