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Gli indifferenti - Scienze della Formazione

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sociali di fondo. I sociologi che abbracciano il progetto di costruire<br />

un’Italia moderna e razionalizzata cercano un rapporto privilegiato con le<br />

élite politiche, economiche ed ecclesiali che qualche anno più tardi<br />

daranno vita al primo centrosinistra. Al Nord ciò significa interagire con<br />

Cisl, Acli, camere di commercio e imprenditori illuminati come Adriano<br />

Olivetti, con il coordinamento del Centro nazionale di prevenzione e<br />

difesa sociale di Milano e del gruppo del Mulino, con sede a Bologna,<br />

due organizzazioni che raccolgono magistrati, professionisti e docenti<br />

universitari (Franzinelli e Poggio 2004; Balbo et al. 1975). Al Sud la<br />

Sezione sociologica <strong>della</strong> Svimez, fondata nel 1953, e il Centro di<br />

specializzazione e ricerche economico-agrarie per il Mezzogiorno, creato<br />

da Manlio Rossi-Doria a Portici nel 1959, nascono sotto gli auspici di<br />

Unesco e Ford Foundation (Marselli 1962; Boffo 2008). La Chiesa<br />

cattolica promuove una propria «sociologia religiosa», appoggiandosi<br />

all’Università del Sacro Cuore e a un folto gruppo di autodidatti, tra cui<br />

padre Agostino Gemelli e don Silvano Burgalassi 9 .<br />

9 I temi delle ricerche sono tipici del processo di modernizzazione: industrializzazione,<br />

urbanizzazione, razionalizzazione e mutamento culturale (Ferrarotti 1955b;<br />

Acquaviva 1959; Gallino 1960; Pizzorno 1960). L’impatto <strong>della</strong> riforma agraria del<br />

1948 sullo stato di sviluppo economico, sociale e culturale delle zone più arretrate<br />

sono l’oggetto privilegiato delle cosiddette «ricerche di comunità», che propongono<br />

una serie di approfondimenti concettuali sui temi <strong>della</strong> comunità locale, del rapporto<br />

tra città e campagna e del processo di razionalizzazione (Ardigò 1958). Più avanti, i<br />

sociologi cominciano a occuparsi di migrazioni interne e nuovi consumi, con studi<br />

importanti di Gallino (1972) e Alberoni (1960; 1964), che sottolineano le tensioni<br />

psicologiche e culturali ma anche le possibilità di integrazione delle masse di<br />

lavoratori che abbandonano le campagne del Sud per le fabbriche del Nord.<br />

L’intreccio tra persone e istituzioni e la difficoltà inerente a ogni semplificazione sono<br />

ben restituiti da questa lunga descrizione di Rinauro (2002, 683-684): «Al principio<br />

degli anni 60 i principali sociologi “di sinistra” erano già entrati da anni o si<br />

apprestavano a farlo nelle cosiddette organizzazioni di ricerca “di terza forza” e dei<br />

“monopoli”, non foss’altro che per la scarsità di alternative quando ancora<br />

l’Università, l’amministrazione pubblica e specialmente le organizzazioni del<br />

movimento operaio non offrivano spazi istituzionali alla sociologia; Roberto Guiducci<br />

diveniva membro <strong>della</strong> Fondazione Olivetti, Franco Momigliano era capo ufficio<br />

studi economici <strong>della</strong> Olivetti S.p.a. e poi membro <strong>della</strong> Fondazione Olivetti,<br />

Alessandro Pizzorno e Antonio Carbonaro erano al Centro di ricerche <strong>della</strong> Olivetti<br />

S.p.a. sin dai primi anni 50 e Carbonaro sin dal 1952 era redattore <strong>della</strong> rivista<br />

“Tecnica e organizzazione”. Luciano Gallino era capo ufficio studi e relazioni sociali<br />

<strong>della</strong> Olivetti S.p.a., Norberto Bobbio, direttore dell’Istituto di scienze politiche<br />

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