Gli indifferenti - Scienze della Formazione
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altri gruppi professionali o di potere, i sociologi ripiegano sulla richiesta<br />
di una definitiva istituzionalizzazione accademica <strong>della</strong> disciplina, vista<br />
come garanzia di autonomia e possibilità di implementare attività di<br />
ricerca del tutto indipendenti. Non è un caso che il primo concorso a<br />
cattedra, già celebrato al momento del convegno (Barbano 1998, 253-<br />
261; Treves 1962, 26), venga vinto da una terna che comprende<br />
Ferrarotti, Pizzorno e uno studioso del tutto allineato al progetto di<br />
modernizzazione, Giovanni Sartori.<br />
L’entrata nell’università, tuttavia, non basta a garantire ai sociologi<br />
l’autorevolezza necessaria a ispirare e guidare il mutamento di un Paese<br />
sempre più ripiegato su se stesso. Dieci anni più tardi, con molte ricerche<br />
e molti concorsi sulle spalle, gli scienziati sociali accademici si<br />
incontrano a Torino per fare i conti con un profondo stato di crisi. Il titolo<br />
del convegno, «Ricerca sociologica e ruolo del sociologo», non riesce a<br />
nascondere i problemi di una disciplina colpita dalla sclerotizzazione<br />
accademica, dalla critica «da sinistra» del Sessantotto e dal generale<br />
crollo di progettualità di una società che si avvita in una crisi profonda<br />
(Rossi 1971, 11-12). Il sogno del sociologo riformatore che doveva farsi<br />
èlite e ispirare l’azione politica è ormai appannato e i giovani Alessandro<br />
Cavalli e Vittorio Capecchi intervengono proponendo nuovi equilibri tra<br />
autonomia e coinvolgimento. Il pendolo parrebbe oscillare nella direzione<br />
<strong>della</strong> ricerca partecipata. Commentando la proposta di Capecchi – che si<br />
esprime contro la formalizzazione concettuale e per un pieno<br />
coinvolgimento personale del ricercatore – Pizzorno (1971, 353) afferma<br />
senza contraddizione il proprio disinteresse per le «convenzioni <strong>della</strong><br />
comunità scientifica», un’attenzione prioritaria per i soggetti collettivi<br />
«con cui si è solidali» e la necessità di essere scientificamente<br />
intransigenti (vedi anche Rositi in Aa. Vv. 2010).<br />
Ciò non significa, tuttavia, che la partita sia chiusa. Insieme a<br />
Sartori, Alberoni e molti altri, Pizzorno partecipa di lì a poco a un<br />
complesso progetto ideato da Fabio Luca Cavazza, Stephen Graubard e<br />
Ubaldo Scassellati, al fine rilanciare le scienze sociali autonome e<br />
professionalizzate. Il caso italiano, ponderoso volume uscito per Garzanti<br />
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