Gli indifferenti - Scienze della Formazione
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Da quanto detto in apertura, sembrerebbe che oggi i sociologi siano<br />
più aperti di un tempo alle suggestioni e ai contributi che vengono<br />
dall’esterno – la rivalutazione di Pasolini è parte di una più ampia<br />
riconsiderazione del contributo di poeti, letterati, artisti e «sociologiletterati».<br />
L’impressione, tuttavia, è che tale recupero avvenga da una<br />
posizione di debolezza – un ripiego più che un consapevole<br />
attraversamento di confini. Ciò dipende naturalmente dall’evolversi del<br />
campo sociologico italiano nei quarant’anni successivi allo scontro tra<br />
Ferrarotti e Pasolini – una storia che solo ora, e faticosamente, sta<br />
cominciando a essere affrontata. Secondo dinamiche che non si lasciano<br />
ridurre a una vicenda nazionale, ma che certamente prendono una forma<br />
specifica all’interno del campo sociologico italiano, la sociologia-scienza<br />
non si è mai realizzata secondo gli auspici dei rifondatori, e al tempo<br />
stesso anche la sociologia-letteratura è scomparsa, sostituita da una<br />
«sociologia-chiacchiera» che ha contribuito a costruire l’immagine del<br />
sociologo come lepido e conformista tuttologo che sforna a comando<br />
previsioni che nessuno si preoccuperà poi di verificare 19 . Tra società<br />
liquida e corsivi in prima pagina, i sociologi, o meglio alcuni di loro,<br />
hanno preso il posto degli elzeviristi temuti da Ferrarotti – a sua volta non<br />
indifferente alle lusinghe dei media – oppure hanno dichiarato<br />
ripeterà spesso la sua critica al dilettantismo di Pasolini (vedi per esempio Angeloni<br />
2011 e l’introduzione a Ferrarotti 1997), mentre il primo volume <strong>della</strong> storia <strong>della</strong><br />
sociologia di Filippo Barbano (1998) cita lo scrittore solo un paio di volte senza mai<br />
approfondirne idee e proposte. Il secondo volume, come ho già detto, è più generoso,<br />
ma non spiega perché negli anni Settanta i sociologi non prendessero sul serio le tesi<br />
di Pasolini nemmeno come pretesto per entrare nel dibattito pubblico.<br />
19 Anche in questo caso, come si suol dire, il problema è complesso e riguarda<br />
dinamiche che si presentano quasi ovunque (vedi per es. Posner 2003). Un aneddoto<br />
recente ci ricorda però le specificità dell’Italia: commentando la fine del contratto di<br />
Francesco Alberoni con il «Corriere <strong>della</strong> Sera» (settembre 2011), molti giornalisti e<br />
blogger hanno rilanciato la leggenda metropolitana <strong>della</strong> sostituzione di Pasolini<br />
come editorialista a favore dello stesso Alberoni alla metà degli anni Settanta.<br />
Sebbene non vera, questa storia viene utilizzata per descrivere icasticamente il declino<br />
<strong>della</strong> cultura italiana e dei suoi media (tra i giudizi rilanciati sui blog spopola quello di<br />
Marco Travaglio, da Beppegrillo.it: «Volete farvi quattro risate? Leggete Francesco<br />
Alberoni – sociologo del nulla, scalatore delle discese, esperto dell’ovvio – sul<br />
Corriere di oggi. Sulla prima pagina del Corriere, dove una volta scriveva Pasolini;<br />
oggi Alberoni»).<br />
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