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Gli indifferenti - Scienze della Formazione

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interessante perché mette in chiaro come i processi di definizione,<br />

delimitazione e organizzazione disciplinare nascano da dinamiche che<br />

toccano solo tangenzialmente la ricerca. Lo stesso vale, mutatis mutandis,<br />

per Pasolini: l’ossessione classificatrice e la continua sottolineatura delle<br />

appartenenze disciplinari sono problemi dei sociologi, non dello scrittore,<br />

come emerge evidente nella risposta a Ferrarotti affidata all’articolo<br />

Abrogare Pasolini del 26 luglio 1974. Pasolini (1999 [1974], 345-346)<br />

riconosce tranquillamente la differenza tra le due posizioni e le relative<br />

pretese di verità. Dal suo punto di vista, il fatto che le scienze sociali<br />

facciano parte dello strumentario concettuale dell’uomo di cultura del<br />

Ventesimo secolo non significa che ogni intellettuale pretenda di essere<br />

un sociologo in senso professionale. Il suo gioco è, al contrario, quello di<br />

rivendicare la legittimità dello sguardo di chi vive i problemi preoccupandosene<br />

e di proporsi come intellettuale sottoposto al solo giudizio<br />

del pubblico:<br />

Io non ho alle mie spalle nessuna autorevolezza: se non quella che mi proviene<br />

paradossalmente dal non averla e dal non averla voluta; dall’essermi mosso in<br />

condizione di non aver niente da perdere, e quindi di non esser fedele a nessun<br />

patto che non sia quello con un lettore che io considero del resto degno di ogni<br />

più scandalosa ricerca (Pasolini 1999 [1974], 356-357).<br />

L’immagine è quella del pensatore sradicato, a tal punto libero da legami<br />

da essere in grado di rivoluzionare continuamente ruoli, lealtà e punti di<br />

vista. Ed è proprio la distanza che Pasolini percepisce tra le scienze<br />

sociali e i loro costrutti concettuali, da una parte, e la vita vissuta,<br />

dall’altra a portarlo a reinterpretare l’indifferenza che Ferrarotti aveva<br />

rivendicato nei suoi confronti come distacco verso l’oggetto delle sue<br />

riflessioni:<br />

Abbracciando il medesimo punto di vista, commentando Milano, Corea Ferrarotti<br />

(1962, 171) nota «l’assenza di un preciso schema di riferimento, insufficientemente<br />

surrogato da uno stimolante, ma in più di un luogo approssimativo, excursus storicoeconomico».<br />

Si vedano Etnografia e ricerca qualitativa (2008), Barnao (2009) e<br />

Padovan (2007) per tre tipici interventi che si richiamano ai «sociologi dimenticati»<br />

(o emarginati: Dolci, Scotellaro e, appunto, Montaldi) rivendicando una linea di<br />

continuità per una sociologia orientata etnograficamente e/o pubblicamente.<br />

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