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Gli indifferenti - Scienze della Formazione

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Se «l’Italia scomoda e rustica non c’è più» è anche perché le classi subalterne<br />

hanno lottato per superarla, e dunque nei caratteri nuovi degli italiani c’è<br />

anche il segno <strong>della</strong> loro storia e <strong>della</strong> storia degli intellettuali che hanno<br />

saputo svincolarsi dalla soggezione ai gruppi dominanti (…) Pasolini non<br />

capisce che la scelta soggettiva può (…) liberare dal conformismo e aiutare la<br />

ragione a vincere la nevrosi.<br />

Lo scrittore, è la conclusione, è a tal punto affascinato dalla ricerca di una<br />

«diversità innocente e incontaminata» da scambiare la realtà con<br />

l’impasto di ideologia e scetticismo che lo ossessiona. Le sue non sono<br />

considerazioni politiche o sociologiche, ma clamorosi abbagli, i frutti di<br />

«un modo trasognato di vivere gli avvenimenti che conduce facilmente<br />

all’equivoco».<br />

Le argomentazioni di Mussi riprendono e sviluppano alcune delle<br />

tesi presentate da Franco Ferrarotti in un articolo pubblicato qualche<br />

giorno prima su «Paese Sera». Secondo il sociologo le descrizioni e le<br />

analisi di Pasolini sulla modernizzazione, «tutte culturologiche», non<br />

sono in grado di cogliere le basi oggettive del problema italiano – gli<br />

interessi economici e le collusioni tra i vertici – e finiscono per ridursi a<br />

una «suggestione vaporosamente irrazionale», incapace di andare oltre<br />

l’invettiva personale e tutta concentrata su una descrizione <strong>della</strong> «bassa<br />

manovalanza para-fascista» (Ferrarotti 2008a, 89). L’esito di una analisi<br />

incapace di distinguere tra Fanfani e Berlinguer è un discorso appannato,<br />

ambiguo e, in ultima istanza, pericoloso: Ferrarotti chiede polemicamente<br />

agli italiani se se la sentono di «tornare cenciosi» per soddisfare<br />

l’esigente palato di un artista che, individualmente, gode appieno dei<br />

benefici materiali e culturali del neocapitalismo (ibidem, 91).<br />

Ma c’e dell’altro. Ferrarotti, infatti, non si ferma alle prese di<br />

posizione dello scrittore, ma procede a criticarne gli strumenti e la<br />

mancanza di metodo. Il sociologo accusa infatti Pasolini di non avere le<br />

carte in regola: con le sue interpretazioni «insufficientemente analitiche»,<br />

egli «trasferisce di peso esperienze biografiche e umori altamente<br />

personali sul piano dell’analisi scientifica (…) Ma l’impresa è indebita e<br />

non va molto al di là <strong>della</strong> contaminazione linguistica» (ibidem, 89).<br />

Quella di Pasolini, in altre parole, è una pretesa ingiustificata che va<br />

immediatamente smascherata per quello che è, una sorta di gioco di<br />

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