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ARCHIVIO DI STATO DI FIRENZE - Centro MAAS

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28 Guida generale degli Archivi di Stato<br />

avvocato regio, mentre il 10 novembre 1825 l l’archivio delle decime granducali<br />

passò alle dipendenze del dipartimento per la conservazione del catasto.<br />

Continuando nel processo di ristrutturazione degli archivi, il governo toscano<br />

istituiva il 15 aprile 1829 l’archivio del soppresso monte comune. Questo comprendeva<br />

gli archivi dei monti riuniti e quelli dell’amministrazione del débito pubblico<br />

toscano e della soppressa direzione generale dei beni demaniali.<br />

Tutti gli archivi di cui si è parlato ebbero amministrazioni e sedi separate, con propri<br />

organici fino al 1852, quando, con decreto del 20 febbraio 2, Leopoldo 11 istituiva<br />

l’Archivio centrale di Stato, riunendoli in un solo organismo ad eccezione<br />

dell’archivio generale dei contratti di Firenze, che continuò a sussistere autonomamente<br />

mantenendo funzioni di sorveglianza sui pubblici notai. Restavano ancora<br />

distaccati anche l’archivio dei confìni giurisdizionali e quello della deputazione<br />

sopra la nobiltà e cittadinanza, ambedue alle dipendenze della avvocatura<br />

regia.<br />

Nello stesso decreto si assegnava quale sede dell’Archivio centrale « lo stabile<br />

detto degli Uffizi dalla parte di levante ». Questa struttura fu conservata fino<br />

al riordinamento generale degli archivi, avvenuto per gradi, dopo l’unificazione.<br />

La documentazione è attualmente ordinata per fondi archivistici che appartengono<br />

ai diversi organi politici, amministrativi e giudiziari in funzione al tempo della repubblica,<br />

del principato mediceo, di quello lorenese, della dominazione francese<br />

e dello stato unitario. Ciascuno di essi costituisce una unità autonoma, con proprio<br />

inventario.<br />

Ma all’inizio, quando Pietro Leopoldo approvò il lo dicembre 1770 il piano di<br />

riordinamento dell’archivio delle riformagioni redatto da Gian Francesco Pagnini,<br />

i criteri proposti e in parte seguiti erano ben differenti. Il Pagnini infatti considerava<br />

l’archivio delle riformagioni come un complesso di documenti destinati<br />

prevalentemente a provare i diritti e le prerogative del sovrano, e non a incrementare<br />

e a dare fondamento agli studi storici. Il fine giuridico era per lui prevalente<br />

su quello culturale; proponeva perciò di classificare innanzi tutto le pergamene<br />

che documentavano la formazione e i diritti dello Stato toscano, dividendole in<br />

quattro classi per tipo di documenti: atti pubblici esterni, atti pubblici interni e<br />

misti; atti del vecchio archivio della città di Pisa. Quanto poi agli altri documénti<br />

della signoria e del principato mediceo e a quelli contenuti nell’archivio della pratica<br />

segreta, egli proponeva la divisione in ulteriori tre classi: una degli « atti pubblici<br />

o misti o del tempo del granducato »; la seconda delle « provvisioni, leggi,<br />

statuti e riforme tanto del comune di Firenze che delle comunità sottoposte 1);<br />

la terza del carteggio dei segretari della repubblica fiorentina. ,In realtà a lavoro<br />

finito il numero delle classi aumentò a venti.<br />

Questa classificazione non fu trovata soddisfacente, tanto più che col passare del<br />

tempo altri documenti si erano aggiunti al nucleo originario e fra questi i manoscritti<br />

strozziani.<br />

Perciò nel 1783 fu assegnato a Filippo Brunetti l’incarico di rifare l’ordinamento<br />

dell’archivio delle riformagioni. Dopo otto anni di lavoro, il 21 gennaio 1791, il<br />

l Bandi Toscana, cod. XXXLI, n. LXXI.<br />

2 Ibid., cod. LIX, n, X111, vedi anche successivo regolamento del 30 settembre.

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