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R. De Lorenzo, L'età napoleonica (1800-1815) - Decennio ...

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L'ETA Á NAPOLEONICA (<strong>1800</strong>-<strong>1815</strong>)<br />

dividui, dall'altro per quelle sugli aspetti strutturali, dalle rivisitabili soppressioni di ordini<br />

religiosi e confraternite laiche e vendite di beni nazionali ed ecclesiastici, a «abolizione<br />

delle giurisdizioni esenti, riforma delle parrocchie e delle circoscrizioni diocesane,<br />

abolizione delle immunitaÁ ecclesiastiche residue» (Simone Bonechi, Chiesa e societaÁ nell'Italia<br />

<strong>napoleonica</strong>. Rassegna di studi recenti (1989-1996) e proposte di ricerca, «Cristianesimo<br />

nella Storia», XIX, 1998, p. 301), riassetto delle circoscrizioni parrocchiali e<br />

normativa sul culto. Anche per l'etaÁ <strong>napoleonica</strong> sono disponibili le visite pastorali, usate<br />

dagli storici dell'etaÁ moderna, di cui cominciano a comparire i primi regesti per l'Ottocento,<br />

grazie a Gabriele <strong>De</strong> Rosa e al citato Istituto di Vicenza (con la collegata rivista<br />

«Ricerche di storia sociale e religiosa»); le lettere pastorali, segnalate da Davide Menozzi,<br />

esprimono l'atteggiamento dell'episcopato di fronte a cambiamenti innescati da spinte<br />

laiche, in quanto introducono il piuÁ ampio rapporto tra Chiesa, istituzioni e societaÁ,<br />

prospettano linguaggi-codici sotto i quali si organizza la riproposizione di messaggi biblici<br />

e cristiani, si occultano forme di resistenza e ricerche di spazi, si palesa la partecipazione<br />

complessa, spesso conflittuale, al clima plasmato dal riformismo napoleonico.<br />

Le suggestioni di <strong>De</strong> Rosa verso una storiografia religiosa piuÁ sensibile alla storia<br />

sociale e culturale, al mondo delle diocesi e alla formazione del relativo clero, tendono<br />

a recuperare percorsi settecenteschi dei lavori di Claudio Donati, Mario Rosa, Daniele<br />

Menozzi, ma si proiettano anche sull'atteggiamento degli episcopati italiani dei secoli<br />

XIX e XX.<br />

E Á auspicabile l'ampliarsi dei quadri territoriali di riferimento oltre la monopolizzante<br />

zona veneta e al di laÁ degli studi parziali giaÁ esistenti, privi per lo piuÁ di una reale carica di<br />

rinnovamento, sugli episcopati del granducato di Toscana e della repubblica di Lucca,<br />

ove la stessa soppressione degli ordini religiosi si riduce ad un reperimento di risorse<br />

e repressione del dissenso, non comporta un reinserimento del clero parrocchiale, produce<br />

un riformismo tardivo che favorisce immobilismo e paralisi piuÁ che fattiva riorganizzazione.<br />

Da colmare sono la quasi inesistente presenza di ricerche sulle diocesi e sul<br />

personale delle gerarchie ecclesiastiche in area lombarda e la trascuratezza delle problematiche<br />

religiose in Piemonte, tranne che per alcuni profili giuridici relativi all'inserimento<br />

della Chiesa torinese in quella gallicana (Giuseppe Briacca e Aldo Giraudo).<br />

L'interesse della prospettiva eÁ inoltre nella possibilitaÁ di decostruire l'atteggiamento<br />

dei vescovi, liberandolo dai condizionamenti storico-politici, tendenti ad identificare la<br />

loro adesione all'Impero come una forma di devianza e di servilismo. Analisi che superino<br />

la settorialitaÁ della ricerca grazie alla consapevolezza di doversi inserire in processi<br />

sincronici e diacronici a maglie larghe, riporterebbero questi atteggiamenti in un processo<br />

interno alla Chiesa di fine Settecento, processo di ritorno ad una mitizzata cristianitaÁ<br />

medievale ierocratica e intransigente, al rilancio tra i fedeli di una pietaÁ devozionale<br />

e penitenziale. In questa ottica Napoleone appariva il «Nuovo Ciro», campione della<br />

fede contro la falsitaÁ dei lumi e la bestialitaÁ della rivoluzione, strumento divino per la<br />

sconfitta della persecuzione anticristiana.<br />

Il contesto culturale quindi facilita l'accoglienza da parte dei vescovi del messaggio<br />

progressista della rivoluzione e dei governi napoleonici: il caso di Dondi dell'Orologio,<br />

studiato da Paolo Preto e Agnese Coccato, prospetta la convinzione di una possibile<br />

conciliazione e convivenza di innovazioni «illuminate» e insegnamento cristiano, mostra<br />

un episcopato vitale, collaborativo ma non servile, dotato di percezione del momento e<br />

percioÁ capace di coniugare insieme tradizione, pensiero e cultura contemporanei, rap-<br />

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