RENATA DE LORENZO l'esigenza di mettere a disposizione gli archivi, di indagare le istituzioni e il loro funzionamento, di quantificare e qualificare il personale, di riproporre biografie, come percorso di collegamento tra la storia politica e la storia delle mentalitaÁ e del quotidiano, preme suffragare questa quotidianitaÁ con la valorizzazione della pubblicistica e saggistica e delle fonti locali, che ci consentano di accedere al pluralismo delle dimensioni periferiche e di articolare il pur persistente modello francese. E Á quest'ultimo, per quanto messo in crisi, ad essere di stimolo alla ricerca anche in Italia, proprio in quanto ha perso la compattezza di un tempo. Si pensi alla constatazione del persistente disordine delle finanze dall'Antico Regime, alla Rivoluzione, all'Impero, alla Restaurazione, che non ha ancora consentito di focalizzare i meccanismi finanziari che furono alla base della politica economica <strong>napoleonica</strong>, ricostruibili solo attraverso indagini sulle connesse istituzioni, spia delle risorse consolari e imperiali: borsa di valori o di commercio, camere di commercio, banche, percorso delle imprese nell'ambito delle crisi internazionali e del blocco, fiscalitaÁ e rapporto col territorio, condizioni del prelievo e della percezione delle imposte. Si tratta di settori che si riflettono sull'evoluzione sociale, dalla creazione di una nuova borghesia, alle relazioni tra antica e nuova nobiltaÁ, all'alleanza fra i gruppi e le classi, con connessi processi di arricchimento. Si pensi all'applicazione del diritto come problema di linguaggio, da verificare nella trasposizione/traduzione di testi francesi; al ruolo delle assemblee, dei consigli provinciali e distrettuali, dei consigli di dipartimento, da vedere sotto molti profili, non solo di rappresentanza, ma di socialitaÁ e strategie di gruppi, di sostituzione del potere regolamentare a quello legislativo, di gerarchie e lotte per un dominio territoriale; all'evoluzione delle arti, con un ritorno all'antico, persistente dalla Rivoluzione all'Impero, fase quest'ultima che ne accentua il carattere ufficiale, pomposo, freddo, alla ricerca della grandeur. Si prospetta attraverso questi studi una storia non solo politica, ma della politica, che si fa nei luoghi di vertice del potere, pubblici e privati, ma anche nelle periferie e che richiede la conoscenza dei ministeri (soprattutto affari esteri, finanze, dogane, corte dei conti, culto), con annesso riordino degli archivi, non solo italiani, per verificare livelli e modalitaÁ della centralizzazione, coniugare insieme vita amministrativa laica e presenza ecclesiastica. Le dinamiche politico-istituzionali rimangono quindi centrali in un'etaÁ <strong>napoleonica</strong> che cerca di adattare a Stati in continua situazione di belligeranza una politica che presuppone la pace; ad esse infatti delega una forte carica modernizzante. Il contenitore istituzionale tende tuttavia a riempirsi di storia del potere, di dinamiche di identitaÁ, di linguaggi di consenso e di appartenenza, in quanto vi confluiscono processi di varia origine che «non sono spesso di origine politica ma nella dimensione politica si confrontano e si definiscono» (R. <strong>De</strong> <strong>Lorenzo</strong>, Dalla scoperta della politica al tempo della politica, la dimensione italiana in etaÁ <strong>napoleonica</strong>, «Rassegna storica del Risorgimento», LXXXVII, 2000, p. 340). In campo internazionale il crollo del comunismo, i toni e le forme celebrative del bicentenario della rivoluzione francese, hanno sfatato il mito di una Francia esportatrice di novitaÁ in un'Italia totalmente immersa nell'Antico Regime, hanno accentuato l'esigenza di valutazioni basate su quadri comparativi ampi, europei, hanno legittimato riflessioni che cercano di recuperare percorsi di crescita interni ai singoli contesti nazionali e ai loro processi di costruzione della nazione, ponendo problemi di identitaÁ e di Ð 466 Ð
L'ETA Á NAPOLEONICA (<strong>1800</strong>-<strong>1815</strong>) differenziazione. In Italia preminente appare la sensibilitaÁ per una rinnovata storia culturale, in cui conta la valutazione delle resistenze, di qualsiasi tipo, laiche ed ecclesiastiche, di simpatizzanti/collaboratori e oppositori, urbane e rurali, in un percorso diacronico unitario 1789-1820, nonostante la specificitaÁ e fertilitaÁ di stimoli del Triennio 1796- 1799. Non ci stupisce che alla fine rimanga una percezione della dominazione <strong>napoleonica</strong> come momento di modernitaÁ, statale e sociale, con attenzione ai trend positivi piuÁ che a quelli negativi, in quanto sono i parametri della crescita piuÁ che quelli dello sviluppo che occorre tener presenti: essi non ci consentono condanne, gerarchie, ma ci pongono di fronte a quadri sociali, economici, mentali non appiattibili, in cui il dinamismo impresso dal rinnovato quadro istituzionale va rapportato ai mille mondi di un paese che dalle sue diversitaÁ puoÁ trovare stimoli e non divisioni. Ð 467 Ð RENATA DE LORENZO
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