TESI DES HAYES - UniCA Eprints - Università degli studi di Cagliari.
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marchese 200 . Inoltre, poiché la legge imponeva che all’inter<strong>di</strong>zione dei beni a un “pro<strong>di</strong>go” seguisse<br />
la revoca dell’amministrazione della giustizia nei suoi feu<strong>di</strong>, la Reale U<strong>di</strong>enza vi si attenne.<br />
Fu inevitabile, quanto vano, il ricorso dei familiari <strong>di</strong> don Pietro al viceré per quell’azione<br />
sentita come “un notabile sfregio” 201 , e alla fine, a <strong>di</strong>cembre del ‘67 il marchese si arrese alla<br />
volontà regia “con profon<strong>di</strong>ssimo ossequio […] ben veggendo esser questo, o l’unico, o il più<br />
spe<strong>di</strong>to mezzo per render sod<strong>di</strong>sfatti i miei cre<strong>di</strong>tori – aveva scritto a Torino – e far passare a’ miei<br />
figli le sostanze che mi ha <strong>di</strong>spensato il cielo, senza il peso <strong>di</strong> doversene eglino spogliare ad oggetto<br />
<strong>di</strong> risarcire la mia profusione” 202 .<br />
Un anno dopo una nuova delibera della Reale U<strong>di</strong>enza riduceva la sua ren<strong>di</strong>ta a 550 scu<strong>di</strong>,<br />
compreso il vestiario e l’affitto della casa. A nulla valse la sua invocazione alla clemenza regia<br />
affinché non fosse ridotto all’in<strong>di</strong>genza 203 . Poiché in seguito le sue con<strong>di</strong>zioni non accennarono a<br />
migliorare, il suo prestigio fu sempre più compromesso 204 . Si pensò persino <strong>di</strong> allontanarlo dalla sua<br />
villa, ma l’idea che i villici avrebbero potuto mancargli <strong>di</strong> rispetto frenò quest’iniziativa 205 .<br />
Stessa sorte era toccata qualche anno prima a don Alberto Genovès, duca <strong>di</strong> San Pietro. La<br />
scalata ai vertici della nobiltà che il padre don Bernar<strong>di</strong>no aveva compiuto in epoca sabauda era<br />
stata tanto sorprendente quanto spiacevole fu il suo declino tra povertà e indebitamenti 206 .<br />
L’acquisto <strong>di</strong> titoli nobiliari, una vita condotta nel lusso e le liti giu<strong>di</strong>ziarie per i contrasti<br />
giuris<strong>di</strong>zionali ne consumarono lentamente quello che un tempo era stato un patrimonio solido e<br />
invi<strong>di</strong>abile. Alla sua morte, i numerosi debiti contratti si riversarono sul figlio, don Alberto, che<br />
piuttosto che riscattare il prestigio dei Genovès avrebbe seguito la china del padre.<br />
200 Fu nominato un certo Ferruccio, “uomo savio, e buon padre <strong>di</strong> famiglia, anche attinente <strong>di</strong> quella casa sebbene in<br />
grado remoto (AST, Paesi, Sardegna, Corrispondenza proveniente dall’isola, Lettere del Reggente, mazzo 3,<br />
inventariato, 20 novembre 1767).<br />
201 Ibidem.<br />
202 AST, Paesi, Sardegna, Lettere Sardegna, mazzo 12, inventariato, lettera del marchese <strong>di</strong> Samassi, 18 <strong>di</strong>cembre<br />
1767.<br />
203 Ivi, lettera del marchese <strong>di</strong> Samassi, 25 febbraio 1768.<br />
204 ASC, Segreteria <strong>di</strong> Stato, serie I, Dispacci della Regia Segreteria <strong>di</strong> Stato per gli Affari Interni, vol. 34, lettera <strong>di</strong><br />
Bogino a Des Hayes, 6 settembre 1769.<br />
205 ASC, Segreteria <strong>di</strong> Stato, serie I, Registro dei <strong>di</strong>spacci <strong>di</strong> corte, vol. 296, lettera <strong>di</strong> Des Hayes a Bogino, 6 ottobre<br />
1769.<br />
206 D’origine ligure, i Genovès si erano trasferiti in Sardegna nel Seicento. Avevano ottenuto il titolo baronale con<br />
l’acquisto delle tonnare <strong>di</strong> Portoscuso dal mercante Vival<strong>di</strong>, e col commercio, gli appalti e i prestiti governativi non<br />
tardarono ad arricchirsi. Era stato don Antonio Francesco, nonno <strong>di</strong> Alberto, a intraprendere una politica <strong>di</strong><br />
accostamento all’aristocrazia. Così ottenne il titolo <strong>di</strong> marchese della Guar<strong>di</strong>a, anche se senza marchesato, e si sposò<br />
con l’esponente <strong>di</strong> uno dei più antichi casati del regno, donna Vincenza Cervellon Castelvì (M. Lepori, Dalla Spagna ai<br />
Savoia, cit., pp. 38-40). Le sue ambizioni si sarebbero rafforzate col figlio don Bernar<strong>di</strong>no, che trascorse l’intera vita a<br />
riscattare il casato dalla sua origine mercantile: è con lui che iniziò la corsa all’accumulo <strong>di</strong> titoli nobiliari. Fu nominato<br />
conte da Vittorio Amedeo, poi duca <strong>di</strong> San Pietro da Carlo Emanuele. L’acquisto <strong>di</strong> questo titolo comportò l’obbligo <strong>di</strong><br />
colonizzare quell’isola: al prezzo <strong>di</strong> quasi 78.000 lire sarde fondò così Carloforte. Poi, per l’impegno <strong>di</strong> erigere in<br />
quell’isola due commende (<strong>di</strong> S. Carlo e <strong>di</strong> S. Anna), ottenne anche <strong>di</strong> essere insignito della Gran Croce. E non si fermò<br />
qui. Negli anni Quaranta <strong>di</strong>venne marchese <strong>di</strong> Vallermosa e <strong>di</strong> Santa Croce acquistando i salti <strong>di</strong> Fossados, Pompongias,<br />
Fenughedu e Nuracabra, sempre <strong>di</strong>etro impegno a bonificarli e ripopolarli. A quel punto si scontrò però con la città <strong>di</strong><br />
Oristano che considerava quelle terre ritenute <strong>di</strong> sua pertinenza non infeudabili, mentre i carolini riven<strong>di</strong>carono la loro<br />
libertà e chiesero l’affrancamento dalla giuris<strong>di</strong>zione feudale (F. Floris, Feu<strong>di</strong> e feudatari, cit., pp. 666-667).<br />
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