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<strong>MT</strong><br />

MONFALCONE TERRITORIO<br />

<strong>MT</strong> è un giornale promosso<br />

dall’associazione “libertà di parola”<br />

Reg. Trib. Go N° 01/09 del 08/01/2009<br />

N° 2 Aprile 2009 Prezzo 2 €<br />

LUISE E E LE TAVOLE<br />

DELLA LEGGE<br />

L’ANOMALIA MONFALCONE<br />

INTERVISTA A PIERO FASOLA<br />

TURRIACO<br />

C’era una volta<br />

PAPENBURG-MONFALCONE<br />

Cantieri a confronto<br />

STORIE • SICUREZZA • CITTÀ • CASA • AMIANTO<br />

• TERRITORIO • MONFALCONE INTERNATIONAL •<br />

M T


EDITORIALE<br />

Eccoci già al numero due<br />

Eccoci già al numero 2.<br />

Se ci ripresentiamo ai lettori signifi ca che<br />

qualche interesse lo abbiamo suscitato, che<br />

qualche complimento lo abbiamo ricevuto e<br />

che un bel po’ di copie sono state vendute.<br />

Il successo che abbiamo avuto ci spinge a osare<br />

di più e quindi il n° 2 ha 32 pagine.<br />

Oggi dobbiamo, noi della redazione, confrontarci<br />

con i tempi che un giornale impone, con i<br />

carichi di lavoro del giornale che si sommano<br />

a quelli per vivere, con le tante domande che<br />

ci poniamo quando scriviamo o decidiamo di<br />

pubblicare qualcosa.<br />

Abbiamo dimostrato che lo spazio per parlare<br />

di Monfalcone e del territorio c’è e che cose<br />

da dire ce ne sono ancora di più.<br />

Nuovi collaboratori si sono aggiunti nel frattempo<br />

e speriamo che altri li seguano.<br />

Questo numero di <strong>MT</strong> si occupa, tra le alte<br />

cose, di alcune vicende che hanno interessato<br />

la nostra città nelle ultime settimane.<br />

In primo luogo della vistosissima e pubblicizzatissima<br />

operazione della procura a carico<br />

di alcuni esponenti dei centri di aggregazione<br />

giovanile in città. Operazione che, come spes-<br />

so succede, si è andata rivelando poco più di<br />

una bufala, una tempesta - e che tempesta – in<br />

un bicchier d’acqua.<br />

E qui vorremmo capire perché quando arresta<br />

un architetto con una piantagione di marijuana<br />

in casa il giornale locale ne parla per<br />

un giorno e pubblica solo le iniziali, mentre<br />

se alcuni ragazzi vengono arrestati per aver<br />

fumato – non prodotto o venduto, fumato! – alcuni<br />

spinelli si dà vita ad una campagna di<br />

stampa con tanto di nomi e cognomi che dura<br />

per giorni e giorni.<br />

Ma non parliamo solo di questo, ovviamente.<br />

In questo numero incominciamo a palare anche<br />

di sanità e assistenza con un articolo sulla<br />

casa di riposo perché è proprio il caso che<br />

si incominci a discuterne visto che i problemi<br />

sembrano aumentare e la capacità di rispondere<br />

ai bisogni della gente sembra diminuire.<br />

Ed ancora parliamo di città comune, un altro<br />

tema in ballo ormai da decenni ma che bisogna<br />

affrontare con decisione una volta per<br />

tutte.<br />

Abbiamo messo a confronto Monfalcone con<br />

la città “gemella” Papenburg e ne usciamo<br />

con le ossa rotte.<br />

Non abbiamo dimenticato l’amianto. Abbiamo<br />

dichiarato nel primo numero che questo sarà<br />

uno dei lifemotive che ci accompagnerà sempre.<br />

Dall’uscita del primo numero altre persone<br />

sono morte per asbestosi e noi non vogliamo<br />

mollare l’attenzione su questa tragedia, sulle<br />

sue cause e responsabilità.<br />

C’è ancora chi fa fi nta di niente, che si illude<br />

che questo sia un problema lontano, da esorcizzare,<br />

ma ormai tutti noi abbiamo parenti<br />

o amici o solo conoscenti che sono morti per<br />

questo.<br />

E allora insistiamo a dare informazioni.<br />

In Bisiacaria ci sono anche elezioni in alcuni<br />

Comuni. Potevamo ignorarle? Certo che no<br />

anche perché non sono esclusi colpi di scena,<br />

risultati a sorpresa, capovolgimenti sorprendenti.<br />

In questo numero abbiamo anche qualche<br />

curioso reportage dall’interno di Monfalcone,<br />

su alcuni aspetti curiosi, fastidiosi e forse<br />

poco conosciuti della nostra città.<br />

Ben tornati a <strong>MT</strong>. ❒<br />

SOMMARIO<br />

3<br />

11<br />

23<br />

4<br />

12<br />

24<br />

14<br />

25<br />

5<br />

6<br />

7<br />

8<br />

9<br />

10<br />

DIALOGO COL POPOLO<br />

... IL BRUTTO ANATROCCOLO<br />

UNA MOBILITÀ SOSTENIBILE<br />

UNO SPORT INNOVATIVO<br />

NELLE VIE DI MONFALCONE<br />

L’ANOMALIA MONFALCONE<br />

DON ANDREA GALLO<br />

A MONFALCONE<br />

RIFLESSIONI SUGLI ARRESTI<br />

DELL’UTOPIA<br />

COPRIFUOCO<br />

TUTTI PER COSA?<br />

COMITATO DI REDAZIONE<br />

Arturo Bertoli<br />

Bettina Binsau<br />

Mauro Bussani<br />

Giacomo Cuscunà<br />

Eva Demarchi<br />

Massimiliano Moschin<br />

DIRETTORE RESPONSABILE<br />

Gabriele Polo<br />

Michela Parovel<br />

Stefano Piredda<br />

Gianni Spizzo<br />

Franco Terzoni<br />

Roberto Zanet<br />

Tiziano Pizzamiglio<br />

15<br />

16<br />

18<br />

20<br />

21<br />

22<br />

UNIONI DI COMUNI?<br />

VIVERE DI CANTIERE ...<br />

SLOT A MONFY<br />

GOSSIP<br />

PREOCCUPAZIONI E DUBBI<br />

SUL FUTURO DELLA CASA DI RIPOSO<br />

NEANCHE NANI SULLE<br />

SPALLE DEI GIGANTI<br />

L’ORDA CHE CI INVADE<br />

C’ERA UNA VOLTA<br />

NEMO PROFETA IN PATRIA<br />

LA DIGNITÀ DELLE DONNE<br />

INTERVISTA A GIULIA BERETTA<br />

PROGETTAZIONE GRAFICA E IMPAGINAZIONE<br />

Lucia Bottegaro<br />

FOTO<br />

Foto di copertina: Debora Moretti<br />

Roberto Francomano<br />

VIGNETTE DI<br />

Gianfranco Pilosio e Roberto Cicinato<br />

26<br />

27<br />

28<br />

29<br />

30<br />

31<br />

VITA DA PD<br />

SEGNALAZIONI EDITORIALI<br />

TURRIACO: C’ERA UNA VOLTA<br />

E VOGLIO CHE CI SIA ANCORA<br />

TEMPO DI ELEZIONI A STARANZANO<br />

TUTTO DA RIFARE<br />

INTEGRAZIONI<br />

FORESTI A MOFALCON<br />

E’ UNA STORIA VESTITA DI NERO<br />

IL SILENZIO (INFRANTO)<br />

DEGLI INNOCENTI<br />

INTERVISTA A MASSIMO PIRAN<br />

ROBERTO GATTO<br />

PROGRESSIVAMENTE<br />

LUISE E LE TAVOLE<br />

DELLA LEGGE<br />

monfalconeterritorio@gmail.com<br />

Ringraziamo Gabriele Polo per aver<br />

acconsentito a fi rmare questo giornale<br />

STAMPA<br />

Stampato presso Grafi ka Soča Via Sedejeva, 4<br />

5000 Nova Gorica - Slovenia<br />

<strong>MT</strong> è un giornale promosso dall’ associazione “libertà di parola”.<br />

Un giornale per vivere ha bisogno del contributo di tutti coloro che hanno a cuore un’informazione libera e plurale. <strong>MT</strong> è aperto alle collaborazioni di tutti. Segnalazioni,<br />

articoli, proposte, offerte di collaborazione possono essere inviate a: monfalconeterritorio@gmail.com blog: http://monfalconeterritorio.org


Dialogo col popolo<br />

Da un po’ di tempo si sente dire in giro<br />

che la sinistra dovrebbe “radicarsi nel<br />

territorio”, per “tornare ad ascoltare il<br />

popolo”.<br />

Bene. Ultimamente a me è capitato questo.<br />

Il popolo: “Questi cazzo di indiani mi hanno<br />

rotto i coglioni!”<br />

Io: “Perché?”<br />

Il popolo: “Hanno rotto i coglioni e basta!”<br />

Io: “Ti disturbano?”<br />

Il popolo: “A me sì. Che tornino da dove<br />

son venuti. Cosa cazzo ci fanno qui?”<br />

Io: “Bé... Direi che sono venuti a fare un<br />

lavoro pesante. Un lavoro che noi non vogliamo<br />

più fare.”<br />

Il popolo: “Son troppi. Troppi. E rompono<br />

il cazzo alla gente. Tu non hai idea a quanta<br />

gente stiano sulle balle!”<br />

Io: “Ma perché?”<br />

Il popolo: “Perché sì!”<br />

Io: “Senti, posso farti una domanda?”<br />

[di Stefano Piredda]<br />

Il popolo: “Sì...”<br />

Io: “Questi indiani, non so... Rubano? Io non<br />

ho mai sentito di nessuno di loro coinvolto<br />

in un furto. Rubano, secondo te?”<br />

Il popolo: “Beh, no...”<br />

Io: “Spacciano droga? Io non ho mai sentito<br />

di uno di loro arrestato per droga, magari<br />

tu...”<br />

Il popolo: “No, neanche io...”<br />

Io: “Hanno mai ammazzato qualcuno?”<br />

Il popolo: “No...”<br />

Io: “E allora?”<br />

Il popolo: “...”<br />

Io: “Perché ce l’hai con loro?”<br />

Il popolo: “Son sempre lì in piazza, seduti sulle<br />

panchine. E quella è la NOSTRA piazza”<br />

E’ tutto vero, sapete? Parola più, parola<br />

meno. Io praticamente ho solo tradotto il<br />

dialogo dal nostro meraviglioso vernacolo<br />

(che prossimamente sarà difeso ope legis:<br />

difeso dal mondo, immagino) in fiorentino.<br />

CITTÀ<br />

E a questo punto io vi chiedo, o uomini di sinistra: ma davvero fremete dalla voglia di tornare<br />

ad ascoltarlo, il popolo? Davvero volete radicarvi in questa palta?<br />

Il nome della famiglia è certamente altisonante,<br />

si dice sia ben radicato nella tradizione<br />

mitteleuropea e risulta ideale per un personaggio<br />

destinato ad essere di grande rilievo<br />

nella cultura nazionale. Insomma un nome che<br />

fin dal primo momento suona un po’ come una<br />

garanzia, un marchio che crea un’aspettativa su<br />

un prodotto che non può deludere.<br />

Il personaggio, per chi lo ha conosciuto, sembrava<br />

però l’ennesimo rampollo destinato a<br />

deludere le aspettative famigliari.<br />

La vita riserva spesso sorprese ma, a ben guardarne<br />

il percorso, quella del nostro “personaggio”<br />

sembra inanellare fin dai primi impegni<br />

scolastici molte difficoltà o meglio, con il senno<br />

di poi, molte ‘incomprensioni’. Il comportamento<br />

giovanile si frammenta in episodi tipici<br />

di un ragazzo irrequieto che non mancano di<br />

provocare qualche danno, prontamente rimosso.<br />

Si sa che la cultura e i detti popolari contengono<br />

sempre un fondamento di verità, mi sembra<br />

perciò appropriato e corrispondente al soggetto<br />

l’aver scelto e perseguito il principio contenuto<br />

nel detto: mens sana in corpore sano.<br />

Il risultato non ci smentisce, anche se ci rimane<br />

il dubbio sulla creazione naturale di quello<br />

splendido corpo che oggi appare su numerose<br />

riviste spesso avvolto in morbidi maglie di<br />

cachemere.<br />

Per chi dubita sulla validità dei corsi CEPU<br />

quindi, posso suggerire in alternativa un’ade-<br />

guata formazione in palestra. I risultati presi<br />

in esame sembra dimostrino che all’aumento<br />

della massa muscolare (non si sa se aiutato<br />

da qualche sostegno sintetico, ai nostri giorni<br />

probabilmente fuori legge) corrisponda l’aumento<br />

della massa cerebrale.<br />

Sembra inoltre che la frequentazione costante<br />

di una palestra da parte di un individuo possa,<br />

visti i risultati e dando credito ai fenomeni<br />

paranormali, saturare anche l’ambiente circostante<br />

con i fattori positivi contenuti nell’attività<br />

culturistica del soggetto e trasformare la<br />

cultura del corpo nella CULTURA più universale.<br />

E’ questa l’unica giustificazione credibile<br />

se un modesto centro fitness diventa in poco<br />

tempo un centro studi di alta qualità.<br />

La crescita improvvisa è accompagnata da una<br />

costante ricerca sui temi d’attualità. Così gli anziani<br />

diventano sempre più oggetto d’attenzione<br />

e studio, dalla riabilitazione alla mobilità,<br />

dall’accoglienza alla sicurezza.<br />

L’idea geniale è quella di mettere in una ventiquattrore,<br />

oltre che il pigiama e lo spazzolino,<br />

un po’ di documenti elaborati su questi temi e<br />

battere le platee di tutti i convegni nazionali<br />

ed internazionali, ovviamente con l’accredito<br />

del suddetto centro studi (palestra) e con una<br />

strana dicitura che nel gioco delle dimensioni<br />

dei caratteri fa lentamente scomparire la<br />

“i“ trasformando la scritta Dir. (direttore) in Dr.<br />

(dottore), assegnando all’interessato un titolo<br />

accademico virtuale.<br />

E ne so pure un’altra: una volta (facevo<br />

ancora l’assessore), un tizio mi fa: “Scusi,<br />

assessore: che cosa aspettate a togliere<br />

le panchine dalla piazza? Non vedete che<br />

sono solo gli immigrati a sedercisi sopra?”.<br />

“Embé?”, feci io. “Embé cosa?”,<br />

rispuosemi quell’uomo di mondo, “Ma<br />

non capite che se ci sono loro la nostra<br />

gente in piazza non ci viene? Non capite<br />

che se ci sono loro, in piazza, voi perdete<br />

voti? E guardi che io sono uno che ha votato<br />

per voi!”. Testuale. Anche quest’ultimo<br />

dialogo, per facilitarne la comprensione,<br />

è stato tradotto in fiorentino dal<br />

nostro straordinario vernacolo.<br />

E a questo punto io vi chiedo, o uomini<br />

di sinistra: ma davvero fremete dalla voglia<br />

di tornare ad ascoltarlo, il popolo?<br />

Davvero volete radicarvi in questa palta?<br />

No, perché, insomma...<br />

Ce ne vuole, di stomaco. ❒<br />

[di Lost]<br />

... il brutto anatroccolo<br />

Si sa che la cultura e i detti popolari contengono sempre un fondo di verità<br />

I viaggi fanno bene e danno ragione al nostro,<br />

che pian piano troverà sempre più accrediti e<br />

amicizie che lo porteranno alla consulta ministeriale<br />

sui problemi dell’anziano. Il successo<br />

motiva alcune apparizioni televisive da terza<br />

fila, caratterizzate da atletici contorcimenti fisici<br />

necessari per farsi notare.<br />

Ad un certo punto si rompono i contatti...il<br />

nostro soggetto scompare, sembra in maniera<br />

frettolosa o affrettata...<br />

Non sono un frequentatore della metropoli<br />

lombarda, ma ha destato in me viva impressione<br />

il ritrovarlo in Galleria a presentare fior fiore<br />

di scrittori e letterati e conoscere il protagonismo<br />

culturale del personaggio nei tanti centri<br />

italici. Ritrovarlo, con grandi sponsorizzazioni,<br />

a recitare complicati monologhi in scorribande<br />

teatral-culturali lungo tutto il territorio nazionale.<br />

Le ultime notizie, lo propongono come nuovo<br />

assessore alla cultura di Milano tra le kermesse<br />

per i cent’anni del futurismo e la costruzione di<br />

importanti progetti culturali per la città, l’Expo<br />

mondiale, ecc... L’ho intravisto in una foto su<br />

internet mentre, incazzato, aggrediva verbalmente<br />

una vigile che gli aveva contestato l’eccessiva<br />

rumorosità dell’esibizione culturale da<br />

lui patrocinata ...<br />

Cliccando mestamente sul mouse per uscire<br />

dall’immagine, mi è ritornata in mente una<br />

fantasia infantile e mi sono chiesto: la fiaba del<br />

brutto anatroccolo può diventare realtà? ❒<br />

aprile 2009 • M T • 3


CITTÀ<br />

Una mobilità sostenibile:<br />

obiettivo essenziale per Monfalcone<br />

Bisogna ricreare a Monfalcone le esperienze già ampiamente collaudate<br />

dei paesi europei all’avanguardia<br />

Monfalcone vive una situazione di perenne<br />

difficoltà nel cercare soluzioni<br />

adeguate alla sua non facile collocazione.<br />

L’attraversamento della città avviene<br />

essenzialmente attraverso il budello costituito<br />

dall’asse via Colombo – via Boito – via<br />

Verdi, con le conseguenze di congestione che<br />

spesso si verificano. Lo spostamento di molte<br />

attività commerciali e di piccoli artigiani<br />

fuori dal centro città ha creato situazioni nuove,<br />

non sempre affrontabili tempestivamente<br />

(ad esempio creando nuove occasioni di incontro<br />

in centro). Di fronte a questi evidenti<br />

cambiamenti Monfalcone potrebbe fare di<br />

più: bene l’impegno ad estendere il Pedibus,<br />

a realizzare alcune rotonde in posti sensibili,<br />

a realizzare la bretella Aeroporto-statale per<br />

Grado, ad estendere la rete di piste ciclabili,<br />

a riformulare la proposta del trasporto pubblico.<br />

Ma tutto ciò non può bastare, la città<br />

è in continua trasformazione, sono cambiati<br />

molti luoghi (il vecchio ospedale, la Piazza,<br />

l’Anconetta, il Rione di Panzano), ed è cambiata<br />

la composizione della cittadinanza con<br />

molti lavoratori provenienti da Paesi extraeuropei,<br />

che hanno portato con sè costumi ed<br />

abitudini diverse.<br />

Partire da quanto è stato fatto di positivo<br />

e riaggiornare continuamente le risposte<br />

alla crescente domanda di una mobilità sostenibile,<br />

con interventi in grado di creare<br />

opportunità e, in qualche caso, anche vincoli.<br />

Bisogna ricreare a Monfalcone le esperienze<br />

già ampiamente collaudate dei paesi<br />

europei all’avanguardia su questo settore,<br />

allo stesso tempo spiegando e coinvolgendo<br />

i cittadini, e particolarmente i più giovani,<br />

sulle questioni che hanno o avranno effetto<br />

sul loro vivere quotidiano.<br />

I Comuni di Monfalcone, Ronchi e Staranzano<br />

procedano velocemente all’approvazione<br />

del nuovo PUT (Piano Urbano del<br />

Traffico) intercomunale, con l’obiettivo di<br />

allargarlo successivamente a tutto il Mandamento.<br />

Una sintesi delle proposte che Legambiente<br />

ha recentemente formulato e tradotto in un<br />

documento consegnato all’Amministrazione<br />

comunale di Monfalcone, si può riassumere<br />

in alcuni punti (il documento completo si<br />

trova su www.legambiente.fvg.it).<br />

Monfalcone a piedi<br />

Estendere il progetto Pedibus a tutta la scuo-<br />

4 • M T<br />

• aprile 2009<br />

la primaria realizzando le opportune modifiche<br />

della sede stradale per rendere più sicuri<br />

i percorsi dei pedoni e del Pedibus.<br />

Monfalcone e le aree pedonali<br />

Realizzare l’ampliamento delle aree pedonali<br />

esistenti, in particolare l’estensione al<br />

Corso del Popolo, in tal modo l’ultimo tratto<br />

di Via San Francesco, fra Via Plinio e la Piazza<br />

della Repubblica, si trasforma in strada cieca e<br />

quindi immediatamente pedonalizzabile.<br />

Monfalcone e le aree di sosta<br />

Il problema di mancanza di parcheggi a<br />

Monfalcone è più percepito che reale; è fondamentale<br />

giungere all’allargamento delle<br />

aree a pagamento con costi decrescenti a<br />

partire dal centro. In una delle città con la<br />

migliore qualità della vita in Europa, Copenaghen,<br />

tutti i parcheggi sono a pagamento<br />

con tariffe decrescenti. Se viene tolta la speranza<br />

del parcheggio gratuito, si disincentiva<br />

il traffico automobilistico e si aumenta<br />

quello dei pedoni.<br />

Va dichiarata l’incompatibilità con le scelte<br />

di una mobilità sostenibile il più volte ventilato<br />

Parcheggio sotterraneo in Piazza della<br />

repubblica.<br />

E’ urgente favorire l’utilizzo del parcheggio<br />

di via della Resistenza, a due passi dal<br />

centro e semivuoto anche nelle ore di punta,<br />

anche con un’informazione più efficace.<br />

[di Michele Tonzar]<br />

Monfalcone a misura di bicicletta<br />

Nella maggior parte dei casi le piste ciclabili<br />

sono disegnate su percorsi ottimi per lo<br />

svago, ma inutili o poco funzionali ai quotidiani<br />

tragitti casa-lavoro o casa-scuola. La<br />

loro finalità dovrebbe essere invece, quella<br />

di far diventare la bicicletta un mezzo di trasporto<br />

a tutti gli effetti.<br />

Mediamente in Europa il 9.45% degli spostamenti<br />

è realizzato in bicicletta (con punte<br />

del 27% in Olanda e del 18% in Danimarca)<br />

mentre in Italia si arriva ad un misero 3%.<br />

Bisogna aggiornare il piano generale comunale<br />

della rete di piste ciclabili cercando di<br />

incrementare i percorsi anche con i comuni<br />

limitrofi (in primis Ronchi, Staranzano e<br />

Duino Aurisina).<br />

Realizzare le connessioni ciclabili che, partendo<br />

dai tracciati esistenti, permettano agli<br />

studenti di raggiungere gli edifici scolastici.<br />

In particolare:<br />

collegare la pista che costeggia il canale Valentinis,<br />

all’imbocco di via Terenziana, con<br />

Via Canaletto per il raggiungimento della<br />

scuola media Randaccio;<br />

accelerare il progetto che prevede di utilizzare<br />

il sedime della ferrovia che va da Ronchi Sud<br />

alla Fincantieri per creare una pista ciclabile<br />

che può essere di collegamento tra i due estremi<br />

della città;<br />

collegare la pista ciclabile di Viale S. Marco<br />

con quella di via Duca d’Aosta, prevedendo,


per quest’ultima alcune modifiche, in modo<br />

da evitare l’intralcio reciproco con i pedoni;<br />

ideare un progetto di bicibus per gli alunni<br />

delle scuole secondarie di primo e secondo<br />

grado;<br />

costruire una rete di rapporti con aziende<br />

pubbliche e private su un progetto di sensibilizzazione<br />

dei propri dipendenti e utenti<br />

per incentivare l’uso della bicicletta;<br />

estendere il servizio di noleggio bici pubbliche,<br />

garantendo maggiore informazione e<br />

collocandole in zone strategiche della città<br />

(fermate dei bus).<br />

Monfalcone e il trasporto pubblico<br />

La riorganizzazione del sistema di trasporto<br />

pubblico dell’APT nel comprensorio monfalconese<br />

è senz’altro la strada da percorrere,<br />

Ormai da tempo in diverse parti del<br />

mondo impazza la moda dei parkour,<br />

giovani spericolati che con la sola forza<br />

delle loro leve saltano come molle dai<br />

tetti ad altezze vertiginose, rotolano, rimbalzano<br />

e, facendo meraviglie acrobatiche,<br />

provocano l’invidia di chi fa fatica a fare<br />

una rampa di scale e l’ammirazione di chi<br />

barcolla quando frena l’autobus.<br />

Nel cuore della bisiacheria, lungi dal sentirci<br />

provinciali, anche noi ci siamo inventati<br />

una nuova disciplina sportiva nostrana,<br />

variegata e spettacolare con una marcia in<br />

più: il pregio di essere aperta a tutti i target<br />

di appassionati. Poco importa quindi l’età e<br />

la condizione fisica, che sia giorno o notte;<br />

che piova o soffi la Bora qui tutti si appli-<br />

offrendo nuove e più agevoli opportunità ai<br />

cittadini. La prima fase del progetto “Circolando”<br />

sembra che abbia già ottenuto buoni<br />

risultati, se non altro in termini di aumento<br />

di utenza; un particolare aspetto positivo che<br />

va sottolineato è la campagna informativa,<br />

diffusa e non a carattere episodico.<br />

Vanno realizzati interventi sui parcheggi<br />

scambiatori in prossimità di aree interessate<br />

da punti di raccolta importanti per il servizio<br />

di trasporto pubblico locale (già in atto<br />

ad esempio quelli presso la Stazione Ferroviaria).<br />

Coordinare gli interventi, ad esempio,<br />

tra la realizzazione di piste ciclabili ed<br />

il servizio pubblico di trasporto, con l’obiettivo<br />

di rendere complementari i due tipi di<br />

mobilità.<br />

Una nota molto negativa è la riduzione dei<br />

Uno sport innovativo<br />

nelle vie di Monfalcone<br />

E’ un sollievo poter contare sempre su qualcuno<br />

che pensa al benessere collettivo [di Manuela Visintin]<br />

cano con costanza e dedizione. Non serve<br />

neanche l’iscrizione, è un servizio gratuito<br />

e si può condividere con amici, parenti e<br />

foresti.<br />

Si tratta del “Percorso Universale Rapido<br />

Ginnico - Atletico” P.U.R.G.A abilmente<br />

distribuito ad ampio raggio nel circuito cittadino<br />

(tanto per non scontentare nessuno).<br />

Prevede:<br />

- salto del marciapiede ricoperto di escrementi<br />

di piccione<br />

- dribbling delle deiezioni dei cani<br />

- apnea in zona bidoni della spazzatura<br />

- aggiramento “scovaze” depositate a terra<br />

- scatto sul passaggio pedonale<br />

Il pacchetto include anche l’opzione bici:<br />

- zig - zag tra le buche dell’asfalto<br />

- guado delle pozzanghere<br />

di pioggia<br />

- bersaglio mobile<br />

sulla rotonda dell’Anconetta<br />

- tiro al pedone sulla<br />

pista ciclabile<br />

- giochi di prestigio<br />

con la bici (tanto per<br />

non trovar due)<br />

Per chi volesse esercitarsi<br />

in modo particolare<br />

nell’attività<br />

del dribbling è consigliato<br />

il circuito<br />

V.lo Desenibus Via<br />

Nino Bixio da entrambe<br />

i lati che è<br />

CITTÀ<br />

servizi di biglietteria ferroviaria di Monfalcone,<br />

l’attuale chiusura dei fine settimana è<br />

un’ingiustificata penalizzazione in una logica<br />

puramente finanziaria che danneggia il<br />

cittadino.<br />

Per incentivare l’acquisto di autoveicoli ecologici<br />

da parte dei privati, è importante la<br />

possibilità di un facile rifornimento. Se APT<br />

trasformasse i propri mezzi a GPL (o, ancora<br />

meglio, a metano, come in molte altre regioni)<br />

potrebbe aprire un proprio distributore in<br />

provincia e offrire la possibilità di rifornire<br />

anche il privato, oppure richiedere ad un gestore<br />

l’attivazione di una pompa. Un impianto<br />

GPL su autovettura costa circa 700 euro,<br />

sull’ autobus dovrebbe costituire un intervento<br />

economico contenuto, se paragonato al<br />

costo complessivo del mezzo. ❒<br />

notevolmente e costantemente ben attrezzato<br />

e rifornito.<br />

Ecco la testimonianza di un concittadino all’angolo<br />

di via Nino Bixio: “E’ un sollievo<br />

poter contare sempre su qualcuno che pensa<br />

al benessere collettivo e pur di far felice<br />

il prossimo devolve alla comunità TANTA<br />

preziosa produzione”.<br />

Ne sono grate e commosse le nonnine del<br />

quartiere che andando a fare la spesa possono<br />

fare del sano esercizio che stimola la loro<br />

coordinazione motoria, sviluppa il senso di<br />

osservazione e l’agilità nei cambi di direzione<br />

del carrellino. Non di meno ne sono<br />

particolarmente riconoscenti le mamme e<br />

i papà che sorridenti sfruttano al meglio le<br />

potenzialità del passeggino iper tecnologico<br />

ad alta versatilità. Per non parlare poi degli<br />

amici diversamente abili...<br />

Ma volendo essere realisti si sa che anche le<br />

favole più belle possono finire e se mai un<br />

concittadino e poi un altro e un altro ancora<br />

dovessero sentire l’incontenibile esigenza<br />

di flettere le ginocchia quell’unica volta al<br />

giorno e infilare la preziosa pupù nel sacchettino,<br />

correndo peraltro il rischio che la<br />

corona cada dalla testa, come impedirlo?<br />

Certo che percorrere i lastroni in una scontata<br />

quanto noiosa linea retta non darebbe<br />

la stessa soddisfazione del passo – “destrasinistra-destra–samba!”<br />

- e sarebbe dura<br />

dover rinunciare a quella familiare nota di<br />

colore sul grigio topo del marciapiede. Se<br />

poi, disgraziatamente, i pedoni venissero<br />

impunemente lasciati passare sulle strisce<br />

sarebbe il vero inizio della fine. Quell’infausto<br />

giorno sembra fortunatamente ancora<br />

lontano ma se dovesse arrivare noi, a<br />

malincuore, ce ne dovremmo fare una dolorosa<br />

ragione e muniti di spirito di sacrificio<br />

potremmo solo ricordare con nostalgia i bei<br />

tempi ormai andati. ❒<br />

aprile 2009 • M T • 5


CITTÀ<br />

L’Anomalia Monfalcone<br />

La recente vicenda degli arresti per presunto spaccio di sostanze stupefacenti<br />

evidenzia la dimensione del “ragionamento” politico nei nostri palazzi.<br />

C<br />

hiunque ha a che fare con gruppi più<br />

o meno spontanei di giovani in città<br />

sa per esperienza che si sta parlando<br />

di una categoria sempre più avulsa dalle<br />

dinamiche sociali, tranne in pochi lodevoli<br />

casi, e percepisce una realtà cittadina<br />

che sembra partire dai 25 anni in su. Al di<br />

sotto di tale soglia tutto sembra non comprensibile,<br />

ambiguo, invisibile.<br />

Le stesse caratteristiche che entrano in<br />

gioco quando si parla delle problematiche<br />

più rilevanti che interessano il mandamento<br />

quali la casa, le ditte in subappalto<br />

presso Fincantieri, l’abuso del territorio,<br />

le infi ltrazioni camorristiche, per citare<br />

alcuni esempi.<br />

In compenso tutto ciò viene sistematicamente<br />

coperto da un dibattito pubblico sul<br />

sesso degli angeli qual è la “sicurezza” e<br />

sul quale convergono i punti di vista di<br />

quasi tutto l’arco politico. Si spendono un<br />

sacco di risorse pubbliche in telecamere<br />

inutili e ci si dota perfi no di un assessorato<br />

al nulla che ha l’unico compito di normare,<br />

a suon di divieti, ogni comportamento ritenuto<br />

offensivo dal bisiaco medio benpensante.<br />

Fino ad arrivare all’eliminazione di<br />

ogni spazio di socialità che non sia il bar<br />

“consuma e via”, mettendo in campo armi<br />

di dissuasione, divieti di assembramento,<br />

istruzioni sul come si sta composti su una<br />

panchina, ecc.<br />

La classe politica attuale sta quindi, colposamente,<br />

privando la città di ogni possibile<br />

futuro che non sia quel reiterato e<br />

sconfortante presente che abbiamo tutti<br />

6 • M T<br />

• aprile 2009<br />

sotto gli occhi.<br />

Fin qui nulla di diverso dal resto d’Italia,<br />

dove queste dinamiche sono, talvolta, anche<br />

tragicamente più avanti come Verona,<br />

Parma, Roma, Padova.<br />

L’Anomalia che rende diverse le vicissitudini<br />

del monfalconese si esprime invece<br />

nel connubio tra quest’impostazione politica<br />

e parte non irrilevante delle istituzioni<br />

preposte alla gestione delle dinamiche<br />

sociali, Procura e forze dell’ordine per la<br />

precisione.<br />

La recente vicenda degli arresti per presunto<br />

spaccio di sostanze in un servizio<br />

attivato con il comune di Monfalcone e in<br />

un bar del centro evidenzia la dimensione<br />

del “ragionamento” politico nei nostri<br />

palazzi.<br />

La Procura di Gorizia, giova ricordarlo,<br />

è responsabile della non attivazione di<br />

centinaia di cause legate all’esposizione<br />

all’amianto tanto che è dovuto intervenire<br />

personalmente il Presidente della repubblica<br />

ed il Tribunale di Trieste per avocare<br />

alcuni procedimenti ed evitare la prescrizione.<br />

La scusa uffi ciale della Procura di<br />

Gorizia: la cronica carenza di personale e<br />

risorse. Vediamo quindi su cosa sono state<br />

così duramente impegnate le poche “risorse”<br />

disponibili. Un’indagine durata anni<br />

per costruire un teorema probatorio atto ad<br />

eliminare dalla scena pubblica tutti quegli<br />

attori che, con la loro attività sociale, hanno<br />

tentato in questi anni di porre alcune<br />

criticità al “modello” Monfalcone.<br />

Si è partiti da lontano utilizzando il grimaldello<br />

della diffusione<br />

delle sostanze<br />

leggere e, tramite<br />

metodi ben poco ortodossi<br />

operati dalle<br />

forze dell’ordine per<br />

raccogliere testimonianze<br />

- tecnicamente<br />

denominate “sic”,<br />

sommarie informazioni<br />

testimoniali -,<br />

si è seminato letteralmente<br />

il terrore<br />

tra decine e decine di<br />

giovani e giovanissimi<br />

del mandamento,<br />

disposti a rilasciare<br />

qualsiasi dichiarazione<br />

pur di non ca-<br />

[di Mauro Bussani]<br />

dere nella categoria dei “criminali”, come<br />

vengono defi niti coloro che vengono sorpresi<br />

con qualche spinello in tasca.<br />

Alemanno, il sindaco della capitale, qualche<br />

mese fa ha affermato che bisogna tenere<br />

sotto controllo e sotto pressione tutta<br />

quella fascia di popolazione diversa, marginale,<br />

precaria e giovane che, in quanto<br />

non perfettamente catalogabile, costituisce<br />

motivo di allarme sociale.<br />

Pensiero pericoloso, questo, ma perfettamente<br />

declinato in casa nostra dalle istituzioni<br />

preposte e avvallato dalla politica di<br />

centrosinistra che ci amministra.<br />

Tanto da arrivare ad una situazione di<br />

coprifuoco dove le vie del monfalconese<br />

sono letteralmente deserte dopo le otto di<br />

sera e dove l’avventurarvisi corrisponde<br />

sicuramente all’essere fermato, controllato,<br />

avere grane di vario genere. Soprattutto<br />

se si è in giovane età.<br />

Qualche solerte Pm della procura ha poi<br />

pensato di sprecare ulteriori risorse in<br />

dispositivi tecnologici di controllo ed indagine,<br />

a utilizzare persone ricattabili in<br />

quanto in stato di marginalità sociale, a<br />

riassemblare a propria utilità migliaia di<br />

atti di indagine così ricavati.<br />

E naturalmente a convincere un Gip a<br />

incarcerare nella forma della custodia<br />

cautelare preventiva i tre, probabilmente,<br />

più conosciuti attivisti politici dell’isontino.<br />

Oltre ad altre tre persone, per oltre<br />

17 giorni nelle patrie galere di Udine e<br />

Gorizia.<br />

17 giorni è esattamente il tempo che è<br />

durato il teorema. Infatti il Giudice del<br />

riesame proprio qualche giorno fa li ha<br />

rimessi in libertà constatando, da una parte,<br />

l’inutilità preventiva della restrizione<br />

– l’arresto avveniva ben 6 mesi dopo<br />

l’ultimo atto di indagine – e, dall’altra,<br />

mettendo completamente in discussione i<br />

metodi di indagine, riconoscendo la non<br />

utilizzabilità di gran parte delle testimonianze<br />

raccolte e dichiarando illegali le<br />

intercettazioni tecnologiche.<br />

Sullo sfondo, il convegno sulle sostanze<br />

che Giovanardi ha organizzato a Trieste<br />

dal 12 al 14 marzo prossimi. Convegno<br />

contro il quale un nutrito cartello di realtà<br />

sociali si sta organizzando in modo critico<br />

e, tra queste, proprio gli attivisti arrestati<br />

e le associazioni presenti in via Natisone<br />

1 a Monfalcone, realtà conosciuta come


Offi cina Sociale.<br />

Giovanardi a Trieste cerca di costruire,<br />

con gli esperti di sua fi ducia, un contorno<br />

teorico alla sua legge che nega la variabile<br />

sociale relativamente all’uso delle droghe<br />

dando centralità agli aspetti individuali in<br />

quella che lo stesso defi nisce “cristoterapia”.<br />

In pratica il contesto ambientale nel<br />

quale avviene l’uso non è determinante,<br />

uno fa uso di sostanze solamente perché è<br />

predisposto a ciò e bisogna intervenire con<br />

metodi farmacologici, di restrizione ed internamento,<br />

passando sopra ad ogni concetto<br />

di autodeterminazione personale.<br />

Lo stesso concetto che si è tentato di applicare<br />

nel caso di Eluana Englaro.<br />

Questa sperimentazione monfalconese,<br />

ed i suoi nefasti effetti, ha però impaurito<br />

Esprimo la mia solidarietà ai detenuti,<br />

ancora una volta abbiamo delle vittime<br />

innocenti.<br />

Questa città ha un’occasione grande per farsi<br />

delle domande.<br />

Giovanardi ha lanciato la conferenza nazionale<br />

sulle droghe prevista dalla legge e<br />

speravamo di incontrarci tutti insieme, ciascuno<br />

con un contributo per migliorare la<br />

legge. Guardate che il problema della droga<br />

è una strage mafi osa, secoli di galera ai ragazzi<br />

per reati connessi, tutte le infezioni,<br />

epatite, l’Hiv.<br />

Pensate all’importanza di un servizio come<br />

il Dropin, il Bassa Soglia. Poi chi ci guadagna?<br />

Già venti anni fa la vendita clandestina<br />

di queste sostanze superava il fatturato della<br />

Fiat. Immaginatevi adesso.<br />

La mia domanda è: non si farà mica uso<br />

della legislazione sulle droghe per regolare<br />

i conti con gli oppositori politici? Perché allora<br />

sarebbe veramente grave.<br />

I giovani hanno bisogno di sentire il futuro.<br />

La Procura deve chiedere scusa per quello<br />

che ha fatto. Non è questa la lotta al narcotraffi<br />

co.<br />

Siamo in un mare in tempesta ma la bussola<br />

ce l’abbiamo: è la Costituzione Repubblicana.<br />

A me sembra che tutta questa azione sia<br />

veramente anticostituzionale, basta leggere<br />

gli articoli 2 e 3, non è possibile che dopo<br />

14 giorni siano ancora in carcere.<br />

Viviamo in un contesto che vede il progressivo<br />

espandersi del controllo sociale attraverso<br />

il diritto penale e amministrativo e<br />

questa è una pedagogia nera. Questa legalità,<br />

questa sicurezza in questa sua accezione<br />

semplifi catoria, banalizzante, di mero ordi-<br />

e fatto aprire gli occhi ad una buona parte<br />

dell’opinione pubblica cittadina, tanto<br />

che centinaia di persone, diversissime per<br />

provenienza e collocazione politica, hanno<br />

aderito all’happening contro gli arresti<br />

indetto sabato 28 febbraio in piazza della<br />

Repubblica.<br />

La giornata ha rappresentato un punto di<br />

non ritorno nel dibattito politico: l’inessenzialità<br />

delle chiacchiere in tema di<br />

sicurezza da anni portate avanti a palazzo<br />

e la necessità di un nuovo ciclo vitale<br />

per Monfalcone. A partire dall’inclusione<br />

sociale e territoriale delle persone più a<br />

rischio di precarietà e marginalità e a partire<br />

dalla riduzione della pressione sicuritaria<br />

sui più giovani.<br />

Questo il messaggio rivolto alla politica.<br />

Don Andrea Gallo a Monfalcone:<br />

la Procura deve chiedere scusa<br />

a questi ragazzi<br />

ne pubblico come priorità dei programmi<br />

politici... Ecco perché non c’è più sinistra e<br />

destra: è un partito unico.<br />

Quando si demonizza una sostanza è guerra<br />

ai ragazzi. E i sopravvissuti vengono a bussare<br />

alle porte delle nostre comunità. Ecco<br />

perché hanno voluto colpire proprio qui al<br />

Dropin, tra l’altro servizio come da indicazione<br />

europea. Colpire proprio chi vuole intervenire<br />

sui diritti collettivi, politici, sociali<br />

e sulle vecchie e nuove esclusioni sempre<br />

più numerose.<br />

Dobbiamo chiederci: per Monfalcone che<br />

città vogliamo?<br />

Una Polis greca, chiusa, ordine, tutto stabilito,<br />

o una Civitas romana? Una Civitas romana<br />

è per sua natura in crescita. Può essere<br />

in crescita non militarmente ma dal basso.<br />

CITTÁ<br />

Il successivo corteo spontaneo passato<br />

davanti al commissariato di polizia e alla<br />

caserma dei carabinieri ha invitato le forze<br />

dell’ordine alla rifl essione e all’assunzione<br />

di responsabilità per essersi lasciati coinvolgere<br />

in questo modo nell’Anomalia.<br />

Le due istantanee della vicenda.<br />

La prima, il quesito posto da Don Andrea<br />

Gallo che, invitando la Procura a chiedere<br />

scusa ai giovani arrestati, pone per il<br />

futuro di Monfalcone un bivio tra la polis<br />

greca - chiusa nelle sue mura e refrattaria<br />

al mondo esterno – o la civitas romana<br />

– esplicitamente espansiva comprendendo<br />

le diversità che la compongono.<br />

La seconda, il dubbio intrinseco della copertina<br />

di questo secondo numero di <strong>MT</strong>:<br />

chi ha incastrato i miei amici? ❒<br />

http://www.sanbenedetto.org<br />

Puoi scaricare l’intervento completo in mp3 all’url:<br />

http://www.mediafi re.com/?zmt5mujcdyy<br />

Ho visto il ’68, il Papa Giovanni, il Concilio<br />

Vaticano II, la Selva Lacandona, i Sem<br />

Terra in Brasile, le cooperative in Angola, in<br />

Burkina Faso, in India. C’è un rifi orire, una<br />

globalizzazione dei diritti. Monfalcone non<br />

vuole essere come tanti altri un posto dove<br />

può nascere un programma partecipativo di<br />

largo respiro? Non ideologico ma profondo,<br />

credibile. Questa è l’opportunità per dare<br />

veramente a questi ragazzi un futuro, migliorare<br />

le relazioni, gli affetti e i sentimenti.<br />

Bisogna tirarsi su le maniche e sporcarsi<br />

le mani. Scrivetelo sui giornali.<br />

Per conto mio posso portare il messaggio di<br />

Gesù, che è sempre liberatorio. Il Vangelo<br />

vuole dire buona notizia. Il biglietto da visita<br />

che mi ha dato Gesù è: io sono qui per<br />

servire, non per essere servito. ❒<br />

aprile 2009 • M T<br />

• 7


TERRITORIO<br />

Riflessioni sugli arresti<br />

Proviamo a fare alcune riflessioni a qualche<br />

distanza di tempo dagli arresti che hanno<br />

visto condotti in carcere tre attivisti di Officina<br />

Sociale molto noti in città per la loro militanza<br />

politica.<br />

E’ una vicenda di fortissimo impatto che ha coinvolto<br />

l’intero mondo politico locale. Se non altro<br />

perché le accuse riguardano un assai presunto<br />

uso del centro di Via Natisone -affidato in convenzione<br />

dal comune di Monfalcone ad associazioni<br />

tra cui capofila “Nuova Entrata libera” per<br />

la gestione del servizio Bassa soglia, servizio di<br />

assistenza a persone in stato di difficoltà– quale<br />

luogo di spaccio di stupefacenti. Accusa di grande<br />

suggestione nell’opinione pubblica.<br />

Meglio dirlo subito perché sembra che la sola circostanza<br />

degli arresti sia di per sé una di misura<br />

di validità delle indagini, come se la detenzione<br />

in attesa di giudizio sia una sorta di anticipazione<br />

del processo e della pena.<br />

Ma non è e non può essere così in un sistema<br />

giudiziario che prevede precise sedi di verifica<br />

delle scelte degli investigatori e degli inquirenti e<br />

sarà il dibattimento pubblico ad accertare la consistenza<br />

delle accuse.<br />

Le indagini, condotte con gran impiego di personale<br />

e mezzi, cominciano con una perquisizione<br />

al centro di Via Natisone nel maggio 2007, con<br />

sequestro anche di materiale informatico che riguardava<br />

i dati di utenti del servizio di assistenza<br />

fiscale. Proseguirà per 15 mesi fino a settembre<br />

2008 e poi, dopo altri 4 mesi, il Giudice per le<br />

indagini preliminari decide di accogliere peraltro<br />

non tutte le richieste per arrivare a febbraio 2009<br />

agli arresti. Quindi non si è trattato di arresti in<br />

flagranza di reato, ma di misure che avrebbero<br />

dovuto basarsi su una pluralità concorde di elementi<br />

a carico degli arrestati. Ci sono questi elementi?<br />

E chi e come li avrebbe raccolti?<br />

E’ un fatto che il Tribunale per la libertà non ha<br />

confermato le misure e che ha anzi speso parole<br />

dure in alcuni passaggi della sua decisione su taluni<br />

elementi indiziari raccolti.<br />

Insomma un’indagine lunga e, ci si potrebbe immaginare,<br />

approfondita.<br />

Un’indagine in cui grande responsabilità hanno<br />

gli organi di polizia giudiziaria che hanno provveduto<br />

a sentire -in modi da verificare- persone<br />

tra cui minorenni, a intercettazioni telefoniche ed<br />

ambientali, e addirittura a riprese video carpite<br />

segretamente in un caso all’interno del centro durante<br />

una serata pubblica.<br />

La prima grande questione riguarda l’ampiezza<br />

dei poteri di indagine della polizia giudiziaria, i<br />

metodi scelti, i mezzi impiegati. Questione che<br />

tocca tutti, non solo gli arrestati. Il grande rischio<br />

è che si raccolgano indiscriminatamente dichiarazioni<br />

che non sono sottoposte ad un prudente riscontro<br />

e vaglio preliminare. La preoccupazione<br />

per il rispetto del necessario equilibrio tra poteri<br />

dello Stato, tra polizia giudiziaria, Magistratura e<br />

cittadini è grande.<br />

La scelta degli organi e delle persone al loro interno,<br />

cui affidare le indagini, il controllo sulle<br />

modalità di scelta di assumere certi elementi per<br />

lo sviluppo delle indagini, sono temi di rilevanza<br />

democratica generale. Chi dirige queste attività<br />

8 • M T • aprile 2009<br />

all’interno della polizia giudiziaria? Chi può garantire<br />

che nei vari corpi investigativi non ci sia<br />

una sorta di diritto di precedenza legato ad una<br />

presunta esperienza sul campo di alcuni investigatori<br />

rispetto ad altri?<br />

Credo che anche nell’interesse di chi è investigatore<br />

serio ci sia la necessità di mettere dei paletti<br />

in attività di indagine di questo genere. E qual è<br />

la copertura delle spese per questo tipo di operazioni<br />

in particolare per le intercettazioni, attività<br />

a carico del contribuente?<br />

La verità è che si considera LA SICUREZZA<br />

come una priorità in sé, senza domandarsi se<br />

non sia invece prioritario un sistema sociale forte<br />

che contrasta il lavoro nero, l’evasione fiscale, la<br />

frammentazione del lavoro, una rete di assistenza<br />

sociale seria, una rete scolastica moderna. L’isteria<br />

della sicurezza provoca semmai un clima di<br />

insicurezza, paura e sospetto, dalla caccia al clandestino<br />

alla pretesa di affidare ai Sindaci poteri<br />

sempre più ampi e, con l’aiuto dei mezzi di informazione,<br />

si tende a rendere comunque e sempre<br />

verosimile l’operato delle forze dell’ordine. Che<br />

poi non bastano più: chi ricorda più i poliziotti<br />

di quartiere? Ora si parla di vigili armati, poi di<br />

ronde e chissà cos’altro.<br />

In questo caso il sospetto è diventato teorema perché<br />

si addebita ai promotori delle associazioni di<br />

Officina Sociale una responsabilità quasi oggettiva<br />

nell’aver consentito un uso indiscriminato e<br />

non ben precisato di sostanze da parte di terzi. E<br />

si fa discendere tutto da informazioni testimoniali<br />

che non si sa come raccolte e scelte.<br />

Ad alimentare tale ipotesi, una sorta di ramificata<br />

rete di spaccio in città, viene fornita un’immagine<br />

del centro come dedito ad attività misteriose o<br />

non autorizzate quando invece in un anno e mezzo<br />

di indagini mai è stato detto che li si svolgevano<br />

tutta una serie di attività lecite, autorizzate<br />

con le fasce di utenti più difficili. Se questi utenti<br />

sono quelli che vengono sentiti nell’inchiesta per<br />

quale motivo non vengono passati ad un vaglio<br />

preliminare di credibilità, alcuni dei quali giovani<br />

o giovanissimi che apparentemente colti in fragranza<br />

racconterebbero cose tutte da dimostrare.<br />

Che il clima prodotto dall’inchiesta è di pesante<br />

impatto, lo prova il fatto che Il Piccolo abbia<br />

titolato sulla presenza di cocaina nel centro sociale,<br />

circostanza per nulla risultante dalle accuse<br />

specifiche e neppure accennata nell’udienza del<br />

riesame. Articolo che grida vendetta.<br />

Può essersi così prodotto una sorta di pregiudizio<br />

pubblico contro persone coinvolte in attività<br />

di impegno politico. Si sa infatti che il modo<br />

peggiore per distruggere un soggetto politico fastidioso<br />

è quello di contestargli, non un’accusa<br />

politica, ma un’accusa infamante.<br />

Monfalcone in questi anni è un luogo degradato<br />

da mille fattori, livellamento verso il basso delle<br />

figure economiche, precariato molto diffuso, per<br />

non parlare della presenza di locali pubblici che<br />

pullulano di figure deboli per cui c’è un continuo<br />

chiacchiericcio, pettegolezzi, battute, veleni,<br />

ipotesi fantasiose. E in questo contesto è molto<br />

strano che la pietra dello scandalo sia Officina<br />

Sociale piuttosto che una serie di altri comportamenti,<br />

a partire dall’alcolismo.<br />

[di Avv. Giovanni Iacono]<br />

Si idealizza che la persona è per bene se ha un<br />

lavoro regolare, una famiglia tradizionale, e tutti<br />

quelli che non sono dentro questa immagine diventano<br />

soggetti a rischio.<br />

Criterio di giudizio tanto più assurdo se pensiamo<br />

a come gli arrestati sono noti per il carattere<br />

d’avanguardia delle tante lotte sociali fatte in<br />

questi anni, per gli immigrati, contro il narcotraffico,<br />

per la casa.<br />

Lo stesso fatto di gestire un servizio a bassa soglia<br />

che è totalmente lasciato da parte nell’indagine.<br />

Non si parla del fatto che li dentro veniva<br />

svolto un servizio a disposizione di utenti socialmente<br />

in difficoltà. Dando per certa la credibilità<br />

di alcuni di questi utenti che raccontano notizie<br />

totalmente sovradimensionate e fantasiose e togliendo<br />

in partenza la credibilità ai responsabili<br />

del centro perché qualcuno dei presunti informatori<br />

riferisce di misteriosi e non ben identificati<br />

happening di fumo.<br />

Altro elemento di riflessione anche il rischio che<br />

la vita privata delle persone debba essere setacciata<br />

e sistematicamente scrutata. Su quest’aspetto<br />

l’ordinanza del tribunale del riesame dice una<br />

cosa molto importante nel momento in cui ipotizza<br />

che le riprese video eseguite nell’abitazione<br />

degli indagati sono inutilizzabili. Al di la del fatto<br />

che queste riprese non provano nulla perché negli<br />

atti d’accusa si parla quasi esclusivamente di<br />

quantitativi imprecisati o di minima entità.<br />

Se passa l’idea che possano venir usate video<br />

riprese si alimenta un circuito infernale, un uso<br />

distorto delle tecnologie per controlli sociali.<br />

Messaggi telefonici registrati, controllo delle e<br />

mail e cose di questo genere. Non occorre essere<br />

“antisistema” per capire che è un comportamento<br />

pericolosissimo. Un liberale classico direbbe che<br />

lo stato non può sostituirsi all’individuo nella sua<br />

privacy personale e fa molto piacere che sia stato<br />

un giudice a dir questo perchè in passato, anche<br />

a sinistra, erano molti quelli che dicevano che il<br />

comportamento del privato deve essere messo a<br />

disposizione del gruppo per capire l’affidabilità<br />

di una persona. Questa è una visione di prevalenza<br />

dello stato o del gruppo sul privato che invece<br />

l’ordinanza del riesame distrugge in modo assoluto.<br />

Anche sotto questo aspetto una vicenda giudiziaria<br />

che costituisce un punto di non ritorno.<br />

Nulla è più come prima nel modo di fare notizie,<br />

di fare indagini, di limite alla ricerca delle prove,<br />

nella responsabilità di ognuno quando si affermano<br />

cose a carico di altri.<br />

Abbiamo assistito a una reazione di grande sostegno<br />

ai nostri amici arrestati, e ciò significa<br />

che l’immagine sociale autentica di chi è stato<br />

arrestato ingiustamente è molto superiore a quell’immagine<br />

brutale e riduttiva che emerge dall’inchiesta.<br />

Il fatto che il giudice del riesame decida in ventiquattr’ore,<br />

quando le decisioni del giudice di<br />

Gorizia hanno richiesto molti mesi, con un’ordinanza<br />

molto chiara la dice lunga sul fatto che<br />

viviamo letteralmente sotto una spada di Damocle<br />

permanente. Che siamo di fronte ad uno<br />

strapotere degli apparati investigativi da evocare<br />

immagini dei c.d. servizi deviati della storia della<br />

repubblica. ❒


Dell’utopia<br />

Dove vogliamo vivere, in futuro?<br />

In un buon posto o in nessun posto?<br />

Per quanto mi riguarda, la Città ComuneMonfalcone-Ronchi-Staranzano<br />

è ormai un classico del pensiero<br />

utopico: un po’ come la Città del<br />

Sole di Tommaso Campanella o la Nuova<br />

Atlantide di Francesco Bacone.<br />

La Città mandamento, invece, trovo che<br />

assomigli molto all’araba fenice del Metastasio:<br />

“che vi sia, ciascun lo dice; dove<br />

sia, nessun lo sa”.<br />

Detto ciò, provate un po’ a buttare l’occhio<br />

su una carta geografi ca della Bisiacaria.<br />

Ci leggerete (non ci vuole poi molto) un<br />

pezzo di mondo, stretto tra il basso corso<br />

dell’Isonzo e le alture carsiche da una parte<br />

e l’Adriatico dall’altra, che da qualche<br />

tempo ha cominciato a stare stretto (molto<br />

stretto) pure a chi vi risiede. I bisiachi,<br />

infatti, abitano un patchwork invero stravagante:<br />

vero e proprio guazzabuglio di<br />

strade, porzioni urbane che si spingono<br />

in territori coltivati (e viceversa), insediamenti<br />

artigianali e industriali più o meno<br />

estesi.<br />

A corollario di tutto ciò, un consumo del<br />

suolo ormai a livelli di guardia e un’edifi -<br />

cazione disordinatamente estensiva.<br />

Per soprammercato la Bisiacaria - che<br />

ospita, ricordiamolo, uno dei siti produttivi<br />

più importanti della nostra regione<br />

(il più importante, dai...), l’aeroporto del<br />

Fvg, un porto, la centrale termoelettrica<br />

E.On (ex Endesa) – sopporta (ma forse<br />

non sopporta proprio...) quotidianamente<br />

la mobilità internazionale diretta a Est e<br />

da Est proveniente.<br />

Proviamo a condire tutto ciò con dei processi<br />

impetuosi di trasformazione sociale,<br />

una pressione antropica ai limiti della<br />

sostenibilità, capacità insediative molto<br />

poco equilibrate tra le diverse aree urbane,<br />

e otterremo un rompicapo per la cui risoluzione<br />

sarebbe davvero benedetta una<br />

progettazione territoriale di area vasta (un<br />

tempo si sarebbe detta ‘comprensoriale’)<br />

che aiuti a governare una realtà policentrica<br />

e complessa come poche altre in<br />

questa regione.<br />

La revisione, nell’epoca Illy, della legislazione<br />

urbanistica regionale (e sto parlando,<br />

naturalmente, della Legge 5 del 2007,<br />

con tutti i suoi limiti), avrebbe forse potuto<br />

aiutare la classe dirigente della Bisiacaria<br />

(pressoché tutta di centrosinistra, tra<br />

l’altro) a ragionare in termini territoriali<br />

intervista a Marino Visintin di pag. 28 continuerà<br />

L’ nel prossimo numero. Dovremo incontrarlo di nuovo<br />

anche perché è di oggi, 17 marzo (ndr), la notizia che<br />

il Giudice per le indagine preliminari ha stralciato la sua<br />

posizione dal processo di Gorizia perché ha ritenuto che<br />

nessuna responsabilità gli possa essere attribuita in relazione<br />

al castello accusatorio. Sin da subito la sua posizione era<br />

chiara tant’è che il suo coinvolgimento nelle indagini non è<br />

contestuale a quello degli attuali imputati ma coincide perfettamente<br />

con la sua partecipazione in qualità di testimone<br />

al processo di Trieste nel quale si sostiene una tesi accusatoria<br />

diversa da quella di Gorizia. Ma vallo a spiegare ai tre<br />

consiglieri della sinistra, che più sinistra non si può, che,<br />

nel chiedere la sue dimissioni da consigliere provinciale,<br />

hanno intrapreso una gara demenziale per stabilire chi, tra<br />

loro tre, fosse “il più a sinistra di tutti” e vallo a spiegare<br />

anche a tutti i partiti di governo in Provincia che, con una<br />

sola isolata eccezione, hanno condiviso e attuato il “ licenziamento<br />

di Visntin. Una gran bella fi gura per Gherghetta e<br />

company. ❒<br />

CITTÀ<br />

mandamentali.<br />

Insomma, grazie a fattori esogeni, qualcosina<br />

ci si poteva anche inventare, volendo,<br />

nella sinistra Isonzo, per arrivare<br />

ad una programmazione urbanistica di<br />

dimensione sovracomunale.<br />

Ma la Regione governata da Renzo Tondo<br />

- con la legge 12 che blocca tutto e riporta<br />

indietro le lancette dell’orologio alla legge<br />

52 del 1991 - sta fornendo più di un alibi,<br />

in questo momento, all’immobilismo di<br />

chi pensa essere cosa buona e giusta che<br />

in Bisiacaria ogni amministrazione pensi<br />

per sé e dio (ove lo ritenesse opportuno)<br />

per tutti gli altri.<br />

E quindi, ça va sans dire, ad ogni comune<br />

la sua zona artigianale, ad ogni<br />

comune le sue espansioncine residenziali,<br />

ad ogni comune i suoi semafori.<br />

Nel frattempo, chissenefrega del litorale,<br />

chissenefrega del Carso, chissenefrega<br />

dell’Isonzo.<br />

Chi scrive pensa che non da tutte le stalle<br />

del nostro territorio siano scappati i buoi:<br />

qualcosa di buono si può ancora fare, insomma,<br />

per far vivere meglio chi in Bisiacaria<br />

abita e lavora.<br />

Il futuro è nelle nostre mani. Nelle nostre<br />

mani di cittadini elettori, intendo.<br />

Secondo Lewis Mumford, la parola utopia<br />

“può derivare dalla parola greca eutopia,<br />

che signifi ca il buon posto, o dall’altra<br />

parola greca outopia che signifi ca<br />

nessun posto”.<br />

Dove vogliamo vivere, in futuro? In un<br />

buon posto o in nessun posto? ❒<br />

Coprifuoco<br />

Sempre più duro avere vent’ anni in provincia<br />

di Gorizia. Le dissennate campagne<br />

di pochi benpensanti contro qualsiasi cosa si<br />

muova dopo le 11 di sera stanno riducendo<br />

sempre più gli spazi di incontro e di divertimento.<br />

A Gorizia, città che si dice universitaria, grande<br />

operazione del centro destra che sgoverna la<br />

città con l’obbligo ai locali pubblici di interrompere<br />

ogni attività musicale dopo le 23. Sembrava<br />

che fosse una richiesta a furor di popolo: alla<br />

fi ne, quando le carte sono state svelate, tutto<br />

questo chiudi chiudi era stato generato dalle<br />

proteste di sei persone. Non 6000, 600, 60, solo<br />

sei.<br />

Stesso clima si sta diffondendo ovunque. Con<br />

gran gioia dei locali sloveni che continuano a<br />

crescere di numero e di avventori.<br />

Avanti cosi per una società a misura del passato,<br />

ma quello remoto. ❒<br />

aprile 2009 • M T<br />

• 9


CITTÀ COMUNE<br />

Tutti per cosa?<br />

[di Stefano Piredda]<br />

Quando la comunione d’intenti si fa progetto politico<br />

Il 31 dicembre 2008 il sindaco della città<br />

di Monfalcone, Gianfranco Pizzolitto,<br />

dichiarò a Il Piccolo che nel 2009 avrebbe<br />

posto con forza (cito) “la questione<br />

della creazione della «Città comune» attraverso<br />

la fusione di Monfalcone, Ronchi,<br />

e Staranzano ai partiti, agli imprenditori,<br />

ai rappresentanti del commercio,<br />

ai sindacati”.<br />

E al resto del Mandamento cosa sarebbe<br />

toccato? Secondo Pizzolitto, gli altri centri<br />

avrebbero potuto “aggregarsi attraverso<br />

un’unione dei Comuni in modo da<br />

rapportarsi in modo più equilibrato con<br />

la «Città comune»”. Il sindaco di Monfalcone<br />

rilevò l’urgenza della questione: “Il<br />

percorso sul federalismo va avanti – disse<br />

– e non può trovarci impreparati”.<br />

A Pizzolitto rispose, a stretto giro di posta,<br />

il sindaco di Staranzano, Lorenzo<br />

Presot: “Quello della fusione è un tema<br />

su cui ho una posizione abbastanza laica,<br />

ma non mi sento di poter dire che si<br />

tratta di un obiettivo che si porta a casa<br />

domani”. E fin qui...<br />

Poi, partì l’affondo: “Forse il modo più opportuno<br />

di affrontare la questione non è<br />

quello di spararla come fosse un botto di<br />

fine anno”. Secondo Presot, si dovrebbe<br />

riflettere attentamente sul ruolo di Monfalcone<br />

in rapporto a Città Mandamento<br />

perché proprio “la struttura del Comune<br />

10 • M T•<br />

aprile 2009<br />

di Monfalcone ha spesso frapposto ostacoli<br />

alla messa in rete dei servizi. Anche<br />

rispetto ai problemi del litorale stiamo<br />

cercando da tempo di avviare qualcosa,<br />

ma finora abbiamo portato a casa solo<br />

chiacchiere”.<br />

E se il sindaco Presot vi è parso duretto,<br />

leggete un po’ come reagì al tempo (8<br />

gennaio 2009) il primo cittadino di Fogliano,<br />

Mauro Piani (che, tra le altre cose,<br />

è pure coordinatore del coordinamento<br />

tra comuni denominato Città Mandamento):<br />

“La decisione del sindaco di<br />

Monfalcone di aprire un’analisi e un confronto<br />

sulla creazione di un’unica municipalità<br />

con Ronchi e Staranzano è una<br />

questione tutta cittadina”. Ovvero: siccome<br />

la maggioranza che sostiene Pizzolitto<br />

nel consiglio comunale di Monfalcone<br />

si trova ultimamente un po’ in<br />

affanno, il sindaco della città dei Cantieri<br />

è costretto a inventarsi qualcosa per non<br />

ballare troppo... “La questione – dichiarò<br />

infatti Mauro Piani – si basa sulla necessità<br />

di dare un governo stabile a una<br />

città importante, complessa e, ne sono<br />

consapevole, punto di riferimento della<br />

politica locale. L’abilità di chi ne è ora al<br />

comando fa sì che si possa immaginare<br />

di sostituire una parte del consenso perduto<br />

con nuove forze espressione di un<br />

pensiero vecchio”. Traduzione dal politichese<br />

stretto<br />

parlato da Piani:<br />

sei abile, Pizzolitto,<br />

certo. E<br />

sai manovrare,<br />

come no. Ma<br />

non ci chiedere<br />

di prenderti sul<br />

serio: il tuo botto<br />

di fine anno è<br />

solo uno specchietto<br />

per le<br />

allodole, diciamocelo.<br />

Roba<br />

buona per garantirti<br />

il sostegno<br />

di qualche<br />

consigliere comunalemonfalconese<br />

(il<br />

fasoliano Maurizio<br />

Volpato?),<br />

più o meno interessato al tema della<br />

«Città comune» (roba vecchia come il<br />

cucco, tra l’altro), e morta là.<br />

Piani, il coordinatore del coordinamento,<br />

dichiarò inoltre (Il Piccolo, 10 gennaio<br />

2009) che “finora è proprio mancata la<br />

spinta delle comunità al progetto” (agli<br />

abitanti del Mandamento non importerebbe<br />

nulla di nulla delle unioni tra i comuni,<br />

insomma) ma meriterebbe invece<br />

“attenzione e discussione propositiva” il<br />

tema del collegamento tra i bisogni dei<br />

cittadini e gli strumenti con cui gestire<br />

e fornire servizi alle comunità. Di spazi<br />

di miglioramento ce ne sarebbero eccome,<br />

ma c’è bisogno di equilibrio e “del<br />

riconoscimento di realtà diverse e differenziate,<br />

dove tutto può essere comune<br />

e non può essere omologato”. Piani<br />

concluse dicendo che “occorre costruire<br />

quindi lo strumento comune in grado di<br />

dare risposte differenziate. Gettiamo le<br />

basi, partendo anche da una forte provocazione<br />

quale può essere un sindaco<br />

e un consiglio comunale di una città da<br />

quasi 70mila abitanti per costruire a favore<br />

della comunità senza preconcetti o<br />

presunzioni di essere i primi della classe.<br />

Occorre dare servizi in grado di fornire<br />

risposte differenziate in funzione dei bisogni<br />

espressi”.<br />

Concludendo: il sindaco di Monfalcone<br />

se ne esce il 31 dicembre 2008 auspicando<br />

la fusione del suo comune con<br />

Ronchi e Staranzano; il sindaco (del PD,<br />

proprio come Pizzolitto) di Staranzano<br />

gli risponde subito che: a) non è il caso<br />

di farle, ‘ste sparate, caro Gianfranco e b)<br />

se finora non si è fatto nulla, la colpa è<br />

solo di Monfalcone, per cui ciapa e porta<br />

a casa; quindi Mauro Piani (pure lui<br />

del PD), il coordinatore coordinante il<br />

coordinamento tra comuni denominato<br />

Città mandamento, interviene dicendo<br />

che: a) Pizzolitto, le sue rogne, se le gratti<br />

a Monfalcone, b) il tema ‘unione dei comuni’<br />

meriterebbe opportuni approfondimenti,<br />

c) Monfalcone è troppo grande<br />

e quando si muove può far male e d) a<br />

Monfalcone ci son troppi primi della<br />

classe, altro che a Fogliano.<br />

Com’era, com’era, quella dei tre moschettieri?<br />

Uno per tutti e... Tutti per cosa? ❒


CITTÀ COMUNE<br />

Unioni di comuni? Chiacchere che hanno<br />

per argomento il nulla<br />

[di Tiziano Pizzamiglio]<br />

Che voto assegnare alla produttività di chi non ha saputo realizzare nulla in grado di contenere la spesa e di<br />

rendere servizi migliori ai cittadini? Gli unici che si possono dichiarare soddisfatti sono i partiti e il loro esercito<br />

di consiglieri, assessori e sindaci.<br />

Mai come ora la crisi dei piccoli Comuni<br />

è stata così evidente, le risorse<br />

finanziarie non sono più sufficienti<br />

perché i trasferimenti statali e regionali sono<br />

stati ridotti e il ricorso ai flussi finanziari<br />

europei, troppo spesso, è precluso ai piccoli<br />

comuni che non sono capaci di dialogare<br />

con la Comunità europea, questo è un punto<br />

di debolezza che suscita rabbia perché costituire<br />

un centro di progettazione intercomunale<br />

per l’accesso ai finanziamenti europei<br />

era davvero un obiettivo minimo realizzabile<br />

in sei mesi, figurarsi in vent’anni. Rimpiangere<br />

l’imposta comunale sulla casa, non<br />

solo non serve a nulla, ma è anche indice<br />

di totale confusione mentale e politica dal<br />

momento che raramente nella modernità un<br />

regime aveva fatto ricorso a una gabella più<br />

illiberale.<br />

In nessun altro paese d’Europa il potere<br />

locale più vicino ai cittadini è frammentato<br />

quanto in Italia. I Comuni italiani sono<br />

ben 8.103, un numero enorme che appare<br />

ancor più rilevante se consideriamo che<br />

almeno settemila comuni non superano la<br />

soglia dei diecimila abitanti. E non è tutto<br />

qua. Infatti questi settemila comuni si<br />

estendono sul 75% del territorio nazionale<br />

ma vi risiede più o meno un terzo della<br />

popolazione. (sic!)<br />

Il ruolo nel mondo di una municipalità,<br />

anche se alcuni sindaci lo hanno dimenticato<br />

o, molto più probabilmente, non lo<br />

hanno mai saputo, è fornire risorse, competenze<br />

e processi sufficienti a rappresentare<br />

la comunità e il territorio curandone<br />

gli interessi, la qualità della vita e lo sviluppo<br />

economico. Inoltre, molti autorevoli<br />

studi confermano che la dimensione<br />

demografica ottimale di un comune si<br />

colloca in una fascia che va dai ventimila<br />

ai quarantamila abitanti. Non c’è altro<br />

da considerare salvo - ovviamente - le<br />

demenziali convinzioni dei sostenitori<br />

di pretese specificità culturali, etniche,<br />

dialettali e geografiche; con costoro non<br />

serve condividere nessun processo di partecipazione,<br />

sarebbe tempo perso.<br />

Cooperazione e collegialità non sono pratiche<br />

fini a se stesse che si esauriscono in<br />

uno sterile esercizio di autoreferenzialità.<br />

La cooperazione dovrebbe essere intesa<br />

come una sorta di laboratorio permanente<br />

in grado di produrre perlomeno una riduzione<br />

dei costi di gestione dei servizi per<br />

mezzo di una tensione continua al miglioramento<br />

che, a fortiori, passa per accorpamenti<br />

di risorse strumentali e finanziarie<br />

e la confluenza delle risorse umane.<br />

Chiunque conoscesse almeno un po’ il<br />

sistema di Norme che disciplina queste<br />

materie, dovrebbe sapere che tutto non<br />

deve passare necessariamente per l’unione<br />

di comuni, comunque auspicabile, infatti<br />

un pubblico amministratore adeguato<br />

al ruolo sarebbe in grado di raggiungere<br />

obiettivi interessanti senza alterare o distruggere<br />

l’attuale ordinamento amministrativo.<br />

Questo dato dovrebbe tranquillizzare<br />

i partiti che avversano le unioni<br />

dei comuni perché temono di assistere<br />

alla riduzione del loro inutile esercito di<br />

consiglieri, assessori e sindaci. Insomma,<br />

qui non si vuole certo perseguire lo sgretolamento<br />

sociale, i piccoli comuni assicurano<br />

una preziosa funzione di presidio<br />

territoriale su ben tre quarti del territorio<br />

nazionale che, diversamente, potrebbero<br />

incorrere in pericolose dinamiche di spopolamento<br />

abitativo e desertificazione sociale.<br />

Ma questa – semmai - sarebbe una<br />

ragione in più per non perdere altro tempo<br />

in dibattiti che per argomento hanno<br />

il nulla perché è impellente e necessario<br />

riconcepire le logiche interorganizzative<br />

delle economie di scala che solo gestioni<br />

collegiali accorte possono garantire. Poi<br />

è chiaro che l’Amministrazione regionale<br />

e il Governo nazionale devono assicurare<br />

ai comuni condizioni operative efficaci.<br />

In altre parole bisognerebbe attuare, una<br />

volta tanto, il principio di sussidiarietà di<br />

cui si va blaterando a vanvera senza peraltro<br />

conoscerne il significato.<br />

Per quanto il termine suoni un pò cacofonico<br />

e risulti astruso, il concetto, in realtà,<br />

è semplice e di immediata comprensione.<br />

Infatti il principio di sussidiarietà consiste<br />

nell’affermare un dato di fatto più che<br />

evidente: le decisioni politiche e amministrative<br />

e la gestione dei servizi sono di<br />

competenza dei comuni perché in quanto<br />

rappresentanti del potere più vicino al cittadino.<br />

Cosa succede quando il comune<br />

non riesce ad assolvere a questo suo compito?<br />

In questo caso le competenze passano<br />

al livello superiore: non più il comune,<br />

ma la provincia, poi la regione...<br />

In tutto ciò c’è qualcosa che non quadra<br />

perché l’ordinamento costituzionale<br />

prevede l’orientamento opposto: sono<br />

gli Enti locali che devono rendersi complementari<br />

allo Stato quando questo per<br />

distanza o complessità deve ricorrere al<br />

decentramento. Non è semplice, si tratta<br />

di due processi contrari che non possono<br />

scorrere su semirette parallele in senso<br />

opposto, perlomeno non sempre.<br />

Tuttavia, l’evidenza dimostra che il ruolo<br />

più importante compete all’Ente locale secondo<br />

una logica molto ampia di decentramento<br />

amministrativo, solo le competenze<br />

residuali dovrebbero essere trasferite, che<br />

poi è come dire che tutte le funzioni che<br />

le piccole comunità non riusciranno più<br />

a gestire adeguatamente dovranno essere<br />

trasferite al livello successivo.<br />

Quel che serve fare è studiare le forme di<br />

aggregazioni migliori, ricorrendo, di volta<br />

in volta ai più efficaci strumenti associativi<br />

offerti dalle Leggi che già ci sono perché,<br />

chi ha iniziato a farlo, già sta raccogliendo<br />

i frutti del suo lavoro in termini di importanti<br />

economie nella gestione dei servizi.<br />

Non sarà tanto semplice. Come sempre localismi<br />

esasperati, pretese specificità e retaggi<br />

culturali, sociali ed ideologici vari si<br />

metteranno di traverso per impedire qualsiasi<br />

accorpamento di enti o di servizi.<br />

La classe politica dovrebbe compiere un<br />

salto culturale e mettere da parte le logiche<br />

di partito per costruire un sistema in<br />

grado di garantire alle comunità una qualità<br />

della vita adeguata al gettito fiscale che<br />

quella stessa comunità assicura e per una<br />

volta vi risparmio la solita solfa su come<br />

fanno in Francia e Germania ad applicare<br />

il principio di sussidiarietà tanto è scontato<br />

che ci riescono perché, tanto è più forte<br />

il senso dello stato, maggiore è la capacità<br />

di rappresentare gli interessi dei cittadini,<br />

viceversa, più è marcato il senso di appartenenza<br />

al partito, più gli amministratori<br />

esauriscono la loro azione istituzionale<br />

nel mantenimento del consenso per la<br />

propria fazione. ❒<br />

aprile 2009 • M T<br />

• 11


CANTIERE E DINTORNI<br />

Vivere di cantiere ...<br />

Bello questo slogan che ha accompagnato<br />

i “sontuosi” festeggiamenti<br />

del centenario dei cantieri navali<br />

di Monfalcone. C’è spazio per le più svariate<br />

interpretazioni, si può vivere bene di<br />

cantiere, si può vivere male di cantiere, si<br />

vive e basta... conosciamo bene la nostra<br />

realtà, viene accettata così ed è probabilmente<br />

questo il nostro errore fondamentale,<br />

pensare che questo è l’unico modo<br />

di vivere di e con un cantiere.<br />

Papenburg in Bassa Sassonia (Germania)<br />

è la dimostrazione che le cose possono<br />

andare anche diversamente.<br />

La Città<br />

Papenburg si trova nel nordovest della Germania<br />

sul fi ume Ems, a 40km dal mare nord e a 15km<br />

dal confi ne con l’Olanda. Il comune di Papenburg<br />

fu costituito nel 1629 in una zona di palude che<br />

in seguito viene bonifi cata. L’odierna città nasce<br />

dall’unione con altri 5 comuni nell’ambito della<br />

riforma territoriale del 1973. La cantieristica navale<br />

ha una lunga tradizione e risale ai primi anni<br />

del 1700 quando il commercio della torba rendeva<br />

necessario la costruzione delle prime barche.<br />

Nel 1850 i cantieri erano 27. La maggior parte<br />

di queste aziende a conduzione familiare non era<br />

in grado di adattare i processi di produzione all’arrivo<br />

delle nuove tecnologie e nel 1909 solo 3<br />

cantieri erano rimasti attivi.<br />

Oggi la città, oltre ad ospitare uno dei cantieri<br />

più importanti della Germania ed un porto dove<br />

nel 2008 sono transitati 1,12 mio t di merci, può<br />

contare anche su altri insediamenti industriali<br />

come il terziario per l’industria automobilistica,<br />

la produzione tessile e la produzione di articoli<br />

per il giardinaggio nonché sul turismo. Nonostante<br />

le sue 8 aree industriali la città si presenta<br />

come un villaggio tranquillo caratterizzato da canali,<br />

parchi, grandi prati e costruzioni basse. Le<br />

12 • M T•<br />

aprile 2009<br />

barche e navi di legno del museo all’aperto che<br />

sono ormeggiate nei canali della città danno testimonianza<br />

visibile della tradizione cantieristica<br />

di Papenburg.<br />

Il Cantiere<br />

Fondato nel 1795 come cantiere per imbarcazioni<br />

di legno, il Meyer Werft, che oggi è per<br />

la sesta generazione di proprietà della famiglia<br />

Meyer, si è specializzato, a partire da metà degli<br />

anni 80, nella costruzione di grandi navi da<br />

crociera. Nel 1975 Meyer Werft si è trasferito<br />

nella sua nuova sede e qui è entrato in funzione<br />

nel 1987 il suo primo cantiere coperto. Il cantiere,<br />

che costruisce anche navi passeggeri vanta<br />

clienti come P&O, Celebrity Cruise, Royal<br />

Caribbean Cruise e sta costruendo attualmente<br />

per Costa Crociere una serie di navi destinate al<br />

mercato tedesco. Per il 2010 è prevista la consegna<br />

della prima di due navi da crociera per<br />

la Disney Cruise Line. Oggi i cantieri coperti<br />

sono due e Meyer Werft è una delle aziende di<br />

costruzione navale più moderne al mondo. I dipendenti<br />

diretti del cantiere sono 2800 e il 75%<br />

del volume di lavoro è esternalizzato.<br />

Il cantiere e la città. Il gioco di squadra che fa<br />

nascere una destinazione turistica.<br />

Papenburg è cresciuta con il cantiere che garantisce<br />

stabilità economica e sociale, ma anche il<br />

cantiere deve molto alla città che si è resa disponibile<br />

ad accompagnarlo nella sfi da del mercato<br />

globale. Con i suoi 2800 dipendenti Meyer Werft<br />

domina la vita economica della città, nelle aziende<br />

fornitrici e appaltatrici lavorano oltre 5000<br />

persone, i posti di lavoro nell’indotto a livello<br />

regionale sono ca. 10.000, il cantiere è il datore<br />

di lavoro più importante della città e tra i più importanti<br />

della regione.<br />

Suona tutto molto familiare, conosciamo bene la<br />

situazione, la stiamo vivendo anche noi: la grande<br />

azienda garantisce la sopravivenza di migliaia<br />

di famiglie e la città sopporta con gratitudine.<br />

Tutto qui?<br />

Invece no! A Papenburg non ci si è limitati ad<br />

[di Bettina Binsau]<br />

una visione così ristretta del rapporto tra città e<br />

cantiere e la collaborazione ha portato profi tti per<br />

entrambi.<br />

Non e chiaro come è nata l’idea di legare il cantiere<br />

all’offerta turistica locale, fatto sta che la<br />

città, il cantiere e l’ente del turismo regionale<br />

hanno sviluppato assieme la strategia per la promozione<br />

turistica di Papenburg. E i risultati sono<br />

notevoli.<br />

La vecchia sede del cantiere fu donata alla città<br />

che ha ristrutturato gli edifici con l’aiuto di<br />

fondi europei. Oggi questo bellissimo esempio<br />

di architettura industriale ospita un museo<br />

multimediale, un teatro con sala polifunzionale<br />

e un albergo; il vecchio bacino fu trasformato<br />

in marina. Meyer Werft da parte sua ha<br />

costruito in collaborazione con l’ente del turismo<br />

un modernissimo centro visite adiacente<br />

ad uno dei cantieri coperti. Nel centro sono<br />

esposti modelli di navi, interni di cabina, foto,<br />

documenti e un video racconta la storia del<br />

cantiere. C’è anche la possibilità di acquistare<br />

libri, capellini, T-shirt ed altri souvenir targati<br />

Meyer. Ma l’attrazione più grande sono le sue<br />

enormi vetrate a vista nel cantiere attraverso<br />

quali si possono vedere le navi in costruzione.<br />

L’ingresso costa 8 euro per adulti e 5 Euro per<br />

bambini e l’agenzia turistica locale che gestisce<br />

il centro ha creato anche pacchetti turistici<br />

che abbinano la visita del cantiere ad altre<br />

offerte della città. Ogni anno più di 200.000<br />

persone fanno visita al cantiere, la richiesta è<br />

talmente grande che le prenotazioni devono<br />

essere fatte con mesi di anticipo e nel 2008<br />

l’ente ha dovuto negare l’accesso a 15.000<br />

persone perché le capacità di accoglienza erano<br />

esaurite! Ultimamente questo modello di<br />

successo è stato applicato anche ad altre realtà<br />

produttive di Papenburg come per esempio il<br />

centro di giardinaggio, dove è possibile di visitare<br />

le coltivazioni di piante e fiori.<br />

E quando la nave lascia il cantiere c’è festa<br />

– per tutti!<br />

Costruire navi a 40 km di distanza dal mare comporta<br />

delle diffi coltà logistiche non indifferenti.<br />

Nonostante i vari dragaggi effettuati negli ultimi<br />

anni, i fondali bassi del fi ume Ems non consentono<br />

il transito di una nave da crociera e ogni volta<br />

che una nave lascia il cantiere, il fi ume deve<br />

essere portato con l’aiuto di una chiusa alla profondità<br />

necessaria. Poi la nave viene trainata con<br />

la prua in avanti fi no al mare aperto, dove inizia<br />

il suo viaggio verso la consegna all’armatore. Ci<br />

si può immaginare che il transito di una nave da<br />

crociera che sembra galleggiare in mezzo ai campi<br />

non resta inosservato. E così anche il varo e<br />

il transito delle navi sono diventati prodotti turistici.<br />

Parte del grande parcheggio adiacente alla<br />

banchina si trasforma per alcuni giorni in zona<br />

di festa con chioschi e palco. Per la sera prima<br />

del transito viene organizzato un concerto, c’è un<br />

dj, si mangia, si beve, si balla. Le date dei vari e<br />

transiti sono pubblicate sui siti di Meyer Werft e<br />

dell’uffi cio turistico locale con mesi di anticipo e<br />

ogni volta arrivano migliaia di persone per vedere<br />

la nave “che parte”. Molti arrivano con il Camper<br />

e occupano i posti sulle rive dell’Ems e nel parcheggio<br />

attrezzato del cantiere. Gli appuntamenti


per il transito delle navi sono diventati i raduni di<br />

camper più grandi della Germania. Negli ultimi<br />

anni sono stati organizzati anche alcuni festival di<br />

musica Pop e Rock. Tre giorni pieni di concerti,<br />

che hanno visto star internazionali come Joe Cocker<br />

cantare davanti alla grande nave in banchina.<br />

Non si può negare che Meyer Werft è diventato<br />

l’attrazione turistica più importante della città,<br />

che però da parte sua è riuscita, attraverso una<br />

strategia di promozione congiunta, a valorizzare<br />

anche le altre offerte presenti sul territorio. Nel<br />

2008 i 20 alberghi di Papenburg hanno registrato<br />

oltre 300.000 pernottamenti. I visitatori arrivano<br />

durante tutto l’anno e il turismo è un fattore<br />

economico molto importante per la città e il<br />

suo mandamento; attualmente ca. 1000 posti di<br />

lavoro sono legati direttamente o indirettamente<br />

al turismo.<br />

E a Monfalcone...?<br />

A Monfalcone le cose sono decisamente diverse.<br />

Sembra che i rapporti tra amministrazione locale<br />

è cantiere si sono praticamente interrotti e il<br />

cantiere da parta sua non dimostra alcun interesse<br />

verso la città e il suo territorio. Non c’è una<br />

visione comune, non c’è nessuna collaborazione<br />

per sviluppare strategie per il futuro della città,<br />

non c’ è l’interesse comune di generare economia<br />

sfruttando la presenza del cantiere in modo<br />

propositivo per la città. Sentiamo spesso parlare<br />

della vocazione turistica di Monfalcone abbiamo<br />

anche noi un uffi cio per l’informazione turistica<br />

nel centro della città e poi c’è la spiaggia di Marina<br />

Julia.... Questo però non basta per poter dire<br />

che la città sia attrezzata per accogliere eventuali<br />

visitatori, la scarsa preparazione si vede già all’ingresso<br />

della città dove un bel cartello dà il<br />

Benvenuto oltre che in lingua italiana anche in<br />

una lingua inventata che assomiglia lontanamente<br />

al tedesco.<br />

Ne è un altro esempio il centenario del cantiere.<br />

Non si è mai visto un anniversario così importante<br />

passare così sottovoce. Senza voler togliere<br />

niente agli organizzatori delle varie mostre e iniziative<br />

si può costatare che il grande evento non<br />

c’è stato. L’anniversario poteva essere il fi lo conduttore<br />

per portare tutto l’anno visitatori in città.<br />

Un’occasione per far conoscere Monfalcone a<br />

livello europeo.<br />

Si poteva aspettare che la città fosse addobbata<br />

a festa, che si inaugurasse un monumento, che<br />

i commercianti sviluppavano strategie comuni<br />

con vetrine decorati a tema, che fossero in vendita<br />

anche gadget banali come T-shirt e cappellini,<br />

che fosse organizzata una festa come quella<br />

del vino e tant’altro. Bastava forse collegare le<br />

solite iniziative estive al centenario arricchendo<br />

il programma con eventi speciali, insomma,<br />

volendo, il territorio poteva offrire molto di più.<br />

Invece ci siamo trovati con un modello di elica<br />

che troneggiava sulla scalinata della piazza<br />

come una cattedrale nel deserto e una mostra<br />

in cantiere che era inaccessibile ai bambini. Se<br />

a Roma viene stampato un francobollo per la<br />

“Festa della pasta all’amatriciana” a Monfalcone<br />

non si fa uno neanche per i 100 anni del<br />

cantiere! Sparita l’elica, niente ricorda l’anniversario<br />

e forse e meglio così, ci fa dimenticare<br />

più in fretta che la città ha perso la sua grande<br />

occasione.<br />

Basta uno sguardo dall’alto per rendersi conto che<br />

Monfalcone è svantaggiata per la sua posizione<br />

geografi ca, la nostra città, incastrata tra mare e<br />

carso si stringe intorno al cantiere che è costretto a<br />

mantenere la sua dimensione attuale. A Papenburg<br />

l’assenza totale di montagne e colline ha facilitato<br />

lo sviluppo territoriale della città; il cantiere ha<br />

trovato lo spazio necessario per poter espandersi<br />

alle sue dimensioni attuali. Tuttavia resta il sospetto<br />

che anche a Monfalcone una programmazione<br />

territoriale più attenta avrebbe potuto alleggerire<br />

la situazione.<br />

Oltre nel turismo locale Meyer Werft è coinvolto<br />

anche nell’ organizzazione di altre iniziative<br />

come per esempio il concorso per la costruzione<br />

di modellini di barche telecomandate ad energia<br />

solare. Per il concorso, che è rivolto alle scuole<br />

della regione, Meyer Werft mette a disposizione<br />

tecnici che aiutano i ragazzi a progettare e costruire<br />

i modellini. Tutto, incluso il materiale per<br />

la costruzione, viene fi nanziato dal cantiere in<br />

collaborazione con uno dei armatori (nel 2008<br />

Celebrity Cruise). Il concorso si conclude con<br />

una regata di modellini nel bacino del cantiere<br />

e la premiazione della squadra vincente. A Monfalcone<br />

non ci si ricorda di interventi signifi cativi<br />

degli armatori (e come abbiamo visto sono gli<br />

stessi) a favore della città. Ma se non vengono<br />

coinvolti in un piano di promozione che a ben<br />

vedere è utile anche a loro , certo non si può pretendere<br />

che di loro spontanea volontà decidano<br />

elargizioni.<br />

Gli extracomunitari come risorsa e non come<br />

problema.<br />

Come in tutte le città industriali d’Europa anche<br />

a Papenburg si sono insediati negli ultimi anni<br />

migliaia di stranieri provenienti da paesi extraeuropei.<br />

Nonostante la città fosse conosciuta come<br />

roccaforte del conservatismo politico e culturale,<br />

l’amministrazione locale è da decenni di maggioranza<br />

democristiana e oltre 60% dei residenti è<br />

di religione cattolica (media nazionale 31%), Papenburg<br />

si è dimostrata accogliente e aperta favorendo<br />

l’integrazione dei nuovi cittadini. Questo<br />

signifi ca anche che gli stranieri non devono<br />

abbandonare le loro tradizioni o la loro religione,<br />

testimonianza sono gli oltre 1000 musulmani che<br />

Papenburg Monfalcone<br />

Territorio comunale (1) 118 kmq 20,5 kmq<br />

Abitanti (1) 35.440 (01/01/2009) 28.035 (30/12/2008)<br />

Stranieri 11% (media nazionale 8,8%) (2) 13,2% (3) (media nazionale 5,8%) (4)<br />

Tasso di disoccupazione 4,8% (media nazionale7,2) (5) non disp. (media nazionale 6,7%) (12)<br />

Cantiere Meyer Werft Fincantieri<br />

Impiegati diretti 2.800 (6) 1.800 (7)<br />

Redito annuo medio* € 34.000 (lordo) (8) € 24.600 (lordo) (8)<br />

Impiegati aziende esterne ca.5.000 (9) non reperibile<br />

Lavoro esternalizzato 75% (10) 80% (11)<br />

I dati riportati nell’articolo provengono da:<br />

(1) siti internet dei comuni di Papenburg e Monfalcone; (2) sito internet comune di Papenburg<br />

(3), (11) dati pubblicati su “Il Piccolo”; (4) ISTAT dicembre 2008 (5) Bundestamt für Statistik, Land Niedersachsen; (6), (10) sito internet<br />

Meyer Werft (7) dato ricavato da un’intervista a Carlo de Marco, lug.2008 (8) Shipbuilding in Europe-Panel study 2008, Università di<br />

Brema, Germania (9) da sito IHK Niedersachsen (camera di comercio Bassa Sassonia) (12) dati pubblicati da Eurostat, gennaio 2009<br />

CANTIERE E DINTORNI<br />

frequentano la moschea della città. Assieme ad<br />

altri comuni tedeschi gli amministratori di Papenburg<br />

hanno chiesto al governo di Berlino di<br />

estendere il diritto di voto per le elezioni comunali<br />

a tutti gli extracomunitari residenti in città da<br />

almeno 5 anni.<br />

A Monfalcone invece l’arrivo degli stranieri ha<br />

portato una parte dei residenti ad una specie di<br />

rifiuto collettivo. Una parte dei problemi, veri<br />

e non, è sicuramente riconducibile all’assenza<br />

di strumenti propositivi all’integrazione. La<br />

città si e trovata impreparata, colta di sorpresa<br />

e le iniziative per rimediare sono partite con<br />

ritardo. La diffidenza verso lo sconosciuto e<br />

l’ignoranza, sfruttata abilmente da una parte<br />

della politica locale, hanno creato a Monfalcone<br />

un clima di scontro culturale dal quale è<br />

difficile ma necessario uscire. Dall’altra parte<br />

era sicuramente indispensabile una collaborazione<br />

più stretta tra comune e cantiere per<br />

poter programmare meglio l’accoglienza dei<br />

nuovi cittadini.<br />

La formazione professionale<br />

Dagli anni 80 il cantiere Meyer Werft è impegnato<br />

fortemente nella formazione professionale. In<br />

collaborazione con la scuola professionale sono<br />

stati sviluppati percorsi di formazione che coinvolgono<br />

anche le aziende fornitrici e appaltatrici<br />

presenti nella regione. Ogni anno 150 giovani<br />

vengono assunti con un contratto del “sistema<br />

duale”, che prevede oltre alla formazione pratica<br />

in azienda la frequentazione della scuola pubblica<br />

professionale. Esistono inoltre programmi<br />

specifi ci che consentono di proseguire la laurea<br />

in ingegneria navale.<br />

L’immagine di una città<br />

A Papenburg sono riusciti a creare un’immagine<br />

comune, la città si identifi ca con il cantiere e viceversa.<br />

La grande azienda ha un legame con il<br />

territorio che va oltre la garanzia dei posti di lavoro<br />

e la città vive la presenza del cantiere come<br />

una risorsa del territorio che può generare profi tti<br />

per tutta la città.<br />

Lo stesso leitmotiv di Papemburg, “Offen für<br />

mehr”, ovvero “Aperto per/ad altro” rappresenta<br />

bene lo spirito con cui la città affronta la sua<br />

realtà.<br />

Monfalcone, nel confronto con la città “gemella”<br />

di Papenburg esce pesantemente sconfi tta.<br />

Qui da noi tutto ciò che a Papenburg è stato fatto<br />

e si continua a fare è solo un sogno, si continua<br />

a parlare di marketing territoriale per Monfalcone<br />

senza nemmeno sapere lontanamente cosa<br />

signifi ca.<br />

A Papenburg c‘è una disponibilità a lavorare<br />

tutti insieme per migliorare la qualità della vita<br />

che a Monfalcone è sconosciuta; qui lo sport più<br />

praticato è quello di drammatizzare i problemi<br />

per convenienza politica, a compiacersi nel sottolineare<br />

gli aspetti negativi senza alcuna tensione<br />

a lavorare per crescere tutti insieme.<br />

Insomma, da questa breve comparazione tra due<br />

realtà così simili Monfalcone ne esce con le<br />

ossa rotte.<br />

Forse sarebbe il caso che i nostri amministratori<br />

facessero un viaggio di istruzione a Papenburg<br />

per imparare come si può davvero vivere, e bene,<br />

con il Cantiere.<br />

E forse noi monfalconesi, se proprio da soli<br />

non ce la facciamo, dovremmo fare come a<br />

scuola, quando non si è preparati: copiare chi<br />

è più bravo di noi. ❒<br />

aprile 2009 • M T•<br />

13


CITTÀ<br />

Slot a Monfy [Gianni Spizzo]<br />

Reportage da mondi dietro l’angolo l’ango<br />

In primo piano la bocca semiaperta di un<br />

anziano insaccato nei suoi indumenti, abbandonato<br />

sulla sedia, immobile nel sonno:<br />

un gomito sul tavolino, il braccio a puntellare<br />

la testa reclinata, la guancia stirata<br />

nel palmo della mano e il mento fi ccato<br />

nel collo. In basso all’inquadratura la patta<br />

sbottonata, a terra tra le sue gambe un<br />

sacchetto di nylon strettamente annodato,<br />

dal contenuto ignoto. Uno zoom su quella<br />

faccia ti rivela la perfetta estraneità dell’uomo<br />

a quanto lo circonda, segnatamente al<br />

gorgoglio che spandono le sette slot machine<br />

accese lungo la parete che gli fa da<br />

sfondo. E’ circolare come la balbuzie di sette<br />

tacchini impazziti, un’ipnosi che pervade<br />

l’ambiente mescolandosi con le canzonette<br />

di Radio Birikina e la luce al neon.<br />

L’atmosfera del barino di periferia ti fi ltra<br />

nella testa alla svelta, conviene lasciarla<br />

fare, tenere i timpani rilassati e gli occhi<br />

spenti, inutile ogni resistenza, così cominci<br />

ad assumere la stessa aria da comparsa<br />

che contraddistingue gli avventori e la<br />

signora dietro il bancone. Qui sembrano<br />

esperti nell’arte. Ti siedi a un tavolino con<br />

il caffè in mano, apri il giornale e fai fi nta di<br />

leggere. Sei tra l’entrata e la postazione del<br />

superenalotto: dove puoi pagare anche il<br />

bollo auto, ti spiega un cartello. Sì, probabilmente<br />

l’unica maniera per infi larti senza<br />

danni nella realtà allo stato puro è proprio<br />

far fi nta di niente. Noti che nel panorama<br />

manca una tele accesa, nessuna distrazione<br />

a parte le slot, curioso, ma neanche tanto,<br />

magari è una strategia di marketing...<br />

Hanno dei nomi le macchine, mentre chi<br />

gioca potrebbe non averne: Cluny-Slot Royal-Slot<br />

Casinò-Atlantide Sphinx-Diamante<br />

Master-Casinò One-Master New-Slot-Casinò,<br />

hanno vita propria le slot, quella dei<br />

giocatori non sembra tale, come ridotta al<br />

minimo indispensabile per cacciare moneta<br />

nelle apposite fessure e premere il tasto<br />

Gulp<br />

Gossip<br />

e c’è una cosa che trovo in-<br />

S sopportabile è il continuo<br />

uso del gossip in politica. Non<br />

sopporto che in città non si parli d’altro che del destino,<br />

che appare segnato, del cavaliere de noartri, del geometra<br />

Nicoli sempre più ex leader locale di Forza Italia.<br />

E’ mai possibile che non si possa più bere un bicchiere o<br />

un caffé in santa pace senza che qualcuno non ti venga a<br />

raccontare che ormai il suo tempo è fi nito?<br />

Che le trame interne al partito non gli lasciano scampo?<br />

Che gli vien addebitata la scarsa leadership sull’assottiglia-<br />

14 • M T•<br />

aprile 2009<br />

che mette<br />

in rotazione<br />

le icone<br />

multicolori<br />

nei display.<br />

Sì, nessun<br />

protagonista sulla scena, solo comparse.<br />

Sfarfallii di cuori picche fi ori carote ciliegie<br />

eccetera tengono la scena. In bella mostra<br />

un avviso: Si prega la gentile clientela di<br />

non giocare con più di due macchine contemporaneamente.<br />

Una punta di moralismo non guasta di<br />

questi tempi, d’obbligo la moderazione.<br />

Poi però, se chiedi, magari vieni a sapere<br />

che cominciano alla mattina prima di fi lare<br />

in fabbrica o a far la spesa, che tanti si giocano<br />

la busta paga, o la cassa integrazione,<br />

la pensione. Che a metà mese tanti restano<br />

a secco. Che tanti sono strangolati dalle<br />

fi nanziarie. Tanti e tante, perché girano anche<br />

donne, in età, sole in genere, ansiolitico<br />

birretta e slot. Come ce l’avessero stampato<br />

addosso, basta un’occhiata. Ma così si assicurano<br />

qualche ora di relax ogni giorno,<br />

perché per tanti di questi magari è più importante<br />

passare il tempo che vincere.<br />

Te ne parlava un cliente fi sso, senza imbarazzo,<br />

sottolineava che è normale, proprio<br />

naturale distrarsi, rilassarsi, che questo è il<br />

posto, che il bingo per esempio è troppo<br />

impegnativo, mica per niente è fallita subito<br />

la sala che hanno aperto tre anni fa. Poi<br />

per gli slot-tossici da bar di andare ai casinò<br />

oltre confi ne non se ne parla, in genere,<br />

specie adesso con la crisi, ha precisato,<br />

al più una tantum... E quando non c’era la<br />

crisi, c’era comunque troppa gente, si facevano<br />

arrivare comitive di veneti al Perla, il<br />

casinò più trendy, sa? Pulman gratis. E comunque<br />

la bibita là mica te la regalano. E<br />

se sei donna devi anche trovare qualcuno<br />

che ti accompagni, sole dà ansia. Diventa<br />

complicato.<br />

Al bar invece è tutto più semplice, più normale,<br />

puoi giocare con l’aria di uno che lo<br />

fa così tanto per fare. Poi tanti e tante non<br />

vanno neanche più in centro, restano in<br />

zona, mondanità zero. Vanno fuori zona<br />

solo per lavorare o per la spesa, se hanno<br />

due ore che gli avanzano restano in zona.<br />

Non gli frega del centro, se vuoi vedere<br />

gente, vederla e basta, vai all’ipermercato,<br />

all’Emisclero, oggi come oggi. Non c’è più<br />

niente di speciale in centro. Così pensano.<br />

Magari gli mette anche ansia. Aveva aggiunto.<br />

Si ricordava che il posto era ancora un’osteria<br />

due gestioni fa, che si giocava a briscola<br />

e tresette, bicchieri più che altro, d’estate<br />

anche fuori sotto il pergolato, al massimo<br />

qualche carta da diecimila lire a ramino, ma<br />

che si parlava. Occorreva ancora parlare per<br />

riempirsi la testa. Altri tempi. Ora è fi nita<br />

quella moda, si risparmia il fi ato per le slot.<br />

No? L’attuale gestione è di tre sorelle, una<br />

forza, si danno il turno così possono tenere<br />

aperto dalle cinque alle dieci della sera, orario<br />

continuato, possibile che sia una miniera<br />

d’oro... ti ha confi dato abbassando la voce.<br />

Comunque deve sapere che posti così esistono<br />

perché rendono. Chi non gioca, passa<br />

per le sigarette, specie la sera quando i tabaccai<br />

han chiuso, effetto ultima spiaggia... Si<br />

vedono anche i Bangla qualche volta, specie<br />

quando fi niscono i turni al cantiere, arrivano<br />

soli, non amano esser visti dai compatrioti,<br />

e con la scusa delle sigarette si scolano un<br />

bicchiere, anche due, tre. Alla chetichella entrano,<br />

ancora con la tuta di lavoro, trincano<br />

e ripartono in bici. Qua per loro è perfetto,<br />

nessun testimone, come per i nostri peraltro.<br />

Nessuno che ti giudichi, ti fai le tue storie e<br />

scompari quando hai fi nito.<br />

Sì, qui nessuno parla più, chiedono le sigarette,<br />

da bere, cambiano i soldi e attaccano<br />

con le slot. Quasi non ci si guarda, come ai<br />

servizi di un autogrill, perfetto anonimato. La<br />

più parte staziona sui trampoli a schiacciare<br />

i pulsanti con regolarità implacabile, fi nché<br />

ogni tanto lo scroscio metallico di un jack<br />

pot libera una leggera eccitazione nell’aria,<br />

che sfuma completamente nei lunghi intervalli<br />

in cui nessuno vince. Così verosimilmente<br />

ogni giorno. Tu intanto hai fi nito il caffè,<br />

hai sfogliato tutto il giornale, non ti resta che<br />

alzarti per pagare. Esci, c’è tutto il vuoto di<br />

una notte qualsiasi ad aspettarti fuori. L’importante<br />

è non provare paura, pensi, che<br />

l’importante è tenere i nervi a posto... ❒<br />

to gruppo consiliare?<br />

Che ormai ha perso ogni appeal ed ogni appoggio?<br />

Che non arriva all’estate?<br />

Basta, non se ne può più! Se si parla di politici si parli di<br />

politica e non di pettegolezzi.<br />

Si parli di cosa hanno fatto, di qual è il segno che vogliono<br />

lasciare nella nostra città, di quali sono i loro progetti per<br />

la comunità.<br />

Per esempio Nicoli...Ehm, per esempio Nicoli...ha fatto...<br />

ehm, ha fatto..., farà...ehm...<br />

Bon, insomma, l’ importante è non fare gossip.


Preoccupazioni e dubbi sul futuro<br />

della casa di riposo [di<br />

CITTÀ<br />

Giacomo Cuscunà]<br />

...non sempre privatizzare è sinonimo di risparmio e quasi mai<br />

privatizzare è sinonimo di maggiore qualità...<br />

Da quanto dichiarato dalle RSU del<br />

Comune di Monfalcone e dalle Segreterie<br />

provinciali di FP-CGIL e CISL-<br />

FP, nel primo periodo di attività della nuova<br />

casa di riposo di via Crociera si sono evidenziate<br />

delle criticità molto importanti.<br />

La struttura, inaugurata il 7 maggio 2008 è<br />

stata progettata per l’accoglienza di anziani<br />

non autosufficienti, affiancandosi così a<br />

quella già esistente, riservata a persone ancora<br />

autonome. Il progetto aveva lo scopo<br />

di rispondere all’esigenza sempre più pressante<br />

di assistenza alla popolazione anziana<br />

e di riportare sul territorio le numerose<br />

persone accolte in strutture fuori Comune.<br />

La necessità di effettuare dei lavori di manutenzione<br />

nella struttura vecchia, però,<br />

ha impedito l’operatività immediata di entrambi<br />

gli edifici ed ha portato alla scelta di<br />

aprire la nuova casa di riposo trasferendovi<br />

temporaneamente le persone già ricoverate,<br />

in attesa dell’inizio e del completamento<br />

dei lavori di ristrutturazione.<br />

La gestione è affidata sia a personale dipendente<br />

del comune, sia a personale di cooperativa<br />

che collabora nelle mansioni di cucina,<br />

di infermieristica e all’assistenza degli<br />

ospiti. Negli ultimi anni il personale dipendente<br />

si è ridotto notevolmente, perchè<br />

l’amministrazione ha scelto di non coprire<br />

con nuove assunzioni i posti vacanti per i<br />

pensionamenti. E’ venuto così ad aumentare<br />

il ricorso ai servizi offerti dalla cooperativa<br />

e ci si è avviati verso un lento smantellamento<br />

della gestione pubblica.<br />

Attualmente la struttura vecchia ospita ancora<br />

diversi servizi:<br />

- il centro diurno: il servizio è rivolto agli<br />

anziani che, pur continuando a vivere nelle<br />

proprie famiglie, trascorrono parte della<br />

giornata nella struttura comunale pranzando<br />

insieme alle persone residenti e partecipando<br />

alle attività di socializzazione proposte<br />

dalle operatrici;<br />

- la cucina: è stata pensata e attrezzata per<br />

fornire i pasti ad entrambe le strutture (attualmente<br />

quindi non vengono sfruttate a<br />

pieno le sue potenzialità);<br />

- gli uffici amministrativi del Servizio sociale<br />

comunale;<br />

- alcuni locali utilizzati da diverse associazioni<br />

per le loro attività;<br />

Nel seminterrato inoltre sono operativi la<br />

lavanderia e gli spogliatoi utilizzati dal per-<br />

sonale mentre il primo piano, dove sono<br />

ubicate le camere, dal mese di maggio 2008<br />

non viene utilizzato.<br />

I problemi rilevati e sottoposti all’attenzione<br />

dell’amministrazione dai sindacati sono<br />

molteplici e, secondo questi ultimi, devono<br />

essere affrontati e risolti.<br />

Per quanto concerne l’attività quotidiana<br />

che viene svolta all’interno della struttura<br />

gli operatori si trovano a dover fare i conti<br />

con i gravi disservizi provocati dal malfunzionamento,<br />

dall’installazione incompleta,<br />

dai guasti frequenti delle attrezzature che<br />

causano difficoltà e pericolo per loro stessi e<br />

per gli anziani ospiti - in un’opera pubblica<br />

che non ha neanche un anno di vita -.<br />

Alla fine di febbraio il Sindaco, il Direttore<br />

generale e all’assessore ai LL.PP. hanno<br />

effettuato un approfondito sopralluogo insieme<br />

al personale e ai rappresentanti sindacali,<br />

e si sono impegnati ad attivare tutti gli<br />

interventi necessari per garantire l’efficienza<br />

dell’edificio.<br />

Purtroppo, però, queste non sono le uniche<br />

criticità che mettono in discussione<br />

il servizio offerto agli anziani. L’Amministrazione<br />

ha infatti confermato che intende<br />

chiudere completamente la vecchia<br />

struttura perchè i finanziamenti per i lavori<br />

di ristrutturazione non sono stati ancora<br />

reperiti, il costo di un ospite risulta essere<br />

il doppio rispetto ad altre realtà e le spese<br />

per il mantenimento delle strutture (pulizia,<br />

riscaldamento...) incidono in maniera<br />

rilevante sul bilancio. Di conseguenza è<br />

previsto lo spostamento di alcuni uffici<br />

amministrativi nella nuova struttura e nella<br />

sede di via Duca d’Aosta, al centro diurno<br />

si destineranno alcuni spazi sempre nella<br />

nuova casa di riposo, la cucina chiuderà e<br />

la fornitura dei pasti sarà affidata ad una<br />

ditta esterna.<br />

Il sindaco ha assicurato che tutto questo avverrà<br />

senza abbassare lo standard di qualità<br />

del servizio, ma il sindacato e gli stessi<br />

operatori sono convinti che queste decisioni<br />

incideranno anche sulla qualità della vita<br />

degli anziani.<br />

La scelta di esternalizzare la cucina e la<br />

conseguente dismissione di un impianto,<br />

ammodernato da poco, che fornisce un servizio<br />

di alta qualità è giudicata incomprensibile.<br />

Sempre da quanto comunicato dalle<br />

parti sociali, “dovrebbero essere individuate<br />

nuove possibilità e opportunità per utilizzare<br />

a pieno le potenzialità di questa struttura<br />

insieme all’alta professionalità del personale.<br />

Va ricordato in proposito che, prima di<br />

esternalizzare il servizio di assistenza domiciliare,<br />

le cuoche preparavano i pasti anche<br />

per le persone assistite sul territorio. Il vero<br />

spreco di denaro pubblico sarebbe la sua<br />

chiusura. L’esperienza di questi anni ci insegna<br />

che se è relativamente facile scegliere<br />

di appaltare un servizio, è quasi impossibile<br />

la sua successiva reinternalizzazione. E’<br />

sempre l’esperienza ad insegnare che non<br />

sempre privatizzare è sinonimo di risparmio.<br />

E quasi mai privatizzare è sinonimo di<br />

maggiore qualità.”<br />

Preoccupazione anche sul fronte del centro<br />

diurno: “fino ad ora è stato uno strumento<br />

molto importante di aiuto per le famiglie che<br />

hanno in cura parenti anziani e un’opportunità<br />

di stimolo e di socializzazione per gli<br />

stessi anziani accolti nel servizio. Temiamo<br />

che l’obiettivo di risparmiare possa compromettere<br />

la sua efficacia e le sue finalità.<br />

Non deve diventare una sorta di parcheggio<br />

giornaliero.”<br />

Gli obbiettivi dei sindacati sono dunque<br />

sintetizzabili in tre punti: la messa in funzione<br />

al più presto di entrambi gli edifici<br />

per realizzare il progetto che ha determinato<br />

la scelta della costruzione della nuova<br />

casa di riposo; il pieno sfruttamento delle<br />

potenzialità della cucina, e non la sua chiusura,<br />

prevedendo l’assunzione a tempo indeterminato<br />

di una cuoca, a coprire quello<br />

rimasto vacante dopo un recente pensionamento<br />

e, infine, se dovesse risultare necessario<br />

trovare una sede provvisoria per<br />

il centro diurno, la scelta in funzione del<br />

mantenimento dello standard di qualità<br />

fino ad ora garantito. Una valorizzazione<br />

di questo servizio risulta strategicamente<br />

importante: è un’irrinunciabile alternativa,<br />

insieme al servizio domiciliare, all’istituzionalizzazione<br />

degli anziani.<br />

I sindacati concludono: “il costo del welfare<br />

non può essere solamente un problema<br />

di numeri e di percentuali, anche in<br />

una situazione finanziaria pesante come<br />

quella che gli enti locali devono gestire.<br />

Nelle scelte di razionalizzazione delle spese<br />

gli amministratori devono tener conto<br />

dei reali bisogni delle fasce più deboli dei<br />

cittadini.” ❒<br />

aprile 2009 • M T•<br />

15


INTERVISTE<br />

Neanche nani<br />

sulle spalle<br />

dei giganti<br />

La citazione esatta di Bernardo di Chartres è “Siamo nani sulle<br />

spalle dei giganti?” Il filosofo francese, vissuto nel XII secolo, voleva<br />

affermare che i contemporanei, anche se infinitamente più piccoli dei<br />

grandi del passato, dovrebbero far tesoro della loro cultura e della<br />

loro sapienza per riuscire a vedere un po’ più lontano di loro. Ci sia-<br />

mo calati nel piccolo di neanche metà della nostra piccola provincia e del misero provincialismo per scoprire che non<br />

è affatto così. Piero Fasola, intervistato da Stefano Piredda e Tiziano Pizzamiglio per <strong>MT</strong>, ritorna sugli argomenti<br />

che, solo poche settimane fa, sono stati al centro di un dibattito molto sentito e partecipato che si è protratto per un<br />

paio di settimane direttamente sulle colonne de Il Piccolo. Come sempre, Fasola non si nasconde dietro il dito delle<br />

ipocrisie (luogo già troppo affollato) e propone delle amare riflessioni partendo da dati di fatto oggettivi e, come tali,<br />

difficilmente confutabili anche per la fisiologica e annosa assenza di confutatori plausibili...<br />

Aqualche anno di distanza dalla tua<br />

uscita dalla scena politica che tipo di<br />

analisi ti sentiresti di fare sul nostro<br />

territorio?<br />

Per fare un’analisi seria della situazione<br />

nella nostra area bisogna partire da considerazioni<br />

e dati di fatto spesso trascurati.<br />

Primo: questa è la quarta area urbana della<br />

regione, con le stesse dimensioni di Pordenone.<br />

Secondo: qui, negli ultimi dieci anni,<br />

ci sono state delle trasformazioni economiche,<br />

demografiche e sociali che non hanno<br />

avuto eguali in Friuli Venezia Giulia. Il tessuto<br />

sociale è mutato radicalmente e si sono<br />

verificati dei cambiamenti che avrebbero<br />

dovuto essere il tema principale dell’agenda<br />

politica della provincia e uno dei temi della<br />

regione.<br />

A mio avviso la classe politica della nostra<br />

città non è stata all’altezza della situazione:<br />

Monfalcone oggi non può contare su politici<br />

che rappresentino gli interessi della nostra<br />

popolazione.<br />

Anche la strategia di sviluppo che la politica<br />

provinciale ha messo in campo in questi<br />

ultimi dieci anni, non mi pare un gran che:<br />

l’impiego di risorse dai “forzieri” della Provincia,<br />

come li chiama Luigi Blasig, cioè<br />

Camera di commercio e Fondazione, è stato<br />

quasi a senso unico ma senza produrre reali<br />

benefici nemmeno a Gorizia.<br />

Degli esempi...?<br />

Gorizia continua a perdere abitanti dalla<br />

metà degli anni Cinquanta e nella Venezia<br />

Giulia l’area monfalconese è l’unica in<br />

crescita demografica. Le risorse del fondo<br />

Gorizia avrebbero dovuto produrre impresa<br />

e sviluppo: è legittimo chiedersi se ciò sia<br />

avvenuto. Negli ultimi 20 anni, nonostante<br />

massicci investimenti, a Gorizia continua il<br />

calo demografico, non ci sono imprese, prosegue<br />

la perenne ricerca di un ruolo che non<br />

si trova mai. Le risorse investite nel porto di<br />

Monfalcone almeno, hanno prodotto sviluppo<br />

e ricadute positive per tutta la provincia.<br />

25 milioni di euro spesi per realizzare nel ca-<br />

16 • M T•<br />

aprile 2009<br />

poluogo due distinte sedi universitarie : ora<br />

che tutti sono concordi nel dire che la proliferazione<br />

di sedi periferiche è una delle cause<br />

della crisi dell’università italiana, credo<br />

ci sia da riflettere. In più emerge anche qui<br />

una grossolana sperequazione: a Gorizia si<br />

trovano le risorse per due sedi universitarie<br />

e qui, dove vivono cinquantamila persone,<br />

non si riesce a completare nemmeno il ciclo<br />

di studi superiori! Ogni progetto scolastico<br />

viene ostacolato, sul liceo classico contrasti<br />

a non finire. Oggi per i suoi problemi sociali<br />

sarebbe utile sostenere l’area monfalconese<br />

con interventi su scuole superiori, cultura e<br />

servizi mentre a Gorizia servirebbero investimenti<br />

finalizzati allo sviluppo d’imprese,<br />

non di uffici pubblici in una città che già rischia<br />

di essere soffocata dal vivere di solo<br />

pubblico impiego.<br />

Secondo te perché permane questa impostazione<br />

che attribuisce centralità a Gorizia<br />

nonostante il fatto che negli ultimi<br />

anni la leadership politica, sia nei partiti<br />

che nelle istituzioni, sia rappresentata<br />

quasi esclusivamente da monfalconesi?<br />

C’è una forte e squilibrata pressione mediatica:<br />

i 35.000 abitanti di Gorizia sono<br />

rappresentati da due redazioni dei principali<br />

quotidiani, della sede Rai e da altre testate<br />

minori; i 60.000 abitanti del Monfalconese<br />

sono rappresentati da un’unica redazione<br />

giornalistica. Questo produce una distorsione<br />

nella percezione dei problemi da parte<br />

della classe politica: il titolo a nove colonne<br />

pubblicato a Gorizia diventa un riferimento<br />

per il politico più o meno in buona fede anche<br />

se rappresenta solo una minoranza del<br />

territorio.<br />

L’ altra spiegazione di questo fenomeno va<br />

cercata nella paura, che qualche politico di<br />

primo piano ha, di tornare al proprio lavoro,<br />

magari in una posizione meno prestigiosa e<br />

senza visibilità. Credono che la loro sopravvivenza<br />

politica sia legata alla capacità di<br />

rappresentare solo gli interessi di Gorizia. A<br />

furia di portare vasi a Samo, Samo è piena<br />

di vasi, ma l’anziano di Staranzano non trova<br />

posto in casa di riposo. Sbagliano e non<br />

se ne accorgono.<br />

Tu invece ti sei posto in modo diverso<br />

rendendoti inviso ai maggiorenti e ai loro<br />

cortigiani...<br />

Credo che se tra cinquant’anni qualcuno<br />

leggerà le cronache politiche degli anni in<br />

cui sono stato amministratore, avrà di che<br />

riflettere sulla reazione (pavloviana) rivolta<br />

contro di me più che ai temi posti. Questa<br />

provincia in 60 anni di storia repubblicana<br />

ha avuto molti politici; onesti e disonesti,<br />

capaci ed incapaci, interessati e disinteressati:<br />

nessuno ha mai ricevuto la quantità di<br />

attacchi violenti riservati a me. Delle due,<br />

l’una : o sono stato il peggior politico dell’isontino,<br />

oppure questa reazione serve<br />

a evitare di affrontare i problemi e rivela<br />

qualche “scheletro” nell’armadio. Ognuno<br />

può valutare, ma gli scheletri non mancano<br />

negli armadi della Camera di Commercio,<br />

della Fondazione, della Provincia o della ex<br />

USL....<br />

Ora come ora, per citare qualche dato<br />

di fatto, quali sono le sperequazioni più<br />

evidenti?<br />

Non c’è un settore della vita pubblica che<br />

non evidenzi il fenomeno. I 35.000 abitanti di<br />

Gorizia hanno a disposizione 7 uffici postali;<br />

I 50.000 di Monfalcone, Ronchi e Staranzano<br />

(con in più 5000 domiciliati ndr) solo 5<br />

. Al centro prelievi di San Polo 4 infermieri<br />

per 42.000 prelievi/anno; a Gorizia 6 per<br />

28.000. Perché le nostre code devono durare<br />

il doppio? E dagli sportelli INPS all’Agenzia<br />

delle entrate, alla biglietteria della Stazione è<br />

ovunque così: un po’di equità e senso delle<br />

proporzioni non guasterebbero. La vicenda<br />

delle case di riposo è emblematica. Monfalcone<br />

e Staranzano, 36.000 abitanti, hanno<br />

oggi 30 posti letto per non autosufficienti<br />

(diverranno 60); Gorizia, 36.000 abitanti, ne<br />

ha 253 e la deportazione dei nostri anziani<br />

continua. Anche la dotazione tecnologica<br />

delle due radiologie, o di altri reparti, ha


una sproporzione rilevante e non giustificata<br />

dalla attività dei 2 ospedali. Potremmo proseguire<br />

a lungo, ma non serve. Siccome è<br />

difficile confutare questi argomenti si attacca<br />

chi li evidenzia. Bisognerebbe prendere atto<br />

delle dimensioni di quest’area e dare dignità<br />

ai diritti dei suoi cittadini...<br />

Di solito chi non riesce a smontare il ragionamento<br />

attacca il ragionatore...<br />

In realtà si attacca indirettamente un’area<br />

debole. Qui vi è stata una disgregazione del<br />

tessuto sociale, l’identità ed il senso di appartenenza<br />

alla comunità sono compromessi.<br />

I danni che sono stati fatti li pagheremo<br />

per molti anni. Penso che una delle cause<br />

principali sia stata la carenza di leadership<br />

e la scarsa caratura delle persone che ci rappresentano.<br />

La qualità di una classe politica<br />

non si misura dal numero di fotografie che<br />

compaiono su un quotidiano , bisognerebbe<br />

farsi carico dei problemi, portare a casa dei<br />

risultati: constato che non è così.<br />

Però il flusso di finanziamenti piovuti a<br />

Monfalcone durante gli anni di Pizzolito<br />

è enorme...<br />

E’ vero, soprattutto per la viabilità e mi fa<br />

piacere. Monfalcone presentava un’arretratezza<br />

che prima o poi era indispensabile<br />

colmare. Per ora però siamo ancora in coda<br />

sul cavalcavia e alcune rotonde appena finite<br />

si rivelano insufficienti. Mi pare poi che<br />

non decolli una visione unitaria, un’idea<br />

urbanistica complessiva. Vedo una serie<br />

di interventi, alcuni riusciti (anche l’ex<br />

Albergo Impiegati), altri fallimentari, altri<br />

che devono ancora rivelare la loro utilità.<br />

Il punto chiave è sempre lo stesso: la Città<br />

Comune ha tre Sindaci, ma non ha una guida.<br />

E purtroppo il Sindaco, mi spiace dirlo,<br />

non è stato una guida nemmeno per Monfalcone.<br />

Ricordo l’impressione che ebbi nel<br />

2001 quando seguivo la vicenda della risonanza<br />

magnetica: il Sindaco era appena stato<br />

eletto e la soluzione che ha proposto per<br />

superare il fuoco di sbarramento Goriziano<br />

suonava più o meno così: “vi prego, consentiteci<br />

di acquistare questa macchina con<br />

i soldi donati dai nostri cittadini; in cambio,<br />

visto che la vostra raccolta di fondi è fallita,<br />

noi chiederemo che l’ASS ne compri una<br />

che costa il doppio, per Gorizia, con i soldi<br />

pubblici”. La politica degli anni successivi<br />

è stata in linea con questa “remissività”: gli<br />

effetti, a S. Polo, si sono visti. E si tratta<br />

del quarto ospedale della Regione... Questi<br />

sono i fatti con i quali dovremmo confrontarci,<br />

analizzare quello che è successo<br />

e vedere se è possibile che in quest’area si<br />

affermi una classe politica migliore, e magari<br />

spinta da cittadini più consapevoli dei<br />

propri diritti.<br />

In campagna elettorale, per un quarto<br />

d’ora, hanno discusso dell’eventualità di<br />

abolire le Province, non accadrà tanto<br />

presto, ma servirebbe per migliorare le<br />

cose?<br />

Io sono tra coloro che auspicano l’abolizione<br />

delle province. Se la nostra regione, se<br />

non le avesse, farebbe un grande passo in<br />

avanti. Nel nostro caso questa è una provincia<br />

artificiale, frutto degli eventi post bellici.<br />

Solo una ipotetica unificazione di Gorizia<br />

con Trieste darebbe senso ad una nuova<br />

realtà intermedia, che avrebbe dimensioni<br />

comparabili e Pordenone o Udine...<br />

Ma se invece di essere abolite le province<br />

fossero ridisegnate comprendendo la<br />

Venezia Giulia in una sola entità amministrativa<br />

quale potrebbe essere il rapporto<br />

tra Trieste e Monfalcone?<br />

Il rapporto con Trieste è sempre stato molto<br />

stretto ed ha a che fare con lo sviluppo<br />

industriale della nostra città dalla seconda<br />

metà dell’Ottocento. Il cantiere navale è<br />

nato perché alcuni imprenditori lussignani<br />

avevano bisogno di un luogo, “alla periferia<br />

di Trieste” dove insediare gli stabilimenti.<br />

Fossimo rimasti assieme, Trieste sarebbe<br />

stata meno matrigna di Gorizia: non avrebbe<br />

bisogno di chiudere Monfalcone per salvare<br />

se stessa, è grande a sufficienza per avere il<br />

Scuole, Tribunale, Ospedali...Gorizia, piccola<br />

com’è, riesce a giustificare ciò che pretende<br />

di ricevere e mantenere solo se sottrae<br />

sedi, servizi e risorse a Monfalcone. Per il<br />

Tribunale la storia è stata la stessa: è vero<br />

che poteva essere ragionevole unificare le<br />

sedi giudiziarie in provincia, ma dovrebbe<br />

essere altrettanto ragionevole, oggi, pensare<br />

che tra Trieste e Gorizia un solo tribunale<br />

basterebbe. Invece, due pesi e due misure.<br />

Chiusa Monfalcone sono rimaste aperte le<br />

sedi di Palmanova, Cividale, Tolmezzo e<br />

San Vito al Tagliamento: messe assieme<br />

non raggiungono gli abitanti del Monfalconese.<br />

Come la mettiamo?<br />

Tutto vero, ma la storia la scrivono gli uomini<br />

con le loro azioni...<br />

Questa città ha avuto degli esempi positivi<br />

di governo tra il 1975 e la metà degli anni<br />

’80 (con la piccola rivoluzione del passaggio<br />

dalle giunte DC a quelle di sinistra) ed<br />

alcuni Sindaci socialisti illuminati. Sono<br />

state fatte cose importanti per la città: il teatro,<br />

la piscina. I grandi interventi successivi<br />

risalgono al periodo in cui, a rappresentare<br />

il territorio in Regione siamo stati io, Michele<br />

Degrassi e Adriano Ritossa. Vogliamo<br />

andare a vedere che firme portano le grande<br />

opere pubbliche? L’ospedale, l’ampliamento<br />

delle case di riposo di Ronchi e Monfalcone,<br />

il Centro Alzheimer di S. Canzian,<br />

la biblioteca? O i finanziamenti starter per<br />

l’Albergo impiegati e la bretella dell’Aeroporto?<br />

La legge per Panzano è stata scritta<br />

da Michele Degrassi e finanziata dalla<br />

Giunta nella quale ero assessore. Nonostante<br />

fossimo distribuiti tra maggioranza e op-<br />

INTERVISTE<br />

posizione all’epoca lavoravamo per portare<br />

a casa risultati che da troppo tempo la nostra<br />

comunità inseguiva vanamente. E che, nel<br />

caso di Panzano, attende ancora...<br />

Anche la legge 22 sull’amianto, una delle<br />

prime in Italia, è frutto di un lavoro collegiale<br />

benché, tutt’ora, ci siano delle rivendicazioni<br />

di merito a senso unico...<br />

Ho scritto un disegno di legge e da quel testo<br />

è nata la legge regionale 22; ma anche<br />

qui c’è stato un lavoro collegiale, in questo<br />

caso con Antonaz, e si è tenuto conto delle<br />

osservazioni di tutti...<br />

Ti abbiamo quasi costretto a parlare in<br />

prima persona pur sapendo che non ti<br />

piace troppo farlo...<br />

Sinceramente non ho intenzione di impegnarmi<br />

più nella politica attiva e dunque non mi<br />

interessa rivendicare meriti. Mi spiace aver<br />

assistito ad un deterioramento della qualità<br />

della vita, vedere Panzano ancora in queste<br />

condizioni. Il finanziamento risale al 1995 ed<br />

avrebbe dovuto rapresentare anche una occasione<br />

di recupero dell’identità, perché la qualità<br />

della vita, dell’ambiente, dell’arredo urbano<br />

determinano anche la qualità della convivenza<br />

civile. Vorrei che certi problemi venissero affrontati<br />

da chi oggi ha il potere di farlo.<br />

Il Monfalconese avrebbe potuto contare<br />

su delle opportunità straordinarie. Il<br />

tavolo di confronto tra i sindaci per unire<br />

i Comuni è stato istituito più o meno<br />

vent’anni fa ma, dopo la scomparsa di<br />

quel grande uomo e sindaco che fu Adriano<br />

Cragnolin, non è stato prodotto nulla<br />

di utile per i cittadini dei nove comuni...<br />

Questa vicenda si presta ad alcune letture<br />

esemplificative. La prima: i padri di quest’idea<br />

sono anche i “progenitori politici”<br />

degli attuali amministratori, che ci hanno<br />

messo un attimo a distruggere le loro idee: la<br />

sinistra di trent’anni fa era più lungimirante<br />

di quella odierna. Secondo: il progetto Città<br />

Comune è stato avversato dai centri di potere<br />

di Gorizia in funzione dei loro interessi.<br />

Chiunque sia il presidente della provincia<br />

dovrà sempre dire di essere contro questo<br />

progetto. Eppure Lucinico, una volta Comune<br />

a sé, è più distante dal centro di Gorizia<br />

di quanto non lo sia Staranzano dal centro di<br />

Monfalcone. Tutti pronti a stabilire ponti con<br />

Nova Gorica, ma guai al mondo se Ronchi e<br />

Monfalcone si parlano: sono ipocrisie da farisei<br />

di cui nessuno chiede conto. Mi dispiace<br />

affermarlo ma la responsabilità di tutto ciò va<br />

attribuita anche agli ultimi sindaci di Monfalcone,<br />

Ronchi e Staranzano; non sono stati<br />

capaci di vedere ciò che i loro progenitori<br />

politici avevano visto trent’anni fa. Nel mandamento<br />

poi mancano occasioni di dibattito,<br />

di confronto tra idee; si sono cancellate le<br />

poche che c’erano si è stati ben attenti a far sì<br />

che le buone idee non contaminassero nulla.<br />

Peccato. ❒<br />

aprile 2009 • M T•<br />

17


MONFALCONE international<br />

L’orda che ci invade<br />

...noi eravamo poveri ma belli, i nostri nonni erano molto diversi<br />

dai curdi o dai cingalesi che sbarcano sulle nostre coste...<br />

In questi anni di confronto con le “orde”<br />

di immigrati in Italia e di serpeggiante<br />

xenofobia forse ignoriamo o cerchiamo<br />

di dimenticare quando eravamo noi<br />

italiani gli immigrati degli altri e un po’<br />

ce la raccontiamo: ”... noi eravamo poveri<br />

ma belli, i nostri nonni erano molto diversi<br />

dai curdi o dai cingalesi che sbarcano<br />

sulle nostre coste, ci insediavamo senza<br />

creare problemi, nei paesi di immigrazione<br />

eravamo ben accolti o ci guadagnavamo<br />

comunque subito la stima, il rispetto,<br />

l’affetto delle popolazioni locali”. Insomma<br />

noi non rubavamo il lavoro agli altri,<br />

non invadevamo le loro belle città, eravamo<br />

educati e rispettavamo le regole. Ma<br />

non è così. Gian Antonio Stella, nel 2002,<br />

ci ha raccontato di “Quando gli albanesi<br />

eravamo noi”, documentando, con fonti<br />

Occhio zio Sam: sbarcano i sorci!<br />

“La discarica senza legge direttamente<br />

dai bassifondi d’Europa”<br />

(Judge, 6 giugno 1903)<br />

18 • M T•<br />

aprile 2009<br />

d’epoca, 100 anni di emigrazione italiana<br />

fatta di diffidenze, luoghi comuni, pregiudizi<br />

e xenofobia che hanno caratterizzato<br />

i giudizi sull’Italia e sul suo popolo: “Bel<br />

paese, brutta gente”.<br />

Forse vale la pena risfogliare quel libro<br />

e rinfrescarci un po’ la memoria. Innanzitutto<br />

cerchiamo di capire se gli italiani<br />

erano considerati una razza e, in quanto<br />

tale, se manifestassero caratteristiche<br />

ben definite. A cavallo degli anni ’20 il<br />

rapporto della Commissione americana<br />

sull’immigrazione stabilì che “tutti gli<br />

abitanti della penisola propriamente<br />

detta così come le isole della Sicilia<br />

e della Sardegna [...] sono italiani del<br />

Sud”, la frontiera tra i due mondi fu definita<br />

“scientificamente” prendendo come<br />

spartiacque il 45° parallelo.<br />

E com’erano questi italiani?<br />

Di origine abissina,<br />

eh sì, grazie agli<br />

studi di Giuseppe Sergi<br />

(antropologo di fine ottocento),<br />

che teorizzò<br />

la colonizzazione della<br />

penisola, in tempi antichissimi,<br />

da parte di una<br />

popolazione abissina, gli<br />

xenofobi americani si<br />

convinsero che gli italiani<br />

fossero “una razza per<br />

metà bianca e per metà<br />

negra”. Anche la scienza<br />

[di Eva Demarchi]<br />

si scomodò, il professor Cornelio Moyano<br />

Gacitúa, lombrosiano argentino, in<br />

merito alla pericolosità degli immigrati<br />

italiani scrisse: “La scienza ci insegna<br />

che insieme col carattere intraprendente,<br />

intelligente, libero, inventivo e artistico<br />

degli italiani c’è il residuo della sua alta<br />

criminalità di sangue.” Quindi non c’è<br />

da meravigliarsi se sul New York Times,<br />

nel 1909, si affermava che “[...] Il criminale<br />

italiano è una persona tesa, eccitabile,<br />

è di temperamento agitato quando<br />

è sobrio e ubriaco furioso dopo un paio<br />

di bicchieri. Quando è ubriaco arriva lo<br />

stiletto. Di regola i criminali italiani non<br />

sono ladri o rapinatori sono accoltellatori<br />

e assassini.” E non mancano i giudizi dei<br />

letterati. Il poeta inglese Percy B. Shelley,<br />

scriveva che gli uomini italiani: ”possono<br />

a stento definirsi tali: sembrano una tribù<br />

di schiavi stupidi e vizzi, e non penso di<br />

aver visto un solo barlume di intelligenza<br />

nel loro volto, da quando ho attraversato<br />

le Alpi” e le donne: “Forse le più spregevoli<br />

fra tutte quelle che si trovano sotto la<br />

luna; le più ignoranti, le più disgustose,<br />

le più bigotte, le più sporche.” Certo tutto<br />

questo, e molto altro ancora, non poteva<br />

che creare diffidenze, stereotipi e pregiudizi<br />

che accolsero i nostri emigranti al<br />

loro arrivo nei paesi dove cercavano migliori<br />

condizioni di vita rispetto a quelle<br />

che, in quegli anni, poteva offrire il nostro<br />

paese.


In Australia la campagna contro l’immigrazione<br />

italiana era ferocissima.<br />

Nel 1925 un inviato del Corriere della<br />

sera ci racconta che al congresso dell’Australian<br />

Native Association il presidente<br />

tuona: “Noi non vogliamo che le condizioni<br />

sociali ed economiche dell’Australia<br />

siano minate da un inevitabile incrocio<br />

con stranieri, incapaci di sentire le nostre<br />

tradizioni, di rispettare la nostra bandiera”<br />

e alla fi ne dell’assemblea un ordine<br />

del giorno invoca “...il divieto d’immi-<br />

grazione in Australia per le razze non affi<br />

ni e non confacentesi.” Cioè la nostra, la<br />

razza dei “pelle oliva”, com’era defi nita.<br />

Ma Stella ci ricorda che “...si trattava in<br />

larghissima maggioranza, sia detto per<br />

la memoria corta dei razzisti nostrani, di<br />

lombardi, piemontesi, veneti...”<br />

E poi c’è la dolorosa storia dei bambini,<br />

schiavizzati, imprigionati a pulire i<br />

camini di tutta Europa, costretti a strillare<br />

i titoli dei giornali agli angoli delle<br />

strade, piegati a pulire scarpe, sotterrati<br />

MONFALCONE international<br />

I<br />

pregiudizi non risparmiarono nessuno,<br />

non era una questione di provenienza,<br />

gli italiani emigravano da tutte<br />

le regioni del paese, non faceva alcuna<br />

differenza. Ho in mente i racconti dei<br />

miei prozii emigrati da Panzano in Australia<br />

e ricordo le lunghe chiacchierate,<br />

quando lavoravo in Carnia, con gli uomini<br />

del paese: con le lacrime agli occhi<br />

quasi si vergognavano di parlare di ciò<br />

che avevano subito in Francia, Svizzera,<br />

Lussemburgo, Germania...<br />

Una vignetta della rivista “Nebelspater”, 1894. Il titolino recita:<br />

”Un idillio di italiche canaglie”. Nella foto scattata nel 1958 a Saarbrucken, alla fi nestra di un club si legge chiaramente il<br />

divieto d’ingresso per gli italiani in due lingue. “Si tratta solo di un esempio: simili avvisi, in Germania e soprattutto in Svizzera,<br />

erano frequentissimi”.<br />

Anche noi siamo stati clandestini, un<br />

esempio? Solo uno dei tanti. Nel dopoguerra<br />

almeno 80 italiani al giorno<br />

cercavano di attraversare il confi ne<br />

francese, la situazione era tale che i francesi<br />

allestirono un centro di accoglienza a<br />

Mentone: “Un immondo casermone dove<br />

le camere offrono come confort un po’ di<br />

paglia umida, vento gelido garantito a tutti<br />

i piani, vetri alle fi nestre serviti come<br />

obiettivi a tutte le artiglierie del mondo.”<br />

Molti non sopravvissero al freddo, alla<br />

fame e alla fatica del viaggio organizzato<br />

dai passeur “che fornivano ai clandestini,<br />

a carissimo prezzo, tutto il necessario:<br />

passaporti falsi, visti autentici ma illegali,<br />

rilasciati da funzionari corrotti...”<br />

nelle miniere, venduti ai vetrai francesi...<br />

Venduti, sì, venduti alle fornaci “...<br />

della Baviera, dell’Austria, dell’Ungheria,<br />

della Croazia; dalla sola provincia<br />

di Udine ne partivano più di 5000<br />

l’anno, presentavano spesso documenti<br />

con la data di nascita falsa e venivano<br />

falcidiati dagli incidenti sul lavoro...”<br />

Venduti ai piccoli imprenditori edili<br />

svizzeri che “...in pratica lavoravano<br />

solo con i bambini” refrattari all’educazione<br />

scolastica.<br />

Una vignetta pubblicata dallo svizzero “Nebelspalter” di Zurigo<br />

il 22 giugno 1898. Titolo: “Evviva! I “bocia” devono fi nalmente<br />

andare a scuola”. Testo: “Il piccolo “tschingg” italiano: noi<br />

non vuole andare a squola, vuole portare sacchi di malta, mangiare<br />

polenta sulle impalcature. Ricevere soldini il sabato essere<br />

molto meglio. La squola non serve a niente”.<br />

Certo! Sono storie d’altri tempi, ma non<br />

sembrano quelle di oggi? Quelle che leggiamo<br />

o ascoltiamo quotidianamente con<br />

indifferenza o addirittura con una certa<br />

irritazione? E la percezione di essere invasi<br />

da un’orda che ci mette in pericolo<br />

non è la stessa? A me pare proprio di sì.<br />

Alpi 1946 “Nella fotografi a, tratta da una rivista francese del<br />

1946 conservata al “Corriere della Sera”, un gruppo di emigranti<br />

italiani percorre in fi la indiana un sentiero di alta montagna,<br />

già coperto dalla prima neve, per passare in Francia.”<br />

Tratto da “L’orda, quando gli albanesi eravamo noi”, Gian Antonio Stella, Rizzoli, 2002.<br />

aprile 2009 • M T•<br />

19


STORIE<br />

C’era una volta<br />

una volta una piccola città che<br />

aveva tutte le cose che hanno le<br />

C’era<br />

piccole città.<br />

Aveva il Comune, i pompieri, il teatro e<br />

aveva anche il cimitero.<br />

Non si può dire che fosse il cimitero più suggestivo<br />

del mondo, ma era ordinato, con un<br />

bel parcheggio all’esterno, un bel viale d’ingresso<br />

e tutte le tombe al loro posto.<br />

Un giorno però qualcuno si accorse che<br />

c’era un angolo, nel cimitero, che non era<br />

a posto.<br />

L’area della cosiddetta fossa comune sembrava<br />

trascurata senza nemmeno un segno<br />

di riconoscimento.<br />

Perché dunque non prevedere un segno, in<br />

pietra come si addice ai cimiteri che si rispettano,<br />

che segnalasse l’area?<br />

L’idea passò di bocca in bocca fi nché un<br />

giorno anche il Comune decise che era il<br />

caso di pensare ad un progetto che risolvesse<br />

il problema.<br />

Un anziano artista del paese, scultore conosciuto<br />

ed apprezzato, si occupò di trovare<br />

una pietra adeguata, di preparare il<br />

progetto, di concordare i tempi ed i modesti<br />

costi dell’opera.<br />

Quando tutto era pronto e mancava solo la<br />

fi rma dell’uffi cialità ecco all’improvviso<br />

comparire sulla scena un astuto concorrente<br />

che, non avendo avuto l’idea, non<br />

avendo fatto alcun progetto ed essendo<br />

estraneo alla questione, trovò del tutto insopportabile<br />

che qualcun altro si occupasse<br />

della cosa.<br />

Era disperato e roso da un fastidio che non<br />

lo lasciava un attimo. Anni di presenza sul<br />

mercato e ben visibile a tutti, soprattutto<br />

a chi in cimitero ci va, come era possibile<br />

che non si fossero rivolti a lui? Chi diavolo<br />

Nemo profeta in patria<br />

Incontro con un artista invisibile<br />

Ci incontriamo nell’ora in cui le persone stanno apparecchiando<br />

per la cena. E’ inverno, e i riquadri giallastri<br />

delle fi nestre fanno da cornice alle case.<br />

Il mio istrionico interlocutore come Prince, il cantante<br />

pop, denominato via via, il Folletto di Minneapolis, l’Artista,<br />

possiede un’inguaribile predisposizione al cambiamento<br />

di nome.<br />

Una sottile perversione che si perpetua nel tempo e che<br />

somiglia più ad un vero e proprio sovvertimento dei dati<br />

anagrafi ci che la ricerca di uno pseudonimo artistico.<br />

Mario Tonut, Maurizio Thonet (chiaro parente della celebre<br />

dinastia), Mauro Tomat, Marco Toned (discendenze<br />

ladine), Mirko Tonin, sino al confi ne della più inesauribile<br />

fantasia.<br />

Ma siamo sicuri<br />

che tutto ciò sia<br />

opera delle virtù<br />

camaleontiche<br />

dell’artista o ci<br />

troviamo piuttosto<br />

davanti ad<br />

un ingiustizia<br />

perpetrata nel<br />

tempo, da parte<br />

della stampa,<br />

di politici miopi,<br />

frutto di inesattezze,<br />

di scarsa<br />

valorizzazione<br />

dell’artista e dei<br />

suoi sentieri?<br />

20 • M T•<br />

aprile 2009<br />

[di Arturo Bertoli]<br />

era e cosa voleva un miserabile scultore,<br />

magari anche senza un ditta ben avviata<br />

come la sua?<br />

Poi un lampo di genio. Gli bastò una<br />

telefonata, una sola, all’amico che occupava<br />

un ruolo di rilievo nel governo<br />

della città e, d’incanto, la firma dell’ufficialità<br />

non ci fu più, il progetto divenne<br />

improvvisamente invisibile e presto<br />

scomparve del tutto, anzi nessuno se ne<br />

ricordava più. Il suo umore cambiò radicalmente<br />

e quella rabbia che lo aveva<br />

tanto disturbato era svanita. Le cose erano<br />

tornate al loro posto.<br />

Lo scultore rimase così, basito, con lo scalpello<br />

sollevato a mezz’aria anche perché<br />

nel frattempo era scomparsa dall’area del<br />

cimitero anche la grande pietra che avrebbe<br />

dovuto lavorare. Tanto per dire le coincidenze.<br />

❒<br />

[di Franco Terzoni]<br />

Certi che l’arte rappresenti frequentemente l’impalpabilità,<br />

il tratto etereo che unisce il terreno al celestiale, ci<br />

sfugge il perchè anche il Nostro, a cospetto delle istituzioni<br />

e degli amministratori, sia una sorta di ectoplasma.<br />

D “Eppure avevi proposto tante iniziative artistiche, di<br />

gestione intelligente degli spazi, nel corso degli anni.“<br />

R “Certo! Ma forse è preferibile lasciar chiuse certe strutture<br />

destinate al degrado, privarsi della promozione turistica,<br />

del coinvolgimento delle persone nell’arte. O della<br />

produzione artistica che, potrebbe creare un incontro internazionale,<br />

con un percorso ragionato e conseguenti<br />

lasciti di opere alla città.“<br />

D “Tuttavia ogni qualvolta ci si muove in questa direzione,<br />

i cittadini di ogni età rispondono entusiastici a queste<br />

iniziative, tanto è il desiderio di immergersi in queste<br />

esperienze...<br />

R “Le circostanze per creare situazioni di avvicinamento<br />

e di sviluppo del mondo artistico, intendendo per ciò<br />

una reale alternativa alla società del rincoglionimento<br />

totale, concretizzando la possibilità di un pensiero non<br />

omologato, ci sono anche a livello locale.“<br />

D “Stiamo parlando di progetti realizzabili, probabilmente<br />

con costi accettabili, da collegare ad altre iniziative.“<br />

R “Sicuramente, prova pensare specialmente ai mesi estivi<br />

quando ogni cosa, comprese location per laboratori ed<br />

atelier itineranti, viene realizzata con minore diffi coltà.“<br />

Lasciandoci andare alle nostre ultime considerazioni intravedo<br />

nel nostro roccioso Canova locale la perseveranza,<br />

comune ad artisti del suo spessore, nel voler realizzare<br />

e diffondere un idea del mondo fatta di forme e colori.<br />

Ciao Mauro Tonet ❒


La dignità delle donne<br />

Questa riflessione parte da un mio recente<br />

incontro, a Cervignano, con<br />

un cartellone pubblicitario di dimensioni<br />

cubitali su cui l’immagine di una ragazza,<br />

spalle nude e sguardo ammiccante,<br />

è accompagnata dalla frase: “Fidati... te<br />

la do gratis”. Sotto è specificato, in minuscolo,<br />

“la montatura”. Si tratta della pubblicità<br />

di un negozio di occhiali. A casa<br />

ho trovato nella posta il pieghevole con la<br />

stessa pubblicità.<br />

E’ inutile dire, da donna, il disgusto e<br />

la rabbia che ha provocato in me questo<br />

messaggio pubblicitario. Poi, come al solito,<br />

ho cercato di analizzare nel tentativo<br />

di capire perché succedono queste cose<br />

e soprattutto perché viviamo in un paese<br />

schizofrenico, la cui morale da un lato si<br />

lancia a spada tratta in difesa dei diritti<br />

della donna, focalizzando spesso il tiro<br />

sulle civiltà “altre” (quelle in cui la donna<br />

non conosce libertà ed è sottomessa all’uomo),<br />

dall’altro ignora completamente<br />

il rispetto per la figura della donna, soprattutto<br />

a livello mediatico. Sono sempre<br />

stata molto cauta e perplessa nel giudicare<br />

Riceviamo<br />

e volentieri<br />

pubblichiamo<br />

le società “altre” (già la parola giudizio<br />

presuppone un’arroganza di superiorità<br />

culturale della parte giudicante) e in questo<br />

intervento non intendo discutere sulla<br />

libertà della donna nel mondo. Voglio invece<br />

capire cosa c’è dietro alla mancanza<br />

di rispetto della donna occidentale da<br />

parte dell’uomo occidentale, voglio capire<br />

perché un pubblicitario per vendere<br />

un paio di occhiali usi l’immagine di una<br />

donna che promette una prestazione sessuale<br />

gratuita, come se la maggior parte<br />

delle donne italiane fossero puttane (e uso<br />

questa parola proprio ad indicare il senso<br />

spregiativo con cui viene usata).<br />

Sento profondamente che la donna occidentale<br />

ha perso il suo bene più prezioso:<br />

la dignità.<br />

LETTERE<br />

[di Donata Martinelli]<br />

Così mi sono sentita io nel vedere quella<br />

pubblicità. Derubata della dignità. E’ così<br />

che mi sento ogni volta che accendo la<br />

tv, che sfoglio i giornali... che vedo come<br />

sono rappresentate le donne. Mi chiedo<br />

come il nostro mondo occidentale sia<br />

pronto a fare la guerra in nome della libertà<br />

e del rispetto dei diritti umani e non<br />

prenda in considerazione quanto la nostra<br />

società sia deviata rispetto a quei valori di<br />

cui ci facciamo portabandiera.<br />

Libertà e dignità dovrebbero essere sinonimi,<br />

non contrari. Invece a mio parere ci<br />

troviamo al punto in cui il senso di libertà<br />

individuale è stato talmente esasperato e<br />

commercializzato da aver perso qualsiasi<br />

legame con i valori profondi dell’essere<br />

umano.<br />

Penso che essere cittadini di questo mondo<br />

voglia dire anche cominciare a denunciare<br />

e rifiutare certi messaggi. Il Comune<br />

di Napoli ha fatto togliere una pubblicità<br />

volgare che aveva per protagoniste due<br />

donne. E’ stato un buon esempio, da cui<br />

potrebbero prendere spunto anche le nostre<br />

amministrazioni locali. ❒<br />

aprile 2009 • M T•<br />

21


SOCIETÀ<br />

Intervista a Giulia Beretta<br />

Referente Gruppo Acquisto Solidale Go-Gas Tartaruga<br />

Q ual è la storia del Gruppo GAS<br />

Tartaruga?<br />

[G] Il nostro gruppo è nato nel 2002, dalla<br />

volontà di un gruppo di famiglie (una<br />

quindicina) che già da tempo si interessavano<br />

di consumo critico e di come il<br />

loro modo di spendere poteva avere un<br />

impatto sulla propria realtà economica.<br />

Il nostro gruppo deriva da un gruppo di<br />

Bilanci di Giustizia (la rete di persone e<br />

associazioni nata nel 1993-94, sulla scia<br />

della guerra in Bosnia, con lo scopo di<br />

promuovere nuovi modelli di consumo<br />

alternativi a quelli dominanti, irresponsabili<br />

nei confronti dell’ambiente e dell’uomo,<br />

in particolare delle popolazioni<br />

del Sud del mondo). Proprio la critica ai<br />

metodi di consumo attuali è il punto di<br />

partenza “etico” dei GAS. La domanda<br />

che ci siamo posti è: “Siamo nati per consumare<br />

o abbiamo altre opportunità?”. La<br />

risposta è stata che siamo consumatori ma<br />

vogliamo essere consapevoli. E questo si<br />

può sviluppare attraverso vari percorsi.<br />

Fare parte di questo gruppo non signifi -<br />

ca solo acquistare ma anche ampliare le<br />

nostre conoscenze, stare insieme in modo<br />

conviviale e sostenersi a vicenda.<br />

Quante famiglie fanno parte attualmente<br />

del Gruppo Gas Tartaruga?<br />

[G] Indicativamente 29 famiglie (negli<br />

ultimi due anni si è passati da venti a trenta<br />

famiglie). Per la maggior parte sono famiglie<br />

con bambini piccoli, che si pongono<br />

il problema qualitativo di cosa mangiare.<br />

Provengono da tutto il territorio: da Gorizia,<br />

Cervignano, Aquileia, dal Monfalconese...<br />

Il nostro gruppo per una questione<br />

organizzativa può raggiungere un massimo<br />

di partecipanti attorno alla trentina.<br />

Ogni GAS ha le sue peculiarità: in Italia ci<br />

sono GAS con 180 famiglie e altri molto<br />

più piccoli, dipende da come è strutturata<br />

l’organizzazione (che comprende la logistica,<br />

l’appoggiarsi o meno a negozi, la<br />

parte amministrativa...). Il nostro GAS è<br />

interamente strutturato su base volontaria<br />

e si appoggia esclusivamente sull’apporto<br />

degli iscritti (legalmente siamo riconosciuti<br />

come Associazione). Abbiamo una<br />

sede:siamo ospiti di Benkadì, l’Associazione<br />

Culturale di Staranzano che oltre a<br />

22 • M T•<br />

aprile 2009<br />

gestire l’omonima Bottega di commercio<br />

equo e solidale, cerca di fare rete con altre<br />

realtà di economia solidale del territorio<br />

e dare sostegno e visibilità ad associazioni<br />

come la nostra (in quest’ottica offre la<br />

sua sede alla nostra Associazione). Non<br />

abbiamo un magazzino: qualcuno offre<br />

il suo garage e gli ordini vengono raccolti<br />

ed inviati via e-mail. Ogni passaggio,<br />

dalla raccolta degli ordini, al contatto con<br />

il fornitore, al ritiro ed alla distribuzione<br />

della merce, vede coinvolti i soci, che si<br />

ripartiscono i compiti in base alla disponibilità.<br />

Questo comporta che il prezzo del<br />

bene acquistato resti netto, senza rincari<br />

di trasporto e mediazione. Il prezzo dell’<br />

acquisto è quello pagato direttamente al<br />

produttore. Il rapporto tra il gruppo ed il<br />

fornitore è diretto.<br />

In base a che criterio scegliete i fornitori?<br />

[G] Il criterio è quello della giustizia e<br />

della solidarietà nei confronti dell’ambiente<br />

(scegliendo prodotti biologici e<br />

biodinamici), del territorio (preferendo<br />

i piccoli produttori locali e favorendo<br />

la fi liera corta), verso il Sud del mondo<br />

(scegliendo i prodotti del commercio<br />

Equo e Solidale) e delle realtà più deboli<br />

(acquistando dalle cooperative sociali).<br />

La differenza tra un Gruppo d’Acquisto<br />

tout-court ed un Gruppo d’Acquisto Solidale<br />

sta nel fatto che l’ultimo non ha<br />

come unico obiettivo il risparmio (che<br />

a volte và a discapito della qualità e del<br />

valore del bene) ma pongono come prioritaria<br />

una scelta che tenga conto di tutti<br />

quegli aspetti appena citati. Dello spirito<br />

del GAS fa parte anche la conoscenza diretta<br />

dei fornitori. Vengono invitati alle<br />

riunioni mensili oppure vengono visitati<br />

dal gruppo nelle loro aziende.<br />

Che prodotti vengono acquistati?<br />

[G] Settimanalmente si acquista la frutta<br />

e la verdura, periodicamente invece le<br />

carni, i formaggi ed i prodotti trasformati,<br />

i detersivi ed i prodotti per l’igiene (compresi<br />

quelli erboristici) ed i prodotti tessili<br />

in cotone biologico.<br />

Come sono le vostre riunioni?<br />

[G] Ci troviamo una volta al mese, di solito<br />

alterniamo una riunione organizzativa (in<br />

intervista<br />

Per informazioni: www.retegas.org - Per il Go-Gas Tartaruga: giulia.beretta@benkadi.it<br />

cui ci si occupa degli ordini) ad una tematica.<br />

In queste ultime si sceglie un argomento<br />

di interesse comune e lo si approfondisce.<br />

Tra i vari argomenti abbiamo parlato di<br />

Banca Etica, telefonia etica e software libero,<br />

turismo responsabile, banca del tempo e<br />

di energie rinnovabili. Di solito ospitiamo i<br />

fornitori. Oltre alle riunioni ci capita talvolta<br />

di essere ospiti a manifestazioni e convegni.<br />

Abbiamo partecipato negli ultimi anni alla<br />

manifestazione “Bioest” di Monfalcone e<br />

alla Festa della Decrescita di Pordenone.<br />

Nel 2007 abbiamo dato il nostro supporto<br />

alla creazione di un nuovo GAS a Gorizia,<br />

“Il Ponte”.<br />

Che progetti avete in cantiere?<br />

[G] Recentemente abbiamo inviato una<br />

lettera (supportata da una raccolta di fi rme)<br />

ad una nota catena di supermercati<br />

in cui chiediamo la loro disponibilità a ad<br />

installare distributori di latte fresco e di<br />

detersivi alla spina. Per fi nire, i molti contatti<br />

che riceviamo settimanalmente, ci<br />

fanno pensare che il territorio abbia sviluppato<br />

una sensibilità a questo modo di<br />

essere consumatori e che probabilmente<br />

il territorio monfalconese è pronto a dare<br />

vita ad altri gruppi di acquisto solidale.<br />

Chi vivrà vedrà!<br />

In Italia ci sono 458 Gruppi GAS, organizzati<br />

in 9 Reti. In Friuli i gruppi registrati<br />

sono 4, uno per provincia (ma in<br />

realtà ne esistono di più). ❒<br />

Cultura bisiaca<br />

Circola una gioviale battuta sull’attuale<br />

assessore alla cultura:<br />

“Con la nova asesora de l’inverno<br />

semo fora”. Chissà se si tratta soltanto<br />

di un’indovinata rima o se,<br />

più sottilmente, si fa riferimento<br />

ai precedenti amministratori della<br />

cultura monfalconese... In ogni caso<br />

la “nova asesora” ha gradito e l’ha<br />

dimostrato citando divertita la rima<br />

durante il saluto dell’amministrazione<br />

all’apertura dello spettacolo<br />

teatrale di una compagnia locale.<br />

La cultura bisiaca resiste, resiste,<br />

resiste. ❒


Vita da Pd<br />

Un democratico al lavoro. C’è il gazebo<br />

da allestire, il volantino da<br />

distribuire. Stasera riunione del<br />

Circolo, domani pure, il giorno dopo il<br />

forum tematico, poi ti è arrivata quella<br />

email che ci sarebbe da organizzare qualcosa<br />

per “portare a conoscenza dei cittadini”<br />

le proposte del Pd per uscire dalla<br />

crisi, perché siccome noi di tv ne abbiamo<br />

una sola (YouDem pare si chiami, anche<br />

se nessuno sa di preciso a che ci serva e<br />

soprattutto quanto ci costi) e Lui ne ha 6<br />

(3+3), abbiamo qualche “problemino” a<br />

far sapere quali sono le nostre proposte.<br />

Ovviamente in tutto questo ci sarebbe<br />

anche il lavoro, magari se si riesce a infi<br />

larci in mezzo un po’ di vita sociale non<br />

guasterebbe, perché va bene che il Partito<br />

viene prima di tutto, però insomma...<br />

Un democratico al lavoro. Distribuire volantini<br />

e sentirsi dire “ah io non vi voto<br />

più, sempre quelle facce da 20 anni, basta!”<br />

e non sapere cosa rispondere, perché<br />

davvero doveva essere il rinnovamento,<br />

l’innovazione politica del secolo, eppure...<br />

Gazebo su gazebo perché “bisogna<br />

aumentare il radicamento territoriale del<br />

Pd” che non si sa bene cosa voglia dire<br />

perché ci radichiamo e radichiamo ma la<br />

gente ci vota sempre meno, viene quasi<br />

il sospetto che valga il principio “chi ti<br />

conosce ti evita” e quando pensi a certi<br />

fi guri nel tuo partito ti viene anche di dar<br />

ragione a chi la pensa così. C’è da portare<br />

avanti il tesseramento, che ci siamo<br />

inventati dopo esserci resi conto che il<br />

partito leggero era molto bello ma c’era il<br />

piccolo inconveniente che senza iscrizioni<br />

non si riusciva più a capire chi era nel<br />

Pd e chi no, visto che alle primarie avevano<br />

votato un po’ tutti, e anche di più:<br />

c’era anche qualcuno di Sinistra Critica,<br />

che erano usciti da Rifondazione ma alle<br />

primarie del Pd votavano (non chiedetemene<br />

però la logica, che pure immagino<br />

ci sia).<br />

Si può fare dicevamo, o almeno si può<br />

pareggiare. Poi così non è stato, e non è<br />

stato nemmeno il rinnovamento, perché<br />

chi te lo fa fare di mollare la poltrona se<br />

non sei sicuro che chi verrà dopo di te ti<br />

garantirà qualche poltroncina minore in<br />

quel “sottobosco” di nomine e paranomine<br />

pseudopolitiche? E così noi “giovani”,<br />

come chi vi scrive, lì a pensare che pur<br />

tuttavia il Partito democratico nasce per<br />

dare una vera prospettiva all’Italia, scon-<br />

fi ggere il berlusconismo e la non-cultura<br />

della destra. E intanto a lavorare, sgobbare<br />

mese dopo mese, sì certo tocca sentire<br />

chi ha il doppio dei tuoi anni dire che il Pd<br />

nasce dalla fusione della cultura del Pci e<br />

della Dc, anche se tu eri ancora un bambino<br />

e sinceramente stenderesti un velo<br />

pietoso su entrambi e su chi dice queste<br />

parole... nel 2009! Ma intanto continui,<br />

perché ci credi davvero nel Pd. C’è davvero<br />

bisogno di parlare anche in Italia di<br />

“economia verde”, di diritti dei lavoratori,<br />

di laicità senza sentirsi dire che non<br />

bisogna essere troppo “laicisti”, neologismo<br />

che dubito sarebbe comprensibile<br />

nel resto d’Europa (ma nel resto d’Europa<br />

non c’è quel piccolo staterello d’Oltretevere...),<br />

di diritto di voto agli immigrati,<br />

di conciliare maternità e lavoro femminile,<br />

di energie alternative, di coppie di<br />

fatto (e già... i Dico dove sono fi niti?), di<br />

lavoro precario, di giovani laureati sottopagati,<br />

di scuole abbandonate a se stesse,<br />

di università allo sfascio e di baronismo.<br />

Ce ne sarebbe di carne al fuoco, ci credi<br />

davvero e sai che tanti come te ci credono.<br />

Ti confronti, se sei iscritto al Circolo<br />

Segnalazioni<br />

editoriali<br />

E’ uscito recentemente un libro di<br />

un giovane economista che, come<br />

si evince anche dal brano che riportiamo,<br />

dimostra di aver capito<br />

tutto della crisi economica che stiamo<br />

vivendo e che vi consigliamo di<br />

leggere:<br />

“I proprietari di capitale stimoleranno<br />

la classe operaia a<br />

comprare più e più merci costose,<br />

case e tecnologie, spingendoli<br />

a prendere più e più<br />

credito, fi nché i loro debiti diventeranno<br />

insostenibili. I debiti<br />

non pagati condurranno<br />

alla bancarotta delle banche,<br />

le quali dovranno essere nazionalizzate.”<br />

“Il capitale” di Karl Marx, 1867<br />

POLITICA<br />

[di Marco Rossi]<br />

giusto ci sono tante occasioni per vedersi,<br />

se sei sfortunato magari il tuo circolo non<br />

è molto attivo ma gli altri “democratici”<br />

sai che la pensano come te.<br />

Già, gli altri democratici. La base è unita<br />

e ci crede. Ma “loro”? Loro ci credono<br />

davvero ancora? “La visione di un partito<br />

dominato da dieci oligarchi è francamente<br />

eccessiva” dice Anna Finocchiaro. Ha<br />

ragione, forse dieci oligarchi sono pochi,<br />

saranno venti e più. Per non parlare<br />

di quelli locali. Poi ci sono le primarie,<br />

che però nessuno ci spiega perché si fanno<br />

solo quando servono agli oligarchi per<br />

contarsi e non quando vengono chieste<br />

dalla base, dai circoli.<br />

Ci sono i giovani, le nuove leve. “Non<br />

dovete più farvi cooptare, dovete lottare<br />

con le vostre forze”, ce lo sentiamo dire<br />

da loro che sono lì da vent’anni. Tuttavia<br />

a meno di vagliare ipotesi un po’ sanguinarie,<br />

non si capisce in che modo le nuove<br />

leve dovrebbero farsi avanti se prima<br />

non si spostano quelli che già ci sono. Del<br />

resto, anche il concetto di giovane è relativo,<br />

e stando all’orologio della politica<br />

italiana, che deve avere un ritmo alquanto<br />

bizzarro, gli astri nascenti della politica<br />

italiana hanno nomi che si sentono ormai<br />

da anni. Ho in camera una prima pagina<br />

di “Cuore” del 1993 con sopra un “Iervolino<br />

a ‘rivattene” eppure lei è sempre lì,<br />

anche Napoli è sempre lì e forse sarebbe<br />

invece meglio che qualcosa cambiasse.<br />

Noi democratici viviamo di sogni, perché<br />

in fondo un sogno vorremmo regalare all’Italia,<br />

il sogno di un’Italia più giusta, più<br />

libera e più eguale, più laica e più verde, il<br />

sogno di una società migliore e più accogliente,<br />

di un futuro più felice per tutti.<br />

Poi ci sono gli altri davvero. Amici, colleghi<br />

di altri partiti. In fondo si cerca<br />

sempre di difendere ciò in cui si crede, ci<br />

si sente un po’ umiliati perché si sa che<br />

tante speranze e tante attese, non solo le<br />

proprie, sono state tradite. Forse si pensa<br />

di non aver fatto abbastanza, in fondo la<br />

colpa sarà un po’ anche qui, in basso, e<br />

non solo là a Roma no? E allora di nuovo<br />

sotto a lavorare... volantini, gazebo, tesseramento,<br />

assemblee, comunicati stampa.<br />

Prima o poi a qualcosa servirà.<br />

Intanto il militante democratico sospira e<br />

tira la cinghia, per il rinnovamento magari<br />

aspettiamo ancora un attimo, perché<br />

intanto c’è da sopravvivere e tirare avanti<br />

fi no alle Europee. ❒<br />

aprile 2009 • M T<br />

• 23


TERRITORIO<br />

Turriaco: c’era una volta<br />

e voglio che sia ancora<br />

Questo è un tentativo di capire cosa possa<br />

essere successo ad un parcheggio di<br />

1.072 metri quadrati che avrebbe dovuto<br />

essere pubblico e non costare un centesimo al comune di Turriaco. Purtroppo questa area di sosta pubblica per le<br />

macchine non c’è... o forse c’è ancora ma non è più pubblica. Naturalmente ci possiamo sbagliare e nel faldone di<br />

documenti esaminati potrebbe mancare l’anello che giustifica la sparizione del parcheggio, se così fosse, saremmo<br />

felici di appurare che tutto si è svolto regolarmente e che l’apparenza ci ha ingannato.<br />

I<br />

faldoni di documenti non piovono dal cielo.<br />

Qualcuno li deve dare a qualcun altro e<br />

tanto per essere chiari aggiungeremo che<br />

chi scrive ha incontrato due persone che sono<br />

già state ascoltate dagli organismi competenti,<br />

su questa e altre questioni e in più d’una<br />

occasione, in qualità di persone informate sui<br />

fatti. Chiaro no?<br />

La vicenda scaturisce dagli interventi di recupero<br />

edilizio su uno dei luoghi del mandamento<br />

che tutti i bisiachi conoscono bene, il<br />

curtivon di Turriaco nel quale, per anni, è stata<br />

aperta una delle private più famose di tutto<br />

il Territorio: la Roseta. Abbiamo citato la mescita<br />

di vino ma avremmo potuto qualificare<br />

il luogo anche per quello che effettivamente<br />

era prima che i lavori di recupero edilizio lo<br />

trasformassero in altra cosa: l’unica aia colonica<br />

del Seicento esistente in provincia di<br />

Gorizia. Cioè un bene storico e architettonico<br />

che avrebbe dovuto essere patrimonio di tutti<br />

e stare a cuore a tutti, turriachesi e non, ma<br />

vallo a spiegare a uno di Monfalcone o di San<br />

Canzian che a Turriaco c’è (o c’era) un bene<br />

storico e architettonico che culturalmente appartiene<br />

pure a lui...<br />

Tutte le persone che sono entrate nel curtivon<br />

dal portico ad arco vicino alla splendida<br />

chiesa di San Rocco sanno che, sulla destra,<br />

dopo la mescita, c’era una tettoia, certamente<br />

non coeva del resto del complesso, che ora è<br />

stata trasformata in un bel condominio sporgente,<br />

che fa parte dalle cubatura e dunque<br />

dell’investimento, ma che non ha nulla a che<br />

fare con l’armonia delle linee del complesso<br />

preesistente. Nulla di strano, in questa demenziale<br />

modernità, non solo i restauri filologici<br />

e rispettosi dell’architettura non interessano a<br />

nessuno, ma anche il punto di equilibrio tra gli<br />

interessi pubblici e quelli privati non è sempre<br />

rispettoso dei beni storico architettonici.<br />

Solita storia... tuttavia questo spavaldo manufatto<br />

se dal lato del curtivon appare borioso,<br />

dal lato ovest appare addirittura tracotante<br />

perché sorge ad un metro e mezzo appena da<br />

una casa rurale preesistente. Eppure sarebbe<br />

previsto che la distanza non debba essere inferiore<br />

ai 5 metri lineari o dieci se, come in<br />

questo caso, la parete fosse finestrata. Invero,<br />

il piano regolatore del comune stabiliva che la<br />

parete di questo condominio ex tettoia fosse<br />

costruito a ridosso della parete del manufatto<br />

rurale appunto per non consentire l’apertura<br />

24 • M T•<br />

aprile 2009<br />

di finestre da quel lato come sarebbe stato<br />

logico. Invece decidono di ricorrere (chi?) al<br />

piano particolareggiato e questo allineamento<br />

obbligatorio viene spostato di un metro e<br />

mezzo, che coincide con la distanza minima<br />

prevista dal codice civile per l’apertura di<br />

finestre che si affacciano su altre proprietà.<br />

C’è chi non accetta tutto ciò e ricorre alle vie<br />

legali. Il giudice nomina un perito per l’accertamento<br />

di eventuali infrazioni. Tuttavia<br />

il pronunciamento del perito o Ctu è contrario<br />

alla tesi sostenuta dai ricorrenti secondo<br />

la quale era necessario costruire a ridosso,<br />

muro contro muro, perché sarebbe vincolante<br />

quanto previsto dal piano regolatore e non dal<br />

successivo piano particolareggiato. Va scritto<br />

che la Legge consente una certa flessibilità tra<br />

il piano particolareggiato e il piano regolatore<br />

da cui esso deriva, ma non sono ammesse<br />

modifiche agli allineamenti, non ci sarebbero<br />

dubbi al riguardo anche se poi la sentenza è<br />

stata coerente con il parere del Ctu e infatti il<br />

Giudice riconosce che non è stata commessa<br />

alcuna infrazione per tutta una serie di valutazioni<br />

puntualmente contenute nella Sentenza<br />

del 19.10.07, nella causa civile iscritta al numero<br />

747/2002.<br />

Siamo solo al primo grado di giudizio ma un<br />

fatto è certo, non ve ne saranno altri perché<br />

nel frattempo un legale rappresentante della<br />

società Contado, proprietaria del curtivon e<br />

di palazzo Priuli, ha acquistato la proprietà<br />

confinante con il proprio bel condominio e,<br />

come per un sortilegio, sono sparite sia le<br />

parti in causa che l’oggetto della contesa...<br />

Va bene.<br />

Piaccia o non piaccia, questo è il pronunciamento<br />

del Tribunale e tanto deve bastare<br />

a tutti, senza rancore e senza polemiche.<br />

Per quanto ci riguarda, ma unicamente da<br />

un punto di vista filologico, il nostro dubbio<br />

consiste nel chiedere se la parete est della tettoia<br />

preesistente coincide o no con la parete<br />

del condominio edificato al suo posto.<br />

Questa è una vicenda di sparizioni, non stavamo<br />

forse parlando di un parcheggio pubblico<br />

che non c’è più?<br />

L’acquisto della proprietà da parte del rappresentante<br />

legale della società Contado S.r.l non<br />

riguarda tutta la proprietà confinante, infatti<br />

un’altra porzione diventerà pubblica a seguito<br />

di un esproprio attuato dall’Amministrazione<br />

comunale con l’intento di ricavarci un<br />

parcheggio che, guarda caso, è quasi contiguo<br />

all’altro parcheggio, quello scomparso che,<br />

secondo le nostre fonti (per Mt sono fonti, ma<br />

per le istituzioni coinvolte sono persone informate<br />

sui fatti), rientra in un accordo tra la società<br />

Contado e l’Amministrazione comunale<br />

di Turriaco. Siccome le parole e le evidenze<br />

documentali sono soggette a valutazioni di<br />

credibilità e verosimiglianza diverse, atteniamoci<br />

ai documenti. Infatti c’è un documento<br />

denominato Convenzione per l’attuazione di<br />

un piano particolareggiato comunale di iniziativa<br />

privata ai sensi del secondo comma<br />

dell’art. 49 della L.R. 52/1991 (Rep. N. 682).<br />

All’articolo 2 di questo documento, che porta<br />

la data del 18 luglio 2000, si legge l’elenco<br />

delle opere primarie che l’impresa si impegna<br />

a realizzare a proprie spese. Al punto 3 di detto<br />

articolo si legge: realizzazione completa di<br />

un’area di parcheggio a servizio della residenza<br />

(S1a) di progettuali complessivi 1072 metri<br />

quadrati. Il documento prevede costi e tempi<br />

di realizzazione del parcheggio e tante altre<br />

cose interessanti e utili per la comunità.<br />

Il faldone che ci viene messo a disposizione,<br />

(si tratta di documenti pubblici ai quali, tutti<br />

avrebbero accesso, compreso chi dovrebbe,<br />

come previsto dalle leggi che disciplinano le<br />

autonomie locali, assicurare la vigilanza e il<br />

controllo nell’ambito del rapporto tra maggioranza<br />

e opposizione) contiene anche altri<br />

documenti.<br />

Infatti un altro documento interessante è quello<br />

denominato Atto di cessione gratuita opere<br />

di urbanizzazione comparto “B” – Curtivon<br />

(Rep. N. 727) del 18 dicembre 2006 con il<br />

quale l’Amministrazione comunale sancisce<br />

l’acquisizione, a titolo non oneroso, tutta una<br />

serie di particelle, opportunamente e puntualmente<br />

elencate che non sembrano comprendere<br />

il parcheggio di 1.072 metri quadrati<br />

previsti dal primo documento. Sul finir dello<br />

scorso anno apprendiamo dalla stampa che<br />

l’amministrazione comunale ha espropriato<br />

la parte di proprietà non acquistata dal rappresentante<br />

legale della società Contado S.r.l<br />

appunto per ricavarci il parcheggio in sostituzione<br />

di quello promesso e mai messo a<br />

disposizione della comunità.<br />

Sono andate veramente così le cose o forse<br />

manca qualche passaggio chiave sufficiente<br />

a rendere tutto plausibile ed inutili le nostre<br />

domande? ❒


Tempo di elezioni a Staranzano<br />

La situazione è complessa. L’amministrazione<br />

uscente è in difficoltà. Due<br />

assessori si sono dimessi. Rifondazione<br />

Comunista ha sciolto l’alleanza con<br />

il Partito Democratico.<br />

Cosa è successo? E’ successo che molta<br />

gente si è ribellata ad un modo di governare<br />

da torre d’avorio, senza dialogo con<br />

i cittadini, senza capacità da parte di chi<br />

governa di ascoltare gli elettori. Un governo<br />

da “puzza sotto il naso” allergico alla<br />

condivisione delle scelte con i cittadini.<br />

Primo esempio la gestione del post referendum<br />

sulla raccolta differenziata, secondo<br />

ed ancora peggiore la questione<br />

della mega centrale elettrica a biomasse<br />

prevista a Bistrigna.<br />

Qui l’amministrazione ha toccato il fon-<br />

Tutto da rifare<br />

iò che sta succedendo a Staranzano in vista delle prossime ele-<br />

C zioni amministrative è una cosa abbastanza insolita, forse nuova,<br />

certamente dovrà far riflettere molti politici “di professione”.<br />

Durante il mandato di un’amministrazione comunale succedono<br />

molte cose impreviste e non incluse in un programma presentato agli<br />

elettori: da una proposta di sviluppo locale presentata da privati (talvolta<br />

carica di potenziali speculazioni) a quella di dover sottostare a<br />

norme sovraordinate (magari europee) a “vecchie” proposte imprenditoriali<br />

con nomi “nuovi”. È nella logica delle cose e questo un po’ è<br />

quello che è successo a Staranzano.<br />

I pochi che sono chiamati a “governare” una comunità spesso ritengono<br />

che la loro competenza e il loro sapere sia il massimo, legittimato<br />

dall’elezione; spesso ritengono che la “gente” sia qualunquista e disinteressata,<br />

anzi, quelli che fanno “casino” e lo fanno perché sono toccati<br />

nei loro interessi.<br />

L’opposizione è quella parte che per definizione sbaglia, perché chi<br />

“governa” ha la verità ed è condivisa dall’elettorato che li ha votati.<br />

L’opposizione è quella che cavalca il “malessere” inevitabilmente generato<br />

da chi “governa” ma, alla fine, gli elettori ci capiscono e la “rete<br />

di conoscenze” dei partiti riuscirà ad appianare ogni malessere nel<br />

nome del “nemico” comune (l’opposizione).<br />

Tutto come se fosse una grande partita di calcio, tutto come se la<br />

“gente” fosse prima tifosa di un partito e poi testa pensante e libera<br />

nelle sue scelte.<br />

Questo meccanismo si sta rompendo a Staranzano, ma mostra i suoi<br />

malesseri diffusi anche nel resto del Territorio. Ha cominciato S.Pier<br />

d’Isonzo, ma serpeggia malumore, per le prossime elezioni amministrative,<br />

anche a Fogliano e a Turriaco, forse anche in altri Comuni. La<br />

“casta” si preoccupa perché sente minacciata la propria “poltrona” ma<br />

non cerca di capire i movimenti e le irritazioni del proprio elettorato.<br />

La “gente” è stanca di essere trattata come “pecore da governare” e<br />

non accetta più che le decisioni siano prese nelle segreterie dei partiti<br />

o nelle stanze del “palazzo”. Sembrerà strano, ma la “gente” è diventata<br />

adulta e non si fida più di questo vecchio modo di far politica.<br />

Sui temi della partecipazione molti si sono mobilitati, hanno ritrovata<br />

una sana irritazione, non hanno delegato ad altri l’espressione del<br />

proprio malessere. La raccolta differenziata dei rifiuti non è piaciuta, è<br />

stato richiesto un referendum i cui risultati sono stati posti nel silenzio<br />

di un cassetto dall’amministrazione, mentre c’era richiesta di una<br />

do. Non solo, su una questione di così<br />

rilevate impatto sull’ambiente non è stata<br />

applicata la procedura partecipativa di<br />

agenda 21, ma addirittura i consiglieri ed<br />

anche gli assessori sono stati tenuti all’oscuro<br />

dell’operazione fino all’ultimo<br />

secondo.<br />

Facendo nascere sospetti sgradevoli sulle<br />

reali motivazioni di tanta segretezza per<br />

una centrale con dimensioni tali da non<br />

aver alcun precedente in Italia.<br />

Inoltre per mesi il Partito democratico si<br />

è opposto all’utilizzo delle primarie per<br />

scegliere il nuovo candidato sindaco e,<br />

proprio per questa ragione, perdendo pezzi<br />

importanti.<br />

Intanto, su iniziativa di alcuni cittadini,<br />

è stato iniziato un percorso di partecipa-<br />

TERRITORIO<br />

[di Arturo Bertoli]<br />

zione per definire il programma e i metodi<br />

di lavoro per arrivare alla costruzione<br />

di una lista e di un candidato Sindaco<br />

che potesse rappresentare e dialogare<br />

con il paese.<br />

Assemblee con una partecipazione con pochi<br />

precedenti a Staranzano ha però fatto<br />

alzare le antennine al PD che teme di perdere<br />

il consenso che per altro con questi<br />

anni di amministrazione non ha mai dimostrato<br />

di saper conquistarsi. E quindi, con<br />

un salto carpiato degno di altri palcoscenici,<br />

si è detto disponibile ad accettare le<br />

primarie. Ma queste scelte fatte con la paura<br />

che è una cattiva consigliera cosi come<br />

la presunzione, non sono che un tentativo<br />

un po’ goffo di chiudere la stalla quando i<br />

buoi sono già scappati. ❒<br />

[di Ferdinando Bertani]<br />

risposta. La “famosa” centrale a biomasse ha suscitato l’opposizione di<br />

molti cittadini che in breve tempo hanno raccolto parecchie firme per<br />

sottolineare il proprio dissenso, anche questo è stato “dribblato” mentre<br />

l’opposizione sfoderava “demagogiche risposte di circostanza”.<br />

In questi contesti “pensar male non si sbaglia mai” diceva il vecchio<br />

della politica, il Divo, e così due sono le strade: o ci si consegna all’opposizione<br />

(voto? Voto di protesta?) oppure ci si rimbocca le maniche<br />

e ci si impegna direttamente pretendendo un diverso modo di fare<br />

politica, soprattutto a livello locale, dove spesso “le reti dei rapporti”<br />

della politica non piacciono più alla gente. L’unico modo per smentirli<br />

è fare tutto alla luce del sole con la partecipazione di tutti. La partecipazione<br />

è una richiesta pressante della “gente” che non si limita più al<br />

solo voto, vuole essere informata e ascoltata in tutti i momenti delle<br />

scelte dell’amministrazione locale.<br />

La gente, oltre al metodo, richiede attenzione alla sostenibilità dello<br />

sviluppo che tutti ormai sanno che c’è solo nell’equilibrio delle<br />

scelte fra ambiente, società ed economia. Quando prevale una di<br />

queste tre componenti, la sostenibilità viene compromessa. Infine,<br />

in questo momento di difficoltà economiche e di incertezza e insicurezza,<br />

la solidarietà sociale è una componente essenziale per una<br />

Comunità.<br />

La scelta di trovarsi, di parlare, di confrontarsi e di impegnarsi direttamente<br />

e personalmente con tutti, cercando l’interesse e la partecipazione<br />

di tutti è la “nuova” politica. Il nuovo è stanco di stare a guardare<br />

e non si fida più dei “professionisti”, di “quelli che sanno”, del “nome<br />

nuovo che salva tutto”, di chi ti dice che “si è sempre fatto così”, di chi<br />

ti “consiglia quello perché conosce molti”, di chi ti assicura “adesso arriviamo<br />

noi”, di chi ti da “il pane ad un euro” (come tempo fa a Napoli<br />

si dava la scarpa destra e, dopo il voto, la scarpa sinistra), di chi ti dice<br />

“con Lui si vince perché è ricco e sa come lo si diventa”, di chi “alza al<br />

cielo i sani principi di una volta”, di chi grida “attento a quelli che son<br />

ladri e assassini e stuprano”.<br />

Solo la “rete della comunità” ti può dare garanzia nella solidarietà sociale<br />

e nella sicurezza tua e delle persone che ti stanno vicine. Direi<br />

che si sta riscoprendo la Comunità soprattutto nel piccolo.<br />

Tutto questo per il mio Comune, il territorio dove abito. Più sopra i<br />

“giochi” sono ancora troppo grandi e la “gente” non ci arriva direttamente<br />

e si deve “fidare” della delega del voto anche se spesso ne è<br />

delusa, qualcuno sceglie l’astensione. ❒<br />

aprile 2009 • M T<br />

• 25


MONFALCONE INTERNATIONAL<br />

IntegrAZIONI [di Giacomo Cuscunà]<br />

Foresti a mofalcon<br />

Incominciare a conoscere la comunità bengalese<br />

di Monfalcone: l’unica via per l’integrazione<br />

Quella presente nel comune di Monfalcone è<br />

una delle comunità bengalesi più rilevanti<br />

sia a livello nazionale che internazionale.<br />

I fl ussi migratori che partono dal Bangladesh si<br />

dirigono in tutto il mondo: Canada, Stati Uniti,<br />

Australia, Nuova Zelanda, ma i maggiori rimangono<br />

quelli per Regno Unito e Italia, con<br />

particolare riferimento al Friuli Venezia Giulia.<br />

I cittadini originari del Golfo del Bengala nella<br />

Città dei Cantieri sono infatti circa 1200, 3000<br />

se si considera l’intera provincia.<br />

Lo spostamento di importanti gruppi di persone<br />

da quell’area geografi ca cominciò all’inizio degli<br />

anni ‘80 e le rotte seguite dai migranti passavano<br />

attraverso l’Unione Sovietica, la Bulgaria<br />

e i Balcani, per poi raggiungere l’Italia attraverso<br />

i valichi di Tarvisio, Udine e Trieste. Per più<br />

di un decennio l’arrivo era quasi interamente di<br />

clandestini che si trovavano a vivere nei primi<br />

mesi di permanenza in Italia senza alcuna tutela.<br />

Dopo l’approvazione della Legge 189/2002,<br />

la cosiddetta Bossi-Fini, e le successive disposizioni<br />

adottate in materia di immigrazione, le<br />

maglie dei controlli si sono ristrette e ora le entrate<br />

sono per lo più di regolari con permesso<br />

di soggiorno e contratto di lavoro o di loro cari,<br />

grazie ai ricongiungimenti familiari.<br />

In Bangladesh la popolazione, dal punto di vista<br />

religioso, è suddivisa in cinque gruppi: Sunniti<br />

(82%), Sciiti (6%), Induisti (11%), Buddisti<br />

(0,6%), Cristiani Cattolici (0,4%). Nella provincia<br />

di Gorizia la presenza è più omogenea,<br />

contando quasi esclusivamente persone di credo<br />

sunnita provenienti principalmente da tre regioni<br />

contigue dello stato asiatico: Kishor Gonj,<br />

Narsingdi e Brahman Baria. Questi sono distretti<br />

dell’area centro-settentrionale del paese: tra i<br />

meno sviluppati e con una situazione socio-sanitaria<br />

piuttosto precaria.<br />

Le storie che stanno dietro a questa migrazione<br />

sono le stesse che animano i racconti di chi attraversa<br />

il Mediterraneo sulle carrette del mare e<br />

sbarca sulle coste di Lampedusa. Le stesse sto-<br />

26 • M T•<br />

aprile 2009<br />

rie raccontate dagli immigrati Italiani sulle banchine<br />

del porto di Nuova York, quando i nostri<br />

piroscafi solcavano l’Atlantico: tutte le persone<br />

che decidono di partire, lo fanno per cercare di<br />

migliorare il proprio stile di vita e quello della<br />

propria famiglia. E questo vale anche per gli immigrati<br />

bengalesi di Monfalcone.<br />

Lo scopo primario che li spingeva a partire negli<br />

anni ‘80 era quello di racimolare abbastanza denaro<br />

per tornare in patria e avviare un’attività in<br />

proprio, con una certa sicurezza economica alle<br />

spalle. Una volta arrivati qui, però, le prospettive<br />

cambiavano poichè la situazione trovata non<br />

era comparabile a quella che si erano lasciati<br />

alle spalle: si intravedeva la possibilità di una<br />

buona scuola per i fi gli, di un lavoro economicamente<br />

importante rispetto agli standard del paese<br />

d’origine, di una casa e anche di poter vivere<br />

una realtà democratica maggiormente garantita.<br />

Tutto ciò ha convinto i migranti a prendere in<br />

considerazione l’opportunità di cercare una situazione<br />

più stabile nel paese ospitante, sia da<br />

un punto di vista lavorativo che abitativo, e di<br />

iniziare una nuova vita, facendosi raggiungere<br />

anche dalla propria famiglia.<br />

La comunità bengalese, nel primo periodo, ha<br />

rappresentato una novità nel panorama dei migranti<br />

insediati sul territorio, che tradizionalmente<br />

erano di origine slava, albanese o nord<br />

africana. Questo non ha di certo favorito la<br />

loro integrazione, anzi, ha alimentato un clima<br />

di diffi denza che rendeva ancor più diffi cile la<br />

ricerca di un alloggio. L’occupazione, invece,<br />

non è mai stato un problema: il Bangladesh è<br />

fi rmatario con l’Italia di un trattato bilaterale<br />

che riserva una quota del mercato del lavoro italiano<br />

ai propri immigrati, che rappresentano un<br />

importante bacino di manodopera a basso costo,<br />

che può far comodo alle industrie operanti sul<br />

territorio.<br />

In generale la comunità bengalese presente nel<br />

Mandamento non ha mai dato segni di disagio<br />

sociale o creato gravi problemi di ordine pub-<br />

blico. Le accuse di essere la causa principale<br />

dell’aumento dei fenomeni di microcriminalità<br />

(e non solo) fatte da alcune parti politiche denotano<br />

una generalizzazione pericolosa. Se è vero<br />

che un numero rilevante di atti illeciti è compiuto<br />

da stranieri, è anche vero che tra i fermati<br />

il numero di Bengalesi è quasi inesistente. La<br />

deriva xenofoba e la paura dello straniero (il<br />

foresto) che va diffondendosi si sta insinuando<br />

anche nella nostra realtà bisiaca, frenando quel<br />

processo naturale di conoscenza dell’altro, che<br />

ha da sempre caratterizzato queste terre, storici<br />

centri di convivenza tra genti diverse.<br />

Non è possibile ignorare la necessità di avviare<br />

una rifl essione seria che prenda in considerazione<br />

le dinamiche ed i bisogni dei migranti<br />

del Friuli Venezia Giulia e di Monfalcone in<br />

particolare. La comunità musulmana (non solo<br />

Bengalesi, ma anche Kosovari, Magrebini...)<br />

ormai, rappresenta il 7% del totale dei residenti<br />

in città (secondo dati pubblicati dal Messaggero<br />

Veneto il 9 Dicembre 2008), e tale percentuale<br />

è destinata a salire nei prossimi anni. Le polemiche<br />

che hanno infarcito i quotidiani locali<br />

sull’eventualità di costruire una moschea nel<br />

territorio comunale sono solo uno dei sintomi<br />

della miopia che sta gradualmente manifestandosi<br />

anche nelle nostre zone.<br />

Che ormai ci sia la reale necessità di creare un<br />

luogo adeguato ai bisogni della comunità islamica<br />

di Monfalcone risulta, a chi scrive, un fatto.<br />

Prova ne sia il fatto che in occasione di importanti<br />

ricorrenze religiose come la Festa del<br />

sacrifi cio o quella che celebra la conclusione del<br />

digiuno del Ramadan, si ripresenti il problema<br />

di trovare uno spazio che permetta ai fedeli di<br />

potersi riunire e pregare assieme.<br />

La creazione di un centro culturale islamico<br />

sembra quasi un tabù, del quale è meglio non<br />

parlare. In realtà un’istituzione del genere potrebbe<br />

rappresentare la via più concreta verso<br />

l’integrazione: punto di riferimento sia per la<br />

comunità musulmana, sia per chi quella comunità<br />

voglia cominciare a conoscerla senza pregiudizi.<br />

In Bangladesh comunque, la pratica della fede<br />

cristiana è garantita e i luoghi di culto sono presenti<br />

sul territorio. Sarebbe curioso che proprio<br />

l’Italia, che amiamo defi nire una democrazia<br />

moderna e laica, crei tanti problemi ad una<br />

comunità così importante, che chiede solo la<br />

possibilità di esercitare uno dei principi cardine<br />

della nostra Costituzione: la Libertà di Culto<br />

(art. 8 e 19).<br />

Uno specchio del cambiamento della popolazione<br />

monfalconese lo troviamo nelle classi delle<br />

scuole materne ed elementari del comune. Da<br />

una ricerca svolta da alcuni studenti del corso di<br />

laurea in scienze internazionali e diplomatiche<br />

di Gorizia risulta ad esempio che “la scuola primaria<br />

Toti di Monfalcone è frequentata da 200<br />

alunni provenienti da 19 Stati diversi. Gli stranieri<br />

sono 23 e i più numerosi sono proprio i bengalesi<br />

(5 alunni).” I bambini nella scuola hanno<br />

cominciato a conoscersi: giocano e studiano assieme.<br />

Per una volta dovremmo imparare da loro:<br />

collaborare per attuare politiche che favoriscano<br />

l’integrazione e la condivisione con l’altro, senza<br />

essere schiavi di ideologie o paure ingiustifi -<br />

cate. ❒


E’ una storia vestita di nero<br />

Primum vivere, deinde philosophari<br />

significa: Prima vivere e poi filosofare;<br />

cioè prima viene la vita materiale<br />

e terrena e poi la filosofia. Questa<br />

frase di Aristotele vorrebbe stabilire che<br />

il nutrimento del corpo viene prima di<br />

quello della mente. Ma quante cose posso<br />

essere subordinate al “mangiare”?<br />

Anche la salute e la vita stessa?<br />

Otello Bosari è stato consigliere regionale<br />

del Partito comunista italiano nelle prime<br />

legislature dopo la costituzione della regione<br />

Friuli Venezia Giulia, dal 1964 al 1978.<br />

Si è sempre occupato di urbanistica e di<br />

pianificazione territoriale con competenze<br />

universalmente riconosciute tant’è che<br />

ancor oggi è ricordato per essere stato uno<br />

dei protagonisti della ricostruzione dopo il<br />

terremoto. Con lui è venuto a Monfalcone<br />

Adriano Biasutti che della regione è stato il<br />

presidente un po’ dopo e da democristiano,<br />

circostanze che però non gli hanno impedito<br />

di essere amico di Bosari.<br />

Arrivano in Monfalcone per presentare<br />

l’ultimo libro di Otello: Luci e ombre del<br />

riformismo liberale italiano di cui ho curato<br />

l’editing e ora la presentazione in libreria<br />

Rinascita.<br />

La presentazione in forma d’intervista a tre<br />

riesce bene, il pubblico è numeroso, verso<br />

la fine esordisco col dire che le ultime<br />

domande avrebbero riguardato la città e il<br />

Territorio di Monfalcone.<br />

Da quello che era il vostro osservatorio<br />

in regione come percepivate il territorio<br />

di Monfalcone. Per voi era Friuli o Venezia<br />

Giulia?<br />

[A.B.] Sicuramente Monfalcone non è in<br />

Friuli ne’ culturalmente ne’ come identità,<br />

ma la sua crescita e la sua evoluzione sono<br />

sicuramente legate più al Friuli che a Trieste<br />

tant’è che nella politica illiana c’è una<br />

componente penalizzante per quest’area<br />

che è quella della grande viabilità.<br />

Del resto sono stato proprio io a proporre<br />

provocatoriamente l’assemblea delle province<br />

friulane...<br />

Presidente Biasutti, allora la devo interrompere...<br />

l’assemblea delle province<br />

friulane, che gli autonomisti volevano<br />

fosse prevista dallo statuto della regione,<br />

è un aggregazione istituzionale su base<br />

etnica. Ora nessuno preconizza per il<br />

FVG scenari balcanici, però molte delle<br />

affermazioni del vate dei serbi di Bosnia<br />

Radovan Karadzic: noi non siamo come<br />

voi, noi parliamo una lingua etc... hanno<br />

qualcosa a che fare con le analoghe affermazioni<br />

di alcuni autonomisti friulani...<br />

[A.B.] Chiariamo su questo, io sono friulano,<br />

parlo friulano e mi sento totalmente<br />

friulano, ma sono fortemente contrario all’utilizzo<br />

della lingua per la costruzione di<br />

identità...<br />

E Tu Otello (Bosari), che ne pensi?<br />

[O.B.] Bisogna andare cauti su questo terreno,<br />

in questi ultimi giorni, a Udine, negli<br />

ambienti nazionalisti si è manifestato il<br />

rifiuto perfino per il coordinamento delle<br />

università perché questi signori sostengono<br />

che l’università friulana debba mantenere<br />

l’identità friulana. È uno dei peggiori argomenti<br />

che si possano sostenere in questo<br />

momento...<br />

[A.B.] Oltretutto le risorse che hanno usato<br />

sulla lingua friulana sono ingentissime<br />

e sono state letteralmente bruciate. Posso<br />

raccontare un esempio familiare...quest’anno<br />

la mia nipote più grande è andata<br />

a scuola e mio figlio ha dovuto scegliere<br />

se farle apprendere il friulano. Io non ci<br />

ho messo becco e mio figlio non ha scelto<br />

il friulano. I friulanisti, che hanno anche<br />

scelto una koinè personale, hanno anche<br />

dato un nome diverso al comune dove sono<br />

nato. Allora ho chiesto loro se erano consapevoli<br />

di usare nomi artificiali. Il problema<br />

è che impongono le delibere in friulano, e<br />

tutta una serie di cose su cu sono contrario.<br />

Invece le tre province devono essere prima<br />

di tutto un fatto programmatico, un fatto<br />

territoriale, di grandi infrastrutture...<br />

[O.B.] voglio raccontare una cosa su Monfalcone.<br />

Nella seconda legislatura è stato<br />

eletto in consiglio regionale un vostro<br />

concittadino, Spartaco Zorzenon, persona<br />

molto preparata e seria, lui, in occasione<br />

di uno dei primi bilanci di questa seconda<br />

legislatura ha proposto che quando in<br />

consiglio regionale si discuteva il bilancio,<br />

ognuno dei tre o quattro consiglieri regionali<br />

impegnati in quella discussione loro<br />

doveva venire davanti al cantiere di Monfalcone<br />

nel momento della pausa pranzo<br />

per illustrare la posizione comunista. Allora<br />

si cercava di costruire un rapporto vero<br />

con le persone...<br />

[A.B.] Negli anni della mia presidenza del-<br />

AMIANTO<br />

[di Tiziano Pizzamiglio]<br />

è una storia da basso impero<br />

è una storia mica male insabbiata<br />

è una storia sbagliata.<br />

(Faber)<br />

la regione il cantiere sostanzialmente era<br />

morto. Avevamo fatto la Garibaldi, prima<br />

facevamo i sommergibili, poi non ci furono<br />

più commesse. Allora fui chiamato dai sindacati.<br />

All’epoca il presidente del consiglio<br />

era Giovanni Spadolini, gli chiedemmo insistentemente<br />

una commessa militare, ma<br />

non ci fu verso benché gli promettessimo<br />

di chiamarla Mazzini (ride). A quel punto<br />

i sindacalisti del cantiere mi dissero che<br />

qua a Monfalcone c’era ancora la cultura<br />

e la tecnologia delle navi bianche. In verità,<br />

con Prodi all’Iri, il cantiere ottenne la<br />

commessa della Micoperi. Chiesi cosa servisse<br />

per realizzarle e mi spiegarono che<br />

c’era la tecnologia sufficiente ma non il<br />

differenziale economico. Bisogna ribadire<br />

che Prodi capi istantaneamente il discorso<br />

e allora la cosa partì. Quello che sarebbe<br />

da chiedere alla politica di oggi è se si sono<br />

accorti che è cambiato il modo di produrre.<br />

Tutto questo afflusso di genti a Monfalcone<br />

è stato preceduto da una programmazione<br />

territoriale?<br />

Siamo all’ultima domanda. Avete appena<br />

detto che i consiglieri regionali comunisti<br />

venivano spesso in città e lei stesso presidente<br />

Biasutti è stato chiamato più volte<br />

per la crisi della cantieristica. Allora vi<br />

voglio chiedere: qualcuno vi ha mai messo<br />

al corrente che gli operai dei cantieri<br />

si ammalavano di asbestosi e che molti di<br />

loro morivano di mesotelioma pleurico?<br />

Che percezione avevate allora della tragedia<br />

amianto nel monfalconese?<br />

[A.B.] Nessuna. Allora un posto di lavoro<br />

valeva più di qualsiasi altra cosa. Nessuno<br />

mi ha mai posto questa questione.<br />

[O.B.] Anch’io devo dare la stessa risposta.<br />

Però ricordo le iniziative di un altro<br />

consigliere regionale comunista della provincia<br />

di Gorizia, Bergomas, che sosteneva<br />

la necessità di investire in termini di prevenzione<br />

socio sanitaria e di non puntare<br />

tutto sulle cure, peraltro prevalentemente<br />

con l’edilizia ospedaliera. Praticamente fu<br />

quello il clima politico in cui persone come<br />

il professor Gobbato riuscirono a lavorare,<br />

altro non so... ❒<br />

aprile 2009 • M T<br />

• 27


AMIANTO<br />

Il silenzio (infranto) degli innocenti<br />

La questione dei risarcimenti deve essere affrontata subito<br />

All’inizio di questo Millennio, la tragedia<br />

dell’amianto era ancora un fatto privato,<br />

circoscritto al dolore delle famiglie colpite<br />

dai lutti. Per anni disinformazione, rimozione e<br />

deliberato silenzio hanno condizionato la vita di<br />

un’intera comunità e reso impossibile qualsiasi<br />

speranza. Poi, proprio all’inizio del secolo, le<br />

cose sono cambiate e tutti i morti e tutto il dolore<br />

scaturiti dall’utilizzo criminale dell’amianto<br />

sono diventati un fatto pubblico, con tutto quel<br />

che ne consegue. Fa sorridere ora chi, dalla<br />

rubrica segnalazioni de Il Piccolo, impartisce<br />

consigli su come rendere pubblica e nazionale<br />

l’epidemia amianto nel territorio di Monfalcone.<br />

Evidentemente questo signore ha seguito con molta<br />

attenzione le attività che, per anni, i volontari<br />

dell’Aea hanno portato avanti proprio allo scopo<br />

di sgretolare il muro di gomma locale per far sapere<br />

al mondo e al Paese che in nessun altro luogo<br />

d’Europa si muore d’amianto come a Monfalcone.<br />

Tuttavia il peggio, come sempre, ci è servito dalla<br />

politica che, proprio in queste ultime settimane,<br />

ha saputo dimostrare che la tragedia amianto non<br />

è che uno dei tanti argomenti da cui trarre il massimo<br />

del consenso politico per se o per la propria<br />

fazione. Su questo argomento, come vedremo, ritorneremo<br />

nel numero 3 di <strong>MT</strong>, garantito.<br />

In questo distratto e freddo febbraio del 2009,<br />

apprendiamo dalla stampa che l’Assessore provinciale<br />

al lavoro Marino Visintin ha rassegnato<br />

le proprie dimissioni perché tre “indignatissimi”<br />

consiglieri provinciali della sinistra radicale le<br />

hanno invocate a gran voce asserendo che la sua<br />

posizione di imputato al processo di Gorizia potesse<br />

vanifi care tutti i vantaggi di immagine che<br />

la costituzione in parte civile della Provincia al<br />

processo gli avrebbe potuto recare. Peccato che<br />

Visintin sia diventato un imputato a Gorizia nel<br />

momento stesso in cui si è saputo che, nel processo<br />

di Trieste egli invece è un importante testimone.<br />

Ma su tutto questo (e molto altro) ritorneremo nel<br />

prossimo numero perché questa intervista è troppo<br />

estesa.<br />

Chiamo Marino, che conosco da tanti anni, all’indomani<br />

delle sue dimissioni, per proporgli<br />

un’intervista non solo su questa vicenda contingente,<br />

ma anche e sopratutto sulla sua conoscenza<br />

dell’utilizzo dell’amianto, sulle informazioni che<br />

circolavano fi no alla messa al bando del 1992 e<br />

soprattutto sulla conoscenza dei fatti da parte delle<br />

istituzioni. Visintin accetta volentieri e ci diamo<br />

appuntamento al bar Marino a Monfalcone. Arriva<br />

con un enorme faldone di documenti che nello<br />

svolgersi dell’intervista mi mostra a suffragio delle<br />

sue dichiarazioni verbali.<br />

In relazione al fatto che la probabilità di contrarre<br />

una neoplasia asbesto correlata è direttamente<br />

proporzionale agli anni di esposizione<br />

e alle quantità di fi bre d’amianto inalate, cosa<br />

ci puoi raccontare dei settori industriali che ne<br />

facevano ampio uso?<br />

L’amianto ha trovato un ampio impiego industriale<br />

solo a partire dalla fi ne dell’800 in parti-<br />

28 • M T•<br />

aprile 2009<br />

colare come coibentante di macchine a vapore.<br />

Di seguito è stato utilizzato come coibentante di<br />

locomotive, nella produzione di tessuti ignifughi,<br />

nella composizione di materiali fi ltranti, nella produzione<br />

di pannelli antincendio o fonoassorbenti,<br />

in isolamenti elettrici oltre che nella produzione di<br />

manufatti di cemento-amianto.<br />

Nei cantieri navali, come sanno tutti quelli che vi<br />

lavoravano, le quantità di amianto impiegate erano<br />

elevate, variavano a seconda della tipologia delle<br />

navi (passeggeri o mercantili). Nella prima metà<br />

degli anni Settanta, presso lo stabilimento navale<br />

di Monfalcone, la produzione era notevole: si arrivava<br />

a varare una superpetroliera in meno di cento<br />

giorni e le linee di produzione davano lavoro a più<br />

di 6000 dipendenti e ad oltre duemila lavoratori di<br />

imprese esterne.<br />

Ecco... Secondo te, gli esposti, i famigliari delle<br />

vittime, l’opinione pubblica e soprattutto i<br />

giudici possono credere a coloro che in quegli<br />

anni avevano un ruolo aziendale, istituzionale o<br />

sindacale che ancor oggi giurano e spergiurano<br />

di non aver mai saputo nulla delle possibili conseguenze<br />

dell’uso dell’amianto?<br />

R. La pericolosità di malattie dovuta all’inalazione<br />

delle fi bre di amianto era nota. Non solo perché<br />

esisteva una legge del 1965 che obbligava tutte le<br />

aziende ad assicurare in modo specifi co all’INAIL<br />

chi maneggiava l’amianto, ma anche perché erano<br />

frutto di indagini sanitarie e ambientali effettuate<br />

sin dagli inizi del 1900 per l’asbestosi e dagli<br />

anni Sessanta per quanto riguarda il mesotelioma<br />

maligno.<br />

I risultati delle indagini effettuate nei cantieri navali,<br />

compresi quelli esistenti nella nostra regione,<br />

sono stati oggetto di divulgazione non solo nel<br />

mondo scientifi co ma anche presso le istituzioni,<br />

il sindacato e ovviamente le aziende. Nessuno<br />

può sostenere che i risultati del convegno medico<br />

internazionale tenutosi a Trieste nel 1974, che ha<br />

avuto ampia eco anche sulla stampa locale, fossero<br />

passati inosservati. Negli articoli di giornale si<br />

leggevano frasi come “la patologia da asbesto nei<br />

cantieri navali (...) concernente i danni provocati<br />

dall’impiego di questo minerale (...) sono rappresentati<br />

anche dalla possibile insorgenza di tumori<br />

del polmone e della pleura”. Negli anni Settanta<br />

era chiara la consapevolezza tra medici e tecnici in<br />

Italia di un rischio per la salute legato alla dispersione<br />

nell’aria e conseguente probabile inalazione<br />

di fi bre di amianto da parte degli addetti delle industrie<br />

manifatturiere.<br />

Pare veramente strano che oggi, medici, tecnici,<br />

funzionari delle ASL dichiarino nei verbali degli<br />

interrogatori nei vari processi che non sapevano<br />

niente.<br />

Ma iniziative politiche... controlli da parte delle<br />

Istituzioni...<br />

Le iniziative dello Stato Italiano e delle Istituzioni<br />

in genere sono state limitate e i controlli da parte<br />

delle Unità Sanitarie, degli Ispettorati del lavoro e<br />

dell’INAIL non si sono mai spinti ad analizzare a<br />

fondo il rischio di esposizione alle polveri. Risale<br />

intervista<br />

di Tiziano Pizzamiglio<br />

[a Marino Visintin a cura di Tiziano Pizzamiglio]<br />

prima parte<br />

solo al 1988 il decreto che vieta l’immissione sul<br />

mercato italiano dell’amianto; però, allo stesso<br />

tempo, si concede una deroga per altri tre anni al<br />

suo utilizzo. In quel periodo si producevano nelle<br />

miniere italiane ben 100.000 tonnellate all’anno;<br />

tuttavia, il numero dei lavoratori che venivano<br />

considerati realmente esposti al rischio amianto<br />

erano stimati in tutta l’Italia solo in 13.000, quando<br />

solo nella cantieristica operavano più di 30.000<br />

lavoratori.<br />

A chi attribuiresti le responsabilità maggiori?<br />

E’ evidente che la responsabilità primaria è a carico<br />

delle aziende ed in particolare quando viene<br />

ravvisata la responsabilità per il danno alla salute<br />

prodotto per effetto di attività lavorativa svolta in<br />

ambiente inquinato.<br />

Ma la scarsa attenzione posta al fenomeno dal<br />

mondo politico ed istituzionale, soprattutto negli<br />

anni Settanta, dopo l’entrata in vigore della legge<br />

300 (Statuto dei lavoratori) penso sia evidente a<br />

tutti. Alla fi ne degli anni Settanta, il Consiglio di<br />

fabbrica del cantiere, peraltro, non era solo a combattere<br />

per il mantenimento dei posti di lavoro e<br />

per il miglioramento delle condizioni di lavoro; le<br />

visite di deputati, senatori, consiglieri regionali e<br />

provinciali, sindaci in cantiere erano all’ordine del<br />

giorno. Non penso che avessero solo l’obiettivo di<br />

cavalcare il malessere per la presenza della cassa<br />

integrazione, li vedevo interessati attivamente alle<br />

questioni del lavoro e quindi mi pare molto strano<br />

che non fossero a conoscenza dei rischi lavorativi<br />

della cantieristica (anche perché buona parte di<br />

loro erano ex lavoratori del cantiere).<br />

Cos’è che le istituzioni potrebbero fare per chi<br />

si sta ammalando ora?<br />

La questione dei risarcimenti deve essere affrontata<br />

subito. Ci sono proposte anche di legge in<br />

questo senso che possono essere utili nel lungo<br />

periodo e mi riferisco al c.d. fondo nazionale per<br />

le vittime dell’amianto, o al ritocco dei limiti massimali<br />

alla base del calcolo della pensione INAIL.<br />

Penso però che in attesa che il Parlamento si decida<br />

a fare una legge ad hoc, e che i tribunali si<br />

pronuncino, ci sia anche bisogno di un altro tipo<br />

di aiuto, molto più veloce, visti i rapidi e devastanti<br />

decorsi della malattia, che affronti con risorse<br />

messe a disposizione dalle aziende coinvolte e<br />

dalle amministrazioni locali il problema dell’assistenza<br />

a tutti coloro ai quali viene diagnosticato<br />

un tumore collegato con l’esposizione diretta o indiretta<br />

all’amianto. Una forte assistenza sanitaria<br />

ed economica sin da quando si presentano i primi<br />

sintomi della malattia.<br />

Penso che sia giunto il tempo perché a livello<br />

locale vada perseguita con riferimento alla c.d.<br />

“responsabilità sociale di impresa” l’istituzione<br />

di una Fondazione tra Associazioni industriali,<br />

Sindacati, Comuni e Provincia di Gorizia che<br />

renda immediatamente operativo tale progetto,<br />

reperendo i fondi e avviando l’assistenza sanitaria<br />

e sociale gratuita, in modo sistematico ed<br />

a un livello elevato, direttamente a casa di ogni<br />

ammalato. ❒


Intervista a Massimo Piran,<br />

cantante e chitarrista [di<br />

Ciao Massimo, ci spieghi un po’ come ti sei<br />

avvicinato al canto e al tuo strumento secondario,<br />

la chitarra elettrica e acustica?<br />

Be’ in verità la chitarra la uso per nascondermi,<br />

non ho queste grandi velleità di virtuoso. Mi è<br />

sempre piaciuta la musica, provengo infatti da<br />

una famiglia in cui è sempre stata presente, mio<br />

padre suonicchiava e ha sempre amato cantare,<br />

così sotto questo influsso a 5-6 anni già cantavo<br />

e iniziai a suonare ad orecchio una tastierina<br />

che era a casa, ma studiare musica nel senso<br />

“didattico” (teoria e solfeggio puro) non è mai<br />

stato nelle mie corde, così fallì il tentativo di<br />

mio padre di farmi studiare pianoforte.<br />

Quali artisti ti hanno influenzato maggiormente<br />

nel tuo sviluppo artistico?<br />

Il canto è una cosa che avevo dentro di me, un<br />

dono di natura, quindi diciamo che si è sviluppato<br />

quasi da solo, per quanto riguarda la chitarra,<br />

abbandonato il piano iniziai a strimpellare<br />

la chitarra che mio padre teneva in casa,<br />

imparando i primi rudimenti da lui. La folgorazione<br />

vera e propria avvenne con la scoperta<br />

di Neil Young, che a 13 anni mi fecero sentire<br />

degli amici. Il disco che me lo fece conoscere<br />

era “Harvest” (1971), appena sentito pensai:<br />

“Cazzo, ma davvero si può suonare la chitarra<br />

acustica a quel modo?”. Era un modo di suonare<br />

che non avevo mai sentito, con l’uso di accordature<br />

aperte, di tecniche di stoppatura del<br />

polso, del fingerpicking (tecnica che permette<br />

di suonare armonia e melodia insieme), la plettrata<br />

mista (plettro + dita). Col fingerpicking<br />

una chitarra che suonava sembrava lavorasse<br />

per tre, permettendo di riprodurre la base del<br />

basso, la base ritmica, armonie e melodie.<br />

Passando all’elettrica invece?<br />

Dopo la scoperta di Neil Young per 5 anni<br />

buoni non ho voluto saperne. Poi però nell’84<br />

mi innamorai di una Gibson Les Paul Deluxe<br />

dorata, soprattutto perché mi ricordava sempre<br />

Neil [V. la famosa Old Lady, Les Paul Goltop<br />

1957 in origina dorata, riverniciata nera, inseparabile<br />

compagna dell’artista canadese. Ndr.].<br />

Ma la usavo poco, vuoi perché non la sentivo<br />

come il mio strumento, ma soprattutto perché<br />

ero ancora nel periodo di approfondimento del<br />

mondo della chitarra acustica. Anche se mi ricordo<br />

molti sabati sera passati a casa a suonare<br />

sopra a “Live Rust” (1979) [celebre album dal<br />

vivo di Young, diviso in due parti: una elettrica<br />

e una acustica, Ndr.], dove suonavo l’acustica,<br />

l’elettrica e anche il piano. Poi però coi ragazzi<br />

con cui giravo all’epoca, decidemmo di fare<br />

un gruppo, ma eravamo tre chitarristi, gli altri<br />

due decisero di passare a basso e batteria e così<br />

io fui costretto ad accompagnare la voce alla<br />

chitarra. Così presi una Fender Stratocaster del<br />

1979, che ancora mi accompagna ed iniziai a<br />

prendere lezioni. A 19 anni sono stato anche in<br />

Inghilterra per un corso di chitarra per 4 mesi,<br />

è stata un’esperienza interessante, anche per-<br />

ché ho imparato più cose frequentando ragazzi<br />

di Londra che le lezioni, che erano molto approssimative.<br />

Al ritorno poi ho iniziato a fare<br />

pianobar, che ha arricchito la mia conoscenza<br />

armonica e la capacità improvvisativa, premetto<br />

però che mi considero un esecutore e non un<br />

musicista, ormai ho passato l’ideale adolescenziale<br />

di fare il musicista di successo.<br />

Comunque diciamo che mi sento vicino a Neil<br />

Young più che altro come figura di cantantechitarrista<br />

acustico, più che elettrico, visto che<br />

non lo considero propriamente tale. Dall’altro<br />

lato non posso negare di avere avuto spunti<br />

interessanti per l’elettrica da artisti pop rock<br />

anni’80 e ’90 come i Police e gli U2. Mi trovo<br />

così ad avere due anime, una legata alla musica<br />

inglese e una americana “westcostiana”.<br />

Ci parli un po’ di un’esperienza particolare della<br />

tua carriera, ovvero l’apparizione in Rai?<br />

Nel 1990 un gruppo locale che si chiamava<br />

Flexy Gang ebbe un ingaggio, grazie all’interessamento<br />

di Sergio Bardotti [Famoso paroliere<br />

italiano deceduto nel 2007 e assiduo<br />

collaboratore di Baudo, Ndr.], per un programma<br />

televisivo che si chiamava “Gran Premio”,<br />

condotto da Pippo Baudo. Il leader del gruppo<br />

si chiamava Mauro Radigna ed era il vocalist<br />

nonché chitarrista. Facevano Ska, riproponendo<br />

vecchi pezzi italiani degli anni ’50-‘60 in<br />

nuove vesti. Il contratto aveva una durata di 4<br />

mesi, da gennaio ad aprile, ma Radigna, dopo le<br />

prime puntate, non era soddisfatto della piega<br />

che avevano preso gli eventi e lasciò il gruppo.<br />

Così Lucio Cosentino, il batterista, mi chiamò<br />

per sostituire il membro dimissionario alla chitarra,<br />

per rispettare gli impegni presi ed evitare<br />

penali con la Rai. Accettai e fu un’esperienza<br />

interessante, soprattutto per comprendere i<br />

meccanismi del dietro le quinte del sistema.<br />

Il gruppo cambiò quindi nome in Grand Flexy<br />

Meet Circus Band, perché al gruppo subentra-<br />

4/4<br />

Massimiliano Moschin]<br />

rono un cantante ex mangiafuoco, un suonatore<br />

di buzuki e un fisarmonicista. Il pezzo che registrammo<br />

fu “Ankara”, di stampo rock balcanico.<br />

Lasciai il gruppo conclusa l’esperienza, che<br />

ricordo comunque con piacere.<br />

Che ne pensi della situazione attuale della<br />

musica?<br />

Credo che già dall’iniziò degli anni ’90 si sia<br />

manifesta una crisi che si è aggravata sempre<br />

di più a partire dalla metà del decennio, che recentemente<br />

si può ben vedere con programmi<br />

come X-Factor, per citarne uno, dove si bada<br />

sempre meno al talento e alla bravura prediligendo<br />

fattori estetici o comunque qualità in grado<br />

di “bucare il video”. Purtroppo, e non voglio<br />

fare il nostalgico, difficilmente la musica degli<br />

ultimi 15 anni riesce a comunicare emozioni<br />

all’ascolto, oggi bisogna prendere, consumare<br />

e buttare via, la gente non ha tempo per ascoltare<br />

con calma e credo che sia anche per questo<br />

che la musica sia standardizzata e uniformata<br />

all’apparire piuttosto che all’essere. Il problema<br />

quindi non è entrare nell’industria musicale,<br />

ma mantenersi in vita all’interno di quel mondo<br />

che tende a travolgere gruppi e cantanti con la<br />

velocità con lui li ha spinti al successo.<br />

In che situazioni live possiamo vederti?<br />

Mantengo l’attività di pianobar, se vogliamo<br />

chiamarla ancora così oggi, poi continuo col famoso<br />

gruppo di amici sopraccitato, gli Special<br />

Plate, dove facciamo cover pop rock straniere e<br />

italiane e con la Becher Blues Band, dove suoniamo<br />

musica West Coast. Purtroppo oggi però<br />

i locali guardano molto a gruppi che attirano<br />

gente e quindi spesso un gruppo che “funziona”<br />

non è detto che sia formato da eccelsi musicisti,<br />

ma basta che riempiano il locale di amici assetati!<br />

Difficilmente poi si trova gente veramente<br />

attenta alla musica perché, e non voglio esser<br />

retorico, in questa zona la musica non è un pilastro<br />

della cultura e dell’identità culturale.<br />

Per concludere, cosa consiglieresti a chi vuole<br />

avvicinarsi al mondo della musica, oggi<br />

poi dove molti ragazzi subiscono molte pressioni<br />

o vengono idolatrati per poi finire nel<br />

dimenticatoio?<br />

Non do consigli perché credo che bisogna provare<br />

sulla propria pelle determinate esperienze.<br />

Spesso tanti ragazzi vengono spinti da chi hanno<br />

alle spalle e si trovano in situazioni davvero<br />

difficili da gestire, il mondo della musica è in<br />

continuo movimento ed è difficile orientarvisi.<br />

Alla Rai ho visto cose davvero assurde, genitori<br />

che accompagnavano i figli facendo di tutto per<br />

far sì che i loro piccoli talenti facessero strada.<br />

Alla fine quindi, è l’esperienza che conta, sia<br />

per comprendere i propri limiti che le proprie<br />

qualità e poi aver tenacia se si crede in un progetto.<br />

Soprattutto, oltre alla tecnica necessaria,<br />

serve riuscire a dare qualcosa, a comunicare<br />

emozioni, colpire nel segno nel cuore e nell’animo<br />

delle persone. ❒<br />

aprile 2009 • M T<br />

• 29


4/4<br />

Roberto Gatto Progressivamente<br />

Live al teatro Pasolini, Cervignano<br />

Rubrica musicale a cura di<br />

Massimiliano Moschin<br />

I<br />

l concerto tenutosi la sera di martedì 10<br />

febbraio al teatro Pasolini di Cervignano<br />

è stato un evento per qualsiasi appassionato<br />

di musica progressive e jazz, ma<br />

soprattutto per gli estimatori del connubio<br />

fra le due, il jazz-prog, trattandosi di una rilettura<br />

di storici pezzi progressivi in chiave<br />

jazzata. Fin dall’inizio la formazione sulla<br />

carta era formata da virtuosi come Roberto<br />

Gatto in partenza, creatore del progetto, alla<br />

batteria, John De Leo alla voce, Gianluca<br />

Petrella al trombone, Luca Mannutza al<br />

piano e alle tastiere, Maurizio Giammarco<br />

al Sax, Fabrizio Bosso alla tromba, Roberto<br />

Cecchetto alla chitarra e Francesco Pugliesi<br />

al basso. Il supergruppo ha rotto il silenzio<br />

entrando in scena con “Money”, capolavoro<br />

pinkfl oydiano, ampliato e arricchito di<br />

colori jazzy e dilatato da lunghe e ricche<br />

performance solistiche della maggior parte<br />

dei musicisti, per poi creare un’atmosfera<br />

che ha avvolto il Pasolini e il suo pubblico<br />

trasportandoli indietro nel tempo, alla<br />

30 • M T•<br />

aprile 2009<br />

riscoperta di musiche ormai leggendarie<br />

ma spesso sconosciute al grande pubblico<br />

contemporaneo. Così fra melodie, improvvisazioni,<br />

solismi e vocalismi si è passati<br />

attraverso un vortice di note da cui sono<br />

scaturiti i King Crimson di “I talk to the<br />

wind”, gli Yes di “Close to the edge”, il Robert<br />

Wyatt di “Sea song”, “Starting in the<br />

middle of the day we can drink our politics<br />

away” e “Zahra”, i Genesis di “Watcher of<br />

the skies” e gli Emerson, Lake & Palmer di<br />

“Trilogy”, giusto per citare alcuni dei momenti<br />

più signifi cativi dell’sibizione. Degna<br />

di nota poi la proposizione di un brano<br />

inedito, “Progressivamente”, composto da<br />

Roberto Gatto in occasione di questo tour<br />

all’insegna della rivisitazione in chiave jazz<br />

del progressive.<br />

I musicisti si sono messi in evidenza sia<br />

per la loro tecnica, davvero eccelsa, ma sia<br />

soprattutto per la spiccata verve improvvisativa,<br />

tipica d’altronde dei jazzisti. Nello<br />

specifi co magistrale l’esibizione della se-<br />

zione fi ati, che ha letteralmente sbaragliato<br />

la concorrenza degli altri strumenti, bucando<br />

la sfera sonora ritagliandosene ampi<br />

spazi per primeggiare. Ottima anche la performance<br />

di basso e tastiere, queste ultime<br />

soprattutto schierate in pompa magna nella<br />

lunghissima a introduzione a “Trilogy”<br />

degli ELP. La chitarra, nonostante sia stata<br />

spesso oscurata dalla debordante e strabordante<br />

performance dei fi ati, ha saputo<br />

ricavarsi degli spazi solistici apprezzabili<br />

e di ottimo gusto. Eccezionale anche l’esibizione<br />

di Roberto Gatto, un vero maestro<br />

nell’uso dei controtempi e del fraseggio<br />

jazz applicati alla batteria. Da segnalare,<br />

in conclusione, la presenza di John De Leo<br />

alla voce nelle reinterpretazioni dei pezzi di<br />

John Wyatt, che ha fornito una esibizione<br />

di ardui e diffi cili vocalizzi, al limite della<br />

sperimentazione e dell’inusuale, risultando<br />

forse di diffi cile comprensione a un pubblico<br />

poco esperto, ma sicuramente suggestivo<br />

a chi avesse ben in mente le doti vocali di<br />

Demetrio Stratos degli Area e di David Surkamp<br />

dei misconosciuti Pavlov’s Dog. In<br />

poche parole, grande musica non convenzionale<br />

che comunque ha fatto registrare il<br />

tutto esaurito al Pasolini. ❒


Luise e le tavole della legge [di<br />

Mesi di rifl essioni, di discussioni e di<br />

valutazioni. Alla fi ne la montagna<br />

partorì il topolino.<br />

L’assessore Luise, incaricato delle politiche<br />

della sicurezza in città, ha fi nalmente fatto trapelare<br />

le misure che intende adottare per ripristinare<br />

l’ordine ed il decoro a Monfalcone.<br />

Sentita una voce che lo chiamava, Luise era<br />

salito sul colle della Rocca da dove, dopo<br />

alcuni giorni, è ridisceso con le tavole della<br />

legge.<br />

Criminali, stupratori, camorristi, evasori, ladri<br />

ed assassini: la pacchia è fi nita!<br />

Con le ordinanze che il Comune si appresta<br />

ad emettere (o forse già emesse dopo che<br />

saremo andati in stampa) si porrà fi nalmente<br />

fi ne alle angosce che attanagliano i monfalconesi.<br />

Le misure che stanno per essere adottate<br />

puntano infatti a colpire al cuore ogni<br />

espressione malavitosa.<br />

Vediamole nel dettaglio:<br />

Divieto di assembramento:<br />

basta, fi nita. Non ci si potrà più trovare in<br />

più di un paio di amici, le famiglie numerose<br />

per passeggiare dovranno chiedere permesso<br />

alla questura, numerosi bar saranno<br />

costretti alla chiusura visto che spesso provocano<br />

fastidiosi assembramenti. Inoltre i<br />

non ariani avranno un handicap, varranno<br />

per due per cui dovranno necessariamente<br />

muoversi da soli. La piazza sarà così fi nalmente<br />

libera, ma così libera che tanto varrà<br />

costruirci un bel condominio.<br />

Divieto di uso improprio delle panchine:<br />

sarà infatti vietato usarle come griglie per<br />

cuocerci le costine, come piazzole di atterraggio<br />

per piccoli velivoli, come campi di<br />

bocce per i nanetti di Biancaneve, per appoggiarvi<br />

lap top, pacchi, libri, borse della<br />

spesa, suocere, bambini con le ginocchia<br />

sbucciate. Bisognerà essere composti, seduti<br />

con le ginocchia unite, non sudare – specialmente<br />

d’estate –, non ascoltare musica<br />

– specialmente con gli auricolari - non appoggiarvi<br />

i piedi – il culo però sì.<br />

Inoltre su una panchina non si potranno sedere<br />

persone della stessa etnia tranne che<br />

i monfalconesi da almeno 3 generazioni<br />

(neanche Luise allora), non ci si potrà sedere<br />

nei giorni pari e men che mai in quelli<br />

dispari e quando c’è bel tempo.<br />

Divieto di sputo.<br />

Da buon cattolico Luise si ricorda di quando,<br />

non molti anni fa, cartelli che vietavano<br />

lo sputo erano appesi sui portoni delle<br />

chiese. Erano appesi anche all’interno degli<br />

ospedali e dei vari uffi ci pubblici e si rivolgevano<br />

a noi, noi italiani che sputavamo<br />

come caffettiere. Quindi da ora basta sputi<br />

per terra; saranno consentiti solo gli sputi<br />

in faccia – alla Totti –, in aria (non è colpa<br />

dello sputante se la legge di gravità li rimanda<br />

a terra), e quelli, con speciale dispensa,<br />

dei francesi che li hanno congeniti nel loro<br />

parlare.<br />

Insomma, un acuto decalogo che promette<br />

di cambiare la nostra vita e che dimostra,<br />

fi nalmente come si devono affrontare i problemi<br />

legati alle trasformazioni della nostra<br />

società e della nostra città.<br />

I problemi che un arrivo così consistente<br />

di persone da tante diverse parti d’ Italia e<br />

del mondo possono essere affrontati in due<br />

modi: uno, il più complesso, è quello di rendersi<br />

conto che ormai questa è una via senza<br />

ritorno, che in tutto il mondo è la stessa cosa<br />

– la globalizzazione, bellezza – e che bisogna<br />

lavorare perché i vecchi monfalconesi<br />

imparino a vivere con questi nuovi monfalconesi,<br />

ne apprezzino anche la cultura e<br />

contemporaneamente si lavori per rendere<br />

più semplice ai nuovi il comprendere e condividere<br />

la nostra realtà.<br />

Senza ricorrere ad ordinanze umilianti per<br />

chi le emette e per chi le dovrebbe osservare.<br />

Ma lavorando, lavorando, lavorando,<br />

fornendo servizi e cultura.<br />

Il secondo è più semplice: non vogliamo<br />

intrusi, vogliamo sempre le stesse facce?<br />

Allora diciamolo chiaramente: spazziamoli<br />

via, mandiamoli a casa, sterminiamoli, sterilizziamoli.<br />

L’ordinanza vieti l’affi tto o la<br />

vendita di case, di alimentari, di medicine a<br />

chi non è comprovatamente monfalconese<br />

(e cosi ci liberiamo anche di Sindaco, 2 o<br />

tre assessori , capitano dei carabinieri, qualche<br />

notaio , avvocato, architetto e preside).<br />

Allora si che il problema si risolve.<br />

In realtà il problema è che sempre le società,<br />

specie nei tempi di crisi, tentano di addossare<br />

la colpa di situazioni diffi cili come<br />

la nostra ai più deboli, agli ultimi arrivati;<br />

succede anche nel Grande Fratello.<br />

Sono cadute di umanità, di capacità di vivere<br />

le trasformazioni, di convivere con chi è<br />

diverso da te che forse dovremmo cercare di<br />

evitare, cercando – per una volta – soluzioni<br />

che non provengano direttamente dal colon,<br />

ma dalla testa e dal cuore.<br />

E non ci si venga a dire che allora noi siamo<br />

favorevoli a comportamenti che, capiamo,<br />

possano dare fastidio; chiediamo<br />

solo che i piccoli problemi come questi<br />

vengano trattati con il buonsenso che ci si<br />

aspetta da chi governa e non con il ricorso<br />

a misure plateali, probabilmente inutili e<br />

sicuramente ridicole. ❒<br />

SICUREZZA<br />

Arturo Bertoli]<br />

aprile 2009 • M T•<br />

31


32 • M T • aprile 2009<br />

monfalconeterritorio@gmail.com | blog: http://monfalconeterritorio.org

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