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<strong>MT</strong><br />
MONFALCONE TERRITORIO<br />
<strong>MT</strong> è un giornale promosso<br />
dall’associazione “libertà di parola”<br />
Reg. Trib. Go N° 01/09 del 08/01/2009<br />
N° 2 Aprile 2009 Prezzo 2 €<br />
LUISE E E LE TAVOLE<br />
DELLA LEGGE<br />
L’ANOMALIA MONFALCONE<br />
INTERVISTA A PIERO FASOLA<br />
TURRIACO<br />
C’era una volta<br />
PAPENBURG-MONFALCONE<br />
Cantieri a confronto<br />
STORIE • SICUREZZA • CITTÀ • CASA • AMIANTO<br />
• TERRITORIO • MONFALCONE INTERNATIONAL •<br />
M T
EDITORIALE<br />
Eccoci già al numero due<br />
Eccoci già al numero 2.<br />
Se ci ripresentiamo ai lettori signifi ca che<br />
qualche interesse lo abbiamo suscitato, che<br />
qualche complimento lo abbiamo ricevuto e<br />
che un bel po’ di copie sono state vendute.<br />
Il successo che abbiamo avuto ci spinge a osare<br />
di più e quindi il n° 2 ha 32 pagine.<br />
Oggi dobbiamo, noi della redazione, confrontarci<br />
con i tempi che un giornale impone, con i<br />
carichi di lavoro del giornale che si sommano<br />
a quelli per vivere, con le tante domande che<br />
ci poniamo quando scriviamo o decidiamo di<br />
pubblicare qualcosa.<br />
Abbiamo dimostrato che lo spazio per parlare<br />
di Monfalcone e del territorio c’è e che cose<br />
da dire ce ne sono ancora di più.<br />
Nuovi collaboratori si sono aggiunti nel frattempo<br />
e speriamo che altri li seguano.<br />
Questo numero di <strong>MT</strong> si occupa, tra le alte<br />
cose, di alcune vicende che hanno interessato<br />
la nostra città nelle ultime settimane.<br />
In primo luogo della vistosissima e pubblicizzatissima<br />
operazione della procura a carico<br />
di alcuni esponenti dei centri di aggregazione<br />
giovanile in città. Operazione che, come spes-<br />
so succede, si è andata rivelando poco più di<br />
una bufala, una tempesta - e che tempesta – in<br />
un bicchier d’acqua.<br />
E qui vorremmo capire perché quando arresta<br />
un architetto con una piantagione di marijuana<br />
in casa il giornale locale ne parla per<br />
un giorno e pubblica solo le iniziali, mentre<br />
se alcuni ragazzi vengono arrestati per aver<br />
fumato – non prodotto o venduto, fumato! – alcuni<br />
spinelli si dà vita ad una campagna di<br />
stampa con tanto di nomi e cognomi che dura<br />
per giorni e giorni.<br />
Ma non parliamo solo di questo, ovviamente.<br />
In questo numero incominciamo a palare anche<br />
di sanità e assistenza con un articolo sulla<br />
casa di riposo perché è proprio il caso che<br />
si incominci a discuterne visto che i problemi<br />
sembrano aumentare e la capacità di rispondere<br />
ai bisogni della gente sembra diminuire.<br />
Ed ancora parliamo di città comune, un altro<br />
tema in ballo ormai da decenni ma che bisogna<br />
affrontare con decisione una volta per<br />
tutte.<br />
Abbiamo messo a confronto Monfalcone con<br />
la città “gemella” Papenburg e ne usciamo<br />
con le ossa rotte.<br />
Non abbiamo dimenticato l’amianto. Abbiamo<br />
dichiarato nel primo numero che questo sarà<br />
uno dei lifemotive che ci accompagnerà sempre.<br />
Dall’uscita del primo numero altre persone<br />
sono morte per asbestosi e noi non vogliamo<br />
mollare l’attenzione su questa tragedia, sulle<br />
sue cause e responsabilità.<br />
C’è ancora chi fa fi nta di niente, che si illude<br />
che questo sia un problema lontano, da esorcizzare,<br />
ma ormai tutti noi abbiamo parenti<br />
o amici o solo conoscenti che sono morti per<br />
questo.<br />
E allora insistiamo a dare informazioni.<br />
In Bisiacaria ci sono anche elezioni in alcuni<br />
Comuni. Potevamo ignorarle? Certo che no<br />
anche perché non sono esclusi colpi di scena,<br />
risultati a sorpresa, capovolgimenti sorprendenti.<br />
In questo numero abbiamo anche qualche<br />
curioso reportage dall’interno di Monfalcone,<br />
su alcuni aspetti curiosi, fastidiosi e forse<br />
poco conosciuti della nostra città.<br />
Ben tornati a <strong>MT</strong>. ❒<br />
SOMMARIO<br />
3<br />
11<br />
23<br />
4<br />
12<br />
24<br />
14<br />
25<br />
5<br />
6<br />
7<br />
8<br />
9<br />
10<br />
DIALOGO COL POPOLO<br />
... IL BRUTTO ANATROCCOLO<br />
UNA MOBILITÀ SOSTENIBILE<br />
UNO SPORT INNOVATIVO<br />
NELLE VIE DI MONFALCONE<br />
L’ANOMALIA MONFALCONE<br />
DON ANDREA GALLO<br />
A MONFALCONE<br />
RIFLESSIONI SUGLI ARRESTI<br />
DELL’UTOPIA<br />
COPRIFUOCO<br />
TUTTI PER COSA?<br />
COMITATO DI REDAZIONE<br />
Arturo Bertoli<br />
Bettina Binsau<br />
Mauro Bussani<br />
Giacomo Cuscunà<br />
Eva Demarchi<br />
Massimiliano Moschin<br />
DIRETTORE RESPONSABILE<br />
Gabriele Polo<br />
Michela Parovel<br />
Stefano Piredda<br />
Gianni Spizzo<br />
Franco Terzoni<br />
Roberto Zanet<br />
Tiziano Pizzamiglio<br />
15<br />
16<br />
18<br />
20<br />
21<br />
22<br />
UNIONI DI COMUNI?<br />
VIVERE DI CANTIERE ...<br />
SLOT A MONFY<br />
GOSSIP<br />
PREOCCUPAZIONI E DUBBI<br />
SUL FUTURO DELLA CASA DI RIPOSO<br />
NEANCHE NANI SULLE<br />
SPALLE DEI GIGANTI<br />
L’ORDA CHE CI INVADE<br />
C’ERA UNA VOLTA<br />
NEMO PROFETA IN PATRIA<br />
LA DIGNITÀ DELLE DONNE<br />
INTERVISTA A GIULIA BERETTA<br />
PROGETTAZIONE GRAFICA E IMPAGINAZIONE<br />
Lucia Bottegaro<br />
FOTO<br />
Foto di copertina: Debora Moretti<br />
Roberto Francomano<br />
VIGNETTE DI<br />
Gianfranco Pilosio e Roberto Cicinato<br />
26<br />
27<br />
28<br />
29<br />
30<br />
31<br />
VITA DA PD<br />
SEGNALAZIONI EDITORIALI<br />
TURRIACO: C’ERA UNA VOLTA<br />
E VOGLIO CHE CI SIA ANCORA<br />
TEMPO DI ELEZIONI A STARANZANO<br />
TUTTO DA RIFARE<br />
INTEGRAZIONI<br />
FORESTI A MOFALCON<br />
E’ UNA STORIA VESTITA DI NERO<br />
IL SILENZIO (INFRANTO)<br />
DEGLI INNOCENTI<br />
INTERVISTA A MASSIMO PIRAN<br />
ROBERTO GATTO<br />
PROGRESSIVAMENTE<br />
LUISE E LE TAVOLE<br />
DELLA LEGGE<br />
monfalconeterritorio@gmail.com<br />
Ringraziamo Gabriele Polo per aver<br />
acconsentito a fi rmare questo giornale<br />
STAMPA<br />
Stampato presso Grafi ka Soča Via Sedejeva, 4<br />
5000 Nova Gorica - Slovenia<br />
<strong>MT</strong> è un giornale promosso dall’ associazione “libertà di parola”.<br />
Un giornale per vivere ha bisogno del contributo di tutti coloro che hanno a cuore un’informazione libera e plurale. <strong>MT</strong> è aperto alle collaborazioni di tutti. Segnalazioni,<br />
articoli, proposte, offerte di collaborazione possono essere inviate a: monfalconeterritorio@gmail.com blog: http://monfalconeterritorio.org
Dialogo col popolo<br />
Da un po’ di tempo si sente dire in giro<br />
che la sinistra dovrebbe “radicarsi nel<br />
territorio”, per “tornare ad ascoltare il<br />
popolo”.<br />
Bene. Ultimamente a me è capitato questo.<br />
Il popolo: “Questi cazzo di indiani mi hanno<br />
rotto i coglioni!”<br />
Io: “Perché?”<br />
Il popolo: “Hanno rotto i coglioni e basta!”<br />
Io: “Ti disturbano?”<br />
Il popolo: “A me sì. Che tornino da dove<br />
son venuti. Cosa cazzo ci fanno qui?”<br />
Io: “Bé... Direi che sono venuti a fare un<br />
lavoro pesante. Un lavoro che noi non vogliamo<br />
più fare.”<br />
Il popolo: “Son troppi. Troppi. E rompono<br />
il cazzo alla gente. Tu non hai idea a quanta<br />
gente stiano sulle balle!”<br />
Io: “Ma perché?”<br />
Il popolo: “Perché sì!”<br />
Io: “Senti, posso farti una domanda?”<br />
[di Stefano Piredda]<br />
Il popolo: “Sì...”<br />
Io: “Questi indiani, non so... Rubano? Io non<br />
ho mai sentito di nessuno di loro coinvolto<br />
in un furto. Rubano, secondo te?”<br />
Il popolo: “Beh, no...”<br />
Io: “Spacciano droga? Io non ho mai sentito<br />
di uno di loro arrestato per droga, magari<br />
tu...”<br />
Il popolo: “No, neanche io...”<br />
Io: “Hanno mai ammazzato qualcuno?”<br />
Il popolo: “No...”<br />
Io: “E allora?”<br />
Il popolo: “...”<br />
Io: “Perché ce l’hai con loro?”<br />
Il popolo: “Son sempre lì in piazza, seduti sulle<br />
panchine. E quella è la NOSTRA piazza”<br />
E’ tutto vero, sapete? Parola più, parola<br />
meno. Io praticamente ho solo tradotto il<br />
dialogo dal nostro meraviglioso vernacolo<br />
(che prossimamente sarà difeso ope legis:<br />
difeso dal mondo, immagino) in fiorentino.<br />
CITTÀ<br />
E a questo punto io vi chiedo, o uomini di sinistra: ma davvero fremete dalla voglia di tornare<br />
ad ascoltarlo, il popolo? Davvero volete radicarvi in questa palta?<br />
Il nome della famiglia è certamente altisonante,<br />
si dice sia ben radicato nella tradizione<br />
mitteleuropea e risulta ideale per un personaggio<br />
destinato ad essere di grande rilievo<br />
nella cultura nazionale. Insomma un nome che<br />
fin dal primo momento suona un po’ come una<br />
garanzia, un marchio che crea un’aspettativa su<br />
un prodotto che non può deludere.<br />
Il personaggio, per chi lo ha conosciuto, sembrava<br />
però l’ennesimo rampollo destinato a<br />
deludere le aspettative famigliari.<br />
La vita riserva spesso sorprese ma, a ben guardarne<br />
il percorso, quella del nostro “personaggio”<br />
sembra inanellare fin dai primi impegni<br />
scolastici molte difficoltà o meglio, con il senno<br />
di poi, molte ‘incomprensioni’. Il comportamento<br />
giovanile si frammenta in episodi tipici<br />
di un ragazzo irrequieto che non mancano di<br />
provocare qualche danno, prontamente rimosso.<br />
Si sa che la cultura e i detti popolari contengono<br />
sempre un fondamento di verità, mi sembra<br />
perciò appropriato e corrispondente al soggetto<br />
l’aver scelto e perseguito il principio contenuto<br />
nel detto: mens sana in corpore sano.<br />
Il risultato non ci smentisce, anche se ci rimane<br />
il dubbio sulla creazione naturale di quello<br />
splendido corpo che oggi appare su numerose<br />
riviste spesso avvolto in morbidi maglie di<br />
cachemere.<br />
Per chi dubita sulla validità dei corsi CEPU<br />
quindi, posso suggerire in alternativa un’ade-<br />
guata formazione in palestra. I risultati presi<br />
in esame sembra dimostrino che all’aumento<br />
della massa muscolare (non si sa se aiutato<br />
da qualche sostegno sintetico, ai nostri giorni<br />
probabilmente fuori legge) corrisponda l’aumento<br />
della massa cerebrale.<br />
Sembra inoltre che la frequentazione costante<br />
di una palestra da parte di un individuo possa,<br />
visti i risultati e dando credito ai fenomeni<br />
paranormali, saturare anche l’ambiente circostante<br />
con i fattori positivi contenuti nell’attività<br />
culturistica del soggetto e trasformare la<br />
cultura del corpo nella CULTURA più universale.<br />
E’ questa l’unica giustificazione credibile<br />
se un modesto centro fitness diventa in poco<br />
tempo un centro studi di alta qualità.<br />
La crescita improvvisa è accompagnata da una<br />
costante ricerca sui temi d’attualità. Così gli anziani<br />
diventano sempre più oggetto d’attenzione<br />
e studio, dalla riabilitazione alla mobilità,<br />
dall’accoglienza alla sicurezza.<br />
L’idea geniale è quella di mettere in una ventiquattrore,<br />
oltre che il pigiama e lo spazzolino,<br />
un po’ di documenti elaborati su questi temi e<br />
battere le platee di tutti i convegni nazionali<br />
ed internazionali, ovviamente con l’accredito<br />
del suddetto centro studi (palestra) e con una<br />
strana dicitura che nel gioco delle dimensioni<br />
dei caratteri fa lentamente scomparire la<br />
“i“ trasformando la scritta Dir. (direttore) in Dr.<br />
(dottore), assegnando all’interessato un titolo<br />
accademico virtuale.<br />
E ne so pure un’altra: una volta (facevo<br />
ancora l’assessore), un tizio mi fa: “Scusi,<br />
assessore: che cosa aspettate a togliere<br />
le panchine dalla piazza? Non vedete che<br />
sono solo gli immigrati a sedercisi sopra?”.<br />
“Embé?”, feci io. “Embé cosa?”,<br />
rispuosemi quell’uomo di mondo, “Ma<br />
non capite che se ci sono loro la nostra<br />
gente in piazza non ci viene? Non capite<br />
che se ci sono loro, in piazza, voi perdete<br />
voti? E guardi che io sono uno che ha votato<br />
per voi!”. Testuale. Anche quest’ultimo<br />
dialogo, per facilitarne la comprensione,<br />
è stato tradotto in fiorentino dal<br />
nostro straordinario vernacolo.<br />
E a questo punto io vi chiedo, o uomini<br />
di sinistra: ma davvero fremete dalla voglia<br />
di tornare ad ascoltarlo, il popolo?<br />
Davvero volete radicarvi in questa palta?<br />
No, perché, insomma...<br />
Ce ne vuole, di stomaco. ❒<br />
[di Lost]<br />
... il brutto anatroccolo<br />
Si sa che la cultura e i detti popolari contengono sempre un fondo di verità<br />
I viaggi fanno bene e danno ragione al nostro,<br />
che pian piano troverà sempre più accrediti e<br />
amicizie che lo porteranno alla consulta ministeriale<br />
sui problemi dell’anziano. Il successo<br />
motiva alcune apparizioni televisive da terza<br />
fila, caratterizzate da atletici contorcimenti fisici<br />
necessari per farsi notare.<br />
Ad un certo punto si rompono i contatti...il<br />
nostro soggetto scompare, sembra in maniera<br />
frettolosa o affrettata...<br />
Non sono un frequentatore della metropoli<br />
lombarda, ma ha destato in me viva impressione<br />
il ritrovarlo in Galleria a presentare fior fiore<br />
di scrittori e letterati e conoscere il protagonismo<br />
culturale del personaggio nei tanti centri<br />
italici. Ritrovarlo, con grandi sponsorizzazioni,<br />
a recitare complicati monologhi in scorribande<br />
teatral-culturali lungo tutto il territorio nazionale.<br />
Le ultime notizie, lo propongono come nuovo<br />
assessore alla cultura di Milano tra le kermesse<br />
per i cent’anni del futurismo e la costruzione di<br />
importanti progetti culturali per la città, l’Expo<br />
mondiale, ecc... L’ho intravisto in una foto su<br />
internet mentre, incazzato, aggrediva verbalmente<br />
una vigile che gli aveva contestato l’eccessiva<br />
rumorosità dell’esibizione culturale da<br />
lui patrocinata ...<br />
Cliccando mestamente sul mouse per uscire<br />
dall’immagine, mi è ritornata in mente una<br />
fantasia infantile e mi sono chiesto: la fiaba del<br />
brutto anatroccolo può diventare realtà? ❒<br />
aprile 2009 • M T • 3
CITTÀ<br />
Una mobilità sostenibile:<br />
obiettivo essenziale per Monfalcone<br />
Bisogna ricreare a Monfalcone le esperienze già ampiamente collaudate<br />
dei paesi europei all’avanguardia<br />
Monfalcone vive una situazione di perenne<br />
difficoltà nel cercare soluzioni<br />
adeguate alla sua non facile collocazione.<br />
L’attraversamento della città avviene<br />
essenzialmente attraverso il budello costituito<br />
dall’asse via Colombo – via Boito – via<br />
Verdi, con le conseguenze di congestione che<br />
spesso si verificano. Lo spostamento di molte<br />
attività commerciali e di piccoli artigiani<br />
fuori dal centro città ha creato situazioni nuove,<br />
non sempre affrontabili tempestivamente<br />
(ad esempio creando nuove occasioni di incontro<br />
in centro). Di fronte a questi evidenti<br />
cambiamenti Monfalcone potrebbe fare di<br />
più: bene l’impegno ad estendere il Pedibus,<br />
a realizzare alcune rotonde in posti sensibili,<br />
a realizzare la bretella Aeroporto-statale per<br />
Grado, ad estendere la rete di piste ciclabili,<br />
a riformulare la proposta del trasporto pubblico.<br />
Ma tutto ciò non può bastare, la città<br />
è in continua trasformazione, sono cambiati<br />
molti luoghi (il vecchio ospedale, la Piazza,<br />
l’Anconetta, il Rione di Panzano), ed è cambiata<br />
la composizione della cittadinanza con<br />
molti lavoratori provenienti da Paesi extraeuropei,<br />
che hanno portato con sè costumi ed<br />
abitudini diverse.<br />
Partire da quanto è stato fatto di positivo<br />
e riaggiornare continuamente le risposte<br />
alla crescente domanda di una mobilità sostenibile,<br />
con interventi in grado di creare<br />
opportunità e, in qualche caso, anche vincoli.<br />
Bisogna ricreare a Monfalcone le esperienze<br />
già ampiamente collaudate dei paesi<br />
europei all’avanguardia su questo settore,<br />
allo stesso tempo spiegando e coinvolgendo<br />
i cittadini, e particolarmente i più giovani,<br />
sulle questioni che hanno o avranno effetto<br />
sul loro vivere quotidiano.<br />
I Comuni di Monfalcone, Ronchi e Staranzano<br />
procedano velocemente all’approvazione<br />
del nuovo PUT (Piano Urbano del<br />
Traffico) intercomunale, con l’obiettivo di<br />
allargarlo successivamente a tutto il Mandamento.<br />
Una sintesi delle proposte che Legambiente<br />
ha recentemente formulato e tradotto in un<br />
documento consegnato all’Amministrazione<br />
comunale di Monfalcone, si può riassumere<br />
in alcuni punti (il documento completo si<br />
trova su www.legambiente.fvg.it).<br />
Monfalcone a piedi<br />
Estendere il progetto Pedibus a tutta la scuo-<br />
4 • M T<br />
• aprile 2009<br />
la primaria realizzando le opportune modifiche<br />
della sede stradale per rendere più sicuri<br />
i percorsi dei pedoni e del Pedibus.<br />
Monfalcone e le aree pedonali<br />
Realizzare l’ampliamento delle aree pedonali<br />
esistenti, in particolare l’estensione al<br />
Corso del Popolo, in tal modo l’ultimo tratto<br />
di Via San Francesco, fra Via Plinio e la Piazza<br />
della Repubblica, si trasforma in strada cieca e<br />
quindi immediatamente pedonalizzabile.<br />
Monfalcone e le aree di sosta<br />
Il problema di mancanza di parcheggi a<br />
Monfalcone è più percepito che reale; è fondamentale<br />
giungere all’allargamento delle<br />
aree a pagamento con costi decrescenti a<br />
partire dal centro. In una delle città con la<br />
migliore qualità della vita in Europa, Copenaghen,<br />
tutti i parcheggi sono a pagamento<br />
con tariffe decrescenti. Se viene tolta la speranza<br />
del parcheggio gratuito, si disincentiva<br />
il traffico automobilistico e si aumenta<br />
quello dei pedoni.<br />
Va dichiarata l’incompatibilità con le scelte<br />
di una mobilità sostenibile il più volte ventilato<br />
Parcheggio sotterraneo in Piazza della<br />
repubblica.<br />
E’ urgente favorire l’utilizzo del parcheggio<br />
di via della Resistenza, a due passi dal<br />
centro e semivuoto anche nelle ore di punta,<br />
anche con un’informazione più efficace.<br />
[di Michele Tonzar]<br />
Monfalcone a misura di bicicletta<br />
Nella maggior parte dei casi le piste ciclabili<br />
sono disegnate su percorsi ottimi per lo<br />
svago, ma inutili o poco funzionali ai quotidiani<br />
tragitti casa-lavoro o casa-scuola. La<br />
loro finalità dovrebbe essere invece, quella<br />
di far diventare la bicicletta un mezzo di trasporto<br />
a tutti gli effetti.<br />
Mediamente in Europa il 9.45% degli spostamenti<br />
è realizzato in bicicletta (con punte<br />
del 27% in Olanda e del 18% in Danimarca)<br />
mentre in Italia si arriva ad un misero 3%.<br />
Bisogna aggiornare il piano generale comunale<br />
della rete di piste ciclabili cercando di<br />
incrementare i percorsi anche con i comuni<br />
limitrofi (in primis Ronchi, Staranzano e<br />
Duino Aurisina).<br />
Realizzare le connessioni ciclabili che, partendo<br />
dai tracciati esistenti, permettano agli<br />
studenti di raggiungere gli edifici scolastici.<br />
In particolare:<br />
collegare la pista che costeggia il canale Valentinis,<br />
all’imbocco di via Terenziana, con<br />
Via Canaletto per il raggiungimento della<br />
scuola media Randaccio;<br />
accelerare il progetto che prevede di utilizzare<br />
il sedime della ferrovia che va da Ronchi Sud<br />
alla Fincantieri per creare una pista ciclabile<br />
che può essere di collegamento tra i due estremi<br />
della città;<br />
collegare la pista ciclabile di Viale S. Marco<br />
con quella di via Duca d’Aosta, prevedendo,
per quest’ultima alcune modifiche, in modo<br />
da evitare l’intralcio reciproco con i pedoni;<br />
ideare un progetto di bicibus per gli alunni<br />
delle scuole secondarie di primo e secondo<br />
grado;<br />
costruire una rete di rapporti con aziende<br />
pubbliche e private su un progetto di sensibilizzazione<br />
dei propri dipendenti e utenti<br />
per incentivare l’uso della bicicletta;<br />
estendere il servizio di noleggio bici pubbliche,<br />
garantendo maggiore informazione e<br />
collocandole in zone strategiche della città<br />
(fermate dei bus).<br />
Monfalcone e il trasporto pubblico<br />
La riorganizzazione del sistema di trasporto<br />
pubblico dell’APT nel comprensorio monfalconese<br />
è senz’altro la strada da percorrere,<br />
Ormai da tempo in diverse parti del<br />
mondo impazza la moda dei parkour,<br />
giovani spericolati che con la sola forza<br />
delle loro leve saltano come molle dai<br />
tetti ad altezze vertiginose, rotolano, rimbalzano<br />
e, facendo meraviglie acrobatiche,<br />
provocano l’invidia di chi fa fatica a fare<br />
una rampa di scale e l’ammirazione di chi<br />
barcolla quando frena l’autobus.<br />
Nel cuore della bisiacheria, lungi dal sentirci<br />
provinciali, anche noi ci siamo inventati<br />
una nuova disciplina sportiva nostrana,<br />
variegata e spettacolare con una marcia in<br />
più: il pregio di essere aperta a tutti i target<br />
di appassionati. Poco importa quindi l’età e<br />
la condizione fisica, che sia giorno o notte;<br />
che piova o soffi la Bora qui tutti si appli-<br />
offrendo nuove e più agevoli opportunità ai<br />
cittadini. La prima fase del progetto “Circolando”<br />
sembra che abbia già ottenuto buoni<br />
risultati, se non altro in termini di aumento<br />
di utenza; un particolare aspetto positivo che<br />
va sottolineato è la campagna informativa,<br />
diffusa e non a carattere episodico.<br />
Vanno realizzati interventi sui parcheggi<br />
scambiatori in prossimità di aree interessate<br />
da punti di raccolta importanti per il servizio<br />
di trasporto pubblico locale (già in atto<br />
ad esempio quelli presso la Stazione Ferroviaria).<br />
Coordinare gli interventi, ad esempio,<br />
tra la realizzazione di piste ciclabili ed<br />
il servizio pubblico di trasporto, con l’obiettivo<br />
di rendere complementari i due tipi di<br />
mobilità.<br />
Una nota molto negativa è la riduzione dei<br />
Uno sport innovativo<br />
nelle vie di Monfalcone<br />
E’ un sollievo poter contare sempre su qualcuno<br />
che pensa al benessere collettivo [di Manuela Visintin]<br />
cano con costanza e dedizione. Non serve<br />
neanche l’iscrizione, è un servizio gratuito<br />
e si può condividere con amici, parenti e<br />
foresti.<br />
Si tratta del “Percorso Universale Rapido<br />
Ginnico - Atletico” P.U.R.G.A abilmente<br />
distribuito ad ampio raggio nel circuito cittadino<br />
(tanto per non scontentare nessuno).<br />
Prevede:<br />
- salto del marciapiede ricoperto di escrementi<br />
di piccione<br />
- dribbling delle deiezioni dei cani<br />
- apnea in zona bidoni della spazzatura<br />
- aggiramento “scovaze” depositate a terra<br />
- scatto sul passaggio pedonale<br />
Il pacchetto include anche l’opzione bici:<br />
- zig - zag tra le buche dell’asfalto<br />
- guado delle pozzanghere<br />
di pioggia<br />
- bersaglio mobile<br />
sulla rotonda dell’Anconetta<br />
- tiro al pedone sulla<br />
pista ciclabile<br />
- giochi di prestigio<br />
con la bici (tanto per<br />
non trovar due)<br />
Per chi volesse esercitarsi<br />
in modo particolare<br />
nell’attività<br />
del dribbling è consigliato<br />
il circuito<br />
V.lo Desenibus Via<br />
Nino Bixio da entrambe<br />
i lati che è<br />
CITTÀ<br />
servizi di biglietteria ferroviaria di Monfalcone,<br />
l’attuale chiusura dei fine settimana è<br />
un’ingiustificata penalizzazione in una logica<br />
puramente finanziaria che danneggia il<br />
cittadino.<br />
Per incentivare l’acquisto di autoveicoli ecologici<br />
da parte dei privati, è importante la<br />
possibilità di un facile rifornimento. Se APT<br />
trasformasse i propri mezzi a GPL (o, ancora<br />
meglio, a metano, come in molte altre regioni)<br />
potrebbe aprire un proprio distributore in<br />
provincia e offrire la possibilità di rifornire<br />
anche il privato, oppure richiedere ad un gestore<br />
l’attivazione di una pompa. Un impianto<br />
GPL su autovettura costa circa 700 euro,<br />
sull’ autobus dovrebbe costituire un intervento<br />
economico contenuto, se paragonato al<br />
costo complessivo del mezzo. ❒<br />
notevolmente e costantemente ben attrezzato<br />
e rifornito.<br />
Ecco la testimonianza di un concittadino all’angolo<br />
di via Nino Bixio: “E’ un sollievo<br />
poter contare sempre su qualcuno che pensa<br />
al benessere collettivo e pur di far felice<br />
il prossimo devolve alla comunità TANTA<br />
preziosa produzione”.<br />
Ne sono grate e commosse le nonnine del<br />
quartiere che andando a fare la spesa possono<br />
fare del sano esercizio che stimola la loro<br />
coordinazione motoria, sviluppa il senso di<br />
osservazione e l’agilità nei cambi di direzione<br />
del carrellino. Non di meno ne sono<br />
particolarmente riconoscenti le mamme e<br />
i papà che sorridenti sfruttano al meglio le<br />
potenzialità del passeggino iper tecnologico<br />
ad alta versatilità. Per non parlare poi degli<br />
amici diversamente abili...<br />
Ma volendo essere realisti si sa che anche le<br />
favole più belle possono finire e se mai un<br />
concittadino e poi un altro e un altro ancora<br />
dovessero sentire l’incontenibile esigenza<br />
di flettere le ginocchia quell’unica volta al<br />
giorno e infilare la preziosa pupù nel sacchettino,<br />
correndo peraltro il rischio che la<br />
corona cada dalla testa, come impedirlo?<br />
Certo che percorrere i lastroni in una scontata<br />
quanto noiosa linea retta non darebbe<br />
la stessa soddisfazione del passo – “destrasinistra-destra–samba!”<br />
- e sarebbe dura<br />
dover rinunciare a quella familiare nota di<br />
colore sul grigio topo del marciapiede. Se<br />
poi, disgraziatamente, i pedoni venissero<br />
impunemente lasciati passare sulle strisce<br />
sarebbe il vero inizio della fine. Quell’infausto<br />
giorno sembra fortunatamente ancora<br />
lontano ma se dovesse arrivare noi, a<br />
malincuore, ce ne dovremmo fare una dolorosa<br />
ragione e muniti di spirito di sacrificio<br />
potremmo solo ricordare con nostalgia i bei<br />
tempi ormai andati. ❒<br />
aprile 2009 • M T • 5
CITTÀ<br />
L’Anomalia Monfalcone<br />
La recente vicenda degli arresti per presunto spaccio di sostanze stupefacenti<br />
evidenzia la dimensione del “ragionamento” politico nei nostri palazzi.<br />
C<br />
hiunque ha a che fare con gruppi più<br />
o meno spontanei di giovani in città<br />
sa per esperienza che si sta parlando<br />
di una categoria sempre più avulsa dalle<br />
dinamiche sociali, tranne in pochi lodevoli<br />
casi, e percepisce una realtà cittadina<br />
che sembra partire dai 25 anni in su. Al di<br />
sotto di tale soglia tutto sembra non comprensibile,<br />
ambiguo, invisibile.<br />
Le stesse caratteristiche che entrano in<br />
gioco quando si parla delle problematiche<br />
più rilevanti che interessano il mandamento<br />
quali la casa, le ditte in subappalto<br />
presso Fincantieri, l’abuso del territorio,<br />
le infi ltrazioni camorristiche, per citare<br />
alcuni esempi.<br />
In compenso tutto ciò viene sistematicamente<br />
coperto da un dibattito pubblico sul<br />
sesso degli angeli qual è la “sicurezza” e<br />
sul quale convergono i punti di vista di<br />
quasi tutto l’arco politico. Si spendono un<br />
sacco di risorse pubbliche in telecamere<br />
inutili e ci si dota perfi no di un assessorato<br />
al nulla che ha l’unico compito di normare,<br />
a suon di divieti, ogni comportamento ritenuto<br />
offensivo dal bisiaco medio benpensante.<br />
Fino ad arrivare all’eliminazione di<br />
ogni spazio di socialità che non sia il bar<br />
“consuma e via”, mettendo in campo armi<br />
di dissuasione, divieti di assembramento,<br />
istruzioni sul come si sta composti su una<br />
panchina, ecc.<br />
La classe politica attuale sta quindi, colposamente,<br />
privando la città di ogni possibile<br />
futuro che non sia quel reiterato e<br />
sconfortante presente che abbiamo tutti<br />
6 • M T<br />
• aprile 2009<br />
sotto gli occhi.<br />
Fin qui nulla di diverso dal resto d’Italia,<br />
dove queste dinamiche sono, talvolta, anche<br />
tragicamente più avanti come Verona,<br />
Parma, Roma, Padova.<br />
L’Anomalia che rende diverse le vicissitudini<br />
del monfalconese si esprime invece<br />
nel connubio tra quest’impostazione politica<br />
e parte non irrilevante delle istituzioni<br />
preposte alla gestione delle dinamiche<br />
sociali, Procura e forze dell’ordine per la<br />
precisione.<br />
La recente vicenda degli arresti per presunto<br />
spaccio di sostanze in un servizio<br />
attivato con il comune di Monfalcone e in<br />
un bar del centro evidenzia la dimensione<br />
del “ragionamento” politico nei nostri<br />
palazzi.<br />
La Procura di Gorizia, giova ricordarlo,<br />
è responsabile della non attivazione di<br />
centinaia di cause legate all’esposizione<br />
all’amianto tanto che è dovuto intervenire<br />
personalmente il Presidente della repubblica<br />
ed il Tribunale di Trieste per avocare<br />
alcuni procedimenti ed evitare la prescrizione.<br />
La scusa uffi ciale della Procura di<br />
Gorizia: la cronica carenza di personale e<br />
risorse. Vediamo quindi su cosa sono state<br />
così duramente impegnate le poche “risorse”<br />
disponibili. Un’indagine durata anni<br />
per costruire un teorema probatorio atto ad<br />
eliminare dalla scena pubblica tutti quegli<br />
attori che, con la loro attività sociale, hanno<br />
tentato in questi anni di porre alcune<br />
criticità al “modello” Monfalcone.<br />
Si è partiti da lontano utilizzando il grimaldello<br />
della diffusione<br />
delle sostanze<br />
leggere e, tramite<br />
metodi ben poco ortodossi<br />
operati dalle<br />
forze dell’ordine per<br />
raccogliere testimonianze<br />
- tecnicamente<br />
denominate “sic”,<br />
sommarie informazioni<br />
testimoniali -,<br />
si è seminato letteralmente<br />
il terrore<br />
tra decine e decine di<br />
giovani e giovanissimi<br />
del mandamento,<br />
disposti a rilasciare<br />
qualsiasi dichiarazione<br />
pur di non ca-<br />
[di Mauro Bussani]<br />
dere nella categoria dei “criminali”, come<br />
vengono defi niti coloro che vengono sorpresi<br />
con qualche spinello in tasca.<br />
Alemanno, il sindaco della capitale, qualche<br />
mese fa ha affermato che bisogna tenere<br />
sotto controllo e sotto pressione tutta<br />
quella fascia di popolazione diversa, marginale,<br />
precaria e giovane che, in quanto<br />
non perfettamente catalogabile, costituisce<br />
motivo di allarme sociale.<br />
Pensiero pericoloso, questo, ma perfettamente<br />
declinato in casa nostra dalle istituzioni<br />
preposte e avvallato dalla politica di<br />
centrosinistra che ci amministra.<br />
Tanto da arrivare ad una situazione di<br />
coprifuoco dove le vie del monfalconese<br />
sono letteralmente deserte dopo le otto di<br />
sera e dove l’avventurarvisi corrisponde<br />
sicuramente all’essere fermato, controllato,<br />
avere grane di vario genere. Soprattutto<br />
se si è in giovane età.<br />
Qualche solerte Pm della procura ha poi<br />
pensato di sprecare ulteriori risorse in<br />
dispositivi tecnologici di controllo ed indagine,<br />
a utilizzare persone ricattabili in<br />
quanto in stato di marginalità sociale, a<br />
riassemblare a propria utilità migliaia di<br />
atti di indagine così ricavati.<br />
E naturalmente a convincere un Gip a<br />
incarcerare nella forma della custodia<br />
cautelare preventiva i tre, probabilmente,<br />
più conosciuti attivisti politici dell’isontino.<br />
Oltre ad altre tre persone, per oltre<br />
17 giorni nelle patrie galere di Udine e<br />
Gorizia.<br />
17 giorni è esattamente il tempo che è<br />
durato il teorema. Infatti il Giudice del<br />
riesame proprio qualche giorno fa li ha<br />
rimessi in libertà constatando, da una parte,<br />
l’inutilità preventiva della restrizione<br />
– l’arresto avveniva ben 6 mesi dopo<br />
l’ultimo atto di indagine – e, dall’altra,<br />
mettendo completamente in discussione i<br />
metodi di indagine, riconoscendo la non<br />
utilizzabilità di gran parte delle testimonianze<br />
raccolte e dichiarando illegali le<br />
intercettazioni tecnologiche.<br />
Sullo sfondo, il convegno sulle sostanze<br />
che Giovanardi ha organizzato a Trieste<br />
dal 12 al 14 marzo prossimi. Convegno<br />
contro il quale un nutrito cartello di realtà<br />
sociali si sta organizzando in modo critico<br />
e, tra queste, proprio gli attivisti arrestati<br />
e le associazioni presenti in via Natisone<br />
1 a Monfalcone, realtà conosciuta come
Offi cina Sociale.<br />
Giovanardi a Trieste cerca di costruire,<br />
con gli esperti di sua fi ducia, un contorno<br />
teorico alla sua legge che nega la variabile<br />
sociale relativamente all’uso delle droghe<br />
dando centralità agli aspetti individuali in<br />
quella che lo stesso defi nisce “cristoterapia”.<br />
In pratica il contesto ambientale nel<br />
quale avviene l’uso non è determinante,<br />
uno fa uso di sostanze solamente perché è<br />
predisposto a ciò e bisogna intervenire con<br />
metodi farmacologici, di restrizione ed internamento,<br />
passando sopra ad ogni concetto<br />
di autodeterminazione personale.<br />
Lo stesso concetto che si è tentato di applicare<br />
nel caso di Eluana Englaro.<br />
Questa sperimentazione monfalconese,<br />
ed i suoi nefasti effetti, ha però impaurito<br />
Esprimo la mia solidarietà ai detenuti,<br />
ancora una volta abbiamo delle vittime<br />
innocenti.<br />
Questa città ha un’occasione grande per farsi<br />
delle domande.<br />
Giovanardi ha lanciato la conferenza nazionale<br />
sulle droghe prevista dalla legge e<br />
speravamo di incontrarci tutti insieme, ciascuno<br />
con un contributo per migliorare la<br />
legge. Guardate che il problema della droga<br />
è una strage mafi osa, secoli di galera ai ragazzi<br />
per reati connessi, tutte le infezioni,<br />
epatite, l’Hiv.<br />
Pensate all’importanza di un servizio come<br />
il Dropin, il Bassa Soglia. Poi chi ci guadagna?<br />
Già venti anni fa la vendita clandestina<br />
di queste sostanze superava il fatturato della<br />
Fiat. Immaginatevi adesso.<br />
La mia domanda è: non si farà mica uso<br />
della legislazione sulle droghe per regolare<br />
i conti con gli oppositori politici? Perché allora<br />
sarebbe veramente grave.<br />
I giovani hanno bisogno di sentire il futuro.<br />
La Procura deve chiedere scusa per quello<br />
che ha fatto. Non è questa la lotta al narcotraffi<br />
co.<br />
Siamo in un mare in tempesta ma la bussola<br />
ce l’abbiamo: è la Costituzione Repubblicana.<br />
A me sembra che tutta questa azione sia<br />
veramente anticostituzionale, basta leggere<br />
gli articoli 2 e 3, non è possibile che dopo<br />
14 giorni siano ancora in carcere.<br />
Viviamo in un contesto che vede il progressivo<br />
espandersi del controllo sociale attraverso<br />
il diritto penale e amministrativo e<br />
questa è una pedagogia nera. Questa legalità,<br />
questa sicurezza in questa sua accezione<br />
semplifi catoria, banalizzante, di mero ordi-<br />
e fatto aprire gli occhi ad una buona parte<br />
dell’opinione pubblica cittadina, tanto<br />
che centinaia di persone, diversissime per<br />
provenienza e collocazione politica, hanno<br />
aderito all’happening contro gli arresti<br />
indetto sabato 28 febbraio in piazza della<br />
Repubblica.<br />
La giornata ha rappresentato un punto di<br />
non ritorno nel dibattito politico: l’inessenzialità<br />
delle chiacchiere in tema di<br />
sicurezza da anni portate avanti a palazzo<br />
e la necessità di un nuovo ciclo vitale<br />
per Monfalcone. A partire dall’inclusione<br />
sociale e territoriale delle persone più a<br />
rischio di precarietà e marginalità e a partire<br />
dalla riduzione della pressione sicuritaria<br />
sui più giovani.<br />
Questo il messaggio rivolto alla politica.<br />
Don Andrea Gallo a Monfalcone:<br />
la Procura deve chiedere scusa<br />
a questi ragazzi<br />
ne pubblico come priorità dei programmi<br />
politici... Ecco perché non c’è più sinistra e<br />
destra: è un partito unico.<br />
Quando si demonizza una sostanza è guerra<br />
ai ragazzi. E i sopravvissuti vengono a bussare<br />
alle porte delle nostre comunità. Ecco<br />
perché hanno voluto colpire proprio qui al<br />
Dropin, tra l’altro servizio come da indicazione<br />
europea. Colpire proprio chi vuole intervenire<br />
sui diritti collettivi, politici, sociali<br />
e sulle vecchie e nuove esclusioni sempre<br />
più numerose.<br />
Dobbiamo chiederci: per Monfalcone che<br />
città vogliamo?<br />
Una Polis greca, chiusa, ordine, tutto stabilito,<br />
o una Civitas romana? Una Civitas romana<br />
è per sua natura in crescita. Può essere<br />
in crescita non militarmente ma dal basso.<br />
CITTÁ<br />
Il successivo corteo spontaneo passato<br />
davanti al commissariato di polizia e alla<br />
caserma dei carabinieri ha invitato le forze<br />
dell’ordine alla rifl essione e all’assunzione<br />
di responsabilità per essersi lasciati coinvolgere<br />
in questo modo nell’Anomalia.<br />
Le due istantanee della vicenda.<br />
La prima, il quesito posto da Don Andrea<br />
Gallo che, invitando la Procura a chiedere<br />
scusa ai giovani arrestati, pone per il<br />
futuro di Monfalcone un bivio tra la polis<br />
greca - chiusa nelle sue mura e refrattaria<br />
al mondo esterno – o la civitas romana<br />
– esplicitamente espansiva comprendendo<br />
le diversità che la compongono.<br />
La seconda, il dubbio intrinseco della copertina<br />
di questo secondo numero di <strong>MT</strong>:<br />
chi ha incastrato i miei amici? ❒<br />
http://www.sanbenedetto.org<br />
Puoi scaricare l’intervento completo in mp3 all’url:<br />
http://www.mediafi re.com/?zmt5mujcdyy<br />
Ho visto il ’68, il Papa Giovanni, il Concilio<br />
Vaticano II, la Selva Lacandona, i Sem<br />
Terra in Brasile, le cooperative in Angola, in<br />
Burkina Faso, in India. C’è un rifi orire, una<br />
globalizzazione dei diritti. Monfalcone non<br />
vuole essere come tanti altri un posto dove<br />
può nascere un programma partecipativo di<br />
largo respiro? Non ideologico ma profondo,<br />
credibile. Questa è l’opportunità per dare<br />
veramente a questi ragazzi un futuro, migliorare<br />
le relazioni, gli affetti e i sentimenti.<br />
Bisogna tirarsi su le maniche e sporcarsi<br />
le mani. Scrivetelo sui giornali.<br />
Per conto mio posso portare il messaggio di<br />
Gesù, che è sempre liberatorio. Il Vangelo<br />
vuole dire buona notizia. Il biglietto da visita<br />
che mi ha dato Gesù è: io sono qui per<br />
servire, non per essere servito. ❒<br />
aprile 2009 • M T<br />
• 7
TERRITORIO<br />
Riflessioni sugli arresti<br />
Proviamo a fare alcune riflessioni a qualche<br />
distanza di tempo dagli arresti che hanno<br />
visto condotti in carcere tre attivisti di Officina<br />
Sociale molto noti in città per la loro militanza<br />
politica.<br />
E’ una vicenda di fortissimo impatto che ha coinvolto<br />
l’intero mondo politico locale. Se non altro<br />
perché le accuse riguardano un assai presunto<br />
uso del centro di Via Natisone -affidato in convenzione<br />
dal comune di Monfalcone ad associazioni<br />
tra cui capofila “Nuova Entrata libera” per<br />
la gestione del servizio Bassa soglia, servizio di<br />
assistenza a persone in stato di difficoltà– quale<br />
luogo di spaccio di stupefacenti. Accusa di grande<br />
suggestione nell’opinione pubblica.<br />
Meglio dirlo subito perché sembra che la sola circostanza<br />
degli arresti sia di per sé una di misura<br />
di validità delle indagini, come se la detenzione<br />
in attesa di giudizio sia una sorta di anticipazione<br />
del processo e della pena.<br />
Ma non è e non può essere così in un sistema<br />
giudiziario che prevede precise sedi di verifica<br />
delle scelte degli investigatori e degli inquirenti e<br />
sarà il dibattimento pubblico ad accertare la consistenza<br />
delle accuse.<br />
Le indagini, condotte con gran impiego di personale<br />
e mezzi, cominciano con una perquisizione<br />
al centro di Via Natisone nel maggio 2007, con<br />
sequestro anche di materiale informatico che riguardava<br />
i dati di utenti del servizio di assistenza<br />
fiscale. Proseguirà per 15 mesi fino a settembre<br />
2008 e poi, dopo altri 4 mesi, il Giudice per le<br />
indagini preliminari decide di accogliere peraltro<br />
non tutte le richieste per arrivare a febbraio 2009<br />
agli arresti. Quindi non si è trattato di arresti in<br />
flagranza di reato, ma di misure che avrebbero<br />
dovuto basarsi su una pluralità concorde di elementi<br />
a carico degli arrestati. Ci sono questi elementi?<br />
E chi e come li avrebbe raccolti?<br />
E’ un fatto che il Tribunale per la libertà non ha<br />
confermato le misure e che ha anzi speso parole<br />
dure in alcuni passaggi della sua decisione su taluni<br />
elementi indiziari raccolti.<br />
Insomma un’indagine lunga e, ci si potrebbe immaginare,<br />
approfondita.<br />
Un’indagine in cui grande responsabilità hanno<br />
gli organi di polizia giudiziaria che hanno provveduto<br />
a sentire -in modi da verificare- persone<br />
tra cui minorenni, a intercettazioni telefoniche ed<br />
ambientali, e addirittura a riprese video carpite<br />
segretamente in un caso all’interno del centro durante<br />
una serata pubblica.<br />
La prima grande questione riguarda l’ampiezza<br />
dei poteri di indagine della polizia giudiziaria, i<br />
metodi scelti, i mezzi impiegati. Questione che<br />
tocca tutti, non solo gli arrestati. Il grande rischio<br />
è che si raccolgano indiscriminatamente dichiarazioni<br />
che non sono sottoposte ad un prudente riscontro<br />
e vaglio preliminare. La preoccupazione<br />
per il rispetto del necessario equilibrio tra poteri<br />
dello Stato, tra polizia giudiziaria, Magistratura e<br />
cittadini è grande.<br />
La scelta degli organi e delle persone al loro interno,<br />
cui affidare le indagini, il controllo sulle<br />
modalità di scelta di assumere certi elementi per<br />
lo sviluppo delle indagini, sono temi di rilevanza<br />
democratica generale. Chi dirige queste attività<br />
8 • M T • aprile 2009<br />
all’interno della polizia giudiziaria? Chi può garantire<br />
che nei vari corpi investigativi non ci sia<br />
una sorta di diritto di precedenza legato ad una<br />
presunta esperienza sul campo di alcuni investigatori<br />
rispetto ad altri?<br />
Credo che anche nell’interesse di chi è investigatore<br />
serio ci sia la necessità di mettere dei paletti<br />
in attività di indagine di questo genere. E qual è<br />
la copertura delle spese per questo tipo di operazioni<br />
in particolare per le intercettazioni, attività<br />
a carico del contribuente?<br />
La verità è che si considera LA SICUREZZA<br />
come una priorità in sé, senza domandarsi se<br />
non sia invece prioritario un sistema sociale forte<br />
che contrasta il lavoro nero, l’evasione fiscale, la<br />
frammentazione del lavoro, una rete di assistenza<br />
sociale seria, una rete scolastica moderna. L’isteria<br />
della sicurezza provoca semmai un clima di<br />
insicurezza, paura e sospetto, dalla caccia al clandestino<br />
alla pretesa di affidare ai Sindaci poteri<br />
sempre più ampi e, con l’aiuto dei mezzi di informazione,<br />
si tende a rendere comunque e sempre<br />
verosimile l’operato delle forze dell’ordine. Che<br />
poi non bastano più: chi ricorda più i poliziotti<br />
di quartiere? Ora si parla di vigili armati, poi di<br />
ronde e chissà cos’altro.<br />
In questo caso il sospetto è diventato teorema perché<br />
si addebita ai promotori delle associazioni di<br />
Officina Sociale una responsabilità quasi oggettiva<br />
nell’aver consentito un uso indiscriminato e<br />
non ben precisato di sostanze da parte di terzi. E<br />
si fa discendere tutto da informazioni testimoniali<br />
che non si sa come raccolte e scelte.<br />
Ad alimentare tale ipotesi, una sorta di ramificata<br />
rete di spaccio in città, viene fornita un’immagine<br />
del centro come dedito ad attività misteriose o<br />
non autorizzate quando invece in un anno e mezzo<br />
di indagini mai è stato detto che li si svolgevano<br />
tutta una serie di attività lecite, autorizzate<br />
con le fasce di utenti più difficili. Se questi utenti<br />
sono quelli che vengono sentiti nell’inchiesta per<br />
quale motivo non vengono passati ad un vaglio<br />
preliminare di credibilità, alcuni dei quali giovani<br />
o giovanissimi che apparentemente colti in fragranza<br />
racconterebbero cose tutte da dimostrare.<br />
Che il clima prodotto dall’inchiesta è di pesante<br />
impatto, lo prova il fatto che Il Piccolo abbia<br />
titolato sulla presenza di cocaina nel centro sociale,<br />
circostanza per nulla risultante dalle accuse<br />
specifiche e neppure accennata nell’udienza del<br />
riesame. Articolo che grida vendetta.<br />
Può essersi così prodotto una sorta di pregiudizio<br />
pubblico contro persone coinvolte in attività<br />
di impegno politico. Si sa infatti che il modo<br />
peggiore per distruggere un soggetto politico fastidioso<br />
è quello di contestargli, non un’accusa<br />
politica, ma un’accusa infamante.<br />
Monfalcone in questi anni è un luogo degradato<br />
da mille fattori, livellamento verso il basso delle<br />
figure economiche, precariato molto diffuso, per<br />
non parlare della presenza di locali pubblici che<br />
pullulano di figure deboli per cui c’è un continuo<br />
chiacchiericcio, pettegolezzi, battute, veleni,<br />
ipotesi fantasiose. E in questo contesto è molto<br />
strano che la pietra dello scandalo sia Officina<br />
Sociale piuttosto che una serie di altri comportamenti,<br />
a partire dall’alcolismo.<br />
[di Avv. Giovanni Iacono]<br />
Si idealizza che la persona è per bene se ha un<br />
lavoro regolare, una famiglia tradizionale, e tutti<br />
quelli che non sono dentro questa immagine diventano<br />
soggetti a rischio.<br />
Criterio di giudizio tanto più assurdo se pensiamo<br />
a come gli arrestati sono noti per il carattere<br />
d’avanguardia delle tante lotte sociali fatte in<br />
questi anni, per gli immigrati, contro il narcotraffico,<br />
per la casa.<br />
Lo stesso fatto di gestire un servizio a bassa soglia<br />
che è totalmente lasciato da parte nell’indagine.<br />
Non si parla del fatto che li dentro veniva<br />
svolto un servizio a disposizione di utenti socialmente<br />
in difficoltà. Dando per certa la credibilità<br />
di alcuni di questi utenti che raccontano notizie<br />
totalmente sovradimensionate e fantasiose e togliendo<br />
in partenza la credibilità ai responsabili<br />
del centro perché qualcuno dei presunti informatori<br />
riferisce di misteriosi e non ben identificati<br />
happening di fumo.<br />
Altro elemento di riflessione anche il rischio che<br />
la vita privata delle persone debba essere setacciata<br />
e sistematicamente scrutata. Su quest’aspetto<br />
l’ordinanza del tribunale del riesame dice una<br />
cosa molto importante nel momento in cui ipotizza<br />
che le riprese video eseguite nell’abitazione<br />
degli indagati sono inutilizzabili. Al di la del fatto<br />
che queste riprese non provano nulla perché negli<br />
atti d’accusa si parla quasi esclusivamente di<br />
quantitativi imprecisati o di minima entità.<br />
Se passa l’idea che possano venir usate video<br />
riprese si alimenta un circuito infernale, un uso<br />
distorto delle tecnologie per controlli sociali.<br />
Messaggi telefonici registrati, controllo delle e<br />
mail e cose di questo genere. Non occorre essere<br />
“antisistema” per capire che è un comportamento<br />
pericolosissimo. Un liberale classico direbbe che<br />
lo stato non può sostituirsi all’individuo nella sua<br />
privacy personale e fa molto piacere che sia stato<br />
un giudice a dir questo perchè in passato, anche<br />
a sinistra, erano molti quelli che dicevano che il<br />
comportamento del privato deve essere messo a<br />
disposizione del gruppo per capire l’affidabilità<br />
di una persona. Questa è una visione di prevalenza<br />
dello stato o del gruppo sul privato che invece<br />
l’ordinanza del riesame distrugge in modo assoluto.<br />
Anche sotto questo aspetto una vicenda giudiziaria<br />
che costituisce un punto di non ritorno.<br />
Nulla è più come prima nel modo di fare notizie,<br />
di fare indagini, di limite alla ricerca delle prove,<br />
nella responsabilità di ognuno quando si affermano<br />
cose a carico di altri.<br />
Abbiamo assistito a una reazione di grande sostegno<br />
ai nostri amici arrestati, e ciò significa<br />
che l’immagine sociale autentica di chi è stato<br />
arrestato ingiustamente è molto superiore a quell’immagine<br />
brutale e riduttiva che emerge dall’inchiesta.<br />
Il fatto che il giudice del riesame decida in ventiquattr’ore,<br />
quando le decisioni del giudice di<br />
Gorizia hanno richiesto molti mesi, con un’ordinanza<br />
molto chiara la dice lunga sul fatto che<br />
viviamo letteralmente sotto una spada di Damocle<br />
permanente. Che siamo di fronte ad uno<br />
strapotere degli apparati investigativi da evocare<br />
immagini dei c.d. servizi deviati della storia della<br />
repubblica. ❒
Dell’utopia<br />
Dove vogliamo vivere, in futuro?<br />
In un buon posto o in nessun posto?<br />
Per quanto mi riguarda, la Città ComuneMonfalcone-Ronchi-Staranzano<br />
è ormai un classico del pensiero<br />
utopico: un po’ come la Città del<br />
Sole di Tommaso Campanella o la Nuova<br />
Atlantide di Francesco Bacone.<br />
La Città mandamento, invece, trovo che<br />
assomigli molto all’araba fenice del Metastasio:<br />
“che vi sia, ciascun lo dice; dove<br />
sia, nessun lo sa”.<br />
Detto ciò, provate un po’ a buttare l’occhio<br />
su una carta geografi ca della Bisiacaria.<br />
Ci leggerete (non ci vuole poi molto) un<br />
pezzo di mondo, stretto tra il basso corso<br />
dell’Isonzo e le alture carsiche da una parte<br />
e l’Adriatico dall’altra, che da qualche<br />
tempo ha cominciato a stare stretto (molto<br />
stretto) pure a chi vi risiede. I bisiachi,<br />
infatti, abitano un patchwork invero stravagante:<br />
vero e proprio guazzabuglio di<br />
strade, porzioni urbane che si spingono<br />
in territori coltivati (e viceversa), insediamenti<br />
artigianali e industriali più o meno<br />
estesi.<br />
A corollario di tutto ciò, un consumo del<br />
suolo ormai a livelli di guardia e un’edifi -<br />
cazione disordinatamente estensiva.<br />
Per soprammercato la Bisiacaria - che<br />
ospita, ricordiamolo, uno dei siti produttivi<br />
più importanti della nostra regione<br />
(il più importante, dai...), l’aeroporto del<br />
Fvg, un porto, la centrale termoelettrica<br />
E.On (ex Endesa) – sopporta (ma forse<br />
non sopporta proprio...) quotidianamente<br />
la mobilità internazionale diretta a Est e<br />
da Est proveniente.<br />
Proviamo a condire tutto ciò con dei processi<br />
impetuosi di trasformazione sociale,<br />
una pressione antropica ai limiti della<br />
sostenibilità, capacità insediative molto<br />
poco equilibrate tra le diverse aree urbane,<br />
e otterremo un rompicapo per la cui risoluzione<br />
sarebbe davvero benedetta una<br />
progettazione territoriale di area vasta (un<br />
tempo si sarebbe detta ‘comprensoriale’)<br />
che aiuti a governare una realtà policentrica<br />
e complessa come poche altre in<br />
questa regione.<br />
La revisione, nell’epoca Illy, della legislazione<br />
urbanistica regionale (e sto parlando,<br />
naturalmente, della Legge 5 del 2007,<br />
con tutti i suoi limiti), avrebbe forse potuto<br />
aiutare la classe dirigente della Bisiacaria<br />
(pressoché tutta di centrosinistra, tra<br />
l’altro) a ragionare in termini territoriali<br />
intervista a Marino Visintin di pag. 28 continuerà<br />
L’ nel prossimo numero. Dovremo incontrarlo di nuovo<br />
anche perché è di oggi, 17 marzo (ndr), la notizia che<br />
il Giudice per le indagine preliminari ha stralciato la sua<br />
posizione dal processo di Gorizia perché ha ritenuto che<br />
nessuna responsabilità gli possa essere attribuita in relazione<br />
al castello accusatorio. Sin da subito la sua posizione era<br />
chiara tant’è che il suo coinvolgimento nelle indagini non è<br />
contestuale a quello degli attuali imputati ma coincide perfettamente<br />
con la sua partecipazione in qualità di testimone<br />
al processo di Trieste nel quale si sostiene una tesi accusatoria<br />
diversa da quella di Gorizia. Ma vallo a spiegare ai tre<br />
consiglieri della sinistra, che più sinistra non si può, che,<br />
nel chiedere la sue dimissioni da consigliere provinciale,<br />
hanno intrapreso una gara demenziale per stabilire chi, tra<br />
loro tre, fosse “il più a sinistra di tutti” e vallo a spiegare<br />
anche a tutti i partiti di governo in Provincia che, con una<br />
sola isolata eccezione, hanno condiviso e attuato il “ licenziamento<br />
di Visntin. Una gran bella fi gura per Gherghetta e<br />
company. ❒<br />
CITTÀ<br />
mandamentali.<br />
Insomma, grazie a fattori esogeni, qualcosina<br />
ci si poteva anche inventare, volendo,<br />
nella sinistra Isonzo, per arrivare<br />
ad una programmazione urbanistica di<br />
dimensione sovracomunale.<br />
Ma la Regione governata da Renzo Tondo<br />
- con la legge 12 che blocca tutto e riporta<br />
indietro le lancette dell’orologio alla legge<br />
52 del 1991 - sta fornendo più di un alibi,<br />
in questo momento, all’immobilismo di<br />
chi pensa essere cosa buona e giusta che<br />
in Bisiacaria ogni amministrazione pensi<br />
per sé e dio (ove lo ritenesse opportuno)<br />
per tutti gli altri.<br />
E quindi, ça va sans dire, ad ogni comune<br />
la sua zona artigianale, ad ogni<br />
comune le sue espansioncine residenziali,<br />
ad ogni comune i suoi semafori.<br />
Nel frattempo, chissenefrega del litorale,<br />
chissenefrega del Carso, chissenefrega<br />
dell’Isonzo.<br />
Chi scrive pensa che non da tutte le stalle<br />
del nostro territorio siano scappati i buoi:<br />
qualcosa di buono si può ancora fare, insomma,<br />
per far vivere meglio chi in Bisiacaria<br />
abita e lavora.<br />
Il futuro è nelle nostre mani. Nelle nostre<br />
mani di cittadini elettori, intendo.<br />
Secondo Lewis Mumford, la parola utopia<br />
“può derivare dalla parola greca eutopia,<br />
che signifi ca il buon posto, o dall’altra<br />
parola greca outopia che signifi ca<br />
nessun posto”.<br />
Dove vogliamo vivere, in futuro? In un<br />
buon posto o in nessun posto? ❒<br />
Coprifuoco<br />
Sempre più duro avere vent’ anni in provincia<br />
di Gorizia. Le dissennate campagne<br />
di pochi benpensanti contro qualsiasi cosa si<br />
muova dopo le 11 di sera stanno riducendo<br />
sempre più gli spazi di incontro e di divertimento.<br />
A Gorizia, città che si dice universitaria, grande<br />
operazione del centro destra che sgoverna la<br />
città con l’obbligo ai locali pubblici di interrompere<br />
ogni attività musicale dopo le 23. Sembrava<br />
che fosse una richiesta a furor di popolo: alla<br />
fi ne, quando le carte sono state svelate, tutto<br />
questo chiudi chiudi era stato generato dalle<br />
proteste di sei persone. Non 6000, 600, 60, solo<br />
sei.<br />
Stesso clima si sta diffondendo ovunque. Con<br />
gran gioia dei locali sloveni che continuano a<br />
crescere di numero e di avventori.<br />
Avanti cosi per una società a misura del passato,<br />
ma quello remoto. ❒<br />
aprile 2009 • M T<br />
• 9
CITTÀ COMUNE<br />
Tutti per cosa?<br />
[di Stefano Piredda]<br />
Quando la comunione d’intenti si fa progetto politico<br />
Il 31 dicembre 2008 il sindaco della città<br />
di Monfalcone, Gianfranco Pizzolitto,<br />
dichiarò a Il Piccolo che nel 2009 avrebbe<br />
posto con forza (cito) “la questione<br />
della creazione della «Città comune» attraverso<br />
la fusione di Monfalcone, Ronchi,<br />
e Staranzano ai partiti, agli imprenditori,<br />
ai rappresentanti del commercio,<br />
ai sindacati”.<br />
E al resto del Mandamento cosa sarebbe<br />
toccato? Secondo Pizzolitto, gli altri centri<br />
avrebbero potuto “aggregarsi attraverso<br />
un’unione dei Comuni in modo da<br />
rapportarsi in modo più equilibrato con<br />
la «Città comune»”. Il sindaco di Monfalcone<br />
rilevò l’urgenza della questione: “Il<br />
percorso sul federalismo va avanti – disse<br />
– e non può trovarci impreparati”.<br />
A Pizzolitto rispose, a stretto giro di posta,<br />
il sindaco di Staranzano, Lorenzo<br />
Presot: “Quello della fusione è un tema<br />
su cui ho una posizione abbastanza laica,<br />
ma non mi sento di poter dire che si<br />
tratta di un obiettivo che si porta a casa<br />
domani”. E fin qui...<br />
Poi, partì l’affondo: “Forse il modo più opportuno<br />
di affrontare la questione non è<br />
quello di spararla come fosse un botto di<br />
fine anno”. Secondo Presot, si dovrebbe<br />
riflettere attentamente sul ruolo di Monfalcone<br />
in rapporto a Città Mandamento<br />
perché proprio “la struttura del Comune<br />
10 • M T•<br />
aprile 2009<br />
di Monfalcone ha spesso frapposto ostacoli<br />
alla messa in rete dei servizi. Anche<br />
rispetto ai problemi del litorale stiamo<br />
cercando da tempo di avviare qualcosa,<br />
ma finora abbiamo portato a casa solo<br />
chiacchiere”.<br />
E se il sindaco Presot vi è parso duretto,<br />
leggete un po’ come reagì al tempo (8<br />
gennaio 2009) il primo cittadino di Fogliano,<br />
Mauro Piani (che, tra le altre cose,<br />
è pure coordinatore del coordinamento<br />
tra comuni denominato Città Mandamento):<br />
“La decisione del sindaco di<br />
Monfalcone di aprire un’analisi e un confronto<br />
sulla creazione di un’unica municipalità<br />
con Ronchi e Staranzano è una<br />
questione tutta cittadina”. Ovvero: siccome<br />
la maggioranza che sostiene Pizzolitto<br />
nel consiglio comunale di Monfalcone<br />
si trova ultimamente un po’ in<br />
affanno, il sindaco della città dei Cantieri<br />
è costretto a inventarsi qualcosa per non<br />
ballare troppo... “La questione – dichiarò<br />
infatti Mauro Piani – si basa sulla necessità<br />
di dare un governo stabile a una<br />
città importante, complessa e, ne sono<br />
consapevole, punto di riferimento della<br />
politica locale. L’abilità di chi ne è ora al<br />
comando fa sì che si possa immaginare<br />
di sostituire una parte del consenso perduto<br />
con nuove forze espressione di un<br />
pensiero vecchio”. Traduzione dal politichese<br />
stretto<br />
parlato da Piani:<br />
sei abile, Pizzolitto,<br />
certo. E<br />
sai manovrare,<br />
come no. Ma<br />
non ci chiedere<br />
di prenderti sul<br />
serio: il tuo botto<br />
di fine anno è<br />
solo uno specchietto<br />
per le<br />
allodole, diciamocelo.<br />
Roba<br />
buona per garantirti<br />
il sostegno<br />
di qualche<br />
consigliere comunalemonfalconese<br />
(il<br />
fasoliano Maurizio<br />
Volpato?),<br />
più o meno interessato al tema della<br />
«Città comune» (roba vecchia come il<br />
cucco, tra l’altro), e morta là.<br />
Piani, il coordinatore del coordinamento,<br />
dichiarò inoltre (Il Piccolo, 10 gennaio<br />
2009) che “finora è proprio mancata la<br />
spinta delle comunità al progetto” (agli<br />
abitanti del Mandamento non importerebbe<br />
nulla di nulla delle unioni tra i comuni,<br />
insomma) ma meriterebbe invece<br />
“attenzione e discussione propositiva” il<br />
tema del collegamento tra i bisogni dei<br />
cittadini e gli strumenti con cui gestire<br />
e fornire servizi alle comunità. Di spazi<br />
di miglioramento ce ne sarebbero eccome,<br />
ma c’è bisogno di equilibrio e “del<br />
riconoscimento di realtà diverse e differenziate,<br />
dove tutto può essere comune<br />
e non può essere omologato”. Piani<br />
concluse dicendo che “occorre costruire<br />
quindi lo strumento comune in grado di<br />
dare risposte differenziate. Gettiamo le<br />
basi, partendo anche da una forte provocazione<br />
quale può essere un sindaco<br />
e un consiglio comunale di una città da<br />
quasi 70mila abitanti per costruire a favore<br />
della comunità senza preconcetti o<br />
presunzioni di essere i primi della classe.<br />
Occorre dare servizi in grado di fornire<br />
risposte differenziate in funzione dei bisogni<br />
espressi”.<br />
Concludendo: il sindaco di Monfalcone<br />
se ne esce il 31 dicembre 2008 auspicando<br />
la fusione del suo comune con<br />
Ronchi e Staranzano; il sindaco (del PD,<br />
proprio come Pizzolitto) di Staranzano<br />
gli risponde subito che: a) non è il caso<br />
di farle, ‘ste sparate, caro Gianfranco e b)<br />
se finora non si è fatto nulla, la colpa è<br />
solo di Monfalcone, per cui ciapa e porta<br />
a casa; quindi Mauro Piani (pure lui<br />
del PD), il coordinatore coordinante il<br />
coordinamento tra comuni denominato<br />
Città mandamento, interviene dicendo<br />
che: a) Pizzolitto, le sue rogne, se le gratti<br />
a Monfalcone, b) il tema ‘unione dei comuni’<br />
meriterebbe opportuni approfondimenti,<br />
c) Monfalcone è troppo grande<br />
e quando si muove può far male e d) a<br />
Monfalcone ci son troppi primi della<br />
classe, altro che a Fogliano.<br />
Com’era, com’era, quella dei tre moschettieri?<br />
Uno per tutti e... Tutti per cosa? ❒
CITTÀ COMUNE<br />
Unioni di comuni? Chiacchere che hanno<br />
per argomento il nulla<br />
[di Tiziano Pizzamiglio]<br />
Che voto assegnare alla produttività di chi non ha saputo realizzare nulla in grado di contenere la spesa e di<br />
rendere servizi migliori ai cittadini? Gli unici che si possono dichiarare soddisfatti sono i partiti e il loro esercito<br />
di consiglieri, assessori e sindaci.<br />
Mai come ora la crisi dei piccoli Comuni<br />
è stata così evidente, le risorse<br />
finanziarie non sono più sufficienti<br />
perché i trasferimenti statali e regionali sono<br />
stati ridotti e il ricorso ai flussi finanziari<br />
europei, troppo spesso, è precluso ai piccoli<br />
comuni che non sono capaci di dialogare<br />
con la Comunità europea, questo è un punto<br />
di debolezza che suscita rabbia perché costituire<br />
un centro di progettazione intercomunale<br />
per l’accesso ai finanziamenti europei<br />
era davvero un obiettivo minimo realizzabile<br />
in sei mesi, figurarsi in vent’anni. Rimpiangere<br />
l’imposta comunale sulla casa, non<br />
solo non serve a nulla, ma è anche indice<br />
di totale confusione mentale e politica dal<br />
momento che raramente nella modernità un<br />
regime aveva fatto ricorso a una gabella più<br />
illiberale.<br />
In nessun altro paese d’Europa il potere<br />
locale più vicino ai cittadini è frammentato<br />
quanto in Italia. I Comuni italiani sono<br />
ben 8.103, un numero enorme che appare<br />
ancor più rilevante se consideriamo che<br />
almeno settemila comuni non superano la<br />
soglia dei diecimila abitanti. E non è tutto<br />
qua. Infatti questi settemila comuni si<br />
estendono sul 75% del territorio nazionale<br />
ma vi risiede più o meno un terzo della<br />
popolazione. (sic!)<br />
Il ruolo nel mondo di una municipalità,<br />
anche se alcuni sindaci lo hanno dimenticato<br />
o, molto più probabilmente, non lo<br />
hanno mai saputo, è fornire risorse, competenze<br />
e processi sufficienti a rappresentare<br />
la comunità e il territorio curandone<br />
gli interessi, la qualità della vita e lo sviluppo<br />
economico. Inoltre, molti autorevoli<br />
studi confermano che la dimensione<br />
demografica ottimale di un comune si<br />
colloca in una fascia che va dai ventimila<br />
ai quarantamila abitanti. Non c’è altro<br />
da considerare salvo - ovviamente - le<br />
demenziali convinzioni dei sostenitori<br />
di pretese specificità culturali, etniche,<br />
dialettali e geografiche; con costoro non<br />
serve condividere nessun processo di partecipazione,<br />
sarebbe tempo perso.<br />
Cooperazione e collegialità non sono pratiche<br />
fini a se stesse che si esauriscono in<br />
uno sterile esercizio di autoreferenzialità.<br />
La cooperazione dovrebbe essere intesa<br />
come una sorta di laboratorio permanente<br />
in grado di produrre perlomeno una riduzione<br />
dei costi di gestione dei servizi per<br />
mezzo di una tensione continua al miglioramento<br />
che, a fortiori, passa per accorpamenti<br />
di risorse strumentali e finanziarie<br />
e la confluenza delle risorse umane.<br />
Chiunque conoscesse almeno un po’ il<br />
sistema di Norme che disciplina queste<br />
materie, dovrebbe sapere che tutto non<br />
deve passare necessariamente per l’unione<br />
di comuni, comunque auspicabile, infatti<br />
un pubblico amministratore adeguato<br />
al ruolo sarebbe in grado di raggiungere<br />
obiettivi interessanti senza alterare o distruggere<br />
l’attuale ordinamento amministrativo.<br />
Questo dato dovrebbe tranquillizzare<br />
i partiti che avversano le unioni<br />
dei comuni perché temono di assistere<br />
alla riduzione del loro inutile esercito di<br />
consiglieri, assessori e sindaci. Insomma,<br />
qui non si vuole certo perseguire lo sgretolamento<br />
sociale, i piccoli comuni assicurano<br />
una preziosa funzione di presidio<br />
territoriale su ben tre quarti del territorio<br />
nazionale che, diversamente, potrebbero<br />
incorrere in pericolose dinamiche di spopolamento<br />
abitativo e desertificazione sociale.<br />
Ma questa – semmai - sarebbe una<br />
ragione in più per non perdere altro tempo<br />
in dibattiti che per argomento hanno<br />
il nulla perché è impellente e necessario<br />
riconcepire le logiche interorganizzative<br />
delle economie di scala che solo gestioni<br />
collegiali accorte possono garantire. Poi<br />
è chiaro che l’Amministrazione regionale<br />
e il Governo nazionale devono assicurare<br />
ai comuni condizioni operative efficaci.<br />
In altre parole bisognerebbe attuare, una<br />
volta tanto, il principio di sussidiarietà di<br />
cui si va blaterando a vanvera senza peraltro<br />
conoscerne il significato.<br />
Per quanto il termine suoni un pò cacofonico<br />
e risulti astruso, il concetto, in realtà,<br />
è semplice e di immediata comprensione.<br />
Infatti il principio di sussidiarietà consiste<br />
nell’affermare un dato di fatto più che<br />
evidente: le decisioni politiche e amministrative<br />
e la gestione dei servizi sono di<br />
competenza dei comuni perché in quanto<br />
rappresentanti del potere più vicino al cittadino.<br />
Cosa succede quando il comune<br />
non riesce ad assolvere a questo suo compito?<br />
In questo caso le competenze passano<br />
al livello superiore: non più il comune,<br />
ma la provincia, poi la regione...<br />
In tutto ciò c’è qualcosa che non quadra<br />
perché l’ordinamento costituzionale<br />
prevede l’orientamento opposto: sono<br />
gli Enti locali che devono rendersi complementari<br />
allo Stato quando questo per<br />
distanza o complessità deve ricorrere al<br />
decentramento. Non è semplice, si tratta<br />
di due processi contrari che non possono<br />
scorrere su semirette parallele in senso<br />
opposto, perlomeno non sempre.<br />
Tuttavia, l’evidenza dimostra che il ruolo<br />
più importante compete all’Ente locale secondo<br />
una logica molto ampia di decentramento<br />
amministrativo, solo le competenze<br />
residuali dovrebbero essere trasferite, che<br />
poi è come dire che tutte le funzioni che<br />
le piccole comunità non riusciranno più<br />
a gestire adeguatamente dovranno essere<br />
trasferite al livello successivo.<br />
Quel che serve fare è studiare le forme di<br />
aggregazioni migliori, ricorrendo, di volta<br />
in volta ai più efficaci strumenti associativi<br />
offerti dalle Leggi che già ci sono perché,<br />
chi ha iniziato a farlo, già sta raccogliendo<br />
i frutti del suo lavoro in termini di importanti<br />
economie nella gestione dei servizi.<br />
Non sarà tanto semplice. Come sempre localismi<br />
esasperati, pretese specificità e retaggi<br />
culturali, sociali ed ideologici vari si<br />
metteranno di traverso per impedire qualsiasi<br />
accorpamento di enti o di servizi.<br />
La classe politica dovrebbe compiere un<br />
salto culturale e mettere da parte le logiche<br />
di partito per costruire un sistema in<br />
grado di garantire alle comunità una qualità<br />
della vita adeguata al gettito fiscale che<br />
quella stessa comunità assicura e per una<br />
volta vi risparmio la solita solfa su come<br />
fanno in Francia e Germania ad applicare<br />
il principio di sussidiarietà tanto è scontato<br />
che ci riescono perché, tanto è più forte<br />
il senso dello stato, maggiore è la capacità<br />
di rappresentare gli interessi dei cittadini,<br />
viceversa, più è marcato il senso di appartenenza<br />
al partito, più gli amministratori<br />
esauriscono la loro azione istituzionale<br />
nel mantenimento del consenso per la<br />
propria fazione. ❒<br />
aprile 2009 • M T<br />
• 11
CANTIERE E DINTORNI<br />
Vivere di cantiere ...<br />
Bello questo slogan che ha accompagnato<br />
i “sontuosi” festeggiamenti<br />
del centenario dei cantieri navali<br />
di Monfalcone. C’è spazio per le più svariate<br />
interpretazioni, si può vivere bene di<br />
cantiere, si può vivere male di cantiere, si<br />
vive e basta... conosciamo bene la nostra<br />
realtà, viene accettata così ed è probabilmente<br />
questo il nostro errore fondamentale,<br />
pensare che questo è l’unico modo<br />
di vivere di e con un cantiere.<br />
Papenburg in Bassa Sassonia (Germania)<br />
è la dimostrazione che le cose possono<br />
andare anche diversamente.<br />
La Città<br />
Papenburg si trova nel nordovest della Germania<br />
sul fi ume Ems, a 40km dal mare nord e a 15km<br />
dal confi ne con l’Olanda. Il comune di Papenburg<br />
fu costituito nel 1629 in una zona di palude che<br />
in seguito viene bonifi cata. L’odierna città nasce<br />
dall’unione con altri 5 comuni nell’ambito della<br />
riforma territoriale del 1973. La cantieristica navale<br />
ha una lunga tradizione e risale ai primi anni<br />
del 1700 quando il commercio della torba rendeva<br />
necessario la costruzione delle prime barche.<br />
Nel 1850 i cantieri erano 27. La maggior parte<br />
di queste aziende a conduzione familiare non era<br />
in grado di adattare i processi di produzione all’arrivo<br />
delle nuove tecnologie e nel 1909 solo 3<br />
cantieri erano rimasti attivi.<br />
Oggi la città, oltre ad ospitare uno dei cantieri<br />
più importanti della Germania ed un porto dove<br />
nel 2008 sono transitati 1,12 mio t di merci, può<br />
contare anche su altri insediamenti industriali<br />
come il terziario per l’industria automobilistica,<br />
la produzione tessile e la produzione di articoli<br />
per il giardinaggio nonché sul turismo. Nonostante<br />
le sue 8 aree industriali la città si presenta<br />
come un villaggio tranquillo caratterizzato da canali,<br />
parchi, grandi prati e costruzioni basse. Le<br />
12 • M T•<br />
aprile 2009<br />
barche e navi di legno del museo all’aperto che<br />
sono ormeggiate nei canali della città danno testimonianza<br />
visibile della tradizione cantieristica<br />
di Papenburg.<br />
Il Cantiere<br />
Fondato nel 1795 come cantiere per imbarcazioni<br />
di legno, il Meyer Werft, che oggi è per<br />
la sesta generazione di proprietà della famiglia<br />
Meyer, si è specializzato, a partire da metà degli<br />
anni 80, nella costruzione di grandi navi da<br />
crociera. Nel 1975 Meyer Werft si è trasferito<br />
nella sua nuova sede e qui è entrato in funzione<br />
nel 1987 il suo primo cantiere coperto. Il cantiere,<br />
che costruisce anche navi passeggeri vanta<br />
clienti come P&O, Celebrity Cruise, Royal<br />
Caribbean Cruise e sta costruendo attualmente<br />
per Costa Crociere una serie di navi destinate al<br />
mercato tedesco. Per il 2010 è prevista la consegna<br />
della prima di due navi da crociera per<br />
la Disney Cruise Line. Oggi i cantieri coperti<br />
sono due e Meyer Werft è una delle aziende di<br />
costruzione navale più moderne al mondo. I dipendenti<br />
diretti del cantiere sono 2800 e il 75%<br />
del volume di lavoro è esternalizzato.<br />
Il cantiere e la città. Il gioco di squadra che fa<br />
nascere una destinazione turistica.<br />
Papenburg è cresciuta con il cantiere che garantisce<br />
stabilità economica e sociale, ma anche il<br />
cantiere deve molto alla città che si è resa disponibile<br />
ad accompagnarlo nella sfi da del mercato<br />
globale. Con i suoi 2800 dipendenti Meyer Werft<br />
domina la vita economica della città, nelle aziende<br />
fornitrici e appaltatrici lavorano oltre 5000<br />
persone, i posti di lavoro nell’indotto a livello<br />
regionale sono ca. 10.000, il cantiere è il datore<br />
di lavoro più importante della città e tra i più importanti<br />
della regione.<br />
Suona tutto molto familiare, conosciamo bene la<br />
situazione, la stiamo vivendo anche noi: la grande<br />
azienda garantisce la sopravivenza di migliaia<br />
di famiglie e la città sopporta con gratitudine.<br />
Tutto qui?<br />
Invece no! A Papenburg non ci si è limitati ad<br />
[di Bettina Binsau]<br />
una visione così ristretta del rapporto tra città e<br />
cantiere e la collaborazione ha portato profi tti per<br />
entrambi.<br />
Non e chiaro come è nata l’idea di legare il cantiere<br />
all’offerta turistica locale, fatto sta che la<br />
città, il cantiere e l’ente del turismo regionale<br />
hanno sviluppato assieme la strategia per la promozione<br />
turistica di Papenburg. E i risultati sono<br />
notevoli.<br />
La vecchia sede del cantiere fu donata alla città<br />
che ha ristrutturato gli edifici con l’aiuto di<br />
fondi europei. Oggi questo bellissimo esempio<br />
di architettura industriale ospita un museo<br />
multimediale, un teatro con sala polifunzionale<br />
e un albergo; il vecchio bacino fu trasformato<br />
in marina. Meyer Werft da parte sua ha<br />
costruito in collaborazione con l’ente del turismo<br />
un modernissimo centro visite adiacente<br />
ad uno dei cantieri coperti. Nel centro sono<br />
esposti modelli di navi, interni di cabina, foto,<br />
documenti e un video racconta la storia del<br />
cantiere. C’è anche la possibilità di acquistare<br />
libri, capellini, T-shirt ed altri souvenir targati<br />
Meyer. Ma l’attrazione più grande sono le sue<br />
enormi vetrate a vista nel cantiere attraverso<br />
quali si possono vedere le navi in costruzione.<br />
L’ingresso costa 8 euro per adulti e 5 Euro per<br />
bambini e l’agenzia turistica locale che gestisce<br />
il centro ha creato anche pacchetti turistici<br />
che abbinano la visita del cantiere ad altre<br />
offerte della città. Ogni anno più di 200.000<br />
persone fanno visita al cantiere, la richiesta è<br />
talmente grande che le prenotazioni devono<br />
essere fatte con mesi di anticipo e nel 2008<br />
l’ente ha dovuto negare l’accesso a 15.000<br />
persone perché le capacità di accoglienza erano<br />
esaurite! Ultimamente questo modello di<br />
successo è stato applicato anche ad altre realtà<br />
produttive di Papenburg come per esempio il<br />
centro di giardinaggio, dove è possibile di visitare<br />
le coltivazioni di piante e fiori.<br />
E quando la nave lascia il cantiere c’è festa<br />
– per tutti!<br />
Costruire navi a 40 km di distanza dal mare comporta<br />
delle diffi coltà logistiche non indifferenti.<br />
Nonostante i vari dragaggi effettuati negli ultimi<br />
anni, i fondali bassi del fi ume Ems non consentono<br />
il transito di una nave da crociera e ogni volta<br />
che una nave lascia il cantiere, il fi ume deve<br />
essere portato con l’aiuto di una chiusa alla profondità<br />
necessaria. Poi la nave viene trainata con<br />
la prua in avanti fi no al mare aperto, dove inizia<br />
il suo viaggio verso la consegna all’armatore. Ci<br />
si può immaginare che il transito di una nave da<br />
crociera che sembra galleggiare in mezzo ai campi<br />
non resta inosservato. E così anche il varo e<br />
il transito delle navi sono diventati prodotti turistici.<br />
Parte del grande parcheggio adiacente alla<br />
banchina si trasforma per alcuni giorni in zona<br />
di festa con chioschi e palco. Per la sera prima<br />
del transito viene organizzato un concerto, c’è un<br />
dj, si mangia, si beve, si balla. Le date dei vari e<br />
transiti sono pubblicate sui siti di Meyer Werft e<br />
dell’uffi cio turistico locale con mesi di anticipo e<br />
ogni volta arrivano migliaia di persone per vedere<br />
la nave “che parte”. Molti arrivano con il Camper<br />
e occupano i posti sulle rive dell’Ems e nel parcheggio<br />
attrezzato del cantiere. Gli appuntamenti
per il transito delle navi sono diventati i raduni di<br />
camper più grandi della Germania. Negli ultimi<br />
anni sono stati organizzati anche alcuni festival di<br />
musica Pop e Rock. Tre giorni pieni di concerti,<br />
che hanno visto star internazionali come Joe Cocker<br />
cantare davanti alla grande nave in banchina.<br />
Non si può negare che Meyer Werft è diventato<br />
l’attrazione turistica più importante della città,<br />
che però da parte sua è riuscita, attraverso una<br />
strategia di promozione congiunta, a valorizzare<br />
anche le altre offerte presenti sul territorio. Nel<br />
2008 i 20 alberghi di Papenburg hanno registrato<br />
oltre 300.000 pernottamenti. I visitatori arrivano<br />
durante tutto l’anno e il turismo è un fattore<br />
economico molto importante per la città e il<br />
suo mandamento; attualmente ca. 1000 posti di<br />
lavoro sono legati direttamente o indirettamente<br />
al turismo.<br />
E a Monfalcone...?<br />
A Monfalcone le cose sono decisamente diverse.<br />
Sembra che i rapporti tra amministrazione locale<br />
è cantiere si sono praticamente interrotti e il<br />
cantiere da parta sua non dimostra alcun interesse<br />
verso la città e il suo territorio. Non c’è una<br />
visione comune, non c’è nessuna collaborazione<br />
per sviluppare strategie per il futuro della città,<br />
non c’ è l’interesse comune di generare economia<br />
sfruttando la presenza del cantiere in modo<br />
propositivo per la città. Sentiamo spesso parlare<br />
della vocazione turistica di Monfalcone abbiamo<br />
anche noi un uffi cio per l’informazione turistica<br />
nel centro della città e poi c’è la spiaggia di Marina<br />
Julia.... Questo però non basta per poter dire<br />
che la città sia attrezzata per accogliere eventuali<br />
visitatori, la scarsa preparazione si vede già all’ingresso<br />
della città dove un bel cartello dà il<br />
Benvenuto oltre che in lingua italiana anche in<br />
una lingua inventata che assomiglia lontanamente<br />
al tedesco.<br />
Ne è un altro esempio il centenario del cantiere.<br />
Non si è mai visto un anniversario così importante<br />
passare così sottovoce. Senza voler togliere<br />
niente agli organizzatori delle varie mostre e iniziative<br />
si può costatare che il grande evento non<br />
c’è stato. L’anniversario poteva essere il fi lo conduttore<br />
per portare tutto l’anno visitatori in città.<br />
Un’occasione per far conoscere Monfalcone a<br />
livello europeo.<br />
Si poteva aspettare che la città fosse addobbata<br />
a festa, che si inaugurasse un monumento, che<br />
i commercianti sviluppavano strategie comuni<br />
con vetrine decorati a tema, che fossero in vendita<br />
anche gadget banali come T-shirt e cappellini,<br />
che fosse organizzata una festa come quella<br />
del vino e tant’altro. Bastava forse collegare le<br />
solite iniziative estive al centenario arricchendo<br />
il programma con eventi speciali, insomma,<br />
volendo, il territorio poteva offrire molto di più.<br />
Invece ci siamo trovati con un modello di elica<br />
che troneggiava sulla scalinata della piazza<br />
come una cattedrale nel deserto e una mostra<br />
in cantiere che era inaccessibile ai bambini. Se<br />
a Roma viene stampato un francobollo per la<br />
“Festa della pasta all’amatriciana” a Monfalcone<br />
non si fa uno neanche per i 100 anni del<br />
cantiere! Sparita l’elica, niente ricorda l’anniversario<br />
e forse e meglio così, ci fa dimenticare<br />
più in fretta che la città ha perso la sua grande<br />
occasione.<br />
Basta uno sguardo dall’alto per rendersi conto che<br />
Monfalcone è svantaggiata per la sua posizione<br />
geografi ca, la nostra città, incastrata tra mare e<br />
carso si stringe intorno al cantiere che è costretto a<br />
mantenere la sua dimensione attuale. A Papenburg<br />
l’assenza totale di montagne e colline ha facilitato<br />
lo sviluppo territoriale della città; il cantiere ha<br />
trovato lo spazio necessario per poter espandersi<br />
alle sue dimensioni attuali. Tuttavia resta il sospetto<br />
che anche a Monfalcone una programmazione<br />
territoriale più attenta avrebbe potuto alleggerire<br />
la situazione.<br />
Oltre nel turismo locale Meyer Werft è coinvolto<br />
anche nell’ organizzazione di altre iniziative<br />
come per esempio il concorso per la costruzione<br />
di modellini di barche telecomandate ad energia<br />
solare. Per il concorso, che è rivolto alle scuole<br />
della regione, Meyer Werft mette a disposizione<br />
tecnici che aiutano i ragazzi a progettare e costruire<br />
i modellini. Tutto, incluso il materiale per<br />
la costruzione, viene fi nanziato dal cantiere in<br />
collaborazione con uno dei armatori (nel 2008<br />
Celebrity Cruise). Il concorso si conclude con<br />
una regata di modellini nel bacino del cantiere<br />
e la premiazione della squadra vincente. A Monfalcone<br />
non ci si ricorda di interventi signifi cativi<br />
degli armatori (e come abbiamo visto sono gli<br />
stessi) a favore della città. Ma se non vengono<br />
coinvolti in un piano di promozione che a ben<br />
vedere è utile anche a loro , certo non si può pretendere<br />
che di loro spontanea volontà decidano<br />
elargizioni.<br />
Gli extracomunitari come risorsa e non come<br />
problema.<br />
Come in tutte le città industriali d’Europa anche<br />
a Papenburg si sono insediati negli ultimi anni<br />
migliaia di stranieri provenienti da paesi extraeuropei.<br />
Nonostante la città fosse conosciuta come<br />
roccaforte del conservatismo politico e culturale,<br />
l’amministrazione locale è da decenni di maggioranza<br />
democristiana e oltre 60% dei residenti è<br />
di religione cattolica (media nazionale 31%), Papenburg<br />
si è dimostrata accogliente e aperta favorendo<br />
l’integrazione dei nuovi cittadini. Questo<br />
signifi ca anche che gli stranieri non devono<br />
abbandonare le loro tradizioni o la loro religione,<br />
testimonianza sono gli oltre 1000 musulmani che<br />
Papenburg Monfalcone<br />
Territorio comunale (1) 118 kmq 20,5 kmq<br />
Abitanti (1) 35.440 (01/01/2009) 28.035 (30/12/2008)<br />
Stranieri 11% (media nazionale 8,8%) (2) 13,2% (3) (media nazionale 5,8%) (4)<br />
Tasso di disoccupazione 4,8% (media nazionale7,2) (5) non disp. (media nazionale 6,7%) (12)<br />
Cantiere Meyer Werft Fincantieri<br />
Impiegati diretti 2.800 (6) 1.800 (7)<br />
Redito annuo medio* € 34.000 (lordo) (8) € 24.600 (lordo) (8)<br />
Impiegati aziende esterne ca.5.000 (9) non reperibile<br />
Lavoro esternalizzato 75% (10) 80% (11)<br />
I dati riportati nell’articolo provengono da:<br />
(1) siti internet dei comuni di Papenburg e Monfalcone; (2) sito internet comune di Papenburg<br />
(3), (11) dati pubblicati su “Il Piccolo”; (4) ISTAT dicembre 2008 (5) Bundestamt für Statistik, Land Niedersachsen; (6), (10) sito internet<br />
Meyer Werft (7) dato ricavato da un’intervista a Carlo de Marco, lug.2008 (8) Shipbuilding in Europe-Panel study 2008, Università di<br />
Brema, Germania (9) da sito IHK Niedersachsen (camera di comercio Bassa Sassonia) (12) dati pubblicati da Eurostat, gennaio 2009<br />
CANTIERE E DINTORNI<br />
frequentano la moschea della città. Assieme ad<br />
altri comuni tedeschi gli amministratori di Papenburg<br />
hanno chiesto al governo di Berlino di<br />
estendere il diritto di voto per le elezioni comunali<br />
a tutti gli extracomunitari residenti in città da<br />
almeno 5 anni.<br />
A Monfalcone invece l’arrivo degli stranieri ha<br />
portato una parte dei residenti ad una specie di<br />
rifiuto collettivo. Una parte dei problemi, veri<br />
e non, è sicuramente riconducibile all’assenza<br />
di strumenti propositivi all’integrazione. La<br />
città si e trovata impreparata, colta di sorpresa<br />
e le iniziative per rimediare sono partite con<br />
ritardo. La diffidenza verso lo sconosciuto e<br />
l’ignoranza, sfruttata abilmente da una parte<br />
della politica locale, hanno creato a Monfalcone<br />
un clima di scontro culturale dal quale è<br />
difficile ma necessario uscire. Dall’altra parte<br />
era sicuramente indispensabile una collaborazione<br />
più stretta tra comune e cantiere per<br />
poter programmare meglio l’accoglienza dei<br />
nuovi cittadini.<br />
La formazione professionale<br />
Dagli anni 80 il cantiere Meyer Werft è impegnato<br />
fortemente nella formazione professionale. In<br />
collaborazione con la scuola professionale sono<br />
stati sviluppati percorsi di formazione che coinvolgono<br />
anche le aziende fornitrici e appaltatrici<br />
presenti nella regione. Ogni anno 150 giovani<br />
vengono assunti con un contratto del “sistema<br />
duale”, che prevede oltre alla formazione pratica<br />
in azienda la frequentazione della scuola pubblica<br />
professionale. Esistono inoltre programmi<br />
specifi ci che consentono di proseguire la laurea<br />
in ingegneria navale.<br />
L’immagine di una città<br />
A Papenburg sono riusciti a creare un’immagine<br />
comune, la città si identifi ca con il cantiere e viceversa.<br />
La grande azienda ha un legame con il<br />
territorio che va oltre la garanzia dei posti di lavoro<br />
e la città vive la presenza del cantiere come<br />
una risorsa del territorio che può generare profi tti<br />
per tutta la città.<br />
Lo stesso leitmotiv di Papemburg, “Offen für<br />
mehr”, ovvero “Aperto per/ad altro” rappresenta<br />
bene lo spirito con cui la città affronta la sua<br />
realtà.<br />
Monfalcone, nel confronto con la città “gemella”<br />
di Papenburg esce pesantemente sconfi tta.<br />
Qui da noi tutto ciò che a Papenburg è stato fatto<br />
e si continua a fare è solo un sogno, si continua<br />
a parlare di marketing territoriale per Monfalcone<br />
senza nemmeno sapere lontanamente cosa<br />
signifi ca.<br />
A Papenburg c‘è una disponibilità a lavorare<br />
tutti insieme per migliorare la qualità della vita<br />
che a Monfalcone è sconosciuta; qui lo sport più<br />
praticato è quello di drammatizzare i problemi<br />
per convenienza politica, a compiacersi nel sottolineare<br />
gli aspetti negativi senza alcuna tensione<br />
a lavorare per crescere tutti insieme.<br />
Insomma, da questa breve comparazione tra due<br />
realtà così simili Monfalcone ne esce con le<br />
ossa rotte.<br />
Forse sarebbe il caso che i nostri amministratori<br />
facessero un viaggio di istruzione a Papenburg<br />
per imparare come si può davvero vivere, e bene,<br />
con il Cantiere.<br />
E forse noi monfalconesi, se proprio da soli<br />
non ce la facciamo, dovremmo fare come a<br />
scuola, quando non si è preparati: copiare chi<br />
è più bravo di noi. ❒<br />
aprile 2009 • M T•<br />
13
CITTÀ<br />
Slot a Monfy [Gianni Spizzo]<br />
Reportage da mondi dietro l’angolo l’ango<br />
In primo piano la bocca semiaperta di un<br />
anziano insaccato nei suoi indumenti, abbandonato<br />
sulla sedia, immobile nel sonno:<br />
un gomito sul tavolino, il braccio a puntellare<br />
la testa reclinata, la guancia stirata<br />
nel palmo della mano e il mento fi ccato<br />
nel collo. In basso all’inquadratura la patta<br />
sbottonata, a terra tra le sue gambe un<br />
sacchetto di nylon strettamente annodato,<br />
dal contenuto ignoto. Uno zoom su quella<br />
faccia ti rivela la perfetta estraneità dell’uomo<br />
a quanto lo circonda, segnatamente al<br />
gorgoglio che spandono le sette slot machine<br />
accese lungo la parete che gli fa da<br />
sfondo. E’ circolare come la balbuzie di sette<br />
tacchini impazziti, un’ipnosi che pervade<br />
l’ambiente mescolandosi con le canzonette<br />
di Radio Birikina e la luce al neon.<br />
L’atmosfera del barino di periferia ti fi ltra<br />
nella testa alla svelta, conviene lasciarla<br />
fare, tenere i timpani rilassati e gli occhi<br />
spenti, inutile ogni resistenza, così cominci<br />
ad assumere la stessa aria da comparsa<br />
che contraddistingue gli avventori e la<br />
signora dietro il bancone. Qui sembrano<br />
esperti nell’arte. Ti siedi a un tavolino con<br />
il caffè in mano, apri il giornale e fai fi nta di<br />
leggere. Sei tra l’entrata e la postazione del<br />
superenalotto: dove puoi pagare anche il<br />
bollo auto, ti spiega un cartello. Sì, probabilmente<br />
l’unica maniera per infi larti senza<br />
danni nella realtà allo stato puro è proprio<br />
far fi nta di niente. Noti che nel panorama<br />
manca una tele accesa, nessuna distrazione<br />
a parte le slot, curioso, ma neanche tanto,<br />
magari è una strategia di marketing...<br />
Hanno dei nomi le macchine, mentre chi<br />
gioca potrebbe non averne: Cluny-Slot Royal-Slot<br />
Casinò-Atlantide Sphinx-Diamante<br />
Master-Casinò One-Master New-Slot-Casinò,<br />
hanno vita propria le slot, quella dei<br />
giocatori non sembra tale, come ridotta al<br />
minimo indispensabile per cacciare moneta<br />
nelle apposite fessure e premere il tasto<br />
Gulp<br />
Gossip<br />
e c’è una cosa che trovo in-<br />
S sopportabile è il continuo<br />
uso del gossip in politica. Non<br />
sopporto che in città non si parli d’altro che del destino,<br />
che appare segnato, del cavaliere de noartri, del geometra<br />
Nicoli sempre più ex leader locale di Forza Italia.<br />
E’ mai possibile che non si possa più bere un bicchiere o<br />
un caffé in santa pace senza che qualcuno non ti venga a<br />
raccontare che ormai il suo tempo è fi nito?<br />
Che le trame interne al partito non gli lasciano scampo?<br />
Che gli vien addebitata la scarsa leadership sull’assottiglia-<br />
14 • M T•<br />
aprile 2009<br />
che mette<br />
in rotazione<br />
le icone<br />
multicolori<br />
nei display.<br />
Sì, nessun<br />
protagonista sulla scena, solo comparse.<br />
Sfarfallii di cuori picche fi ori carote ciliegie<br />
eccetera tengono la scena. In bella mostra<br />
un avviso: Si prega la gentile clientela di<br />
non giocare con più di due macchine contemporaneamente.<br />
Una punta di moralismo non guasta di<br />
questi tempi, d’obbligo la moderazione.<br />
Poi però, se chiedi, magari vieni a sapere<br />
che cominciano alla mattina prima di fi lare<br />
in fabbrica o a far la spesa, che tanti si giocano<br />
la busta paga, o la cassa integrazione,<br />
la pensione. Che a metà mese tanti restano<br />
a secco. Che tanti sono strangolati dalle<br />
fi nanziarie. Tanti e tante, perché girano anche<br />
donne, in età, sole in genere, ansiolitico<br />
birretta e slot. Come ce l’avessero stampato<br />
addosso, basta un’occhiata. Ma così si assicurano<br />
qualche ora di relax ogni giorno,<br />
perché per tanti di questi magari è più importante<br />
passare il tempo che vincere.<br />
Te ne parlava un cliente fi sso, senza imbarazzo,<br />
sottolineava che è normale, proprio<br />
naturale distrarsi, rilassarsi, che questo è il<br />
posto, che il bingo per esempio è troppo<br />
impegnativo, mica per niente è fallita subito<br />
la sala che hanno aperto tre anni fa. Poi<br />
per gli slot-tossici da bar di andare ai casinò<br />
oltre confi ne non se ne parla, in genere,<br />
specie adesso con la crisi, ha precisato,<br />
al più una tantum... E quando non c’era la<br />
crisi, c’era comunque troppa gente, si facevano<br />
arrivare comitive di veneti al Perla, il<br />
casinò più trendy, sa? Pulman gratis. E comunque<br />
la bibita là mica te la regalano. E<br />
se sei donna devi anche trovare qualcuno<br />
che ti accompagni, sole dà ansia. Diventa<br />
complicato.<br />
Al bar invece è tutto più semplice, più normale,<br />
puoi giocare con l’aria di uno che lo<br />
fa così tanto per fare. Poi tanti e tante non<br />
vanno neanche più in centro, restano in<br />
zona, mondanità zero. Vanno fuori zona<br />
solo per lavorare o per la spesa, se hanno<br />
due ore che gli avanzano restano in zona.<br />
Non gli frega del centro, se vuoi vedere<br />
gente, vederla e basta, vai all’ipermercato,<br />
all’Emisclero, oggi come oggi. Non c’è più<br />
niente di speciale in centro. Così pensano.<br />
Magari gli mette anche ansia. Aveva aggiunto.<br />
Si ricordava che il posto era ancora un’osteria<br />
due gestioni fa, che si giocava a briscola<br />
e tresette, bicchieri più che altro, d’estate<br />
anche fuori sotto il pergolato, al massimo<br />
qualche carta da diecimila lire a ramino, ma<br />
che si parlava. Occorreva ancora parlare per<br />
riempirsi la testa. Altri tempi. Ora è fi nita<br />
quella moda, si risparmia il fi ato per le slot.<br />
No? L’attuale gestione è di tre sorelle, una<br />
forza, si danno il turno così possono tenere<br />
aperto dalle cinque alle dieci della sera, orario<br />
continuato, possibile che sia una miniera<br />
d’oro... ti ha confi dato abbassando la voce.<br />
Comunque deve sapere che posti così esistono<br />
perché rendono. Chi non gioca, passa<br />
per le sigarette, specie la sera quando i tabaccai<br />
han chiuso, effetto ultima spiaggia... Si<br />
vedono anche i Bangla qualche volta, specie<br />
quando fi niscono i turni al cantiere, arrivano<br />
soli, non amano esser visti dai compatrioti,<br />
e con la scusa delle sigarette si scolano un<br />
bicchiere, anche due, tre. Alla chetichella entrano,<br />
ancora con la tuta di lavoro, trincano<br />
e ripartono in bici. Qua per loro è perfetto,<br />
nessun testimone, come per i nostri peraltro.<br />
Nessuno che ti giudichi, ti fai le tue storie e<br />
scompari quando hai fi nito.<br />
Sì, qui nessuno parla più, chiedono le sigarette,<br />
da bere, cambiano i soldi e attaccano<br />
con le slot. Quasi non ci si guarda, come ai<br />
servizi di un autogrill, perfetto anonimato. La<br />
più parte staziona sui trampoli a schiacciare<br />
i pulsanti con regolarità implacabile, fi nché<br />
ogni tanto lo scroscio metallico di un jack<br />
pot libera una leggera eccitazione nell’aria,<br />
che sfuma completamente nei lunghi intervalli<br />
in cui nessuno vince. Così verosimilmente<br />
ogni giorno. Tu intanto hai fi nito il caffè,<br />
hai sfogliato tutto il giornale, non ti resta che<br />
alzarti per pagare. Esci, c’è tutto il vuoto di<br />
una notte qualsiasi ad aspettarti fuori. L’importante<br />
è non provare paura, pensi, che<br />
l’importante è tenere i nervi a posto... ❒<br />
to gruppo consiliare?<br />
Che ormai ha perso ogni appeal ed ogni appoggio?<br />
Che non arriva all’estate?<br />
Basta, non se ne può più! Se si parla di politici si parli di<br />
politica e non di pettegolezzi.<br />
Si parli di cosa hanno fatto, di qual è il segno che vogliono<br />
lasciare nella nostra città, di quali sono i loro progetti per<br />
la comunità.<br />
Per esempio Nicoli...Ehm, per esempio Nicoli...ha fatto...<br />
ehm, ha fatto..., farà...ehm...<br />
Bon, insomma, l’ importante è non fare gossip.
Preoccupazioni e dubbi sul futuro<br />
della casa di riposo [di<br />
CITTÀ<br />
Giacomo Cuscunà]<br />
...non sempre privatizzare è sinonimo di risparmio e quasi mai<br />
privatizzare è sinonimo di maggiore qualità...<br />
Da quanto dichiarato dalle RSU del<br />
Comune di Monfalcone e dalle Segreterie<br />
provinciali di FP-CGIL e CISL-<br />
FP, nel primo periodo di attività della nuova<br />
casa di riposo di via Crociera si sono evidenziate<br />
delle criticità molto importanti.<br />
La struttura, inaugurata il 7 maggio 2008 è<br />
stata progettata per l’accoglienza di anziani<br />
non autosufficienti, affiancandosi così a<br />
quella già esistente, riservata a persone ancora<br />
autonome. Il progetto aveva lo scopo<br />
di rispondere all’esigenza sempre più pressante<br />
di assistenza alla popolazione anziana<br />
e di riportare sul territorio le numerose<br />
persone accolte in strutture fuori Comune.<br />
La necessità di effettuare dei lavori di manutenzione<br />
nella struttura vecchia, però,<br />
ha impedito l’operatività immediata di entrambi<br />
gli edifici ed ha portato alla scelta di<br />
aprire la nuova casa di riposo trasferendovi<br />
temporaneamente le persone già ricoverate,<br />
in attesa dell’inizio e del completamento<br />
dei lavori di ristrutturazione.<br />
La gestione è affidata sia a personale dipendente<br />
del comune, sia a personale di cooperativa<br />
che collabora nelle mansioni di cucina,<br />
di infermieristica e all’assistenza degli<br />
ospiti. Negli ultimi anni il personale dipendente<br />
si è ridotto notevolmente, perchè<br />
l’amministrazione ha scelto di non coprire<br />
con nuove assunzioni i posti vacanti per i<br />
pensionamenti. E’ venuto così ad aumentare<br />
il ricorso ai servizi offerti dalla cooperativa<br />
e ci si è avviati verso un lento smantellamento<br />
della gestione pubblica.<br />
Attualmente la struttura vecchia ospita ancora<br />
diversi servizi:<br />
- il centro diurno: il servizio è rivolto agli<br />
anziani che, pur continuando a vivere nelle<br />
proprie famiglie, trascorrono parte della<br />
giornata nella struttura comunale pranzando<br />
insieme alle persone residenti e partecipando<br />
alle attività di socializzazione proposte<br />
dalle operatrici;<br />
- la cucina: è stata pensata e attrezzata per<br />
fornire i pasti ad entrambe le strutture (attualmente<br />
quindi non vengono sfruttate a<br />
pieno le sue potenzialità);<br />
- gli uffici amministrativi del Servizio sociale<br />
comunale;<br />
- alcuni locali utilizzati da diverse associazioni<br />
per le loro attività;<br />
Nel seminterrato inoltre sono operativi la<br />
lavanderia e gli spogliatoi utilizzati dal per-<br />
sonale mentre il primo piano, dove sono<br />
ubicate le camere, dal mese di maggio 2008<br />
non viene utilizzato.<br />
I problemi rilevati e sottoposti all’attenzione<br />
dell’amministrazione dai sindacati sono<br />
molteplici e, secondo questi ultimi, devono<br />
essere affrontati e risolti.<br />
Per quanto concerne l’attività quotidiana<br />
che viene svolta all’interno della struttura<br />
gli operatori si trovano a dover fare i conti<br />
con i gravi disservizi provocati dal malfunzionamento,<br />
dall’installazione incompleta,<br />
dai guasti frequenti delle attrezzature che<br />
causano difficoltà e pericolo per loro stessi e<br />
per gli anziani ospiti - in un’opera pubblica<br />
che non ha neanche un anno di vita -.<br />
Alla fine di febbraio il Sindaco, il Direttore<br />
generale e all’assessore ai LL.PP. hanno<br />
effettuato un approfondito sopralluogo insieme<br />
al personale e ai rappresentanti sindacali,<br />
e si sono impegnati ad attivare tutti gli<br />
interventi necessari per garantire l’efficienza<br />
dell’edificio.<br />
Purtroppo, però, queste non sono le uniche<br />
criticità che mettono in discussione<br />
il servizio offerto agli anziani. L’Amministrazione<br />
ha infatti confermato che intende<br />
chiudere completamente la vecchia<br />
struttura perchè i finanziamenti per i lavori<br />
di ristrutturazione non sono stati ancora<br />
reperiti, il costo di un ospite risulta essere<br />
il doppio rispetto ad altre realtà e le spese<br />
per il mantenimento delle strutture (pulizia,<br />
riscaldamento...) incidono in maniera<br />
rilevante sul bilancio. Di conseguenza è<br />
previsto lo spostamento di alcuni uffici<br />
amministrativi nella nuova struttura e nella<br />
sede di via Duca d’Aosta, al centro diurno<br />
si destineranno alcuni spazi sempre nella<br />
nuova casa di riposo, la cucina chiuderà e<br />
la fornitura dei pasti sarà affidata ad una<br />
ditta esterna.<br />
Il sindaco ha assicurato che tutto questo avverrà<br />
senza abbassare lo standard di qualità<br />
del servizio, ma il sindacato e gli stessi<br />
operatori sono convinti che queste decisioni<br />
incideranno anche sulla qualità della vita<br />
degli anziani.<br />
La scelta di esternalizzare la cucina e la<br />
conseguente dismissione di un impianto,<br />
ammodernato da poco, che fornisce un servizio<br />
di alta qualità è giudicata incomprensibile.<br />
Sempre da quanto comunicato dalle<br />
parti sociali, “dovrebbero essere individuate<br />
nuove possibilità e opportunità per utilizzare<br />
a pieno le potenzialità di questa struttura<br />
insieme all’alta professionalità del personale.<br />
Va ricordato in proposito che, prima di<br />
esternalizzare il servizio di assistenza domiciliare,<br />
le cuoche preparavano i pasti anche<br />
per le persone assistite sul territorio. Il vero<br />
spreco di denaro pubblico sarebbe la sua<br />
chiusura. L’esperienza di questi anni ci insegna<br />
che se è relativamente facile scegliere<br />
di appaltare un servizio, è quasi impossibile<br />
la sua successiva reinternalizzazione. E’<br />
sempre l’esperienza ad insegnare che non<br />
sempre privatizzare è sinonimo di risparmio.<br />
E quasi mai privatizzare è sinonimo di<br />
maggiore qualità.”<br />
Preoccupazione anche sul fronte del centro<br />
diurno: “fino ad ora è stato uno strumento<br />
molto importante di aiuto per le famiglie che<br />
hanno in cura parenti anziani e un’opportunità<br />
di stimolo e di socializzazione per gli<br />
stessi anziani accolti nel servizio. Temiamo<br />
che l’obiettivo di risparmiare possa compromettere<br />
la sua efficacia e le sue finalità.<br />
Non deve diventare una sorta di parcheggio<br />
giornaliero.”<br />
Gli obbiettivi dei sindacati sono dunque<br />
sintetizzabili in tre punti: la messa in funzione<br />
al più presto di entrambi gli edifici<br />
per realizzare il progetto che ha determinato<br />
la scelta della costruzione della nuova<br />
casa di riposo; il pieno sfruttamento delle<br />
potenzialità della cucina, e non la sua chiusura,<br />
prevedendo l’assunzione a tempo indeterminato<br />
di una cuoca, a coprire quello<br />
rimasto vacante dopo un recente pensionamento<br />
e, infine, se dovesse risultare necessario<br />
trovare una sede provvisoria per<br />
il centro diurno, la scelta in funzione del<br />
mantenimento dello standard di qualità<br />
fino ad ora garantito. Una valorizzazione<br />
di questo servizio risulta strategicamente<br />
importante: è un’irrinunciabile alternativa,<br />
insieme al servizio domiciliare, all’istituzionalizzazione<br />
degli anziani.<br />
I sindacati concludono: “il costo del welfare<br />
non può essere solamente un problema<br />
di numeri e di percentuali, anche in<br />
una situazione finanziaria pesante come<br />
quella che gli enti locali devono gestire.<br />
Nelle scelte di razionalizzazione delle spese<br />
gli amministratori devono tener conto<br />
dei reali bisogni delle fasce più deboli dei<br />
cittadini.” ❒<br />
aprile 2009 • M T•<br />
15
INTERVISTE<br />
Neanche nani<br />
sulle spalle<br />
dei giganti<br />
La citazione esatta di Bernardo di Chartres è “Siamo nani sulle<br />
spalle dei giganti?” Il filosofo francese, vissuto nel XII secolo, voleva<br />
affermare che i contemporanei, anche se infinitamente più piccoli dei<br />
grandi del passato, dovrebbero far tesoro della loro cultura e della<br />
loro sapienza per riuscire a vedere un po’ più lontano di loro. Ci sia-<br />
mo calati nel piccolo di neanche metà della nostra piccola provincia e del misero provincialismo per scoprire che non<br />
è affatto così. Piero Fasola, intervistato da Stefano Piredda e Tiziano Pizzamiglio per <strong>MT</strong>, ritorna sugli argomenti<br />
che, solo poche settimane fa, sono stati al centro di un dibattito molto sentito e partecipato che si è protratto per un<br />
paio di settimane direttamente sulle colonne de Il Piccolo. Come sempre, Fasola non si nasconde dietro il dito delle<br />
ipocrisie (luogo già troppo affollato) e propone delle amare riflessioni partendo da dati di fatto oggettivi e, come tali,<br />
difficilmente confutabili anche per la fisiologica e annosa assenza di confutatori plausibili...<br />
Aqualche anno di distanza dalla tua<br />
uscita dalla scena politica che tipo di<br />
analisi ti sentiresti di fare sul nostro<br />
territorio?<br />
Per fare un’analisi seria della situazione<br />
nella nostra area bisogna partire da considerazioni<br />
e dati di fatto spesso trascurati.<br />
Primo: questa è la quarta area urbana della<br />
regione, con le stesse dimensioni di Pordenone.<br />
Secondo: qui, negli ultimi dieci anni,<br />
ci sono state delle trasformazioni economiche,<br />
demografiche e sociali che non hanno<br />
avuto eguali in Friuli Venezia Giulia. Il tessuto<br />
sociale è mutato radicalmente e si sono<br />
verificati dei cambiamenti che avrebbero<br />
dovuto essere il tema principale dell’agenda<br />
politica della provincia e uno dei temi della<br />
regione.<br />
A mio avviso la classe politica della nostra<br />
città non è stata all’altezza della situazione:<br />
Monfalcone oggi non può contare su politici<br />
che rappresentino gli interessi della nostra<br />
popolazione.<br />
Anche la strategia di sviluppo che la politica<br />
provinciale ha messo in campo in questi<br />
ultimi dieci anni, non mi pare un gran che:<br />
l’impiego di risorse dai “forzieri” della Provincia,<br />
come li chiama Luigi Blasig, cioè<br />
Camera di commercio e Fondazione, è stato<br />
quasi a senso unico ma senza produrre reali<br />
benefici nemmeno a Gorizia.<br />
Degli esempi...?<br />
Gorizia continua a perdere abitanti dalla<br />
metà degli anni Cinquanta e nella Venezia<br />
Giulia l’area monfalconese è l’unica in<br />
crescita demografica. Le risorse del fondo<br />
Gorizia avrebbero dovuto produrre impresa<br />
e sviluppo: è legittimo chiedersi se ciò sia<br />
avvenuto. Negli ultimi 20 anni, nonostante<br />
massicci investimenti, a Gorizia continua il<br />
calo demografico, non ci sono imprese, prosegue<br />
la perenne ricerca di un ruolo che non<br />
si trova mai. Le risorse investite nel porto di<br />
Monfalcone almeno, hanno prodotto sviluppo<br />
e ricadute positive per tutta la provincia.<br />
25 milioni di euro spesi per realizzare nel ca-<br />
16 • M T•<br />
aprile 2009<br />
poluogo due distinte sedi universitarie : ora<br />
che tutti sono concordi nel dire che la proliferazione<br />
di sedi periferiche è una delle cause<br />
della crisi dell’università italiana, credo<br />
ci sia da riflettere. In più emerge anche qui<br />
una grossolana sperequazione: a Gorizia si<br />
trovano le risorse per due sedi universitarie<br />
e qui, dove vivono cinquantamila persone,<br />
non si riesce a completare nemmeno il ciclo<br />
di studi superiori! Ogni progetto scolastico<br />
viene ostacolato, sul liceo classico contrasti<br />
a non finire. Oggi per i suoi problemi sociali<br />
sarebbe utile sostenere l’area monfalconese<br />
con interventi su scuole superiori, cultura e<br />
servizi mentre a Gorizia servirebbero investimenti<br />
finalizzati allo sviluppo d’imprese,<br />
non di uffici pubblici in una città che già rischia<br />
di essere soffocata dal vivere di solo<br />
pubblico impiego.<br />
Secondo te perché permane questa impostazione<br />
che attribuisce centralità a Gorizia<br />
nonostante il fatto che negli ultimi<br />
anni la leadership politica, sia nei partiti<br />
che nelle istituzioni, sia rappresentata<br />
quasi esclusivamente da monfalconesi?<br />
C’è una forte e squilibrata pressione mediatica:<br />
i 35.000 abitanti di Gorizia sono<br />
rappresentati da due redazioni dei principali<br />
quotidiani, della sede Rai e da altre testate<br />
minori; i 60.000 abitanti del Monfalconese<br />
sono rappresentati da un’unica redazione<br />
giornalistica. Questo produce una distorsione<br />
nella percezione dei problemi da parte<br />
della classe politica: il titolo a nove colonne<br />
pubblicato a Gorizia diventa un riferimento<br />
per il politico più o meno in buona fede anche<br />
se rappresenta solo una minoranza del<br />
territorio.<br />
L’ altra spiegazione di questo fenomeno va<br />
cercata nella paura, che qualche politico di<br />
primo piano ha, di tornare al proprio lavoro,<br />
magari in una posizione meno prestigiosa e<br />
senza visibilità. Credono che la loro sopravvivenza<br />
politica sia legata alla capacità di<br />
rappresentare solo gli interessi di Gorizia. A<br />
furia di portare vasi a Samo, Samo è piena<br />
di vasi, ma l’anziano di Staranzano non trova<br />
posto in casa di riposo. Sbagliano e non<br />
se ne accorgono.<br />
Tu invece ti sei posto in modo diverso<br />
rendendoti inviso ai maggiorenti e ai loro<br />
cortigiani...<br />
Credo che se tra cinquant’anni qualcuno<br />
leggerà le cronache politiche degli anni in<br />
cui sono stato amministratore, avrà di che<br />
riflettere sulla reazione (pavloviana) rivolta<br />
contro di me più che ai temi posti. Questa<br />
provincia in 60 anni di storia repubblicana<br />
ha avuto molti politici; onesti e disonesti,<br />
capaci ed incapaci, interessati e disinteressati:<br />
nessuno ha mai ricevuto la quantità di<br />
attacchi violenti riservati a me. Delle due,<br />
l’una : o sono stato il peggior politico dell’isontino,<br />
oppure questa reazione serve<br />
a evitare di affrontare i problemi e rivela<br />
qualche “scheletro” nell’armadio. Ognuno<br />
può valutare, ma gli scheletri non mancano<br />
negli armadi della Camera di Commercio,<br />
della Fondazione, della Provincia o della ex<br />
USL....<br />
Ora come ora, per citare qualche dato<br />
di fatto, quali sono le sperequazioni più<br />
evidenti?<br />
Non c’è un settore della vita pubblica che<br />
non evidenzi il fenomeno. I 35.000 abitanti di<br />
Gorizia hanno a disposizione 7 uffici postali;<br />
I 50.000 di Monfalcone, Ronchi e Staranzano<br />
(con in più 5000 domiciliati ndr) solo 5<br />
. Al centro prelievi di San Polo 4 infermieri<br />
per 42.000 prelievi/anno; a Gorizia 6 per<br />
28.000. Perché le nostre code devono durare<br />
il doppio? E dagli sportelli INPS all’Agenzia<br />
delle entrate, alla biglietteria della Stazione è<br />
ovunque così: un po’di equità e senso delle<br />
proporzioni non guasterebbero. La vicenda<br />
delle case di riposo è emblematica. Monfalcone<br />
e Staranzano, 36.000 abitanti, hanno<br />
oggi 30 posti letto per non autosufficienti<br />
(diverranno 60); Gorizia, 36.000 abitanti, ne<br />
ha 253 e la deportazione dei nostri anziani<br />
continua. Anche la dotazione tecnologica<br />
delle due radiologie, o di altri reparti, ha
una sproporzione rilevante e non giustificata<br />
dalla attività dei 2 ospedali. Potremmo proseguire<br />
a lungo, ma non serve. Siccome è<br />
difficile confutare questi argomenti si attacca<br />
chi li evidenzia. Bisognerebbe prendere atto<br />
delle dimensioni di quest’area e dare dignità<br />
ai diritti dei suoi cittadini...<br />
Di solito chi non riesce a smontare il ragionamento<br />
attacca il ragionatore...<br />
In realtà si attacca indirettamente un’area<br />
debole. Qui vi è stata una disgregazione del<br />
tessuto sociale, l’identità ed il senso di appartenenza<br />
alla comunità sono compromessi.<br />
I danni che sono stati fatti li pagheremo<br />
per molti anni. Penso che una delle cause<br />
principali sia stata la carenza di leadership<br />
e la scarsa caratura delle persone che ci rappresentano.<br />
La qualità di una classe politica<br />
non si misura dal numero di fotografie che<br />
compaiono su un quotidiano , bisognerebbe<br />
farsi carico dei problemi, portare a casa dei<br />
risultati: constato che non è così.<br />
Però il flusso di finanziamenti piovuti a<br />
Monfalcone durante gli anni di Pizzolito<br />
è enorme...<br />
E’ vero, soprattutto per la viabilità e mi fa<br />
piacere. Monfalcone presentava un’arretratezza<br />
che prima o poi era indispensabile<br />
colmare. Per ora però siamo ancora in coda<br />
sul cavalcavia e alcune rotonde appena finite<br />
si rivelano insufficienti. Mi pare poi che<br />
non decolli una visione unitaria, un’idea<br />
urbanistica complessiva. Vedo una serie<br />
di interventi, alcuni riusciti (anche l’ex<br />
Albergo Impiegati), altri fallimentari, altri<br />
che devono ancora rivelare la loro utilità.<br />
Il punto chiave è sempre lo stesso: la Città<br />
Comune ha tre Sindaci, ma non ha una guida.<br />
E purtroppo il Sindaco, mi spiace dirlo,<br />
non è stato una guida nemmeno per Monfalcone.<br />
Ricordo l’impressione che ebbi nel<br />
2001 quando seguivo la vicenda della risonanza<br />
magnetica: il Sindaco era appena stato<br />
eletto e la soluzione che ha proposto per<br />
superare il fuoco di sbarramento Goriziano<br />
suonava più o meno così: “vi prego, consentiteci<br />
di acquistare questa macchina con<br />
i soldi donati dai nostri cittadini; in cambio,<br />
visto che la vostra raccolta di fondi è fallita,<br />
noi chiederemo che l’ASS ne compri una<br />
che costa il doppio, per Gorizia, con i soldi<br />
pubblici”. La politica degli anni successivi<br />
è stata in linea con questa “remissività”: gli<br />
effetti, a S. Polo, si sono visti. E si tratta<br />
del quarto ospedale della Regione... Questi<br />
sono i fatti con i quali dovremmo confrontarci,<br />
analizzare quello che è successo<br />
e vedere se è possibile che in quest’area si<br />
affermi una classe politica migliore, e magari<br />
spinta da cittadini più consapevoli dei<br />
propri diritti.<br />
In campagna elettorale, per un quarto<br />
d’ora, hanno discusso dell’eventualità di<br />
abolire le Province, non accadrà tanto<br />
presto, ma servirebbe per migliorare le<br />
cose?<br />
Io sono tra coloro che auspicano l’abolizione<br />
delle province. Se la nostra regione, se<br />
non le avesse, farebbe un grande passo in<br />
avanti. Nel nostro caso questa è una provincia<br />
artificiale, frutto degli eventi post bellici.<br />
Solo una ipotetica unificazione di Gorizia<br />
con Trieste darebbe senso ad una nuova<br />
realtà intermedia, che avrebbe dimensioni<br />
comparabili e Pordenone o Udine...<br />
Ma se invece di essere abolite le province<br />
fossero ridisegnate comprendendo la<br />
Venezia Giulia in una sola entità amministrativa<br />
quale potrebbe essere il rapporto<br />
tra Trieste e Monfalcone?<br />
Il rapporto con Trieste è sempre stato molto<br />
stretto ed ha a che fare con lo sviluppo<br />
industriale della nostra città dalla seconda<br />
metà dell’Ottocento. Il cantiere navale è<br />
nato perché alcuni imprenditori lussignani<br />
avevano bisogno di un luogo, “alla periferia<br />
di Trieste” dove insediare gli stabilimenti.<br />
Fossimo rimasti assieme, Trieste sarebbe<br />
stata meno matrigna di Gorizia: non avrebbe<br />
bisogno di chiudere Monfalcone per salvare<br />
se stessa, è grande a sufficienza per avere il<br />
Scuole, Tribunale, Ospedali...Gorizia, piccola<br />
com’è, riesce a giustificare ciò che pretende<br />
di ricevere e mantenere solo se sottrae<br />
sedi, servizi e risorse a Monfalcone. Per il<br />
Tribunale la storia è stata la stessa: è vero<br />
che poteva essere ragionevole unificare le<br />
sedi giudiziarie in provincia, ma dovrebbe<br />
essere altrettanto ragionevole, oggi, pensare<br />
che tra Trieste e Gorizia un solo tribunale<br />
basterebbe. Invece, due pesi e due misure.<br />
Chiusa Monfalcone sono rimaste aperte le<br />
sedi di Palmanova, Cividale, Tolmezzo e<br />
San Vito al Tagliamento: messe assieme<br />
non raggiungono gli abitanti del Monfalconese.<br />
Come la mettiamo?<br />
Tutto vero, ma la storia la scrivono gli uomini<br />
con le loro azioni...<br />
Questa città ha avuto degli esempi positivi<br />
di governo tra il 1975 e la metà degli anni<br />
’80 (con la piccola rivoluzione del passaggio<br />
dalle giunte DC a quelle di sinistra) ed<br />
alcuni Sindaci socialisti illuminati. Sono<br />
state fatte cose importanti per la città: il teatro,<br />
la piscina. I grandi interventi successivi<br />
risalgono al periodo in cui, a rappresentare<br />
il territorio in Regione siamo stati io, Michele<br />
Degrassi e Adriano Ritossa. Vogliamo<br />
andare a vedere che firme portano le grande<br />
opere pubbliche? L’ospedale, l’ampliamento<br />
delle case di riposo di Ronchi e Monfalcone,<br />
il Centro Alzheimer di S. Canzian,<br />
la biblioteca? O i finanziamenti starter per<br />
l’Albergo impiegati e la bretella dell’Aeroporto?<br />
La legge per Panzano è stata scritta<br />
da Michele Degrassi e finanziata dalla<br />
Giunta nella quale ero assessore. Nonostante<br />
fossimo distribuiti tra maggioranza e op-<br />
INTERVISTE<br />
posizione all’epoca lavoravamo per portare<br />
a casa risultati che da troppo tempo la nostra<br />
comunità inseguiva vanamente. E che, nel<br />
caso di Panzano, attende ancora...<br />
Anche la legge 22 sull’amianto, una delle<br />
prime in Italia, è frutto di un lavoro collegiale<br />
benché, tutt’ora, ci siano delle rivendicazioni<br />
di merito a senso unico...<br />
Ho scritto un disegno di legge e da quel testo<br />
è nata la legge regionale 22; ma anche<br />
qui c’è stato un lavoro collegiale, in questo<br />
caso con Antonaz, e si è tenuto conto delle<br />
osservazioni di tutti...<br />
Ti abbiamo quasi costretto a parlare in<br />
prima persona pur sapendo che non ti<br />
piace troppo farlo...<br />
Sinceramente non ho intenzione di impegnarmi<br />
più nella politica attiva e dunque non mi<br />
interessa rivendicare meriti. Mi spiace aver<br />
assistito ad un deterioramento della qualità<br />
della vita, vedere Panzano ancora in queste<br />
condizioni. Il finanziamento risale al 1995 ed<br />
avrebbe dovuto rapresentare anche una occasione<br />
di recupero dell’identità, perché la qualità<br />
della vita, dell’ambiente, dell’arredo urbano<br />
determinano anche la qualità della convivenza<br />
civile. Vorrei che certi problemi venissero affrontati<br />
da chi oggi ha il potere di farlo.<br />
Il Monfalconese avrebbe potuto contare<br />
su delle opportunità straordinarie. Il<br />
tavolo di confronto tra i sindaci per unire<br />
i Comuni è stato istituito più o meno<br />
vent’anni fa ma, dopo la scomparsa di<br />
quel grande uomo e sindaco che fu Adriano<br />
Cragnolin, non è stato prodotto nulla<br />
di utile per i cittadini dei nove comuni...<br />
Questa vicenda si presta ad alcune letture<br />
esemplificative. La prima: i padri di quest’idea<br />
sono anche i “progenitori politici”<br />
degli attuali amministratori, che ci hanno<br />
messo un attimo a distruggere le loro idee: la<br />
sinistra di trent’anni fa era più lungimirante<br />
di quella odierna. Secondo: il progetto Città<br />
Comune è stato avversato dai centri di potere<br />
di Gorizia in funzione dei loro interessi.<br />
Chiunque sia il presidente della provincia<br />
dovrà sempre dire di essere contro questo<br />
progetto. Eppure Lucinico, una volta Comune<br />
a sé, è più distante dal centro di Gorizia<br />
di quanto non lo sia Staranzano dal centro di<br />
Monfalcone. Tutti pronti a stabilire ponti con<br />
Nova Gorica, ma guai al mondo se Ronchi e<br />
Monfalcone si parlano: sono ipocrisie da farisei<br />
di cui nessuno chiede conto. Mi dispiace<br />
affermarlo ma la responsabilità di tutto ciò va<br />
attribuita anche agli ultimi sindaci di Monfalcone,<br />
Ronchi e Staranzano; non sono stati<br />
capaci di vedere ciò che i loro progenitori<br />
politici avevano visto trent’anni fa. Nel mandamento<br />
poi mancano occasioni di dibattito,<br />
di confronto tra idee; si sono cancellate le<br />
poche che c’erano si è stati ben attenti a far sì<br />
che le buone idee non contaminassero nulla.<br />
Peccato. ❒<br />
aprile 2009 • M T•<br />
17
MONFALCONE international<br />
L’orda che ci invade<br />
...noi eravamo poveri ma belli, i nostri nonni erano molto diversi<br />
dai curdi o dai cingalesi che sbarcano sulle nostre coste...<br />
In questi anni di confronto con le “orde”<br />
di immigrati in Italia e di serpeggiante<br />
xenofobia forse ignoriamo o cerchiamo<br />
di dimenticare quando eravamo noi<br />
italiani gli immigrati degli altri e un po’<br />
ce la raccontiamo: ”... noi eravamo poveri<br />
ma belli, i nostri nonni erano molto diversi<br />
dai curdi o dai cingalesi che sbarcano<br />
sulle nostre coste, ci insediavamo senza<br />
creare problemi, nei paesi di immigrazione<br />
eravamo ben accolti o ci guadagnavamo<br />
comunque subito la stima, il rispetto,<br />
l’affetto delle popolazioni locali”. Insomma<br />
noi non rubavamo il lavoro agli altri,<br />
non invadevamo le loro belle città, eravamo<br />
educati e rispettavamo le regole. Ma<br />
non è così. Gian Antonio Stella, nel 2002,<br />
ci ha raccontato di “Quando gli albanesi<br />
eravamo noi”, documentando, con fonti<br />
Occhio zio Sam: sbarcano i sorci!<br />
“La discarica senza legge direttamente<br />
dai bassifondi d’Europa”<br />
(Judge, 6 giugno 1903)<br />
18 • M T•<br />
aprile 2009<br />
d’epoca, 100 anni di emigrazione italiana<br />
fatta di diffidenze, luoghi comuni, pregiudizi<br />
e xenofobia che hanno caratterizzato<br />
i giudizi sull’Italia e sul suo popolo: “Bel<br />
paese, brutta gente”.<br />
Forse vale la pena risfogliare quel libro<br />
e rinfrescarci un po’ la memoria. Innanzitutto<br />
cerchiamo di capire se gli italiani<br />
erano considerati una razza e, in quanto<br />
tale, se manifestassero caratteristiche<br />
ben definite. A cavallo degli anni ’20 il<br />
rapporto della Commissione americana<br />
sull’immigrazione stabilì che “tutti gli<br />
abitanti della penisola propriamente<br />
detta così come le isole della Sicilia<br />
e della Sardegna [...] sono italiani del<br />
Sud”, la frontiera tra i due mondi fu definita<br />
“scientificamente” prendendo come<br />
spartiacque il 45° parallelo.<br />
E com’erano questi italiani?<br />
Di origine abissina,<br />
eh sì, grazie agli<br />
studi di Giuseppe Sergi<br />
(antropologo di fine ottocento),<br />
che teorizzò<br />
la colonizzazione della<br />
penisola, in tempi antichissimi,<br />
da parte di una<br />
popolazione abissina, gli<br />
xenofobi americani si<br />
convinsero che gli italiani<br />
fossero “una razza per<br />
metà bianca e per metà<br />
negra”. Anche la scienza<br />
[di Eva Demarchi]<br />
si scomodò, il professor Cornelio Moyano<br />
Gacitúa, lombrosiano argentino, in<br />
merito alla pericolosità degli immigrati<br />
italiani scrisse: “La scienza ci insegna<br />
che insieme col carattere intraprendente,<br />
intelligente, libero, inventivo e artistico<br />
degli italiani c’è il residuo della sua alta<br />
criminalità di sangue.” Quindi non c’è<br />
da meravigliarsi se sul New York Times,<br />
nel 1909, si affermava che “[...] Il criminale<br />
italiano è una persona tesa, eccitabile,<br />
è di temperamento agitato quando<br />
è sobrio e ubriaco furioso dopo un paio<br />
di bicchieri. Quando è ubriaco arriva lo<br />
stiletto. Di regola i criminali italiani non<br />
sono ladri o rapinatori sono accoltellatori<br />
e assassini.” E non mancano i giudizi dei<br />
letterati. Il poeta inglese Percy B. Shelley,<br />
scriveva che gli uomini italiani: ”possono<br />
a stento definirsi tali: sembrano una tribù<br />
di schiavi stupidi e vizzi, e non penso di<br />
aver visto un solo barlume di intelligenza<br />
nel loro volto, da quando ho attraversato<br />
le Alpi” e le donne: “Forse le più spregevoli<br />
fra tutte quelle che si trovano sotto la<br />
luna; le più ignoranti, le più disgustose,<br />
le più bigotte, le più sporche.” Certo tutto<br />
questo, e molto altro ancora, non poteva<br />
che creare diffidenze, stereotipi e pregiudizi<br />
che accolsero i nostri emigranti al<br />
loro arrivo nei paesi dove cercavano migliori<br />
condizioni di vita rispetto a quelle<br />
che, in quegli anni, poteva offrire il nostro<br />
paese.
In Australia la campagna contro l’immigrazione<br />
italiana era ferocissima.<br />
Nel 1925 un inviato del Corriere della<br />
sera ci racconta che al congresso dell’Australian<br />
Native Association il presidente<br />
tuona: “Noi non vogliamo che le condizioni<br />
sociali ed economiche dell’Australia<br />
siano minate da un inevitabile incrocio<br />
con stranieri, incapaci di sentire le nostre<br />
tradizioni, di rispettare la nostra bandiera”<br />
e alla fi ne dell’assemblea un ordine<br />
del giorno invoca “...il divieto d’immi-<br />
grazione in Australia per le razze non affi<br />
ni e non confacentesi.” Cioè la nostra, la<br />
razza dei “pelle oliva”, com’era defi nita.<br />
Ma Stella ci ricorda che “...si trattava in<br />
larghissima maggioranza, sia detto per<br />
la memoria corta dei razzisti nostrani, di<br />
lombardi, piemontesi, veneti...”<br />
E poi c’è la dolorosa storia dei bambini,<br />
schiavizzati, imprigionati a pulire i<br />
camini di tutta Europa, costretti a strillare<br />
i titoli dei giornali agli angoli delle<br />
strade, piegati a pulire scarpe, sotterrati<br />
MONFALCONE international<br />
I<br />
pregiudizi non risparmiarono nessuno,<br />
non era una questione di provenienza,<br />
gli italiani emigravano da tutte<br />
le regioni del paese, non faceva alcuna<br />
differenza. Ho in mente i racconti dei<br />
miei prozii emigrati da Panzano in Australia<br />
e ricordo le lunghe chiacchierate,<br />
quando lavoravo in Carnia, con gli uomini<br />
del paese: con le lacrime agli occhi<br />
quasi si vergognavano di parlare di ciò<br />
che avevano subito in Francia, Svizzera,<br />
Lussemburgo, Germania...<br />
Una vignetta della rivista “Nebelspater”, 1894. Il titolino recita:<br />
”Un idillio di italiche canaglie”. Nella foto scattata nel 1958 a Saarbrucken, alla fi nestra di un club si legge chiaramente il<br />
divieto d’ingresso per gli italiani in due lingue. “Si tratta solo di un esempio: simili avvisi, in Germania e soprattutto in Svizzera,<br />
erano frequentissimi”.<br />
Anche noi siamo stati clandestini, un<br />
esempio? Solo uno dei tanti. Nel dopoguerra<br />
almeno 80 italiani al giorno<br />
cercavano di attraversare il confi ne<br />
francese, la situazione era tale che i francesi<br />
allestirono un centro di accoglienza a<br />
Mentone: “Un immondo casermone dove<br />
le camere offrono come confort un po’ di<br />
paglia umida, vento gelido garantito a tutti<br />
i piani, vetri alle fi nestre serviti come<br />
obiettivi a tutte le artiglierie del mondo.”<br />
Molti non sopravvissero al freddo, alla<br />
fame e alla fatica del viaggio organizzato<br />
dai passeur “che fornivano ai clandestini,<br />
a carissimo prezzo, tutto il necessario:<br />
passaporti falsi, visti autentici ma illegali,<br />
rilasciati da funzionari corrotti...”<br />
nelle miniere, venduti ai vetrai francesi...<br />
Venduti, sì, venduti alle fornaci “...<br />
della Baviera, dell’Austria, dell’Ungheria,<br />
della Croazia; dalla sola provincia<br />
di Udine ne partivano più di 5000<br />
l’anno, presentavano spesso documenti<br />
con la data di nascita falsa e venivano<br />
falcidiati dagli incidenti sul lavoro...”<br />
Venduti ai piccoli imprenditori edili<br />
svizzeri che “...in pratica lavoravano<br />
solo con i bambini” refrattari all’educazione<br />
scolastica.<br />
Una vignetta pubblicata dallo svizzero “Nebelspalter” di Zurigo<br />
il 22 giugno 1898. Titolo: “Evviva! I “bocia” devono fi nalmente<br />
andare a scuola”. Testo: “Il piccolo “tschingg” italiano: noi<br />
non vuole andare a squola, vuole portare sacchi di malta, mangiare<br />
polenta sulle impalcature. Ricevere soldini il sabato essere<br />
molto meglio. La squola non serve a niente”.<br />
Certo! Sono storie d’altri tempi, ma non<br />
sembrano quelle di oggi? Quelle che leggiamo<br />
o ascoltiamo quotidianamente con<br />
indifferenza o addirittura con una certa<br />
irritazione? E la percezione di essere invasi<br />
da un’orda che ci mette in pericolo<br />
non è la stessa? A me pare proprio di sì.<br />
Alpi 1946 “Nella fotografi a, tratta da una rivista francese del<br />
1946 conservata al “Corriere della Sera”, un gruppo di emigranti<br />
italiani percorre in fi la indiana un sentiero di alta montagna,<br />
già coperto dalla prima neve, per passare in Francia.”<br />
Tratto da “L’orda, quando gli albanesi eravamo noi”, Gian Antonio Stella, Rizzoli, 2002.<br />
aprile 2009 • M T•<br />
19
STORIE<br />
C’era una volta<br />
una volta una piccola città che<br />
aveva tutte le cose che hanno le<br />
C’era<br />
piccole città.<br />
Aveva il Comune, i pompieri, il teatro e<br />
aveva anche il cimitero.<br />
Non si può dire che fosse il cimitero più suggestivo<br />
del mondo, ma era ordinato, con un<br />
bel parcheggio all’esterno, un bel viale d’ingresso<br />
e tutte le tombe al loro posto.<br />
Un giorno però qualcuno si accorse che<br />
c’era un angolo, nel cimitero, che non era<br />
a posto.<br />
L’area della cosiddetta fossa comune sembrava<br />
trascurata senza nemmeno un segno<br />
di riconoscimento.<br />
Perché dunque non prevedere un segno, in<br />
pietra come si addice ai cimiteri che si rispettano,<br />
che segnalasse l’area?<br />
L’idea passò di bocca in bocca fi nché un<br />
giorno anche il Comune decise che era il<br />
caso di pensare ad un progetto che risolvesse<br />
il problema.<br />
Un anziano artista del paese, scultore conosciuto<br />
ed apprezzato, si occupò di trovare<br />
una pietra adeguata, di preparare il<br />
progetto, di concordare i tempi ed i modesti<br />
costi dell’opera.<br />
Quando tutto era pronto e mancava solo la<br />
fi rma dell’uffi cialità ecco all’improvviso<br />
comparire sulla scena un astuto concorrente<br />
che, non avendo avuto l’idea, non<br />
avendo fatto alcun progetto ed essendo<br />
estraneo alla questione, trovò del tutto insopportabile<br />
che qualcun altro si occupasse<br />
della cosa.<br />
Era disperato e roso da un fastidio che non<br />
lo lasciava un attimo. Anni di presenza sul<br />
mercato e ben visibile a tutti, soprattutto<br />
a chi in cimitero ci va, come era possibile<br />
che non si fossero rivolti a lui? Chi diavolo<br />
Nemo profeta in patria<br />
Incontro con un artista invisibile<br />
Ci incontriamo nell’ora in cui le persone stanno apparecchiando<br />
per la cena. E’ inverno, e i riquadri giallastri<br />
delle fi nestre fanno da cornice alle case.<br />
Il mio istrionico interlocutore come Prince, il cantante<br />
pop, denominato via via, il Folletto di Minneapolis, l’Artista,<br />
possiede un’inguaribile predisposizione al cambiamento<br />
di nome.<br />
Una sottile perversione che si perpetua nel tempo e che<br />
somiglia più ad un vero e proprio sovvertimento dei dati<br />
anagrafi ci che la ricerca di uno pseudonimo artistico.<br />
Mario Tonut, Maurizio Thonet (chiaro parente della celebre<br />
dinastia), Mauro Tomat, Marco Toned (discendenze<br />
ladine), Mirko Tonin, sino al confi ne della più inesauribile<br />
fantasia.<br />
Ma siamo sicuri<br />
che tutto ciò sia<br />
opera delle virtù<br />
camaleontiche<br />
dell’artista o ci<br />
troviamo piuttosto<br />
davanti ad<br />
un ingiustizia<br />
perpetrata nel<br />
tempo, da parte<br />
della stampa,<br />
di politici miopi,<br />
frutto di inesattezze,<br />
di scarsa<br />
valorizzazione<br />
dell’artista e dei<br />
suoi sentieri?<br />
20 • M T•<br />
aprile 2009<br />
[di Arturo Bertoli]<br />
era e cosa voleva un miserabile scultore,<br />
magari anche senza un ditta ben avviata<br />
come la sua?<br />
Poi un lampo di genio. Gli bastò una<br />
telefonata, una sola, all’amico che occupava<br />
un ruolo di rilievo nel governo<br />
della città e, d’incanto, la firma dell’ufficialità<br />
non ci fu più, il progetto divenne<br />
improvvisamente invisibile e presto<br />
scomparve del tutto, anzi nessuno se ne<br />
ricordava più. Il suo umore cambiò radicalmente<br />
e quella rabbia che lo aveva<br />
tanto disturbato era svanita. Le cose erano<br />
tornate al loro posto.<br />
Lo scultore rimase così, basito, con lo scalpello<br />
sollevato a mezz’aria anche perché<br />
nel frattempo era scomparsa dall’area del<br />
cimitero anche la grande pietra che avrebbe<br />
dovuto lavorare. Tanto per dire le coincidenze.<br />
❒<br />
[di Franco Terzoni]<br />
Certi che l’arte rappresenti frequentemente l’impalpabilità,<br />
il tratto etereo che unisce il terreno al celestiale, ci<br />
sfugge il perchè anche il Nostro, a cospetto delle istituzioni<br />
e degli amministratori, sia una sorta di ectoplasma.<br />
D “Eppure avevi proposto tante iniziative artistiche, di<br />
gestione intelligente degli spazi, nel corso degli anni.“<br />
R “Certo! Ma forse è preferibile lasciar chiuse certe strutture<br />
destinate al degrado, privarsi della promozione turistica,<br />
del coinvolgimento delle persone nell’arte. O della<br />
produzione artistica che, potrebbe creare un incontro internazionale,<br />
con un percorso ragionato e conseguenti<br />
lasciti di opere alla città.“<br />
D “Tuttavia ogni qualvolta ci si muove in questa direzione,<br />
i cittadini di ogni età rispondono entusiastici a queste<br />
iniziative, tanto è il desiderio di immergersi in queste<br />
esperienze...<br />
R “Le circostanze per creare situazioni di avvicinamento<br />
e di sviluppo del mondo artistico, intendendo per ciò<br />
una reale alternativa alla società del rincoglionimento<br />
totale, concretizzando la possibilità di un pensiero non<br />
omologato, ci sono anche a livello locale.“<br />
D “Stiamo parlando di progetti realizzabili, probabilmente<br />
con costi accettabili, da collegare ad altre iniziative.“<br />
R “Sicuramente, prova pensare specialmente ai mesi estivi<br />
quando ogni cosa, comprese location per laboratori ed<br />
atelier itineranti, viene realizzata con minore diffi coltà.“<br />
Lasciandoci andare alle nostre ultime considerazioni intravedo<br />
nel nostro roccioso Canova locale la perseveranza,<br />
comune ad artisti del suo spessore, nel voler realizzare<br />
e diffondere un idea del mondo fatta di forme e colori.<br />
Ciao Mauro Tonet ❒
La dignità delle donne<br />
Questa riflessione parte da un mio recente<br />
incontro, a Cervignano, con<br />
un cartellone pubblicitario di dimensioni<br />
cubitali su cui l’immagine di una ragazza,<br />
spalle nude e sguardo ammiccante,<br />
è accompagnata dalla frase: “Fidati... te<br />
la do gratis”. Sotto è specificato, in minuscolo,<br />
“la montatura”. Si tratta della pubblicità<br />
di un negozio di occhiali. A casa<br />
ho trovato nella posta il pieghevole con la<br />
stessa pubblicità.<br />
E’ inutile dire, da donna, il disgusto e<br />
la rabbia che ha provocato in me questo<br />
messaggio pubblicitario. Poi, come al solito,<br />
ho cercato di analizzare nel tentativo<br />
di capire perché succedono queste cose<br />
e soprattutto perché viviamo in un paese<br />
schizofrenico, la cui morale da un lato si<br />
lancia a spada tratta in difesa dei diritti<br />
della donna, focalizzando spesso il tiro<br />
sulle civiltà “altre” (quelle in cui la donna<br />
non conosce libertà ed è sottomessa all’uomo),<br />
dall’altro ignora completamente<br />
il rispetto per la figura della donna, soprattutto<br />
a livello mediatico. Sono sempre<br />
stata molto cauta e perplessa nel giudicare<br />
Riceviamo<br />
e volentieri<br />
pubblichiamo<br />
le società “altre” (già la parola giudizio<br />
presuppone un’arroganza di superiorità<br />
culturale della parte giudicante) e in questo<br />
intervento non intendo discutere sulla<br />
libertà della donna nel mondo. Voglio invece<br />
capire cosa c’è dietro alla mancanza<br />
di rispetto della donna occidentale da<br />
parte dell’uomo occidentale, voglio capire<br />
perché un pubblicitario per vendere<br />
un paio di occhiali usi l’immagine di una<br />
donna che promette una prestazione sessuale<br />
gratuita, come se la maggior parte<br />
delle donne italiane fossero puttane (e uso<br />
questa parola proprio ad indicare il senso<br />
spregiativo con cui viene usata).<br />
Sento profondamente che la donna occidentale<br />
ha perso il suo bene più prezioso:<br />
la dignità.<br />
LETTERE<br />
[di Donata Martinelli]<br />
Così mi sono sentita io nel vedere quella<br />
pubblicità. Derubata della dignità. E’ così<br />
che mi sento ogni volta che accendo la<br />
tv, che sfoglio i giornali... che vedo come<br />
sono rappresentate le donne. Mi chiedo<br />
come il nostro mondo occidentale sia<br />
pronto a fare la guerra in nome della libertà<br />
e del rispetto dei diritti umani e non<br />
prenda in considerazione quanto la nostra<br />
società sia deviata rispetto a quei valori di<br />
cui ci facciamo portabandiera.<br />
Libertà e dignità dovrebbero essere sinonimi,<br />
non contrari. Invece a mio parere ci<br />
troviamo al punto in cui il senso di libertà<br />
individuale è stato talmente esasperato e<br />
commercializzato da aver perso qualsiasi<br />
legame con i valori profondi dell’essere<br />
umano.<br />
Penso che essere cittadini di questo mondo<br />
voglia dire anche cominciare a denunciare<br />
e rifiutare certi messaggi. Il Comune<br />
di Napoli ha fatto togliere una pubblicità<br />
volgare che aveva per protagoniste due<br />
donne. E’ stato un buon esempio, da cui<br />
potrebbero prendere spunto anche le nostre<br />
amministrazioni locali. ❒<br />
aprile 2009 • M T•<br />
21
SOCIETÀ<br />
Intervista a Giulia Beretta<br />
Referente Gruppo Acquisto Solidale Go-Gas Tartaruga<br />
Q ual è la storia del Gruppo GAS<br />
Tartaruga?<br />
[G] Il nostro gruppo è nato nel 2002, dalla<br />
volontà di un gruppo di famiglie (una<br />
quindicina) che già da tempo si interessavano<br />
di consumo critico e di come il<br />
loro modo di spendere poteva avere un<br />
impatto sulla propria realtà economica.<br />
Il nostro gruppo deriva da un gruppo di<br />
Bilanci di Giustizia (la rete di persone e<br />
associazioni nata nel 1993-94, sulla scia<br />
della guerra in Bosnia, con lo scopo di<br />
promuovere nuovi modelli di consumo<br />
alternativi a quelli dominanti, irresponsabili<br />
nei confronti dell’ambiente e dell’uomo,<br />
in particolare delle popolazioni<br />
del Sud del mondo). Proprio la critica ai<br />
metodi di consumo attuali è il punto di<br />
partenza “etico” dei GAS. La domanda<br />
che ci siamo posti è: “Siamo nati per consumare<br />
o abbiamo altre opportunità?”. La<br />
risposta è stata che siamo consumatori ma<br />
vogliamo essere consapevoli. E questo si<br />
può sviluppare attraverso vari percorsi.<br />
Fare parte di questo gruppo non signifi -<br />
ca solo acquistare ma anche ampliare le<br />
nostre conoscenze, stare insieme in modo<br />
conviviale e sostenersi a vicenda.<br />
Quante famiglie fanno parte attualmente<br />
del Gruppo Gas Tartaruga?<br />
[G] Indicativamente 29 famiglie (negli<br />
ultimi due anni si è passati da venti a trenta<br />
famiglie). Per la maggior parte sono famiglie<br />
con bambini piccoli, che si pongono<br />
il problema qualitativo di cosa mangiare.<br />
Provengono da tutto il territorio: da Gorizia,<br />
Cervignano, Aquileia, dal Monfalconese...<br />
Il nostro gruppo per una questione<br />
organizzativa può raggiungere un massimo<br />
di partecipanti attorno alla trentina.<br />
Ogni GAS ha le sue peculiarità: in Italia ci<br />
sono GAS con 180 famiglie e altri molto<br />
più piccoli, dipende da come è strutturata<br />
l’organizzazione (che comprende la logistica,<br />
l’appoggiarsi o meno a negozi, la<br />
parte amministrativa...). Il nostro GAS è<br />
interamente strutturato su base volontaria<br />
e si appoggia esclusivamente sull’apporto<br />
degli iscritti (legalmente siamo riconosciuti<br />
come Associazione). Abbiamo una<br />
sede:siamo ospiti di Benkadì, l’Associazione<br />
Culturale di Staranzano che oltre a<br />
22 • M T•<br />
aprile 2009<br />
gestire l’omonima Bottega di commercio<br />
equo e solidale, cerca di fare rete con altre<br />
realtà di economia solidale del territorio<br />
e dare sostegno e visibilità ad associazioni<br />
come la nostra (in quest’ottica offre la<br />
sua sede alla nostra Associazione). Non<br />
abbiamo un magazzino: qualcuno offre<br />
il suo garage e gli ordini vengono raccolti<br />
ed inviati via e-mail. Ogni passaggio,<br />
dalla raccolta degli ordini, al contatto con<br />
il fornitore, al ritiro ed alla distribuzione<br />
della merce, vede coinvolti i soci, che si<br />
ripartiscono i compiti in base alla disponibilità.<br />
Questo comporta che il prezzo del<br />
bene acquistato resti netto, senza rincari<br />
di trasporto e mediazione. Il prezzo dell’<br />
acquisto è quello pagato direttamente al<br />
produttore. Il rapporto tra il gruppo ed il<br />
fornitore è diretto.<br />
In base a che criterio scegliete i fornitori?<br />
[G] Il criterio è quello della giustizia e<br />
della solidarietà nei confronti dell’ambiente<br />
(scegliendo prodotti biologici e<br />
biodinamici), del territorio (preferendo<br />
i piccoli produttori locali e favorendo<br />
la fi liera corta), verso il Sud del mondo<br />
(scegliendo i prodotti del commercio<br />
Equo e Solidale) e delle realtà più deboli<br />
(acquistando dalle cooperative sociali).<br />
La differenza tra un Gruppo d’Acquisto<br />
tout-court ed un Gruppo d’Acquisto Solidale<br />
sta nel fatto che l’ultimo non ha<br />
come unico obiettivo il risparmio (che<br />
a volte và a discapito della qualità e del<br />
valore del bene) ma pongono come prioritaria<br />
una scelta che tenga conto di tutti<br />
quegli aspetti appena citati. Dello spirito<br />
del GAS fa parte anche la conoscenza diretta<br />
dei fornitori. Vengono invitati alle<br />
riunioni mensili oppure vengono visitati<br />
dal gruppo nelle loro aziende.<br />
Che prodotti vengono acquistati?<br />
[G] Settimanalmente si acquista la frutta<br />
e la verdura, periodicamente invece le<br />
carni, i formaggi ed i prodotti trasformati,<br />
i detersivi ed i prodotti per l’igiene (compresi<br />
quelli erboristici) ed i prodotti tessili<br />
in cotone biologico.<br />
Come sono le vostre riunioni?<br />
[G] Ci troviamo una volta al mese, di solito<br />
alterniamo una riunione organizzativa (in<br />
intervista<br />
Per informazioni: www.retegas.org - Per il Go-Gas Tartaruga: giulia.beretta@benkadi.it<br />
cui ci si occupa degli ordini) ad una tematica.<br />
In queste ultime si sceglie un argomento<br />
di interesse comune e lo si approfondisce.<br />
Tra i vari argomenti abbiamo parlato di<br />
Banca Etica, telefonia etica e software libero,<br />
turismo responsabile, banca del tempo e<br />
di energie rinnovabili. Di solito ospitiamo i<br />
fornitori. Oltre alle riunioni ci capita talvolta<br />
di essere ospiti a manifestazioni e convegni.<br />
Abbiamo partecipato negli ultimi anni alla<br />
manifestazione “Bioest” di Monfalcone e<br />
alla Festa della Decrescita di Pordenone.<br />
Nel 2007 abbiamo dato il nostro supporto<br />
alla creazione di un nuovo GAS a Gorizia,<br />
“Il Ponte”.<br />
Che progetti avete in cantiere?<br />
[G] Recentemente abbiamo inviato una<br />
lettera (supportata da una raccolta di fi rme)<br />
ad una nota catena di supermercati<br />
in cui chiediamo la loro disponibilità a ad<br />
installare distributori di latte fresco e di<br />
detersivi alla spina. Per fi nire, i molti contatti<br />
che riceviamo settimanalmente, ci<br />
fanno pensare che il territorio abbia sviluppato<br />
una sensibilità a questo modo di<br />
essere consumatori e che probabilmente<br />
il territorio monfalconese è pronto a dare<br />
vita ad altri gruppi di acquisto solidale.<br />
Chi vivrà vedrà!<br />
In Italia ci sono 458 Gruppi GAS, organizzati<br />
in 9 Reti. In Friuli i gruppi registrati<br />
sono 4, uno per provincia (ma in<br />
realtà ne esistono di più). ❒<br />
Cultura bisiaca<br />
Circola una gioviale battuta sull’attuale<br />
assessore alla cultura:<br />
“Con la nova asesora de l’inverno<br />
semo fora”. Chissà se si tratta soltanto<br />
di un’indovinata rima o se,<br />
più sottilmente, si fa riferimento<br />
ai precedenti amministratori della<br />
cultura monfalconese... In ogni caso<br />
la “nova asesora” ha gradito e l’ha<br />
dimostrato citando divertita la rima<br />
durante il saluto dell’amministrazione<br />
all’apertura dello spettacolo<br />
teatrale di una compagnia locale.<br />
La cultura bisiaca resiste, resiste,<br />
resiste. ❒
Vita da Pd<br />
Un democratico al lavoro. C’è il gazebo<br />
da allestire, il volantino da<br />
distribuire. Stasera riunione del<br />
Circolo, domani pure, il giorno dopo il<br />
forum tematico, poi ti è arrivata quella<br />
email che ci sarebbe da organizzare qualcosa<br />
per “portare a conoscenza dei cittadini”<br />
le proposte del Pd per uscire dalla<br />
crisi, perché siccome noi di tv ne abbiamo<br />
una sola (YouDem pare si chiami, anche<br />
se nessuno sa di preciso a che ci serva e<br />
soprattutto quanto ci costi) e Lui ne ha 6<br />
(3+3), abbiamo qualche “problemino” a<br />
far sapere quali sono le nostre proposte.<br />
Ovviamente in tutto questo ci sarebbe<br />
anche il lavoro, magari se si riesce a infi<br />
larci in mezzo un po’ di vita sociale non<br />
guasterebbe, perché va bene che il Partito<br />
viene prima di tutto, però insomma...<br />
Un democratico al lavoro. Distribuire volantini<br />
e sentirsi dire “ah io non vi voto<br />
più, sempre quelle facce da 20 anni, basta!”<br />
e non sapere cosa rispondere, perché<br />
davvero doveva essere il rinnovamento,<br />
l’innovazione politica del secolo, eppure...<br />
Gazebo su gazebo perché “bisogna<br />
aumentare il radicamento territoriale del<br />
Pd” che non si sa bene cosa voglia dire<br />
perché ci radichiamo e radichiamo ma la<br />
gente ci vota sempre meno, viene quasi<br />
il sospetto che valga il principio “chi ti<br />
conosce ti evita” e quando pensi a certi<br />
fi guri nel tuo partito ti viene anche di dar<br />
ragione a chi la pensa così. C’è da portare<br />
avanti il tesseramento, che ci siamo<br />
inventati dopo esserci resi conto che il<br />
partito leggero era molto bello ma c’era il<br />
piccolo inconveniente che senza iscrizioni<br />
non si riusciva più a capire chi era nel<br />
Pd e chi no, visto che alle primarie avevano<br />
votato un po’ tutti, e anche di più:<br />
c’era anche qualcuno di Sinistra Critica,<br />
che erano usciti da Rifondazione ma alle<br />
primarie del Pd votavano (non chiedetemene<br />
però la logica, che pure immagino<br />
ci sia).<br />
Si può fare dicevamo, o almeno si può<br />
pareggiare. Poi così non è stato, e non è<br />
stato nemmeno il rinnovamento, perché<br />
chi te lo fa fare di mollare la poltrona se<br />
non sei sicuro che chi verrà dopo di te ti<br />
garantirà qualche poltroncina minore in<br />
quel “sottobosco” di nomine e paranomine<br />
pseudopolitiche? E così noi “giovani”,<br />
come chi vi scrive, lì a pensare che pur<br />
tuttavia il Partito democratico nasce per<br />
dare una vera prospettiva all’Italia, scon-<br />
fi ggere il berlusconismo e la non-cultura<br />
della destra. E intanto a lavorare, sgobbare<br />
mese dopo mese, sì certo tocca sentire<br />
chi ha il doppio dei tuoi anni dire che il Pd<br />
nasce dalla fusione della cultura del Pci e<br />
della Dc, anche se tu eri ancora un bambino<br />
e sinceramente stenderesti un velo<br />
pietoso su entrambi e su chi dice queste<br />
parole... nel 2009! Ma intanto continui,<br />
perché ci credi davvero nel Pd. C’è davvero<br />
bisogno di parlare anche in Italia di<br />
“economia verde”, di diritti dei lavoratori,<br />
di laicità senza sentirsi dire che non<br />
bisogna essere troppo “laicisti”, neologismo<br />
che dubito sarebbe comprensibile<br />
nel resto d’Europa (ma nel resto d’Europa<br />
non c’è quel piccolo staterello d’Oltretevere...),<br />
di diritto di voto agli immigrati,<br />
di conciliare maternità e lavoro femminile,<br />
di energie alternative, di coppie di<br />
fatto (e già... i Dico dove sono fi niti?), di<br />
lavoro precario, di giovani laureati sottopagati,<br />
di scuole abbandonate a se stesse,<br />
di università allo sfascio e di baronismo.<br />
Ce ne sarebbe di carne al fuoco, ci credi<br />
davvero e sai che tanti come te ci credono.<br />
Ti confronti, se sei iscritto al Circolo<br />
Segnalazioni<br />
editoriali<br />
E’ uscito recentemente un libro di<br />
un giovane economista che, come<br />
si evince anche dal brano che riportiamo,<br />
dimostra di aver capito<br />
tutto della crisi economica che stiamo<br />
vivendo e che vi consigliamo di<br />
leggere:<br />
“I proprietari di capitale stimoleranno<br />
la classe operaia a<br />
comprare più e più merci costose,<br />
case e tecnologie, spingendoli<br />
a prendere più e più<br />
credito, fi nché i loro debiti diventeranno<br />
insostenibili. I debiti<br />
non pagati condurranno<br />
alla bancarotta delle banche,<br />
le quali dovranno essere nazionalizzate.”<br />
“Il capitale” di Karl Marx, 1867<br />
POLITICA<br />
[di Marco Rossi]<br />
giusto ci sono tante occasioni per vedersi,<br />
se sei sfortunato magari il tuo circolo non<br />
è molto attivo ma gli altri “democratici”<br />
sai che la pensano come te.<br />
Già, gli altri democratici. La base è unita<br />
e ci crede. Ma “loro”? Loro ci credono<br />
davvero ancora? “La visione di un partito<br />
dominato da dieci oligarchi è francamente<br />
eccessiva” dice Anna Finocchiaro. Ha<br />
ragione, forse dieci oligarchi sono pochi,<br />
saranno venti e più. Per non parlare<br />
di quelli locali. Poi ci sono le primarie,<br />
che però nessuno ci spiega perché si fanno<br />
solo quando servono agli oligarchi per<br />
contarsi e non quando vengono chieste<br />
dalla base, dai circoli.<br />
Ci sono i giovani, le nuove leve. “Non<br />
dovete più farvi cooptare, dovete lottare<br />
con le vostre forze”, ce lo sentiamo dire<br />
da loro che sono lì da vent’anni. Tuttavia<br />
a meno di vagliare ipotesi un po’ sanguinarie,<br />
non si capisce in che modo le nuove<br />
leve dovrebbero farsi avanti se prima<br />
non si spostano quelli che già ci sono. Del<br />
resto, anche il concetto di giovane è relativo,<br />
e stando all’orologio della politica<br />
italiana, che deve avere un ritmo alquanto<br />
bizzarro, gli astri nascenti della politica<br />
italiana hanno nomi che si sentono ormai<br />
da anni. Ho in camera una prima pagina<br />
di “Cuore” del 1993 con sopra un “Iervolino<br />
a ‘rivattene” eppure lei è sempre lì,<br />
anche Napoli è sempre lì e forse sarebbe<br />
invece meglio che qualcosa cambiasse.<br />
Noi democratici viviamo di sogni, perché<br />
in fondo un sogno vorremmo regalare all’Italia,<br />
il sogno di un’Italia più giusta, più<br />
libera e più eguale, più laica e più verde, il<br />
sogno di una società migliore e più accogliente,<br />
di un futuro più felice per tutti.<br />
Poi ci sono gli altri davvero. Amici, colleghi<br />
di altri partiti. In fondo si cerca<br />
sempre di difendere ciò in cui si crede, ci<br />
si sente un po’ umiliati perché si sa che<br />
tante speranze e tante attese, non solo le<br />
proprie, sono state tradite. Forse si pensa<br />
di non aver fatto abbastanza, in fondo la<br />
colpa sarà un po’ anche qui, in basso, e<br />
non solo là a Roma no? E allora di nuovo<br />
sotto a lavorare... volantini, gazebo, tesseramento,<br />
assemblee, comunicati stampa.<br />
Prima o poi a qualcosa servirà.<br />
Intanto il militante democratico sospira e<br />
tira la cinghia, per il rinnovamento magari<br />
aspettiamo ancora un attimo, perché<br />
intanto c’è da sopravvivere e tirare avanti<br />
fi no alle Europee. ❒<br />
aprile 2009 • M T<br />
• 23
TERRITORIO<br />
Turriaco: c’era una volta<br />
e voglio che sia ancora<br />
Questo è un tentativo di capire cosa possa<br />
essere successo ad un parcheggio di<br />
1.072 metri quadrati che avrebbe dovuto<br />
essere pubblico e non costare un centesimo al comune di Turriaco. Purtroppo questa area di sosta pubblica per le<br />
macchine non c’è... o forse c’è ancora ma non è più pubblica. Naturalmente ci possiamo sbagliare e nel faldone di<br />
documenti esaminati potrebbe mancare l’anello che giustifica la sparizione del parcheggio, se così fosse, saremmo<br />
felici di appurare che tutto si è svolto regolarmente e che l’apparenza ci ha ingannato.<br />
I<br />
faldoni di documenti non piovono dal cielo.<br />
Qualcuno li deve dare a qualcun altro e<br />
tanto per essere chiari aggiungeremo che<br />
chi scrive ha incontrato due persone che sono<br />
già state ascoltate dagli organismi competenti,<br />
su questa e altre questioni e in più d’una<br />
occasione, in qualità di persone informate sui<br />
fatti. Chiaro no?<br />
La vicenda scaturisce dagli interventi di recupero<br />
edilizio su uno dei luoghi del mandamento<br />
che tutti i bisiachi conoscono bene, il<br />
curtivon di Turriaco nel quale, per anni, è stata<br />
aperta una delle private più famose di tutto<br />
il Territorio: la Roseta. Abbiamo citato la mescita<br />
di vino ma avremmo potuto qualificare<br />
il luogo anche per quello che effettivamente<br />
era prima che i lavori di recupero edilizio lo<br />
trasformassero in altra cosa: l’unica aia colonica<br />
del Seicento esistente in provincia di<br />
Gorizia. Cioè un bene storico e architettonico<br />
che avrebbe dovuto essere patrimonio di tutti<br />
e stare a cuore a tutti, turriachesi e non, ma<br />
vallo a spiegare a uno di Monfalcone o di San<br />
Canzian che a Turriaco c’è (o c’era) un bene<br />
storico e architettonico che culturalmente appartiene<br />
pure a lui...<br />
Tutte le persone che sono entrate nel curtivon<br />
dal portico ad arco vicino alla splendida<br />
chiesa di San Rocco sanno che, sulla destra,<br />
dopo la mescita, c’era una tettoia, certamente<br />
non coeva del resto del complesso, che ora è<br />
stata trasformata in un bel condominio sporgente,<br />
che fa parte dalle cubatura e dunque<br />
dell’investimento, ma che non ha nulla a che<br />
fare con l’armonia delle linee del complesso<br />
preesistente. Nulla di strano, in questa demenziale<br />
modernità, non solo i restauri filologici<br />
e rispettosi dell’architettura non interessano a<br />
nessuno, ma anche il punto di equilibrio tra gli<br />
interessi pubblici e quelli privati non è sempre<br />
rispettoso dei beni storico architettonici.<br />
Solita storia... tuttavia questo spavaldo manufatto<br />
se dal lato del curtivon appare borioso,<br />
dal lato ovest appare addirittura tracotante<br />
perché sorge ad un metro e mezzo appena da<br />
una casa rurale preesistente. Eppure sarebbe<br />
previsto che la distanza non debba essere inferiore<br />
ai 5 metri lineari o dieci se, come in<br />
questo caso, la parete fosse finestrata. Invero,<br />
il piano regolatore del comune stabiliva che la<br />
parete di questo condominio ex tettoia fosse<br />
costruito a ridosso della parete del manufatto<br />
rurale appunto per non consentire l’apertura<br />
24 • M T•<br />
aprile 2009<br />
di finestre da quel lato come sarebbe stato<br />
logico. Invece decidono di ricorrere (chi?) al<br />
piano particolareggiato e questo allineamento<br />
obbligatorio viene spostato di un metro e<br />
mezzo, che coincide con la distanza minima<br />
prevista dal codice civile per l’apertura di<br />
finestre che si affacciano su altre proprietà.<br />
C’è chi non accetta tutto ciò e ricorre alle vie<br />
legali. Il giudice nomina un perito per l’accertamento<br />
di eventuali infrazioni. Tuttavia<br />
il pronunciamento del perito o Ctu è contrario<br />
alla tesi sostenuta dai ricorrenti secondo<br />
la quale era necessario costruire a ridosso,<br />
muro contro muro, perché sarebbe vincolante<br />
quanto previsto dal piano regolatore e non dal<br />
successivo piano particolareggiato. Va scritto<br />
che la Legge consente una certa flessibilità tra<br />
il piano particolareggiato e il piano regolatore<br />
da cui esso deriva, ma non sono ammesse<br />
modifiche agli allineamenti, non ci sarebbero<br />
dubbi al riguardo anche se poi la sentenza è<br />
stata coerente con il parere del Ctu e infatti il<br />
Giudice riconosce che non è stata commessa<br />
alcuna infrazione per tutta una serie di valutazioni<br />
puntualmente contenute nella Sentenza<br />
del 19.10.07, nella causa civile iscritta al numero<br />
747/2002.<br />
Siamo solo al primo grado di giudizio ma un<br />
fatto è certo, non ve ne saranno altri perché<br />
nel frattempo un legale rappresentante della<br />
società Contado, proprietaria del curtivon e<br />
di palazzo Priuli, ha acquistato la proprietà<br />
confinante con il proprio bel condominio e,<br />
come per un sortilegio, sono sparite sia le<br />
parti in causa che l’oggetto della contesa...<br />
Va bene.<br />
Piaccia o non piaccia, questo è il pronunciamento<br />
del Tribunale e tanto deve bastare<br />
a tutti, senza rancore e senza polemiche.<br />
Per quanto ci riguarda, ma unicamente da<br />
un punto di vista filologico, il nostro dubbio<br />
consiste nel chiedere se la parete est della tettoia<br />
preesistente coincide o no con la parete<br />
del condominio edificato al suo posto.<br />
Questa è una vicenda di sparizioni, non stavamo<br />
forse parlando di un parcheggio pubblico<br />
che non c’è più?<br />
L’acquisto della proprietà da parte del rappresentante<br />
legale della società Contado S.r.l non<br />
riguarda tutta la proprietà confinante, infatti<br />
un’altra porzione diventerà pubblica a seguito<br />
di un esproprio attuato dall’Amministrazione<br />
comunale con l’intento di ricavarci un<br />
parcheggio che, guarda caso, è quasi contiguo<br />
all’altro parcheggio, quello scomparso che,<br />
secondo le nostre fonti (per Mt sono fonti, ma<br />
per le istituzioni coinvolte sono persone informate<br />
sui fatti), rientra in un accordo tra la società<br />
Contado e l’Amministrazione comunale<br />
di Turriaco. Siccome le parole e le evidenze<br />
documentali sono soggette a valutazioni di<br />
credibilità e verosimiglianza diverse, atteniamoci<br />
ai documenti. Infatti c’è un documento<br />
denominato Convenzione per l’attuazione di<br />
un piano particolareggiato comunale di iniziativa<br />
privata ai sensi del secondo comma<br />
dell’art. 49 della L.R. 52/1991 (Rep. N. 682).<br />
All’articolo 2 di questo documento, che porta<br />
la data del 18 luglio 2000, si legge l’elenco<br />
delle opere primarie che l’impresa si impegna<br />
a realizzare a proprie spese. Al punto 3 di detto<br />
articolo si legge: realizzazione completa di<br />
un’area di parcheggio a servizio della residenza<br />
(S1a) di progettuali complessivi 1072 metri<br />
quadrati. Il documento prevede costi e tempi<br />
di realizzazione del parcheggio e tante altre<br />
cose interessanti e utili per la comunità.<br />
Il faldone che ci viene messo a disposizione,<br />
(si tratta di documenti pubblici ai quali, tutti<br />
avrebbero accesso, compreso chi dovrebbe,<br />
come previsto dalle leggi che disciplinano le<br />
autonomie locali, assicurare la vigilanza e il<br />
controllo nell’ambito del rapporto tra maggioranza<br />
e opposizione) contiene anche altri<br />
documenti.<br />
Infatti un altro documento interessante è quello<br />
denominato Atto di cessione gratuita opere<br />
di urbanizzazione comparto “B” – Curtivon<br />
(Rep. N. 727) del 18 dicembre 2006 con il<br />
quale l’Amministrazione comunale sancisce<br />
l’acquisizione, a titolo non oneroso, tutta una<br />
serie di particelle, opportunamente e puntualmente<br />
elencate che non sembrano comprendere<br />
il parcheggio di 1.072 metri quadrati<br />
previsti dal primo documento. Sul finir dello<br />
scorso anno apprendiamo dalla stampa che<br />
l’amministrazione comunale ha espropriato<br />
la parte di proprietà non acquistata dal rappresentante<br />
legale della società Contado S.r.l<br />
appunto per ricavarci il parcheggio in sostituzione<br />
di quello promesso e mai messo a<br />
disposizione della comunità.<br />
Sono andate veramente così le cose o forse<br />
manca qualche passaggio chiave sufficiente<br />
a rendere tutto plausibile ed inutili le nostre<br />
domande? ❒
Tempo di elezioni a Staranzano<br />
La situazione è complessa. L’amministrazione<br />
uscente è in difficoltà. Due<br />
assessori si sono dimessi. Rifondazione<br />
Comunista ha sciolto l’alleanza con<br />
il Partito Democratico.<br />
Cosa è successo? E’ successo che molta<br />
gente si è ribellata ad un modo di governare<br />
da torre d’avorio, senza dialogo con<br />
i cittadini, senza capacità da parte di chi<br />
governa di ascoltare gli elettori. Un governo<br />
da “puzza sotto il naso” allergico alla<br />
condivisione delle scelte con i cittadini.<br />
Primo esempio la gestione del post referendum<br />
sulla raccolta differenziata, secondo<br />
ed ancora peggiore la questione<br />
della mega centrale elettrica a biomasse<br />
prevista a Bistrigna.<br />
Qui l’amministrazione ha toccato il fon-<br />
Tutto da rifare<br />
iò che sta succedendo a Staranzano in vista delle prossime ele-<br />
C zioni amministrative è una cosa abbastanza insolita, forse nuova,<br />
certamente dovrà far riflettere molti politici “di professione”.<br />
Durante il mandato di un’amministrazione comunale succedono<br />
molte cose impreviste e non incluse in un programma presentato agli<br />
elettori: da una proposta di sviluppo locale presentata da privati (talvolta<br />
carica di potenziali speculazioni) a quella di dover sottostare a<br />
norme sovraordinate (magari europee) a “vecchie” proposte imprenditoriali<br />
con nomi “nuovi”. È nella logica delle cose e questo un po’ è<br />
quello che è successo a Staranzano.<br />
I pochi che sono chiamati a “governare” una comunità spesso ritengono<br />
che la loro competenza e il loro sapere sia il massimo, legittimato<br />
dall’elezione; spesso ritengono che la “gente” sia qualunquista e disinteressata,<br />
anzi, quelli che fanno “casino” e lo fanno perché sono toccati<br />
nei loro interessi.<br />
L’opposizione è quella parte che per definizione sbaglia, perché chi<br />
“governa” ha la verità ed è condivisa dall’elettorato che li ha votati.<br />
L’opposizione è quella che cavalca il “malessere” inevitabilmente generato<br />
da chi “governa” ma, alla fine, gli elettori ci capiscono e la “rete<br />
di conoscenze” dei partiti riuscirà ad appianare ogni malessere nel<br />
nome del “nemico” comune (l’opposizione).<br />
Tutto come se fosse una grande partita di calcio, tutto come se la<br />
“gente” fosse prima tifosa di un partito e poi testa pensante e libera<br />
nelle sue scelte.<br />
Questo meccanismo si sta rompendo a Staranzano, ma mostra i suoi<br />
malesseri diffusi anche nel resto del Territorio. Ha cominciato S.Pier<br />
d’Isonzo, ma serpeggia malumore, per le prossime elezioni amministrative,<br />
anche a Fogliano e a Turriaco, forse anche in altri Comuni. La<br />
“casta” si preoccupa perché sente minacciata la propria “poltrona” ma<br />
non cerca di capire i movimenti e le irritazioni del proprio elettorato.<br />
La “gente” è stanca di essere trattata come “pecore da governare” e<br />
non accetta più che le decisioni siano prese nelle segreterie dei partiti<br />
o nelle stanze del “palazzo”. Sembrerà strano, ma la “gente” è diventata<br />
adulta e non si fida più di questo vecchio modo di far politica.<br />
Sui temi della partecipazione molti si sono mobilitati, hanno ritrovata<br />
una sana irritazione, non hanno delegato ad altri l’espressione del<br />
proprio malessere. La raccolta differenziata dei rifiuti non è piaciuta, è<br />
stato richiesto un referendum i cui risultati sono stati posti nel silenzio<br />
di un cassetto dall’amministrazione, mentre c’era richiesta di una<br />
do. Non solo, su una questione di così<br />
rilevate impatto sull’ambiente non è stata<br />
applicata la procedura partecipativa di<br />
agenda 21, ma addirittura i consiglieri ed<br />
anche gli assessori sono stati tenuti all’oscuro<br />
dell’operazione fino all’ultimo<br />
secondo.<br />
Facendo nascere sospetti sgradevoli sulle<br />
reali motivazioni di tanta segretezza per<br />
una centrale con dimensioni tali da non<br />
aver alcun precedente in Italia.<br />
Inoltre per mesi il Partito democratico si<br />
è opposto all’utilizzo delle primarie per<br />
scegliere il nuovo candidato sindaco e,<br />
proprio per questa ragione, perdendo pezzi<br />
importanti.<br />
Intanto, su iniziativa di alcuni cittadini,<br />
è stato iniziato un percorso di partecipa-<br />
TERRITORIO<br />
[di Arturo Bertoli]<br />
zione per definire il programma e i metodi<br />
di lavoro per arrivare alla costruzione<br />
di una lista e di un candidato Sindaco<br />
che potesse rappresentare e dialogare<br />
con il paese.<br />
Assemblee con una partecipazione con pochi<br />
precedenti a Staranzano ha però fatto<br />
alzare le antennine al PD che teme di perdere<br />
il consenso che per altro con questi<br />
anni di amministrazione non ha mai dimostrato<br />
di saper conquistarsi. E quindi, con<br />
un salto carpiato degno di altri palcoscenici,<br />
si è detto disponibile ad accettare le<br />
primarie. Ma queste scelte fatte con la paura<br />
che è una cattiva consigliera cosi come<br />
la presunzione, non sono che un tentativo<br />
un po’ goffo di chiudere la stalla quando i<br />
buoi sono già scappati. ❒<br />
[di Ferdinando Bertani]<br />
risposta. La “famosa” centrale a biomasse ha suscitato l’opposizione di<br />
molti cittadini che in breve tempo hanno raccolto parecchie firme per<br />
sottolineare il proprio dissenso, anche questo è stato “dribblato” mentre<br />
l’opposizione sfoderava “demagogiche risposte di circostanza”.<br />
In questi contesti “pensar male non si sbaglia mai” diceva il vecchio<br />
della politica, il Divo, e così due sono le strade: o ci si consegna all’opposizione<br />
(voto? Voto di protesta?) oppure ci si rimbocca le maniche<br />
e ci si impegna direttamente pretendendo un diverso modo di fare<br />
politica, soprattutto a livello locale, dove spesso “le reti dei rapporti”<br />
della politica non piacciono più alla gente. L’unico modo per smentirli<br />
è fare tutto alla luce del sole con la partecipazione di tutti. La partecipazione<br />
è una richiesta pressante della “gente” che non si limita più al<br />
solo voto, vuole essere informata e ascoltata in tutti i momenti delle<br />
scelte dell’amministrazione locale.<br />
La gente, oltre al metodo, richiede attenzione alla sostenibilità dello<br />
sviluppo che tutti ormai sanno che c’è solo nell’equilibrio delle<br />
scelte fra ambiente, società ed economia. Quando prevale una di<br />
queste tre componenti, la sostenibilità viene compromessa. Infine,<br />
in questo momento di difficoltà economiche e di incertezza e insicurezza,<br />
la solidarietà sociale è una componente essenziale per una<br />
Comunità.<br />
La scelta di trovarsi, di parlare, di confrontarsi e di impegnarsi direttamente<br />
e personalmente con tutti, cercando l’interesse e la partecipazione<br />
di tutti è la “nuova” politica. Il nuovo è stanco di stare a guardare<br />
e non si fida più dei “professionisti”, di “quelli che sanno”, del “nome<br />
nuovo che salva tutto”, di chi ti dice che “si è sempre fatto così”, di chi<br />
ti “consiglia quello perché conosce molti”, di chi ti assicura “adesso arriviamo<br />
noi”, di chi ti da “il pane ad un euro” (come tempo fa a Napoli<br />
si dava la scarpa destra e, dopo il voto, la scarpa sinistra), di chi ti dice<br />
“con Lui si vince perché è ricco e sa come lo si diventa”, di chi “alza al<br />
cielo i sani principi di una volta”, di chi grida “attento a quelli che son<br />
ladri e assassini e stuprano”.<br />
Solo la “rete della comunità” ti può dare garanzia nella solidarietà sociale<br />
e nella sicurezza tua e delle persone che ti stanno vicine. Direi<br />
che si sta riscoprendo la Comunità soprattutto nel piccolo.<br />
Tutto questo per il mio Comune, il territorio dove abito. Più sopra i<br />
“giochi” sono ancora troppo grandi e la “gente” non ci arriva direttamente<br />
e si deve “fidare” della delega del voto anche se spesso ne è<br />
delusa, qualcuno sceglie l’astensione. ❒<br />
aprile 2009 • M T<br />
• 25
MONFALCONE INTERNATIONAL<br />
IntegrAZIONI [di Giacomo Cuscunà]<br />
Foresti a mofalcon<br />
Incominciare a conoscere la comunità bengalese<br />
di Monfalcone: l’unica via per l’integrazione<br />
Quella presente nel comune di Monfalcone è<br />
una delle comunità bengalesi più rilevanti<br />
sia a livello nazionale che internazionale.<br />
I fl ussi migratori che partono dal Bangladesh si<br />
dirigono in tutto il mondo: Canada, Stati Uniti,<br />
Australia, Nuova Zelanda, ma i maggiori rimangono<br />
quelli per Regno Unito e Italia, con<br />
particolare riferimento al Friuli Venezia Giulia.<br />
I cittadini originari del Golfo del Bengala nella<br />
Città dei Cantieri sono infatti circa 1200, 3000<br />
se si considera l’intera provincia.<br />
Lo spostamento di importanti gruppi di persone<br />
da quell’area geografi ca cominciò all’inizio degli<br />
anni ‘80 e le rotte seguite dai migranti passavano<br />
attraverso l’Unione Sovietica, la Bulgaria<br />
e i Balcani, per poi raggiungere l’Italia attraverso<br />
i valichi di Tarvisio, Udine e Trieste. Per più<br />
di un decennio l’arrivo era quasi interamente di<br />
clandestini che si trovavano a vivere nei primi<br />
mesi di permanenza in Italia senza alcuna tutela.<br />
Dopo l’approvazione della Legge 189/2002,<br />
la cosiddetta Bossi-Fini, e le successive disposizioni<br />
adottate in materia di immigrazione, le<br />
maglie dei controlli si sono ristrette e ora le entrate<br />
sono per lo più di regolari con permesso<br />
di soggiorno e contratto di lavoro o di loro cari,<br />
grazie ai ricongiungimenti familiari.<br />
In Bangladesh la popolazione, dal punto di vista<br />
religioso, è suddivisa in cinque gruppi: Sunniti<br />
(82%), Sciiti (6%), Induisti (11%), Buddisti<br />
(0,6%), Cristiani Cattolici (0,4%). Nella provincia<br />
di Gorizia la presenza è più omogenea,<br />
contando quasi esclusivamente persone di credo<br />
sunnita provenienti principalmente da tre regioni<br />
contigue dello stato asiatico: Kishor Gonj,<br />
Narsingdi e Brahman Baria. Questi sono distretti<br />
dell’area centro-settentrionale del paese: tra i<br />
meno sviluppati e con una situazione socio-sanitaria<br />
piuttosto precaria.<br />
Le storie che stanno dietro a questa migrazione<br />
sono le stesse che animano i racconti di chi attraversa<br />
il Mediterraneo sulle carrette del mare e<br />
sbarca sulle coste di Lampedusa. Le stesse sto-<br />
26 • M T•<br />
aprile 2009<br />
rie raccontate dagli immigrati Italiani sulle banchine<br />
del porto di Nuova York, quando i nostri<br />
piroscafi solcavano l’Atlantico: tutte le persone<br />
che decidono di partire, lo fanno per cercare di<br />
migliorare il proprio stile di vita e quello della<br />
propria famiglia. E questo vale anche per gli immigrati<br />
bengalesi di Monfalcone.<br />
Lo scopo primario che li spingeva a partire negli<br />
anni ‘80 era quello di racimolare abbastanza denaro<br />
per tornare in patria e avviare un’attività in<br />
proprio, con una certa sicurezza economica alle<br />
spalle. Una volta arrivati qui, però, le prospettive<br />
cambiavano poichè la situazione trovata non<br />
era comparabile a quella che si erano lasciati<br />
alle spalle: si intravedeva la possibilità di una<br />
buona scuola per i fi gli, di un lavoro economicamente<br />
importante rispetto agli standard del paese<br />
d’origine, di una casa e anche di poter vivere<br />
una realtà democratica maggiormente garantita.<br />
Tutto ciò ha convinto i migranti a prendere in<br />
considerazione l’opportunità di cercare una situazione<br />
più stabile nel paese ospitante, sia da<br />
un punto di vista lavorativo che abitativo, e di<br />
iniziare una nuova vita, facendosi raggiungere<br />
anche dalla propria famiglia.<br />
La comunità bengalese, nel primo periodo, ha<br />
rappresentato una novità nel panorama dei migranti<br />
insediati sul territorio, che tradizionalmente<br />
erano di origine slava, albanese o nord<br />
africana. Questo non ha di certo favorito la<br />
loro integrazione, anzi, ha alimentato un clima<br />
di diffi denza che rendeva ancor più diffi cile la<br />
ricerca di un alloggio. L’occupazione, invece,<br />
non è mai stato un problema: il Bangladesh è<br />
fi rmatario con l’Italia di un trattato bilaterale<br />
che riserva una quota del mercato del lavoro italiano<br />
ai propri immigrati, che rappresentano un<br />
importante bacino di manodopera a basso costo,<br />
che può far comodo alle industrie operanti sul<br />
territorio.<br />
In generale la comunità bengalese presente nel<br />
Mandamento non ha mai dato segni di disagio<br />
sociale o creato gravi problemi di ordine pub-<br />
blico. Le accuse di essere la causa principale<br />
dell’aumento dei fenomeni di microcriminalità<br />
(e non solo) fatte da alcune parti politiche denotano<br />
una generalizzazione pericolosa. Se è vero<br />
che un numero rilevante di atti illeciti è compiuto<br />
da stranieri, è anche vero che tra i fermati<br />
il numero di Bengalesi è quasi inesistente. La<br />
deriva xenofoba e la paura dello straniero (il<br />
foresto) che va diffondendosi si sta insinuando<br />
anche nella nostra realtà bisiaca, frenando quel<br />
processo naturale di conoscenza dell’altro, che<br />
ha da sempre caratterizzato queste terre, storici<br />
centri di convivenza tra genti diverse.<br />
Non è possibile ignorare la necessità di avviare<br />
una rifl essione seria che prenda in considerazione<br />
le dinamiche ed i bisogni dei migranti<br />
del Friuli Venezia Giulia e di Monfalcone in<br />
particolare. La comunità musulmana (non solo<br />
Bengalesi, ma anche Kosovari, Magrebini...)<br />
ormai, rappresenta il 7% del totale dei residenti<br />
in città (secondo dati pubblicati dal Messaggero<br />
Veneto il 9 Dicembre 2008), e tale percentuale<br />
è destinata a salire nei prossimi anni. Le polemiche<br />
che hanno infarcito i quotidiani locali<br />
sull’eventualità di costruire una moschea nel<br />
territorio comunale sono solo uno dei sintomi<br />
della miopia che sta gradualmente manifestandosi<br />
anche nelle nostre zone.<br />
Che ormai ci sia la reale necessità di creare un<br />
luogo adeguato ai bisogni della comunità islamica<br />
di Monfalcone risulta, a chi scrive, un fatto.<br />
Prova ne sia il fatto che in occasione di importanti<br />
ricorrenze religiose come la Festa del<br />
sacrifi cio o quella che celebra la conclusione del<br />
digiuno del Ramadan, si ripresenti il problema<br />
di trovare uno spazio che permetta ai fedeli di<br />
potersi riunire e pregare assieme.<br />
La creazione di un centro culturale islamico<br />
sembra quasi un tabù, del quale è meglio non<br />
parlare. In realtà un’istituzione del genere potrebbe<br />
rappresentare la via più concreta verso<br />
l’integrazione: punto di riferimento sia per la<br />
comunità musulmana, sia per chi quella comunità<br />
voglia cominciare a conoscerla senza pregiudizi.<br />
In Bangladesh comunque, la pratica della fede<br />
cristiana è garantita e i luoghi di culto sono presenti<br />
sul territorio. Sarebbe curioso che proprio<br />
l’Italia, che amiamo defi nire una democrazia<br />
moderna e laica, crei tanti problemi ad una<br />
comunità così importante, che chiede solo la<br />
possibilità di esercitare uno dei principi cardine<br />
della nostra Costituzione: la Libertà di Culto<br />
(art. 8 e 19).<br />
Uno specchio del cambiamento della popolazione<br />
monfalconese lo troviamo nelle classi delle<br />
scuole materne ed elementari del comune. Da<br />
una ricerca svolta da alcuni studenti del corso di<br />
laurea in scienze internazionali e diplomatiche<br />
di Gorizia risulta ad esempio che “la scuola primaria<br />
Toti di Monfalcone è frequentata da 200<br />
alunni provenienti da 19 Stati diversi. Gli stranieri<br />
sono 23 e i più numerosi sono proprio i bengalesi<br />
(5 alunni).” I bambini nella scuola hanno<br />
cominciato a conoscersi: giocano e studiano assieme.<br />
Per una volta dovremmo imparare da loro:<br />
collaborare per attuare politiche che favoriscano<br />
l’integrazione e la condivisione con l’altro, senza<br />
essere schiavi di ideologie o paure ingiustifi -<br />
cate. ❒
E’ una storia vestita di nero<br />
Primum vivere, deinde philosophari<br />
significa: Prima vivere e poi filosofare;<br />
cioè prima viene la vita materiale<br />
e terrena e poi la filosofia. Questa<br />
frase di Aristotele vorrebbe stabilire che<br />
il nutrimento del corpo viene prima di<br />
quello della mente. Ma quante cose posso<br />
essere subordinate al “mangiare”?<br />
Anche la salute e la vita stessa?<br />
Otello Bosari è stato consigliere regionale<br />
del Partito comunista italiano nelle prime<br />
legislature dopo la costituzione della regione<br />
Friuli Venezia Giulia, dal 1964 al 1978.<br />
Si è sempre occupato di urbanistica e di<br />
pianificazione territoriale con competenze<br />
universalmente riconosciute tant’è che<br />
ancor oggi è ricordato per essere stato uno<br />
dei protagonisti della ricostruzione dopo il<br />
terremoto. Con lui è venuto a Monfalcone<br />
Adriano Biasutti che della regione è stato il<br />
presidente un po’ dopo e da democristiano,<br />
circostanze che però non gli hanno impedito<br />
di essere amico di Bosari.<br />
Arrivano in Monfalcone per presentare<br />
l’ultimo libro di Otello: Luci e ombre del<br />
riformismo liberale italiano di cui ho curato<br />
l’editing e ora la presentazione in libreria<br />
Rinascita.<br />
La presentazione in forma d’intervista a tre<br />
riesce bene, il pubblico è numeroso, verso<br />
la fine esordisco col dire che le ultime<br />
domande avrebbero riguardato la città e il<br />
Territorio di Monfalcone.<br />
Da quello che era il vostro osservatorio<br />
in regione come percepivate il territorio<br />
di Monfalcone. Per voi era Friuli o Venezia<br />
Giulia?<br />
[A.B.] Sicuramente Monfalcone non è in<br />
Friuli ne’ culturalmente ne’ come identità,<br />
ma la sua crescita e la sua evoluzione sono<br />
sicuramente legate più al Friuli che a Trieste<br />
tant’è che nella politica illiana c’è una<br />
componente penalizzante per quest’area<br />
che è quella della grande viabilità.<br />
Del resto sono stato proprio io a proporre<br />
provocatoriamente l’assemblea delle province<br />
friulane...<br />
Presidente Biasutti, allora la devo interrompere...<br />
l’assemblea delle province<br />
friulane, che gli autonomisti volevano<br />
fosse prevista dallo statuto della regione,<br />
è un aggregazione istituzionale su base<br />
etnica. Ora nessuno preconizza per il<br />
FVG scenari balcanici, però molte delle<br />
affermazioni del vate dei serbi di Bosnia<br />
Radovan Karadzic: noi non siamo come<br />
voi, noi parliamo una lingua etc... hanno<br />
qualcosa a che fare con le analoghe affermazioni<br />
di alcuni autonomisti friulani...<br />
[A.B.] Chiariamo su questo, io sono friulano,<br />
parlo friulano e mi sento totalmente<br />
friulano, ma sono fortemente contrario all’utilizzo<br />
della lingua per la costruzione di<br />
identità...<br />
E Tu Otello (Bosari), che ne pensi?<br />
[O.B.] Bisogna andare cauti su questo terreno,<br />
in questi ultimi giorni, a Udine, negli<br />
ambienti nazionalisti si è manifestato il<br />
rifiuto perfino per il coordinamento delle<br />
università perché questi signori sostengono<br />
che l’università friulana debba mantenere<br />
l’identità friulana. È uno dei peggiori argomenti<br />
che si possano sostenere in questo<br />
momento...<br />
[A.B.] Oltretutto le risorse che hanno usato<br />
sulla lingua friulana sono ingentissime<br />
e sono state letteralmente bruciate. Posso<br />
raccontare un esempio familiare...quest’anno<br />
la mia nipote più grande è andata<br />
a scuola e mio figlio ha dovuto scegliere<br />
se farle apprendere il friulano. Io non ci<br />
ho messo becco e mio figlio non ha scelto<br />
il friulano. I friulanisti, che hanno anche<br />
scelto una koinè personale, hanno anche<br />
dato un nome diverso al comune dove sono<br />
nato. Allora ho chiesto loro se erano consapevoli<br />
di usare nomi artificiali. Il problema<br />
è che impongono le delibere in friulano, e<br />
tutta una serie di cose su cu sono contrario.<br />
Invece le tre province devono essere prima<br />
di tutto un fatto programmatico, un fatto<br />
territoriale, di grandi infrastrutture...<br />
[O.B.] voglio raccontare una cosa su Monfalcone.<br />
Nella seconda legislatura è stato<br />
eletto in consiglio regionale un vostro<br />
concittadino, Spartaco Zorzenon, persona<br />
molto preparata e seria, lui, in occasione<br />
di uno dei primi bilanci di questa seconda<br />
legislatura ha proposto che quando in<br />
consiglio regionale si discuteva il bilancio,<br />
ognuno dei tre o quattro consiglieri regionali<br />
impegnati in quella discussione loro<br />
doveva venire davanti al cantiere di Monfalcone<br />
nel momento della pausa pranzo<br />
per illustrare la posizione comunista. Allora<br />
si cercava di costruire un rapporto vero<br />
con le persone...<br />
[A.B.] Negli anni della mia presidenza del-<br />
AMIANTO<br />
[di Tiziano Pizzamiglio]<br />
è una storia da basso impero<br />
è una storia mica male insabbiata<br />
è una storia sbagliata.<br />
(Faber)<br />
la regione il cantiere sostanzialmente era<br />
morto. Avevamo fatto la Garibaldi, prima<br />
facevamo i sommergibili, poi non ci furono<br />
più commesse. Allora fui chiamato dai sindacati.<br />
All’epoca il presidente del consiglio<br />
era Giovanni Spadolini, gli chiedemmo insistentemente<br />
una commessa militare, ma<br />
non ci fu verso benché gli promettessimo<br />
di chiamarla Mazzini (ride). A quel punto<br />
i sindacalisti del cantiere mi dissero che<br />
qua a Monfalcone c’era ancora la cultura<br />
e la tecnologia delle navi bianche. In verità,<br />
con Prodi all’Iri, il cantiere ottenne la<br />
commessa della Micoperi. Chiesi cosa servisse<br />
per realizzarle e mi spiegarono che<br />
c’era la tecnologia sufficiente ma non il<br />
differenziale economico. Bisogna ribadire<br />
che Prodi capi istantaneamente il discorso<br />
e allora la cosa partì. Quello che sarebbe<br />
da chiedere alla politica di oggi è se si sono<br />
accorti che è cambiato il modo di produrre.<br />
Tutto questo afflusso di genti a Monfalcone<br />
è stato preceduto da una programmazione<br />
territoriale?<br />
Siamo all’ultima domanda. Avete appena<br />
detto che i consiglieri regionali comunisti<br />
venivano spesso in città e lei stesso presidente<br />
Biasutti è stato chiamato più volte<br />
per la crisi della cantieristica. Allora vi<br />
voglio chiedere: qualcuno vi ha mai messo<br />
al corrente che gli operai dei cantieri<br />
si ammalavano di asbestosi e che molti di<br />
loro morivano di mesotelioma pleurico?<br />
Che percezione avevate allora della tragedia<br />
amianto nel monfalconese?<br />
[A.B.] Nessuna. Allora un posto di lavoro<br />
valeva più di qualsiasi altra cosa. Nessuno<br />
mi ha mai posto questa questione.<br />
[O.B.] Anch’io devo dare la stessa risposta.<br />
Però ricordo le iniziative di un altro<br />
consigliere regionale comunista della provincia<br />
di Gorizia, Bergomas, che sosteneva<br />
la necessità di investire in termini di prevenzione<br />
socio sanitaria e di non puntare<br />
tutto sulle cure, peraltro prevalentemente<br />
con l’edilizia ospedaliera. Praticamente fu<br />
quello il clima politico in cui persone come<br />
il professor Gobbato riuscirono a lavorare,<br />
altro non so... ❒<br />
aprile 2009 • M T<br />
• 27
AMIANTO<br />
Il silenzio (infranto) degli innocenti<br />
La questione dei risarcimenti deve essere affrontata subito<br />
All’inizio di questo Millennio, la tragedia<br />
dell’amianto era ancora un fatto privato,<br />
circoscritto al dolore delle famiglie colpite<br />
dai lutti. Per anni disinformazione, rimozione e<br />
deliberato silenzio hanno condizionato la vita di<br />
un’intera comunità e reso impossibile qualsiasi<br />
speranza. Poi, proprio all’inizio del secolo, le<br />
cose sono cambiate e tutti i morti e tutto il dolore<br />
scaturiti dall’utilizzo criminale dell’amianto<br />
sono diventati un fatto pubblico, con tutto quel<br />
che ne consegue. Fa sorridere ora chi, dalla<br />
rubrica segnalazioni de Il Piccolo, impartisce<br />
consigli su come rendere pubblica e nazionale<br />
l’epidemia amianto nel territorio di Monfalcone.<br />
Evidentemente questo signore ha seguito con molta<br />
attenzione le attività che, per anni, i volontari<br />
dell’Aea hanno portato avanti proprio allo scopo<br />
di sgretolare il muro di gomma locale per far sapere<br />
al mondo e al Paese che in nessun altro luogo<br />
d’Europa si muore d’amianto come a Monfalcone.<br />
Tuttavia il peggio, come sempre, ci è servito dalla<br />
politica che, proprio in queste ultime settimane,<br />
ha saputo dimostrare che la tragedia amianto non<br />
è che uno dei tanti argomenti da cui trarre il massimo<br />
del consenso politico per se o per la propria<br />
fazione. Su questo argomento, come vedremo, ritorneremo<br />
nel numero 3 di <strong>MT</strong>, garantito.<br />
In questo distratto e freddo febbraio del 2009,<br />
apprendiamo dalla stampa che l’Assessore provinciale<br />
al lavoro Marino Visintin ha rassegnato<br />
le proprie dimissioni perché tre “indignatissimi”<br />
consiglieri provinciali della sinistra radicale le<br />
hanno invocate a gran voce asserendo che la sua<br />
posizione di imputato al processo di Gorizia potesse<br />
vanifi care tutti i vantaggi di immagine che<br />
la costituzione in parte civile della Provincia al<br />
processo gli avrebbe potuto recare. Peccato che<br />
Visintin sia diventato un imputato a Gorizia nel<br />
momento stesso in cui si è saputo che, nel processo<br />
di Trieste egli invece è un importante testimone.<br />
Ma su tutto questo (e molto altro) ritorneremo nel<br />
prossimo numero perché questa intervista è troppo<br />
estesa.<br />
Chiamo Marino, che conosco da tanti anni, all’indomani<br />
delle sue dimissioni, per proporgli<br />
un’intervista non solo su questa vicenda contingente,<br />
ma anche e sopratutto sulla sua conoscenza<br />
dell’utilizzo dell’amianto, sulle informazioni che<br />
circolavano fi no alla messa al bando del 1992 e<br />
soprattutto sulla conoscenza dei fatti da parte delle<br />
istituzioni. Visintin accetta volentieri e ci diamo<br />
appuntamento al bar Marino a Monfalcone. Arriva<br />
con un enorme faldone di documenti che nello<br />
svolgersi dell’intervista mi mostra a suffragio delle<br />
sue dichiarazioni verbali.<br />
In relazione al fatto che la probabilità di contrarre<br />
una neoplasia asbesto correlata è direttamente<br />
proporzionale agli anni di esposizione<br />
e alle quantità di fi bre d’amianto inalate, cosa<br />
ci puoi raccontare dei settori industriali che ne<br />
facevano ampio uso?<br />
L’amianto ha trovato un ampio impiego industriale<br />
solo a partire dalla fi ne dell’800 in parti-<br />
28 • M T•<br />
aprile 2009<br />
colare come coibentante di macchine a vapore.<br />
Di seguito è stato utilizzato come coibentante di<br />
locomotive, nella produzione di tessuti ignifughi,<br />
nella composizione di materiali fi ltranti, nella produzione<br />
di pannelli antincendio o fonoassorbenti,<br />
in isolamenti elettrici oltre che nella produzione di<br />
manufatti di cemento-amianto.<br />
Nei cantieri navali, come sanno tutti quelli che vi<br />
lavoravano, le quantità di amianto impiegate erano<br />
elevate, variavano a seconda della tipologia delle<br />
navi (passeggeri o mercantili). Nella prima metà<br />
degli anni Settanta, presso lo stabilimento navale<br />
di Monfalcone, la produzione era notevole: si arrivava<br />
a varare una superpetroliera in meno di cento<br />
giorni e le linee di produzione davano lavoro a più<br />
di 6000 dipendenti e ad oltre duemila lavoratori di<br />
imprese esterne.<br />
Ecco... Secondo te, gli esposti, i famigliari delle<br />
vittime, l’opinione pubblica e soprattutto i<br />
giudici possono credere a coloro che in quegli<br />
anni avevano un ruolo aziendale, istituzionale o<br />
sindacale che ancor oggi giurano e spergiurano<br />
di non aver mai saputo nulla delle possibili conseguenze<br />
dell’uso dell’amianto?<br />
R. La pericolosità di malattie dovuta all’inalazione<br />
delle fi bre di amianto era nota. Non solo perché<br />
esisteva una legge del 1965 che obbligava tutte le<br />
aziende ad assicurare in modo specifi co all’INAIL<br />
chi maneggiava l’amianto, ma anche perché erano<br />
frutto di indagini sanitarie e ambientali effettuate<br />
sin dagli inizi del 1900 per l’asbestosi e dagli<br />
anni Sessanta per quanto riguarda il mesotelioma<br />
maligno.<br />
I risultati delle indagini effettuate nei cantieri navali,<br />
compresi quelli esistenti nella nostra regione,<br />
sono stati oggetto di divulgazione non solo nel<br />
mondo scientifi co ma anche presso le istituzioni,<br />
il sindacato e ovviamente le aziende. Nessuno<br />
può sostenere che i risultati del convegno medico<br />
internazionale tenutosi a Trieste nel 1974, che ha<br />
avuto ampia eco anche sulla stampa locale, fossero<br />
passati inosservati. Negli articoli di giornale si<br />
leggevano frasi come “la patologia da asbesto nei<br />
cantieri navali (...) concernente i danni provocati<br />
dall’impiego di questo minerale (...) sono rappresentati<br />
anche dalla possibile insorgenza di tumori<br />
del polmone e della pleura”. Negli anni Settanta<br />
era chiara la consapevolezza tra medici e tecnici in<br />
Italia di un rischio per la salute legato alla dispersione<br />
nell’aria e conseguente probabile inalazione<br />
di fi bre di amianto da parte degli addetti delle industrie<br />
manifatturiere.<br />
Pare veramente strano che oggi, medici, tecnici,<br />
funzionari delle ASL dichiarino nei verbali degli<br />
interrogatori nei vari processi che non sapevano<br />
niente.<br />
Ma iniziative politiche... controlli da parte delle<br />
Istituzioni...<br />
Le iniziative dello Stato Italiano e delle Istituzioni<br />
in genere sono state limitate e i controlli da parte<br />
delle Unità Sanitarie, degli Ispettorati del lavoro e<br />
dell’INAIL non si sono mai spinti ad analizzare a<br />
fondo il rischio di esposizione alle polveri. Risale<br />
intervista<br />
di Tiziano Pizzamiglio<br />
[a Marino Visintin a cura di Tiziano Pizzamiglio]<br />
prima parte<br />
solo al 1988 il decreto che vieta l’immissione sul<br />
mercato italiano dell’amianto; però, allo stesso<br />
tempo, si concede una deroga per altri tre anni al<br />
suo utilizzo. In quel periodo si producevano nelle<br />
miniere italiane ben 100.000 tonnellate all’anno;<br />
tuttavia, il numero dei lavoratori che venivano<br />
considerati realmente esposti al rischio amianto<br />
erano stimati in tutta l’Italia solo in 13.000, quando<br />
solo nella cantieristica operavano più di 30.000<br />
lavoratori.<br />
A chi attribuiresti le responsabilità maggiori?<br />
E’ evidente che la responsabilità primaria è a carico<br />
delle aziende ed in particolare quando viene<br />
ravvisata la responsabilità per il danno alla salute<br />
prodotto per effetto di attività lavorativa svolta in<br />
ambiente inquinato.<br />
Ma la scarsa attenzione posta al fenomeno dal<br />
mondo politico ed istituzionale, soprattutto negli<br />
anni Settanta, dopo l’entrata in vigore della legge<br />
300 (Statuto dei lavoratori) penso sia evidente a<br />
tutti. Alla fi ne degli anni Settanta, il Consiglio di<br />
fabbrica del cantiere, peraltro, non era solo a combattere<br />
per il mantenimento dei posti di lavoro e<br />
per il miglioramento delle condizioni di lavoro; le<br />
visite di deputati, senatori, consiglieri regionali e<br />
provinciali, sindaci in cantiere erano all’ordine del<br />
giorno. Non penso che avessero solo l’obiettivo di<br />
cavalcare il malessere per la presenza della cassa<br />
integrazione, li vedevo interessati attivamente alle<br />
questioni del lavoro e quindi mi pare molto strano<br />
che non fossero a conoscenza dei rischi lavorativi<br />
della cantieristica (anche perché buona parte di<br />
loro erano ex lavoratori del cantiere).<br />
Cos’è che le istituzioni potrebbero fare per chi<br />
si sta ammalando ora?<br />
La questione dei risarcimenti deve essere affrontata<br />
subito. Ci sono proposte anche di legge in<br />
questo senso che possono essere utili nel lungo<br />
periodo e mi riferisco al c.d. fondo nazionale per<br />
le vittime dell’amianto, o al ritocco dei limiti massimali<br />
alla base del calcolo della pensione INAIL.<br />
Penso però che in attesa che il Parlamento si decida<br />
a fare una legge ad hoc, e che i tribunali si<br />
pronuncino, ci sia anche bisogno di un altro tipo<br />
di aiuto, molto più veloce, visti i rapidi e devastanti<br />
decorsi della malattia, che affronti con risorse<br />
messe a disposizione dalle aziende coinvolte e<br />
dalle amministrazioni locali il problema dell’assistenza<br />
a tutti coloro ai quali viene diagnosticato<br />
un tumore collegato con l’esposizione diretta o indiretta<br />
all’amianto. Una forte assistenza sanitaria<br />
ed economica sin da quando si presentano i primi<br />
sintomi della malattia.<br />
Penso che sia giunto il tempo perché a livello<br />
locale vada perseguita con riferimento alla c.d.<br />
“responsabilità sociale di impresa” l’istituzione<br />
di una Fondazione tra Associazioni industriali,<br />
Sindacati, Comuni e Provincia di Gorizia che<br />
renda immediatamente operativo tale progetto,<br />
reperendo i fondi e avviando l’assistenza sanitaria<br />
e sociale gratuita, in modo sistematico ed<br />
a un livello elevato, direttamente a casa di ogni<br />
ammalato. ❒
Intervista a Massimo Piran,<br />
cantante e chitarrista [di<br />
Ciao Massimo, ci spieghi un po’ come ti sei<br />
avvicinato al canto e al tuo strumento secondario,<br />
la chitarra elettrica e acustica?<br />
Be’ in verità la chitarra la uso per nascondermi,<br />
non ho queste grandi velleità di virtuoso. Mi è<br />
sempre piaciuta la musica, provengo infatti da<br />
una famiglia in cui è sempre stata presente, mio<br />
padre suonicchiava e ha sempre amato cantare,<br />
così sotto questo influsso a 5-6 anni già cantavo<br />
e iniziai a suonare ad orecchio una tastierina<br />
che era a casa, ma studiare musica nel senso<br />
“didattico” (teoria e solfeggio puro) non è mai<br />
stato nelle mie corde, così fallì il tentativo di<br />
mio padre di farmi studiare pianoforte.<br />
Quali artisti ti hanno influenzato maggiormente<br />
nel tuo sviluppo artistico?<br />
Il canto è una cosa che avevo dentro di me, un<br />
dono di natura, quindi diciamo che si è sviluppato<br />
quasi da solo, per quanto riguarda la chitarra,<br />
abbandonato il piano iniziai a strimpellare<br />
la chitarra che mio padre teneva in casa,<br />
imparando i primi rudimenti da lui. La folgorazione<br />
vera e propria avvenne con la scoperta<br />
di Neil Young, che a 13 anni mi fecero sentire<br />
degli amici. Il disco che me lo fece conoscere<br />
era “Harvest” (1971), appena sentito pensai:<br />
“Cazzo, ma davvero si può suonare la chitarra<br />
acustica a quel modo?”. Era un modo di suonare<br />
che non avevo mai sentito, con l’uso di accordature<br />
aperte, di tecniche di stoppatura del<br />
polso, del fingerpicking (tecnica che permette<br />
di suonare armonia e melodia insieme), la plettrata<br />
mista (plettro + dita). Col fingerpicking<br />
una chitarra che suonava sembrava lavorasse<br />
per tre, permettendo di riprodurre la base del<br />
basso, la base ritmica, armonie e melodie.<br />
Passando all’elettrica invece?<br />
Dopo la scoperta di Neil Young per 5 anni<br />
buoni non ho voluto saperne. Poi però nell’84<br />
mi innamorai di una Gibson Les Paul Deluxe<br />
dorata, soprattutto perché mi ricordava sempre<br />
Neil [V. la famosa Old Lady, Les Paul Goltop<br />
1957 in origina dorata, riverniciata nera, inseparabile<br />
compagna dell’artista canadese. Ndr.].<br />
Ma la usavo poco, vuoi perché non la sentivo<br />
come il mio strumento, ma soprattutto perché<br />
ero ancora nel periodo di approfondimento del<br />
mondo della chitarra acustica. Anche se mi ricordo<br />
molti sabati sera passati a casa a suonare<br />
sopra a “Live Rust” (1979) [celebre album dal<br />
vivo di Young, diviso in due parti: una elettrica<br />
e una acustica, Ndr.], dove suonavo l’acustica,<br />
l’elettrica e anche il piano. Poi però coi ragazzi<br />
con cui giravo all’epoca, decidemmo di fare<br />
un gruppo, ma eravamo tre chitarristi, gli altri<br />
due decisero di passare a basso e batteria e così<br />
io fui costretto ad accompagnare la voce alla<br />
chitarra. Così presi una Fender Stratocaster del<br />
1979, che ancora mi accompagna ed iniziai a<br />
prendere lezioni. A 19 anni sono stato anche in<br />
Inghilterra per un corso di chitarra per 4 mesi,<br />
è stata un’esperienza interessante, anche per-<br />
ché ho imparato più cose frequentando ragazzi<br />
di Londra che le lezioni, che erano molto approssimative.<br />
Al ritorno poi ho iniziato a fare<br />
pianobar, che ha arricchito la mia conoscenza<br />
armonica e la capacità improvvisativa, premetto<br />
però che mi considero un esecutore e non un<br />
musicista, ormai ho passato l’ideale adolescenziale<br />
di fare il musicista di successo.<br />
Comunque diciamo che mi sento vicino a Neil<br />
Young più che altro come figura di cantantechitarrista<br />
acustico, più che elettrico, visto che<br />
non lo considero propriamente tale. Dall’altro<br />
lato non posso negare di avere avuto spunti<br />
interessanti per l’elettrica da artisti pop rock<br />
anni’80 e ’90 come i Police e gli U2. Mi trovo<br />
così ad avere due anime, una legata alla musica<br />
inglese e una americana “westcostiana”.<br />
Ci parli un po’ di un’esperienza particolare della<br />
tua carriera, ovvero l’apparizione in Rai?<br />
Nel 1990 un gruppo locale che si chiamava<br />
Flexy Gang ebbe un ingaggio, grazie all’interessamento<br />
di Sergio Bardotti [Famoso paroliere<br />
italiano deceduto nel 2007 e assiduo<br />
collaboratore di Baudo, Ndr.], per un programma<br />
televisivo che si chiamava “Gran Premio”,<br />
condotto da Pippo Baudo. Il leader del gruppo<br />
si chiamava Mauro Radigna ed era il vocalist<br />
nonché chitarrista. Facevano Ska, riproponendo<br />
vecchi pezzi italiani degli anni ’50-‘60 in<br />
nuove vesti. Il contratto aveva una durata di 4<br />
mesi, da gennaio ad aprile, ma Radigna, dopo le<br />
prime puntate, non era soddisfatto della piega<br />
che avevano preso gli eventi e lasciò il gruppo.<br />
Così Lucio Cosentino, il batterista, mi chiamò<br />
per sostituire il membro dimissionario alla chitarra,<br />
per rispettare gli impegni presi ed evitare<br />
penali con la Rai. Accettai e fu un’esperienza<br />
interessante, soprattutto per comprendere i<br />
meccanismi del dietro le quinte del sistema.<br />
Il gruppo cambiò quindi nome in Grand Flexy<br />
Meet Circus Band, perché al gruppo subentra-<br />
4/4<br />
Massimiliano Moschin]<br />
rono un cantante ex mangiafuoco, un suonatore<br />
di buzuki e un fisarmonicista. Il pezzo che registrammo<br />
fu “Ankara”, di stampo rock balcanico.<br />
Lasciai il gruppo conclusa l’esperienza, che<br />
ricordo comunque con piacere.<br />
Che ne pensi della situazione attuale della<br />
musica?<br />
Credo che già dall’iniziò degli anni ’90 si sia<br />
manifesta una crisi che si è aggravata sempre<br />
di più a partire dalla metà del decennio, che recentemente<br />
si può ben vedere con programmi<br />
come X-Factor, per citarne uno, dove si bada<br />
sempre meno al talento e alla bravura prediligendo<br />
fattori estetici o comunque qualità in grado<br />
di “bucare il video”. Purtroppo, e non voglio<br />
fare il nostalgico, difficilmente la musica degli<br />
ultimi 15 anni riesce a comunicare emozioni<br />
all’ascolto, oggi bisogna prendere, consumare<br />
e buttare via, la gente non ha tempo per ascoltare<br />
con calma e credo che sia anche per questo<br />
che la musica sia standardizzata e uniformata<br />
all’apparire piuttosto che all’essere. Il problema<br />
quindi non è entrare nell’industria musicale,<br />
ma mantenersi in vita all’interno di quel mondo<br />
che tende a travolgere gruppi e cantanti con la<br />
velocità con lui li ha spinti al successo.<br />
In che situazioni live possiamo vederti?<br />
Mantengo l’attività di pianobar, se vogliamo<br />
chiamarla ancora così oggi, poi continuo col famoso<br />
gruppo di amici sopraccitato, gli Special<br />
Plate, dove facciamo cover pop rock straniere e<br />
italiane e con la Becher Blues Band, dove suoniamo<br />
musica West Coast. Purtroppo oggi però<br />
i locali guardano molto a gruppi che attirano<br />
gente e quindi spesso un gruppo che “funziona”<br />
non è detto che sia formato da eccelsi musicisti,<br />
ma basta che riempiano il locale di amici assetati!<br />
Difficilmente poi si trova gente veramente<br />
attenta alla musica perché, e non voglio esser<br />
retorico, in questa zona la musica non è un pilastro<br />
della cultura e dell’identità culturale.<br />
Per concludere, cosa consiglieresti a chi vuole<br />
avvicinarsi al mondo della musica, oggi<br />
poi dove molti ragazzi subiscono molte pressioni<br />
o vengono idolatrati per poi finire nel<br />
dimenticatoio?<br />
Non do consigli perché credo che bisogna provare<br />
sulla propria pelle determinate esperienze.<br />
Spesso tanti ragazzi vengono spinti da chi hanno<br />
alle spalle e si trovano in situazioni davvero<br />
difficili da gestire, il mondo della musica è in<br />
continuo movimento ed è difficile orientarvisi.<br />
Alla Rai ho visto cose davvero assurde, genitori<br />
che accompagnavano i figli facendo di tutto per<br />
far sì che i loro piccoli talenti facessero strada.<br />
Alla fine quindi, è l’esperienza che conta, sia<br />
per comprendere i propri limiti che le proprie<br />
qualità e poi aver tenacia se si crede in un progetto.<br />
Soprattutto, oltre alla tecnica necessaria,<br />
serve riuscire a dare qualcosa, a comunicare<br />
emozioni, colpire nel segno nel cuore e nell’animo<br />
delle persone. ❒<br />
aprile 2009 • M T<br />
• 29
4/4<br />
Roberto Gatto Progressivamente<br />
Live al teatro Pasolini, Cervignano<br />
Rubrica musicale a cura di<br />
Massimiliano Moschin<br />
I<br />
l concerto tenutosi la sera di martedì 10<br />
febbraio al teatro Pasolini di Cervignano<br />
è stato un evento per qualsiasi appassionato<br />
di musica progressive e jazz, ma<br />
soprattutto per gli estimatori del connubio<br />
fra le due, il jazz-prog, trattandosi di una rilettura<br />
di storici pezzi progressivi in chiave<br />
jazzata. Fin dall’inizio la formazione sulla<br />
carta era formata da virtuosi come Roberto<br />
Gatto in partenza, creatore del progetto, alla<br />
batteria, John De Leo alla voce, Gianluca<br />
Petrella al trombone, Luca Mannutza al<br />
piano e alle tastiere, Maurizio Giammarco<br />
al Sax, Fabrizio Bosso alla tromba, Roberto<br />
Cecchetto alla chitarra e Francesco Pugliesi<br />
al basso. Il supergruppo ha rotto il silenzio<br />
entrando in scena con “Money”, capolavoro<br />
pinkfl oydiano, ampliato e arricchito di<br />
colori jazzy e dilatato da lunghe e ricche<br />
performance solistiche della maggior parte<br />
dei musicisti, per poi creare un’atmosfera<br />
che ha avvolto il Pasolini e il suo pubblico<br />
trasportandoli indietro nel tempo, alla<br />
30 • M T•<br />
aprile 2009<br />
riscoperta di musiche ormai leggendarie<br />
ma spesso sconosciute al grande pubblico<br />
contemporaneo. Così fra melodie, improvvisazioni,<br />
solismi e vocalismi si è passati<br />
attraverso un vortice di note da cui sono<br />
scaturiti i King Crimson di “I talk to the<br />
wind”, gli Yes di “Close to the edge”, il Robert<br />
Wyatt di “Sea song”, “Starting in the<br />
middle of the day we can drink our politics<br />
away” e “Zahra”, i Genesis di “Watcher of<br />
the skies” e gli Emerson, Lake & Palmer di<br />
“Trilogy”, giusto per citare alcuni dei momenti<br />
più signifi cativi dell’sibizione. Degna<br />
di nota poi la proposizione di un brano<br />
inedito, “Progressivamente”, composto da<br />
Roberto Gatto in occasione di questo tour<br />
all’insegna della rivisitazione in chiave jazz<br />
del progressive.<br />
I musicisti si sono messi in evidenza sia<br />
per la loro tecnica, davvero eccelsa, ma sia<br />
soprattutto per la spiccata verve improvvisativa,<br />
tipica d’altronde dei jazzisti. Nello<br />
specifi co magistrale l’esibizione della se-<br />
zione fi ati, che ha letteralmente sbaragliato<br />
la concorrenza degli altri strumenti, bucando<br />
la sfera sonora ritagliandosene ampi<br />
spazi per primeggiare. Ottima anche la performance<br />
di basso e tastiere, queste ultime<br />
soprattutto schierate in pompa magna nella<br />
lunghissima a introduzione a “Trilogy”<br />
degli ELP. La chitarra, nonostante sia stata<br />
spesso oscurata dalla debordante e strabordante<br />
performance dei fi ati, ha saputo<br />
ricavarsi degli spazi solistici apprezzabili<br />
e di ottimo gusto. Eccezionale anche l’esibizione<br />
di Roberto Gatto, un vero maestro<br />
nell’uso dei controtempi e del fraseggio<br />
jazz applicati alla batteria. Da segnalare,<br />
in conclusione, la presenza di John De Leo<br />
alla voce nelle reinterpretazioni dei pezzi di<br />
John Wyatt, che ha fornito una esibizione<br />
di ardui e diffi cili vocalizzi, al limite della<br />
sperimentazione e dell’inusuale, risultando<br />
forse di diffi cile comprensione a un pubblico<br />
poco esperto, ma sicuramente suggestivo<br />
a chi avesse ben in mente le doti vocali di<br />
Demetrio Stratos degli Area e di David Surkamp<br />
dei misconosciuti Pavlov’s Dog. In<br />
poche parole, grande musica non convenzionale<br />
che comunque ha fatto registrare il<br />
tutto esaurito al Pasolini. ❒
Luise e le tavole della legge [di<br />
Mesi di rifl essioni, di discussioni e di<br />
valutazioni. Alla fi ne la montagna<br />
partorì il topolino.<br />
L’assessore Luise, incaricato delle politiche<br />
della sicurezza in città, ha fi nalmente fatto trapelare<br />
le misure che intende adottare per ripristinare<br />
l’ordine ed il decoro a Monfalcone.<br />
Sentita una voce che lo chiamava, Luise era<br />
salito sul colle della Rocca da dove, dopo<br />
alcuni giorni, è ridisceso con le tavole della<br />
legge.<br />
Criminali, stupratori, camorristi, evasori, ladri<br />
ed assassini: la pacchia è fi nita!<br />
Con le ordinanze che il Comune si appresta<br />
ad emettere (o forse già emesse dopo che<br />
saremo andati in stampa) si porrà fi nalmente<br />
fi ne alle angosce che attanagliano i monfalconesi.<br />
Le misure che stanno per essere adottate<br />
puntano infatti a colpire al cuore ogni<br />
espressione malavitosa.<br />
Vediamole nel dettaglio:<br />
Divieto di assembramento:<br />
basta, fi nita. Non ci si potrà più trovare in<br />
più di un paio di amici, le famiglie numerose<br />
per passeggiare dovranno chiedere permesso<br />
alla questura, numerosi bar saranno<br />
costretti alla chiusura visto che spesso provocano<br />
fastidiosi assembramenti. Inoltre i<br />
non ariani avranno un handicap, varranno<br />
per due per cui dovranno necessariamente<br />
muoversi da soli. La piazza sarà così fi nalmente<br />
libera, ma così libera che tanto varrà<br />
costruirci un bel condominio.<br />
Divieto di uso improprio delle panchine:<br />
sarà infatti vietato usarle come griglie per<br />
cuocerci le costine, come piazzole di atterraggio<br />
per piccoli velivoli, come campi di<br />
bocce per i nanetti di Biancaneve, per appoggiarvi<br />
lap top, pacchi, libri, borse della<br />
spesa, suocere, bambini con le ginocchia<br />
sbucciate. Bisognerà essere composti, seduti<br />
con le ginocchia unite, non sudare – specialmente<br />
d’estate –, non ascoltare musica<br />
– specialmente con gli auricolari - non appoggiarvi<br />
i piedi – il culo però sì.<br />
Inoltre su una panchina non si potranno sedere<br />
persone della stessa etnia tranne che<br />
i monfalconesi da almeno 3 generazioni<br />
(neanche Luise allora), non ci si potrà sedere<br />
nei giorni pari e men che mai in quelli<br />
dispari e quando c’è bel tempo.<br />
Divieto di sputo.<br />
Da buon cattolico Luise si ricorda di quando,<br />
non molti anni fa, cartelli che vietavano<br />
lo sputo erano appesi sui portoni delle<br />
chiese. Erano appesi anche all’interno degli<br />
ospedali e dei vari uffi ci pubblici e si rivolgevano<br />
a noi, noi italiani che sputavamo<br />
come caffettiere. Quindi da ora basta sputi<br />
per terra; saranno consentiti solo gli sputi<br />
in faccia – alla Totti –, in aria (non è colpa<br />
dello sputante se la legge di gravità li rimanda<br />
a terra), e quelli, con speciale dispensa,<br />
dei francesi che li hanno congeniti nel loro<br />
parlare.<br />
Insomma, un acuto decalogo che promette<br />
di cambiare la nostra vita e che dimostra,<br />
fi nalmente come si devono affrontare i problemi<br />
legati alle trasformazioni della nostra<br />
società e della nostra città.<br />
I problemi che un arrivo così consistente<br />
di persone da tante diverse parti d’ Italia e<br />
del mondo possono essere affrontati in due<br />
modi: uno, il più complesso, è quello di rendersi<br />
conto che ormai questa è una via senza<br />
ritorno, che in tutto il mondo è la stessa cosa<br />
– la globalizzazione, bellezza – e che bisogna<br />
lavorare perché i vecchi monfalconesi<br />
imparino a vivere con questi nuovi monfalconesi,<br />
ne apprezzino anche la cultura e<br />
contemporaneamente si lavori per rendere<br />
più semplice ai nuovi il comprendere e condividere<br />
la nostra realtà.<br />
Senza ricorrere ad ordinanze umilianti per<br />
chi le emette e per chi le dovrebbe osservare.<br />
Ma lavorando, lavorando, lavorando,<br />
fornendo servizi e cultura.<br />
Il secondo è più semplice: non vogliamo<br />
intrusi, vogliamo sempre le stesse facce?<br />
Allora diciamolo chiaramente: spazziamoli<br />
via, mandiamoli a casa, sterminiamoli, sterilizziamoli.<br />
L’ordinanza vieti l’affi tto o la<br />
vendita di case, di alimentari, di medicine a<br />
chi non è comprovatamente monfalconese<br />
(e cosi ci liberiamo anche di Sindaco, 2 o<br />
tre assessori , capitano dei carabinieri, qualche<br />
notaio , avvocato, architetto e preside).<br />
Allora si che il problema si risolve.<br />
In realtà il problema è che sempre le società,<br />
specie nei tempi di crisi, tentano di addossare<br />
la colpa di situazioni diffi cili come<br />
la nostra ai più deboli, agli ultimi arrivati;<br />
succede anche nel Grande Fratello.<br />
Sono cadute di umanità, di capacità di vivere<br />
le trasformazioni, di convivere con chi è<br />
diverso da te che forse dovremmo cercare di<br />
evitare, cercando – per una volta – soluzioni<br />
che non provengano direttamente dal colon,<br />
ma dalla testa e dal cuore.<br />
E non ci si venga a dire che allora noi siamo<br />
favorevoli a comportamenti che, capiamo,<br />
possano dare fastidio; chiediamo<br />
solo che i piccoli problemi come questi<br />
vengano trattati con il buonsenso che ci si<br />
aspetta da chi governa e non con il ricorso<br />
a misure plateali, probabilmente inutili e<br />
sicuramente ridicole. ❒<br />
SICUREZZA<br />
Arturo Bertoli]<br />
aprile 2009 • M T•<br />
31
32 • M T • aprile 2009<br />
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