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MONFALCONE international<br />
L’orda che ci invade<br />
...noi eravamo poveri ma belli, i nostri nonni erano molto diversi<br />
dai curdi o dai cingalesi che sbarcano sulle nostre coste...<br />
In questi anni di confronto con le “orde”<br />
di immigrati in Italia e di serpeggiante<br />
xenofobia forse ignoriamo o cerchiamo<br />
di dimenticare quando eravamo noi<br />
italiani gli immigrati degli altri e un po’<br />
ce la raccontiamo: ”... noi eravamo poveri<br />
ma belli, i nostri nonni erano molto diversi<br />
dai curdi o dai cingalesi che sbarcano<br />
sulle nostre coste, ci insediavamo senza<br />
creare problemi, nei paesi di immigrazione<br />
eravamo ben accolti o ci guadagnavamo<br />
comunque subito la stima, il rispetto,<br />
l’affetto delle popolazioni locali”. Insomma<br />
noi non rubavamo il lavoro agli altri,<br />
non invadevamo le loro belle città, eravamo<br />
educati e rispettavamo le regole. Ma<br />
non è così. Gian Antonio Stella, nel 2002,<br />
ci ha raccontato di “Quando gli albanesi<br />
eravamo noi”, documentando, con fonti<br />
Occhio zio Sam: sbarcano i sorci!<br />
“La discarica senza legge direttamente<br />
dai bassifondi d’Europa”<br />
(Judge, 6 giugno 1903)<br />
18 • M T•<br />
aprile 2009<br />
d’epoca, 100 anni di emigrazione italiana<br />
fatta di diffidenze, luoghi comuni, pregiudizi<br />
e xenofobia che hanno caratterizzato<br />
i giudizi sull’Italia e sul suo popolo: “Bel<br />
paese, brutta gente”.<br />
Forse vale la pena risfogliare quel libro<br />
e rinfrescarci un po’ la memoria. Innanzitutto<br />
cerchiamo di capire se gli italiani<br />
erano considerati una razza e, in quanto<br />
tale, se manifestassero caratteristiche<br />
ben definite. A cavallo degli anni ’20 il<br />
rapporto della Commissione americana<br />
sull’immigrazione stabilì che “tutti gli<br />
abitanti della penisola propriamente<br />
detta così come le isole della Sicilia<br />
e della Sardegna [...] sono italiani del<br />
Sud”, la frontiera tra i due mondi fu definita<br />
“scientificamente” prendendo come<br />
spartiacque il 45° parallelo.<br />
E com’erano questi italiani?<br />
Di origine abissina,<br />
eh sì, grazie agli<br />
studi di Giuseppe Sergi<br />
(antropologo di fine ottocento),<br />
che teorizzò<br />
la colonizzazione della<br />
penisola, in tempi antichissimi,<br />
da parte di una<br />
popolazione abissina, gli<br />
xenofobi americani si<br />
convinsero che gli italiani<br />
fossero “una razza per<br />
metà bianca e per metà<br />
negra”. Anche la scienza<br />
[di Eva Demarchi]<br />
si scomodò, il professor Cornelio Moyano<br />
Gacitúa, lombrosiano argentino, in<br />
merito alla pericolosità degli immigrati<br />
italiani scrisse: “La scienza ci insegna<br />
che insieme col carattere intraprendente,<br />
intelligente, libero, inventivo e artistico<br />
degli italiani c’è il residuo della sua alta<br />
criminalità di sangue.” Quindi non c’è<br />
da meravigliarsi se sul New York Times,<br />
nel 1909, si affermava che “[...] Il criminale<br />
italiano è una persona tesa, eccitabile,<br />
è di temperamento agitato quando<br />
è sobrio e ubriaco furioso dopo un paio<br />
di bicchieri. Quando è ubriaco arriva lo<br />
stiletto. Di regola i criminali italiani non<br />
sono ladri o rapinatori sono accoltellatori<br />
e assassini.” E non mancano i giudizi dei<br />
letterati. Il poeta inglese Percy B. Shelley,<br />
scriveva che gli uomini italiani: ”possono<br />
a stento definirsi tali: sembrano una tribù<br />
di schiavi stupidi e vizzi, e non penso di<br />
aver visto un solo barlume di intelligenza<br />
nel loro volto, da quando ho attraversato<br />
le Alpi” e le donne: “Forse le più spregevoli<br />
fra tutte quelle che si trovano sotto la<br />
luna; le più ignoranti, le più disgustose,<br />
le più bigotte, le più sporche.” Certo tutto<br />
questo, e molto altro ancora, non poteva<br />
che creare diffidenze, stereotipi e pregiudizi<br />
che accolsero i nostri emigranti al<br />
loro arrivo nei paesi dove cercavano migliori<br />
condizioni di vita rispetto a quelle<br />
che, in quegli anni, poteva offrire il nostro<br />
paese.