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CITTÀ COMUNE<br />
Unioni di comuni? Chiacchere che hanno<br />
per argomento il nulla<br />
[di Tiziano Pizzamiglio]<br />
Che voto assegnare alla produttività di chi non ha saputo realizzare nulla in grado di contenere la spesa e di<br />
rendere servizi migliori ai cittadini? Gli unici che si possono dichiarare soddisfatti sono i partiti e il loro esercito<br />
di consiglieri, assessori e sindaci.<br />
Mai come ora la crisi dei piccoli Comuni<br />
è stata così evidente, le risorse<br />
finanziarie non sono più sufficienti<br />
perché i trasferimenti statali e regionali sono<br />
stati ridotti e il ricorso ai flussi finanziari<br />
europei, troppo spesso, è precluso ai piccoli<br />
comuni che non sono capaci di dialogare<br />
con la Comunità europea, questo è un punto<br />
di debolezza che suscita rabbia perché costituire<br />
un centro di progettazione intercomunale<br />
per l’accesso ai finanziamenti europei<br />
era davvero un obiettivo minimo realizzabile<br />
in sei mesi, figurarsi in vent’anni. Rimpiangere<br />
l’imposta comunale sulla casa, non<br />
solo non serve a nulla, ma è anche indice<br />
di totale confusione mentale e politica dal<br />
momento che raramente nella modernità un<br />
regime aveva fatto ricorso a una gabella più<br />
illiberale.<br />
In nessun altro paese d’Europa il potere<br />
locale più vicino ai cittadini è frammentato<br />
quanto in Italia. I Comuni italiani sono<br />
ben 8.103, un numero enorme che appare<br />
ancor più rilevante se consideriamo che<br />
almeno settemila comuni non superano la<br />
soglia dei diecimila abitanti. E non è tutto<br />
qua. Infatti questi settemila comuni si<br />
estendono sul 75% del territorio nazionale<br />
ma vi risiede più o meno un terzo della<br />
popolazione. (sic!)<br />
Il ruolo nel mondo di una municipalità,<br />
anche se alcuni sindaci lo hanno dimenticato<br />
o, molto più probabilmente, non lo<br />
hanno mai saputo, è fornire risorse, competenze<br />
e processi sufficienti a rappresentare<br />
la comunità e il territorio curandone<br />
gli interessi, la qualità della vita e lo sviluppo<br />
economico. Inoltre, molti autorevoli<br />
studi confermano che la dimensione<br />
demografica ottimale di un comune si<br />
colloca in una fascia che va dai ventimila<br />
ai quarantamila abitanti. Non c’è altro<br />
da considerare salvo - ovviamente - le<br />
demenziali convinzioni dei sostenitori<br />
di pretese specificità culturali, etniche,<br />
dialettali e geografiche; con costoro non<br />
serve condividere nessun processo di partecipazione,<br />
sarebbe tempo perso.<br />
Cooperazione e collegialità non sono pratiche<br />
fini a se stesse che si esauriscono in<br />
uno sterile esercizio di autoreferenzialità.<br />
La cooperazione dovrebbe essere intesa<br />
come una sorta di laboratorio permanente<br />
in grado di produrre perlomeno una riduzione<br />
dei costi di gestione dei servizi per<br />
mezzo di una tensione continua al miglioramento<br />
che, a fortiori, passa per accorpamenti<br />
di risorse strumentali e finanziarie<br />
e la confluenza delle risorse umane.<br />
Chiunque conoscesse almeno un po’ il<br />
sistema di Norme che disciplina queste<br />
materie, dovrebbe sapere che tutto non<br />
deve passare necessariamente per l’unione<br />
di comuni, comunque auspicabile, infatti<br />
un pubblico amministratore adeguato<br />
al ruolo sarebbe in grado di raggiungere<br />
obiettivi interessanti senza alterare o distruggere<br />
l’attuale ordinamento amministrativo.<br />
Questo dato dovrebbe tranquillizzare<br />
i partiti che avversano le unioni<br />
dei comuni perché temono di assistere<br />
alla riduzione del loro inutile esercito di<br />
consiglieri, assessori e sindaci. Insomma,<br />
qui non si vuole certo perseguire lo sgretolamento<br />
sociale, i piccoli comuni assicurano<br />
una preziosa funzione di presidio<br />
territoriale su ben tre quarti del territorio<br />
nazionale che, diversamente, potrebbero<br />
incorrere in pericolose dinamiche di spopolamento<br />
abitativo e desertificazione sociale.<br />
Ma questa – semmai - sarebbe una<br />
ragione in più per non perdere altro tempo<br />
in dibattiti che per argomento hanno<br />
il nulla perché è impellente e necessario<br />
riconcepire le logiche interorganizzative<br />
delle economie di scala che solo gestioni<br />
collegiali accorte possono garantire. Poi<br />
è chiaro che l’Amministrazione regionale<br />
e il Governo nazionale devono assicurare<br />
ai comuni condizioni operative efficaci.<br />
In altre parole bisognerebbe attuare, una<br />
volta tanto, il principio di sussidiarietà di<br />
cui si va blaterando a vanvera senza peraltro<br />
conoscerne il significato.<br />
Per quanto il termine suoni un pò cacofonico<br />
e risulti astruso, il concetto, in realtà,<br />
è semplice e di immediata comprensione.<br />
Infatti il principio di sussidiarietà consiste<br />
nell’affermare un dato di fatto più che<br />
evidente: le decisioni politiche e amministrative<br />
e la gestione dei servizi sono di<br />
competenza dei comuni perché in quanto<br />
rappresentanti del potere più vicino al cittadino.<br />
Cosa succede quando il comune<br />
non riesce ad assolvere a questo suo compito?<br />
In questo caso le competenze passano<br />
al livello superiore: non più il comune,<br />
ma la provincia, poi la regione...<br />
In tutto ciò c’è qualcosa che non quadra<br />
perché l’ordinamento costituzionale<br />
prevede l’orientamento opposto: sono<br />
gli Enti locali che devono rendersi complementari<br />
allo Stato quando questo per<br />
distanza o complessità deve ricorrere al<br />
decentramento. Non è semplice, si tratta<br />
di due processi contrari che non possono<br />
scorrere su semirette parallele in senso<br />
opposto, perlomeno non sempre.<br />
Tuttavia, l’evidenza dimostra che il ruolo<br />
più importante compete all’Ente locale secondo<br />
una logica molto ampia di decentramento<br />
amministrativo, solo le competenze<br />
residuali dovrebbero essere trasferite, che<br />
poi è come dire che tutte le funzioni che<br />
le piccole comunità non riusciranno più<br />
a gestire adeguatamente dovranno essere<br />
trasferite al livello successivo.<br />
Quel che serve fare è studiare le forme di<br />
aggregazioni migliori, ricorrendo, di volta<br />
in volta ai più efficaci strumenti associativi<br />
offerti dalle Leggi che già ci sono perché,<br />
chi ha iniziato a farlo, già sta raccogliendo<br />
i frutti del suo lavoro in termini di importanti<br />
economie nella gestione dei servizi.<br />
Non sarà tanto semplice. Come sempre localismi<br />
esasperati, pretese specificità e retaggi<br />
culturali, sociali ed ideologici vari si<br />
metteranno di traverso per impedire qualsiasi<br />
accorpamento di enti o di servizi.<br />
La classe politica dovrebbe compiere un<br />
salto culturale e mettere da parte le logiche<br />
di partito per costruire un sistema in<br />
grado di garantire alle comunità una qualità<br />
della vita adeguata al gettito fiscale che<br />
quella stessa comunità assicura e per una<br />
volta vi risparmio la solita solfa su come<br />
fanno in Francia e Germania ad applicare<br />
il principio di sussidiarietà tanto è scontato<br />
che ci riescono perché, tanto è più forte<br />
il senso dello stato, maggiore è la capacità<br />
di rappresentare gli interessi dei cittadini,<br />
viceversa, più è marcato il senso di appartenenza<br />
al partito, più gli amministratori<br />
esauriscono la loro azione istituzionale<br />
nel mantenimento del consenso per la<br />
propria fazione. ❒<br />
aprile 2009 • M T<br />
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