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TERRITORIO<br />
Riflessioni sugli arresti<br />
Proviamo a fare alcune riflessioni a qualche<br />
distanza di tempo dagli arresti che hanno<br />
visto condotti in carcere tre attivisti di Officina<br />
Sociale molto noti in città per la loro militanza<br />
politica.<br />
E’ una vicenda di fortissimo impatto che ha coinvolto<br />
l’intero mondo politico locale. Se non altro<br />
perché le accuse riguardano un assai presunto<br />
uso del centro di Via Natisone -affidato in convenzione<br />
dal comune di Monfalcone ad associazioni<br />
tra cui capofila “Nuova Entrata libera” per<br />
la gestione del servizio Bassa soglia, servizio di<br />
assistenza a persone in stato di difficoltà– quale<br />
luogo di spaccio di stupefacenti. Accusa di grande<br />
suggestione nell’opinione pubblica.<br />
Meglio dirlo subito perché sembra che la sola circostanza<br />
degli arresti sia di per sé una di misura<br />
di validità delle indagini, come se la detenzione<br />
in attesa di giudizio sia una sorta di anticipazione<br />
del processo e della pena.<br />
Ma non è e non può essere così in un sistema<br />
giudiziario che prevede precise sedi di verifica<br />
delle scelte degli investigatori e degli inquirenti e<br />
sarà il dibattimento pubblico ad accertare la consistenza<br />
delle accuse.<br />
Le indagini, condotte con gran impiego di personale<br />
e mezzi, cominciano con una perquisizione<br />
al centro di Via Natisone nel maggio 2007, con<br />
sequestro anche di materiale informatico che riguardava<br />
i dati di utenti del servizio di assistenza<br />
fiscale. Proseguirà per 15 mesi fino a settembre<br />
2008 e poi, dopo altri 4 mesi, il Giudice per le<br />
indagini preliminari decide di accogliere peraltro<br />
non tutte le richieste per arrivare a febbraio 2009<br />
agli arresti. Quindi non si è trattato di arresti in<br />
flagranza di reato, ma di misure che avrebbero<br />
dovuto basarsi su una pluralità concorde di elementi<br />
a carico degli arrestati. Ci sono questi elementi?<br />
E chi e come li avrebbe raccolti?<br />
E’ un fatto che il Tribunale per la libertà non ha<br />
confermato le misure e che ha anzi speso parole<br />
dure in alcuni passaggi della sua decisione su taluni<br />
elementi indiziari raccolti.<br />
Insomma un’indagine lunga e, ci si potrebbe immaginare,<br />
approfondita.<br />
Un’indagine in cui grande responsabilità hanno<br />
gli organi di polizia giudiziaria che hanno provveduto<br />
a sentire -in modi da verificare- persone<br />
tra cui minorenni, a intercettazioni telefoniche ed<br />
ambientali, e addirittura a riprese video carpite<br />
segretamente in un caso all’interno del centro durante<br />
una serata pubblica.<br />
La prima grande questione riguarda l’ampiezza<br />
dei poteri di indagine della polizia giudiziaria, i<br />
metodi scelti, i mezzi impiegati. Questione che<br />
tocca tutti, non solo gli arrestati. Il grande rischio<br />
è che si raccolgano indiscriminatamente dichiarazioni<br />
che non sono sottoposte ad un prudente riscontro<br />
e vaglio preliminare. La preoccupazione<br />
per il rispetto del necessario equilibrio tra poteri<br />
dello Stato, tra polizia giudiziaria, Magistratura e<br />
cittadini è grande.<br />
La scelta degli organi e delle persone al loro interno,<br />
cui affidare le indagini, il controllo sulle<br />
modalità di scelta di assumere certi elementi per<br />
lo sviluppo delle indagini, sono temi di rilevanza<br />
democratica generale. Chi dirige queste attività<br />
8 • M T • aprile 2009<br />
all’interno della polizia giudiziaria? Chi può garantire<br />
che nei vari corpi investigativi non ci sia<br />
una sorta di diritto di precedenza legato ad una<br />
presunta esperienza sul campo di alcuni investigatori<br />
rispetto ad altri?<br />
Credo che anche nell’interesse di chi è investigatore<br />
serio ci sia la necessità di mettere dei paletti<br />
in attività di indagine di questo genere. E qual è<br />
la copertura delle spese per questo tipo di operazioni<br />
in particolare per le intercettazioni, attività<br />
a carico del contribuente?<br />
La verità è che si considera LA SICUREZZA<br />
come una priorità in sé, senza domandarsi se<br />
non sia invece prioritario un sistema sociale forte<br />
che contrasta il lavoro nero, l’evasione fiscale, la<br />
frammentazione del lavoro, una rete di assistenza<br />
sociale seria, una rete scolastica moderna. L’isteria<br />
della sicurezza provoca semmai un clima di<br />
insicurezza, paura e sospetto, dalla caccia al clandestino<br />
alla pretesa di affidare ai Sindaci poteri<br />
sempre più ampi e, con l’aiuto dei mezzi di informazione,<br />
si tende a rendere comunque e sempre<br />
verosimile l’operato delle forze dell’ordine. Che<br />
poi non bastano più: chi ricorda più i poliziotti<br />
di quartiere? Ora si parla di vigili armati, poi di<br />
ronde e chissà cos’altro.<br />
In questo caso il sospetto è diventato teorema perché<br />
si addebita ai promotori delle associazioni di<br />
Officina Sociale una responsabilità quasi oggettiva<br />
nell’aver consentito un uso indiscriminato e<br />
non ben precisato di sostanze da parte di terzi. E<br />
si fa discendere tutto da informazioni testimoniali<br />
che non si sa come raccolte e scelte.<br />
Ad alimentare tale ipotesi, una sorta di ramificata<br />
rete di spaccio in città, viene fornita un’immagine<br />
del centro come dedito ad attività misteriose o<br />
non autorizzate quando invece in un anno e mezzo<br />
di indagini mai è stato detto che li si svolgevano<br />
tutta una serie di attività lecite, autorizzate<br />
con le fasce di utenti più difficili. Se questi utenti<br />
sono quelli che vengono sentiti nell’inchiesta per<br />
quale motivo non vengono passati ad un vaglio<br />
preliminare di credibilità, alcuni dei quali giovani<br />
o giovanissimi che apparentemente colti in fragranza<br />
racconterebbero cose tutte da dimostrare.<br />
Che il clima prodotto dall’inchiesta è di pesante<br />
impatto, lo prova il fatto che Il Piccolo abbia<br />
titolato sulla presenza di cocaina nel centro sociale,<br />
circostanza per nulla risultante dalle accuse<br />
specifiche e neppure accennata nell’udienza del<br />
riesame. Articolo che grida vendetta.<br />
Può essersi così prodotto una sorta di pregiudizio<br />
pubblico contro persone coinvolte in attività<br />
di impegno politico. Si sa infatti che il modo<br />
peggiore per distruggere un soggetto politico fastidioso<br />
è quello di contestargli, non un’accusa<br />
politica, ma un’accusa infamante.<br />
Monfalcone in questi anni è un luogo degradato<br />
da mille fattori, livellamento verso il basso delle<br />
figure economiche, precariato molto diffuso, per<br />
non parlare della presenza di locali pubblici che<br />
pullulano di figure deboli per cui c’è un continuo<br />
chiacchiericcio, pettegolezzi, battute, veleni,<br />
ipotesi fantasiose. E in questo contesto è molto<br />
strano che la pietra dello scandalo sia Officina<br />
Sociale piuttosto che una serie di altri comportamenti,<br />
a partire dall’alcolismo.<br />
[di Avv. Giovanni Iacono]<br />
Si idealizza che la persona è per bene se ha un<br />
lavoro regolare, una famiglia tradizionale, e tutti<br />
quelli che non sono dentro questa immagine diventano<br />
soggetti a rischio.<br />
Criterio di giudizio tanto più assurdo se pensiamo<br />
a come gli arrestati sono noti per il carattere<br />
d’avanguardia delle tante lotte sociali fatte in<br />
questi anni, per gli immigrati, contro il narcotraffico,<br />
per la casa.<br />
Lo stesso fatto di gestire un servizio a bassa soglia<br />
che è totalmente lasciato da parte nell’indagine.<br />
Non si parla del fatto che li dentro veniva<br />
svolto un servizio a disposizione di utenti socialmente<br />
in difficoltà. Dando per certa la credibilità<br />
di alcuni di questi utenti che raccontano notizie<br />
totalmente sovradimensionate e fantasiose e togliendo<br />
in partenza la credibilità ai responsabili<br />
del centro perché qualcuno dei presunti informatori<br />
riferisce di misteriosi e non ben identificati<br />
happening di fumo.<br />
Altro elemento di riflessione anche il rischio che<br />
la vita privata delle persone debba essere setacciata<br />
e sistematicamente scrutata. Su quest’aspetto<br />
l’ordinanza del tribunale del riesame dice una<br />
cosa molto importante nel momento in cui ipotizza<br />
che le riprese video eseguite nell’abitazione<br />
degli indagati sono inutilizzabili. Al di la del fatto<br />
che queste riprese non provano nulla perché negli<br />
atti d’accusa si parla quasi esclusivamente di<br />
quantitativi imprecisati o di minima entità.<br />
Se passa l’idea che possano venir usate video<br />
riprese si alimenta un circuito infernale, un uso<br />
distorto delle tecnologie per controlli sociali.<br />
Messaggi telefonici registrati, controllo delle e<br />
mail e cose di questo genere. Non occorre essere<br />
“antisistema” per capire che è un comportamento<br />
pericolosissimo. Un liberale classico direbbe che<br />
lo stato non può sostituirsi all’individuo nella sua<br />
privacy personale e fa molto piacere che sia stato<br />
un giudice a dir questo perchè in passato, anche<br />
a sinistra, erano molti quelli che dicevano che il<br />
comportamento del privato deve essere messo a<br />
disposizione del gruppo per capire l’affidabilità<br />
di una persona. Questa è una visione di prevalenza<br />
dello stato o del gruppo sul privato che invece<br />
l’ordinanza del riesame distrugge in modo assoluto.<br />
Anche sotto questo aspetto una vicenda giudiziaria<br />
che costituisce un punto di non ritorno.<br />
Nulla è più come prima nel modo di fare notizie,<br />
di fare indagini, di limite alla ricerca delle prove,<br />
nella responsabilità di ognuno quando si affermano<br />
cose a carico di altri.<br />
Abbiamo assistito a una reazione di grande sostegno<br />
ai nostri amici arrestati, e ciò significa<br />
che l’immagine sociale autentica di chi è stato<br />
arrestato ingiustamente è molto superiore a quell’immagine<br />
brutale e riduttiva che emerge dall’inchiesta.<br />
Il fatto che il giudice del riesame decida in ventiquattr’ore,<br />
quando le decisioni del giudice di<br />
Gorizia hanno richiesto molti mesi, con un’ordinanza<br />
molto chiara la dice lunga sul fatto che<br />
viviamo letteralmente sotto una spada di Damocle<br />
permanente. Che siamo di fronte ad uno<br />
strapotere degli apparati investigativi da evocare<br />
immagini dei c.d. servizi deviati della storia della<br />
repubblica. ❒