Mie care nipoti ... - Cambiailmondo
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trattasse. Lo dovevo capire solo qualche anno dopo, a mie spese e a spese della mia<br />
famiglia e dell’intera popolazione di Orsogna e dei paesi vicini!<br />
Fu così, dunque, che anche la nostra famiglia entrò in guerra, anche se erano altri ad<br />
averla voluta.<br />
Di lì a poco, mio padre fu richiamato alle armi e venne mandato in Sicilia; e assieme a<br />
lui partirono anche i miei zii, due dei quali finirono per loro fortuna prigionieri, l’uno, lo<br />
zio Antonio, degli inglesi e l’altro, lo zio Nicolino, dei tedeschi (gli toccò però una sorte<br />
assai grama e pericolosa durante la prigionia, perché fu tra gli italiani caduti in mano ai<br />
tedeschi dopo l’8 settembre che si rifiutarono di arruolarsi nell’esercito messo in piedi<br />
dalla repubblica di Salò), mentre un altro, lo zio Giuseppe, il fratello più giovane di<br />
mio padre, sempre così allegro e scanzonato (mi ricordo ancora le volte che giocava<br />
con me bambino), sposato da soli pochi mesi, doveva sparire, lasciando un figlio che<br />
non conobbe mai, nelle acque dell’Egeo, di fronte alle coste della Grecia, a seguito<br />
dell’affondamento da parte degli inglesi della nave che trasportava i nostri soldati.<br />
Mia madre, rimasta sola con due figli piccoli e mia sorella minore ancora in fasce, senza<br />
mio padre non era naturalmente in grado di lavorare la campagna; e così dovemmo<br />
lasciare tutto e tornare a Orsogna.<br />
Andammo a stare in una casa situata lungo la strada, allora tutta lastricata di ciottoli, che<br />
porta a quella che gli orsognesi chiamano la fonte vecchia e che io ricordo soprattutto<br />
perché durante l’unico inverno che vi abbiamo abitato, grazie al fatto che la strada era<br />
tutta in forte discesa, noi bambini ci divertimmo un mondo a fare grandi scivolate sulla<br />
poltiglia ghiacciata che ricopriva l’acciottolato. Qualche volta facevamo anche brutte<br />
cadute, ma questo non faceva che accrescere il nostro divertimento!<br />
Con l’arrivo della primavera ci trasferimmo, sempre in affitto, in una nuova abitazione<br />
lontana appena un centinaio di metri dalla vecchia: si trovava dietro la caserma dei<br />
carabinieri, in una zona popolata di bambini, proprio al margine dello strapiombo che<br />
dà sulla angusta valle dell’Arenale e dal quale si scorgeva in lontananza il mare di<br />
Ortona.<br />
Nella nuova casa, la vita scorreva senza particolari problemi. E la nostra giornata era<br />
quella solita: la scuola (frequentavo allora la seconda elementare), i giochi con gli altri<br />
bambini del vicinato, le partite di calcio con la palla di pezza davanti alla caserma dei<br />
carabinieri o le scorribande con i miei amici di allora da una zona all’altra del paese…<br />
Insomma, della guerra che imperversava in tutta l’Europa a noi bambini non arrivava<br />
neppure l‘eco. Gli unici indizi erano l’assenza dei padri e le lettere che ogni tanto<br />
arrivavano dal fronte, ma neanche ciò turbava più di tanto le nostre giornate.<br />
Le cose cominciarono a cambiare qualche anno dopo, all’indomani della caduta del<br />
fascismo nel luglio del ’43 e poi dopo l’8 settembre, quando anche noi bambini ci<br />
trovammo di fronte a fatti e situazioni per noi del tutto nuovi e sconosciuti e che<br />
dovevano in un breve giro di mesi mutare radicalmente la nostra vita.<br />
Ho ancora vive, ad esempio, nella mia mente le immagini di un gruppo di uomini<br />
impegnato con molto entusiasmo e anche un certo furore a togliere dal municipio e da<br />
altri edifici pubblici i simboli del fascismo, buttati poi a terra e fracassati, subito dopo<br />
la caduta di Mussolini.<br />
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