Mie care nipoti ... - Cambiailmondo
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tutti raccolti attorno a don Vincenzo. Manca solo Nandino che era il più grande della<br />
compagnia. Tra i chierichetti, poi, c’è Ruccucce che entrò in seminario qualche anno<br />
più tardi e si fece davvero prete: don Ferdinando e don Rocco furono, anzi, gli unici a<br />
raggiungere il sacerdozio, mentre tutti gli altri, uno dopo l’altro, presero altre strade.<br />
Insomma, non c’era proprio molto tempo per fare altre cose, e passavamo così la gran<br />
parte dell’estate quasi sempre in compagnia delle stesse persone.<br />
Continuare a frequentare la parrocchia, anche dopo l’abbandono degli abiti da<br />
seminarista, fu per me quindi del tutto naturale, frutto di un’abitudine ormai antica; e<br />
sinceramente non mi sarei mai aspettato che qualcuno, a partire dal parroco, potesse un<br />
bel giorno eccepire sulla mia presenza in quei locali e che mi sarebbe potuto accadere<br />
quel che poi mi accadde.<br />
Ma che cosa avvenne esattamente quel giorno, tra la primavera e l’estate del 1952?<br />
Una cosa per me davvero singolare, che mi prese alla sprovvista e mi lasciò senza<br />
parole, e cioè che don Vincenzo, che era già divenuto il nuovo parroco di S. Nicola e<br />
con il quale avevo una certa dimestichezza sin da ragazzino, mi cacciasse letteralmente<br />
dalla parrocchia proibendomi di rimettervi piede.<br />
Non ricordo affatto che cosa avesse scatenato in quel momento la sua ira, ricordo solo<br />
che mi aggredì in un modo violento e che non ammetteva obiezioni di sorta: sembrava,<br />
nella sua furia, l’arcangelo, che vediamo raffigurato in tante pitture, che caccia, con la<br />
spada sguainata e fiammeggiante, Adamo ed Eva dal paradiso terrestre!<br />
Ricordo ancora che io me ne andai senza fiatare e che da allora non rimisi più piede né<br />
in chiesa né nei locali della parrocchia. Neppure don Vincenzo mi rivolse, da allora, più<br />
la parola, anzi quando gli capitava di incontrarmi per il paese si girava puntualmente<br />
dall’altra parte, con uno scatto imperioso e collerico della testa! Fu, insomma, una<br />
separazione con inimicizia, che è durata fino al 1985, quando venni eletto sindaco di<br />
Orsogna.<br />
Quell’anno, già nel corso della campagna elettorale, don Vincenzo, che non si era mai<br />
preso molto con il candidato sindaco della DC, si atteggiò nei confronti miei e della<br />
lista che capeggiavo in maniera non ostile, atteggiamento che, dopo la nostra vittoria, si<br />
tramutò, sia pure a distanza di qualche mese, in una ripresa di rapporti e di amicizia che<br />
non sono poi mai più venuti meno, fino alla sua morte.<br />
Non dimenticherò mai anzi, a questo proposito, un episodio che allora mi colpì molto.<br />
A Orsogna c’è l’usanza che la sera del 31 dicembre il sindaco, assieme alla giunta e ai<br />
consiglieri comunali, partecipi con il gonfalone del Comune portato dai vigili urbani in<br />
grande uniforme al Te Deum di ringraziamento celebrato nella chiesa di S. Nicola.<br />
Molti si aspettavano che io non andassi (i pregiudizi nei confronti dei comunisti, ancora<br />
in quegli anni, erano davvero duri a morire), io invece stetti alla tradizione e mi recai in<br />
chiesa con la giunta e il Consiglio comunale.<br />
Assistemmo alla funzione religiosa in prima fila, tra la curiosità della grandissima<br />
folla presente, ma quando ormai essa volgeva al termine avvenne qualcosa che colse<br />
di sorpresa un po’ tutti ma soprattutto me: don Vincenzo lascia l’altare, scende i gradini<br />
che separano l’altare dallo spazio riservato ai fedeli e viene a stringermi la mano!<br />
Lo fece, tra l’altro, in maniera piuttosto plateale e anche calorosa, come era d’altra parte<br />
nel suo carattere.<br />
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