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LA CITTA' DEI MALATI, II VOL (1995) - Società Amici del Pensiero

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che hanno già provocato dispiacere); l‟attenzione è rivolta agli<br />

investimenti. [14] Inoltre l‟individuo deve saper distinguere se la<br />

fonte <strong>del</strong> soddisfacimento è sensibilmente presente nella realtà<br />

esterna oppure se è presente nella realtà psichica (il ricordo), pena il<br />

dispiacere. L‟Iodeve cioè saper distinguere una percezione da un<br />

ricordo (la distinzione è operata dal giudizio). Ogni volta che tale<br />

ricordo viene riattivato (basta a tanto il prodursi di esperienze che<br />

rievocano il ricordo), si produce uno stato che è simile al dolore, ma<br />

che non è dolore: è dispiacere. Il dispiacere può provenire<br />

dall‟interno <strong>del</strong> corpo a causa <strong>del</strong>l‟investimento di un ricordo di<br />

dolore e non solo a causa di un fattore <strong>del</strong> mondo esterno che<br />

produca dolore. Freud introduce già, benché implicitamente, il<br />

pensiero, perché il dispiacere di cui egli parla è quel dispiacere cui<br />

anche il pensiero può soggiacere, e <strong>del</strong> quale tratterà in esteso nella<br />

terza parte <strong>del</strong> Progetto.<br />

3. Ma ecco un ulteriore problema: la coscienza normalmente non<br />

annota piacere e dispiacere, questo giudizio distintivo è operato<br />

dall‟Io. Piacere e dispiacere (cioè: con soddisfacimento o con dolore)<br />

sono registrati dalla coscienza solo nella misura <strong>del</strong>la loro intensità,<br />

allorché sono costantemente presenti e rimangono inconsci. Ora, ciò<br />

che importa cogliere è come l‟individuo possa conoscere questi stati<br />

di dispiacere in modo tale da difendersi dal loro insorgere: il<br />

dispiacere causa sempre l‟interruzione <strong>del</strong> moto. Tale distinzione è<br />

resa possibile dal «segno di qualità o di realtà» che solo le percezioni<br />

danno [15] e che la coscienza annota. Nelle pagine seguenti si vedrà<br />

come la coscienza riconosca non solo la realtà esterna sensibile, ma<br />

anche quellapsichica, ossia il pensiero in quanto conclusione prima<br />

e elaborazione poi. Mediante la parola, infatti, anche questo moto<br />

sempre attivo (anche nel sonno) che è il pensiero accede alla<br />

coscienza conferendo all‟Io l‟affidabilità che gli compete.<br />

Riassumendo: se non vi fosse pensiero – soddisfazione – non ci<br />

sarebbe corpo – appagato -, dunque non vi sarebbe bisogno di difesa<br />

dal dispiacere. Questa osservazione è appunto un‟osservazione, non<br />

un‟ipotesi astratta. Il passaggio reale all‟astrazione dal pensiero è<br />

possibile: se non vi fosse pensiero vi sarebbe il masochismo. Infatti è<br />

proprio nel masochismo che non ci si difende dal dispiacere. Il corpo<br />

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