CRAC - Altervista

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FAVILLE DI COMETE
Stupore, soavità, fragilità, accoglienza.
Ricordo questo in un lontano 1968.
Un albergo, a Torino; un cielo grigio, a Torino; una mano
protesa verso un‟altra mano, attraverso la nebbia, a
Torino; monaci camminanti in un universo zen, a Torino;
suoni di cimbali ed essenzialità degli ikebana, a Torino;
città tutta aperta in sofferenza, Torino…
Jenny. Senza saperne di più.
Parcella d‟una tribù romana, lieve come un soffione,
senza peccati più, perché consunti, svaniti nel fumo d‟un
incenso in un turibolo d‟antica arabità.
Le trame come sottili fili di ragnatela, che il vento
disperde quando il tempo passa, e da allora i velieri hanno
circumnavigato la Terra.
Jenny che compone ikebana, allora: un „allora‟ fermato,
fratello dell‟ „adesso‟. Jenny che compone ikesie, ovvero
poesie come ikebana che soltanto la povertà e l‟incuria del
mondo impedirono che volassero su carta, racchiuse in
volumetti.
Jenny me le inviò, le sue ikesie: sono ancora qui, nella mia casa. Con esse, ora che l‟età avanza,
sento di dover dialogare affinché non siano, per me, orfane. Pace. O M.