CRAC - Altervista
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PROFILO BIOGRAFICO DI<br />
R O D S U M M E R S<br />
Rod Summers, nato nel 1943 nella contea inglese del Dorset, è un artista-performer che si muove attraverso i<br />
più disparati territori espressivi: dall’arte concettuale, al teatro, dalla poesia sonora e visiva alla<br />
drammaturgia, dalla mail art alla book art.<br />
È editore, archivista, promotore, attivo interprete del movimento intermedia.<br />
Vive a Maastricht in Olanda.<br />
I risultati di questa multiforme attività possono essere raccolti sotto la comune sigla VEC (Visuale,<br />
Sperimentale, Concreto), che Summers coniò nel 1973 come espressione del proprio modo di intendere<br />
l’arte.<br />
Nel 1999 la CNN ospitò Summers nel corso della trasmissione Art Club, come rappresentate<br />
dell’avanguardia artistica in Olanda.<br />
Negli ultimi vent’anni ha preso parte a numerosi festival e manifestazioni in Europa e Islanda, tra cui l’Art<br />
Festival in Reykjavik nel 1991, il Festival della polipoesia a Bologna nel 1993 e il Festival Internazionale<br />
della poesia sonora a Bologna nel 1997.<br />
L’opera di Summers si colloca all’interno della cosiddetta “seconda generazione” di artisti intermedia,<br />
laddove alla prima appartenevano figure del calibro di Dick Higgins, VTO Acconci, John Cage, Allan<br />
Kaprow, Joseph Beuys e gli aderenti a Fluxus degli anni Sessanta.<br />
A differenza di Higgins e degli altri membri della “prima generazione”, Summers ha un approccio meno<br />
teorico e più sperimentale all’arte. In ragione di ciò, non esiste un manifesto scritto del VEC, sebbene sia<br />
facile intuire quali ne sarebbero le linee guida dalla sola analisi delle performance e degli altri materiali che<br />
ne portano la sigla. Gli archivi costituiscono una vera e propria archeologia di questo “protocollo”,<br />
proponendo una cronologia delle attività (quindi una narrativa in continuo divenire), e circoscrivendone, al<br />
contempo, l’ambito operativo. Il continuo stratificarsi di contributi provenienti da altri artisti, conosciuti e<br />
sconosciuti, aggiunge molteplicità e complessità all’intero progetto, proponendo l’archivio stesso come<br />
forma/oggetto d’arte.<br />
Raccogliendo l’eredità di Beuys e di altri artisti degli anni Sessanta come Jerzy Grotowski, Summers utilizza<br />
la dialettica della “possibilità” e della “potenzialità”, come norma di vita. La vita e l’arte sono portate a<br />
coincidere o, con una citazione che gli è cara, “VEC c’est moi”. Tutto ciò diviene possibile, come già per<br />
artisti come lo stesso Beuys o Duchamp, attraverso una spiccata componente carismatica, abilmente innestata<br />
su una fitta rete di contatti, non solo in ambito strettamente artistico. Non stupisca allora l’altra affermazione<br />
di Sumemrs quando, a proposito del VEC, spiega come si tratti di “un rapporto culturale tra artisti<br />
consenzienti”. Viene così a cadere la residua distinzione tra atto creativo e atto politico: una volta ancora vita<br />
e arte si toccano agli estremi.