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Foglio di Bacco n° 6 (pdf 855Kb) - Vino e Giovani

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Il cinema italiano<br />

racconta il vino<br />

Le vigne e le tavole,<br />

la produzione e il consumo consapevole<br />

<strong>di</strong> Massimiliano Coviello


© Enoteca Italiana, Siena 2012<br />

Coor<strong>di</strong>namento e<strong>di</strong>toriale<br />

Silvana Lilli<br />

Grafica<br />

Cooprint - Industria Grafica Soc. Coop., Siena<br />

Stampa<br />

Cooprint - Industria Grafica Soc. Coop., Siena<br />

In copertina<br />

Fotogramma tratto da Rupi del vino <strong>di</strong> Ermanno Olmi, 2009


Riven<strong>di</strong>co il <strong>di</strong>ritto (se non ad<strong>di</strong>rittura il dovere) <strong>di</strong> continuare ad essere mondani,<br />

cioè vicini al mondo, vigili su quel che il mondo ci offre. Nonché il <strong>di</strong>ritto (e <strong>di</strong><br />

nuovo il dovere) <strong>di</strong> esemplificare i caratteri della <strong>di</strong>sciplina nel modo più lieve, <strong>di</strong>dascalico,<br />

ironico e autoironico che sia possibile. L’intellettuale che pensa solo e soltanto<br />

ai Gran<strong>di</strong> Valori secondo me non è un intellettuale: non essendo capace <strong>di</strong> pensare<br />

in termini <strong>di</strong>sincantati, <strong>di</strong>vertiti, banali; non essendo capace <strong>di</strong> trascorrere dall’astratto al<br />

quoti<strong>di</strong>ano; non essendo capace <strong>di</strong> vivere la vita comune, allora costui non serve.<br />

I Gran<strong>di</strong> Valori non hanno senso, se non si vestono da tutti i giorni.<br />

Omar Calabrese<br />

Serio Ludere (Sette serissimi scherzi semiotici), Palermo, Flaccovio, 1993


In<strong>di</strong>ce<br />

Premessa<br />

<strong>di</strong> Rosa Bianco Finocchiaro<br />

Presentazione<br />

<strong>di</strong> Clau<strong>di</strong>o Galletti<br />

Introduzione<br />

<strong>di</strong> Omar Calabrese<br />

Il cinema italiano racconta il vino<br />

<strong>di</strong> Massimiliano Coviello<br />

0. Introduzione<br />

Riflessi <strong>di</strong> vino sullo schermo<br />

1. Brin<strong>di</strong>si e tavole imban<strong>di</strong>te nel cinema italiano<br />

1.1 Sguar<strong>di</strong> attorno alla tavola<br />

1.2 Una passeggiata nel neorealismo: Ladri <strong>di</strong> biciclette <strong>di</strong> Vittorio de Sica<br />

1.3 La comme<strong>di</strong>a all’italiana si consuma a tavola: C’eravamo tanto amati <strong>di</strong> Ettore Scola<br />

1.4 La passione nasce dopo un brin<strong>di</strong>si: Il Casanova <strong>di</strong> Federico Fellini<br />

1.5 Il pranzo <strong>di</strong> Ferragosto secondo Gianni Di Gregorio<br />

2. I vitigni, le tra<strong>di</strong>zioni, le nuove frontiere: i documentari italiani sul vino<br />

2.1 Un precedente letterario. Il taccuino dei “viaggi d’assaggio” tra le vigne d’Italia:<br />

<strong>Vino</strong> al vino <strong>di</strong> Mario Soldati.<br />

2.2 I primi passi del documentario enogastronomico<br />

2.3. Un precedente cinematografico.<br />

Storie del vino “globalizzato”: Mondovino <strong>di</strong> Jonathan Nossiter<br />

2.4. Le vigne delle donne:<br />

Senza Trucco. Le donne del vino naturale <strong>di</strong> Giulia Graglia<br />

2.5 Alla scoperta dei vitigni della Valtellina: Rupi del vino <strong>di</strong> Ermanno Olmi<br />

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3. Il mondo del vino incontra il cinema:<br />

alcuni esperimenti <strong>di</strong> produzione cinematografica<br />

3.1 Le nuove frontiere dell’“eno-cinematografia”<br />

3.2 “Vini d’Italia”: un atlante au<strong>di</strong>ovisivo per raccontare la produzione vinicola<br />

delle regioni italiane<br />

3.3 “Reason Wine: idee per bere con gusto!”: il concorso del progetto “<strong>Vino</strong> e <strong>Giovani</strong> “<br />

Conclusioni<br />

Bibliografia<br />

Filmografia<br />

Programmi televisivi<br />

Sitografia<br />

In<strong>di</strong>ce delle figure<br />

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Premessa<br />

<strong>di</strong> Rosa Bianco Finocchiaro, Coor<strong>di</strong>natrice Programma<br />

“Cultura che nutre”<br />

“Art de vivre” per sviluppare un comportamento sano ed<br />

equilibrato, come elemento del vivere sano, come espressione<br />

<strong>di</strong> socialità tra i popoli, come connubio tra sé, la<br />

propria storia e la ricerca delle proprie ra<strong>di</strong>ci: queste sono<br />

le finalità del progetto “<strong>Vino</strong> e <strong>Giovani</strong>”.<br />

Il vino deve essere piacere, gioia, convivialità, sobrietà,<br />

quin<strong>di</strong> un modo per addentrarsi nel mondo complesso<br />

della socialità, nei significati profon<strong>di</strong> del vivere e dell’immaginario<br />

collettivo che coinvolge sia il nostro essere<br />

in<strong>di</strong>viduale sia il sociale. Pertanto, il rapporto con il vino è<br />

complesso, intimo, quoti<strong>di</strong>ano, denso <strong>di</strong> significati simbolici<br />

e psicologici, richiama le ra<strong>di</strong>ci del piacere e dell’identità, si<br />

definisce all’interno <strong>di</strong> una cultura, muove il senso dell’appartenenza,<br />

ha a che fare con l’immagine <strong>di</strong> sé e si misura<br />

con una ricca offerta <strong>di</strong> prodotti.<br />

Il progetto “<strong>Vino</strong> e <strong>Giovani</strong>” ha la precisa finalità <strong>di</strong><br />

comunicare il vino ai giovani, nell’ottica <strong>di</strong> un’educazione<br />

sistemica con una comunicazione integrata tra cultura alimentare<br />

e valorizzazione storica delle tra<strong>di</strong>zioni.<br />

Il vino rappresenta in tutte le civiltà un inno alla vita,<br />

all’amore, alla voglia <strong>di</strong> vivere ed è elemento importante<br />

nella vita dell’uomo; esso è presente in molti avvenimenti<br />

storici.<br />

La cultura del vino è legata alla storia dell’agricoltura.<br />

Il progetto “<strong>Vino</strong> e <strong>Giovani</strong>”, voluto dal Ministero delle<br />

Politiche Agricole, Alimentari e Forestali e realizzato<br />

dall’Enoteca Italiana è ricco e molto articolato.<br />

Parte da indagini conoscitive per giungere ad azioni sul<br />

territorio nazionale, ad eventi culturali <strong>di</strong> grande significato.<br />

Si è cercato in questo progetto a tutto campo <strong>di</strong> eviden-<br />

Il cinema italiano<br />

racconta il vino<br />

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Il cinema italiano<br />

racconta il vino<br />

ziare: le qualità alimentari del vino; il piacere <strong>di</strong> degustare i<br />

vini <strong>di</strong> qualità; <strong>di</strong> cogliere il legame tra produzione vinicola,<br />

storia, tra<strong>di</strong>zione e cultura del territorio; <strong>di</strong> facilitare il rapporto<br />

<strong>di</strong>retto tra produttori e giovani.<br />

Le ricerche, le indagini e le relazioni che vi presentiamo<br />

forniscono elementi significativi per promuovere progetti<br />

efficaci al fine <strong>di</strong> comunicare il vino ai giovani, per deco<strong>di</strong>ficare<br />

il linguaggio del vino, per leggere il rapporto che le<br />

nuove generazioni hanno con il vino.<br />

Questa è la finalità fondamentale del progetto che si<br />

rivolge a produttori, consumatori, rappresentanti delle<br />

istituzioni e a tutti coloro che hanno occasione <strong>di</strong> educare<br />

i giovani nell’ambito dell’alimentazione corretta e dell’uso<br />

consapevole del vino.<br />

Tutti costoro troveranno nel progetto molte idee e tanti<br />

suggerimenti per costruire itinerari <strong>di</strong>dattici sul tema del<br />

vino; suggerimenti e idee capaci <strong>di</strong> mettere in atto le<br />

potenzialità culturali.<br />

Di questo va dato atto all’Enoteca Italiana che con<br />

la sua esperienza ha realizzato un progetto nazionale<br />

molto apprezzato, ma anche al Ministero delle Politiche<br />

Agricole, Alimentari e Forestali, che con la lungimiranza ne<br />

ha consentito la realizzazione in una prospettiva culturale<br />

<strong>di</strong> crescita e <strong>di</strong> rinnovato impegno nel settore dell’educazione<br />

alimentare e in particolare, dell’uso corretto del vino<br />

nelle nuove generazioni.


Presentazione<br />

<strong>di</strong> Clau<strong>di</strong>o Galletti, Presidente Enoteca Italiana<br />

“VINO E GIOVANI”. Un progetto <strong>di</strong> grande spessore<br />

culturale ed educativo, affidato ancora all’Enoteca Italiana.<br />

Sicuramente <strong>di</strong>fficile nel linguaggio e nella sua <strong>di</strong>mensione<br />

educativo-informativa: promuovere nei giovani una cultura<br />

del bere consapevole.<br />

Un progetto che fa parte della grande campagna comunicativa<br />

europea “Wine in Moderation. Art de Vivre”,<br />

campagna del bere bene per vivere bene.<br />

L’ultima e<strong>di</strong>zione ha visto coinvolte ancora Regioni ed<br />

Università, testimonial del mondo dello spettacolo e,<br />

soprattutto, ha visto protagonisti migliaia <strong>di</strong> giovani coinvolti<br />

attraverso i moderni strumenti della comunicazione.<br />

La campagna <strong>di</strong> sensibilizzazione realizzata nel corso <strong>di</strong><br />

questi ultimi tre anni <strong>di</strong> lavoro, sicuramente apprezzata<br />

dai giovani, ha <strong>di</strong>mostrato ulteriormente che è possibile<br />

trasferire alle nuove generazioni il patrimonio <strong>di</strong> storia e <strong>di</strong><br />

cultura che il vino rappresenta nel nostro Paese, la consapevolezza<br />

che esso sia parte <strong>di</strong> uno stile <strong>di</strong> vita e anche<br />

un moderno veicolo della qualità della vita, che conoscere<br />

ed apprezzare il vino, saperlo bere con moderazione, può<br />

rappresentare uno status culturale, un momento <strong>di</strong> convivialità<br />

e <strong>di</strong> me<strong>di</strong>tazione.<br />

Il messaggio forte è proprio questo.<br />

Far conoscere gli aspetti culturali, economici, storici ed<br />

identitari che il vino rappresenta. Un prodotto straor<strong>di</strong>nario<br />

della nostra agricoltura, una delle punte più avanzate<br />

del made in Italy nel mondo.<br />

Voglio ringraziare tutti coloro che hanno collaborato alla<br />

riuscita <strong>di</strong> questo lavoro e tutti i giovani che hanno partecipato<br />

alle innumerevoli iniziative realizzate.<br />

La stessa gratitu<strong>di</strong>ne che, come Presidente dell’Enoteca<br />

Italiana, desidero esprimere a quanti con lungimiranza han-<br />

Il cinema italiano<br />

racconta il vino<br />

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Il cinema italiano<br />

racconta il vino<br />

no sostenuto questo progetto, in primis il Ministero delle<br />

Politiche Agricole, Alimentari e Forestali e le Regioni, il<br />

Movimento del Turismo del <strong>Vino</strong>, l’Associazione dei<br />

<strong>Giovani</strong> Impren<strong>di</strong>tori Vinicoli Italiani, tutti quelli che ci<br />

hanno creduto e hanno offerto appoggio e collaborazione<br />

nel corso <strong>di</strong> questo esaltante percorso.<br />

Un ringraziamento particolare va all’Università degli Stu<strong>di</strong><br />

<strong>di</strong> Siena, al Dipartimento <strong>di</strong> Scienze della Comunicazione,<br />

che con questo lavoro <strong>di</strong> ricerca, il sesto sin qui realizzato,<br />

pone l’attenzione sul rapporto tra il cinema italiano e il<br />

vino, il vino “attore” <strong>di</strong> un testo narrativo particolare quale<br />

è quello cinematografico ed interprete al suo interno <strong>di</strong><br />

valori importanti per la nostra società.<br />

Un lavoro questo che si pone come una sorta <strong>di</strong> completamento<br />

e <strong>di</strong> naturale epilogo al percorso comunicazionale<br />

messo in atto nel 2011 con la realizzazione del<br />

concorso “Reason Wine. Idee per bere con gusto!”,<br />

lanciato grazie all’importante sostegno dell’attore Beppe<br />

Fiorello e del Sindacato Nazionale dei Giornalisti e Critici<br />

Cinematografici.<br />

Un lavoro questo che ha ricevuto una significativa spinta<br />

dal professor Omar Calabrese, scomparso prematuramente<br />

alcuni giorni dopo aver scritto le pagine che seguono e<br />

che ben riassumono il valore della ricerca realizzata da<br />

Massimiliano Coviello.<br />

A lui va un pensiero particolare.<br />

La sua collaborazione con l’Enoteca Italiana, il suo sostegno<br />

da sempre al Progetto “<strong>Vino</strong> e <strong>Giovani</strong>” sono stati sempre<br />

preziosi e <strong>di</strong>sinteressati. Il suo alto spessore culturale è stato<br />

sempre foriero <strong>di</strong> gran<strong>di</strong> idee e <strong>di</strong> importanti suggerimenti.<br />

Lo ringrazio ancora e lo ricordo in maniera accorata.


Introduzione<br />

<strong>di</strong> Omar Calabrese, Università degli Stu<strong>di</strong> <strong>di</strong> Siena<br />

Negli ultimi anni i lettori hanno visto crescere nelle librerie, tra<br />

gli scaffali de<strong>di</strong>cati all’enologia e all’enogastronomia, il numero<br />

<strong>di</strong> libri che trattano della presenza del vino nel cinema.<br />

Questi volumi citano i brin<strong>di</strong>si più celebri nella storia della<br />

settima arte, elencano le bottiglie più amate e apprezzate<br />

dalle star, consigliano il lettore sui vini più appropriati da<br />

abbinare all’ultimo film appena uscito in dvd o al classico<br />

intramontabile, utilizzando come criteri <strong>di</strong>scriminati il genere,<br />

gli attori o le sensazioni che potrebbero essere richiamate<br />

dalla trama. Dall’altra parte dello scaffale, o ad<strong>di</strong>rittura in un<br />

altro settore, si collocano invece quei saggi che, utilizzando<br />

un criterio storiografico, hanno investigato la storia del cinema<br />

e le sue <strong>di</strong>verse declinazioni nazionali per ricostruire una<br />

cronologia dei rapporti tra il mezzo cinematografico e il vino.<br />

La ricerca <strong>di</strong> Massimiliano Coviello si allontana dai territori<br />

promozionali cavalcati dall’e<strong>di</strong>toria a caccia <strong>di</strong> mode passeggere<br />

e foraggiatrici <strong>di</strong> istant book e, pur non adottando un<br />

criterio rigorosamente cronologico, affronta i rapporti tra vino<br />

e cultura ingaggiando un’analisi serrata <strong>di</strong> alcuni testi au<strong>di</strong>ovisivi<br />

prodotti in Italia. Piuttosto che le epoche, gli stili e i generi<br />

del cinema, il lavoro che qui è presentato in<strong>di</strong>vidua alcuni<br />

momenti della narrazione filmica (come il brin<strong>di</strong>si, il pasto, la<br />

vendemmia, le festività) che forniscono chiavi <strong>di</strong> lettura per la<br />

comprensione delle funzioni culturali e sociali del vino. In altre<br />

parole, il vino può assumere <strong>di</strong>verse tipologie <strong>di</strong> significato<br />

quando <strong>di</strong>venta “attore” <strong>di</strong> un testo narrativo quale per l’appunto<br />

è un film. Prenderlo in considerazione come un attore<br />

che collabora allo sviluppo del film e della sua trama, facendo<br />

compiere determinate azioni ai protagonisti o ostacolandone<br />

altre, <strong>di</strong>venta una delle strategie più adeguate per in<strong>di</strong>viduar-<br />

Il cinema italiano<br />

racconta il vino<br />

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Il cinema italiano<br />

racconta il vino<br />

ne le funzioni e l’efficacia simbolica. Infatti, il vino è un oggetto<br />

simbolico capace <strong>di</strong> contenere, esemplificandoli materialmente,<br />

valori astratti più generali, e anzi fondamentali per una<br />

cultura. In altri termini: esso è capace <strong>di</strong> manifestare, con la<br />

sua semplice apparizione, un condensato assiologico o ideologico<br />

(assiologico: valori potenziali, come il bene e il male<br />

o il vero e il falso, ma non ancora attribuiti; ideologico: valori<br />

<strong>di</strong> cui si afferma la natura, ad esempio che la povertà è bene<br />

e la ricchezza è male, o il loro contrario). Gli oggetti simbolici<br />

– nella storia delle culture – non sono molto numerosi, e<br />

non potrebbe essere altrimenti. Soltanto poche cose devono<br />

essere capaci <strong>di</strong> presentare con imme<strong>di</strong>atezza una visione del<br />

mondo, altrimenti non sarebbero durevoli né memorizzabili.<br />

La loro rarità, tuttavia, offre loro un vantaggio, e cioè quello<br />

della loro efficacia, anche questa simbolica. In antropologia,<br />

per “efficacia simbolica” si intende la capacità che un oggetto<br />

o un evento ha <strong>di</strong> produrre delle risposte preve<strong>di</strong>bili e ripetute<br />

(anche se non sempre identiche) da parte <strong>di</strong> chi vi entra<br />

in contatto. Ebbene, il lettore <strong>di</strong> queste pagine troverà, forse<br />

con sorpresa, che il vino può entrare a pieno <strong>di</strong>ritto nella<br />

lista degli oggetti simbolici della nostra cultura occidentale, e<br />

che il cinema ha saputo pienamente <strong>di</strong>ffonderne i significati<br />

e l’efficacia. Proprio il cinema che da più <strong>di</strong> un secolo è uno<br />

degli strumenti principali attraverso il quale si costruiscono<br />

rappresentazioni e, inevitabilmente, riflessioni sui desideri e<br />

le frustrazioni, sui traguar<strong>di</strong> e i fallimenti <strong>di</strong> una società in<br />

un dato momento storico. L’originalità <strong>di</strong> questa ricerca, del<br />

resto, sta proprio nell’osservazione <strong>di</strong> come il vino sia <strong>di</strong><br />

volta in volta interprete <strong>di</strong> valori fondamentali per le nostre<br />

società. Ad esempio, del sentimento del piacere, oppure<br />

quello della devianza e dell’eccesso, o ancora della passione<br />

amorosa o della gioia che accompagna i momenti <strong>di</strong> incontro<br />

tra gli amici. Il lavoro qui esposto, che possiede una struttura<br />

tripartita, prende avvio da alcuni esempi estrapolati dalla


storia del cinema italiano degli ultimi sessant’anni: gli incontri e<br />

i racconti da osteria nel cinema neorealista e nella comme<strong>di</strong>a<br />

all’italiana, le gran<strong>di</strong> abbuffate e le cene appassionate nelle<br />

opere <strong>di</strong> Federico Fellini, i brin<strong>di</strong>si intergenerazionali nel film<br />

<strong>di</strong> un regista contemporaneo come Gianni De Gregorio. Nel<br />

secondo capitolo si in<strong>di</strong>vidua una genealogia e si definiscono<br />

le peculiarità del “documentario enogastronomico”, in cui il<br />

legame con le tra<strong>di</strong>zioni e il rispetto per il territorio viene raccontato<br />

dagli attori sociali che, dalla Sicilia sino alla Valtellina,<br />

lavorano nel settore della viticoltura. Nell’ultima parte sono<br />

descritti e analizzati i primi esperimenti che alcune istituzioni<br />

legate alla tutela e alla promozione del vino stanno compiendo<br />

nel mondo dell’immagine in movimento. Si realizza così<br />

una felice sinergia tra “I Fogli <strong>di</strong> <strong>Bacco</strong>”, la collana che ospita<br />

questo stu<strong>di</strong>o promosso dall’Enoteca Italiana (e finanziato<br />

con borse <strong>di</strong> stu<strong>di</strong>o presso l’Università <strong>di</strong> Siena) e “<strong>Vino</strong><br />

e <strong>Giovani</strong>”, la campagna <strong>di</strong> educazione e comunicazione<br />

alimentare promossa dal Ministero delle Politiche Agricole,<br />

Alimentari e Forestali e dalla stessa Enoteca Italiana. Nel<br />

2011 è stato lanciato il concorso “Reason Wine: idee per<br />

bere con gusto!”, de<strong>di</strong>cato a giovani registi per trasmettere<br />

i valori del consumo consapevole. I quattro cortometraggi<br />

vincitori del concorso vengono analizzati nella parte finale<br />

della ricerca proprio perché in essi si trovano esemplificati i<br />

legami principali tra il linguaggio au<strong>di</strong>ovisivo e il patrimonio<br />

culturale, identitario e alimentare racchiuso nel vino.<br />

Facendo <strong>di</strong>alogare le forme e i generi del linguaggio<br />

au<strong>di</strong>ovisivo, questa ricerca stimolerà la curiosità del lettore<br />

e offrirà agli stu<strong>di</strong> sul visivo una serie <strong>di</strong> spunti metodologici<br />

e <strong>di</strong> oggetti d’analisi utili ad una riflessione sulla rappresentazione<br />

del vino e del suo consumo.<br />

Il cinema italiano<br />

racconta il vino<br />

13


Il cinema italiano<br />

racconta il vino<br />

Il cinema italiano racconta il vino<br />

Le vigne e le tavole, la produzione e il consumo consapevole<br />

<strong>di</strong> Massimiliano Coviello<br />

15


0. Introduzione:<br />

Riflessi <strong>di</strong> vino sullo schermo<br />

Il cinema è stato per tutto il Novecento e continua ad<br />

esserlo tutt’ora, seppur fruito attraverso una miriade <strong>di</strong> spazi<br />

alternativi alla sala cinematografica, dall’home theatre a<br />

YouTube, sino alla visione in movimento consentita dagli<br />

smartphone, un potente strumento <strong>di</strong> comunicazione, <strong>di</strong><br />

propaganda, <strong>di</strong> intrattenimento e soprattutto <strong>di</strong> costruzione<br />

e <strong>di</strong>ffusione dell’immaginario sociale. Sullo schermo, in<br />

ogni singolo film, si e<strong>di</strong>fica un mondo con il quale lo spettatore<br />

intrattiene un <strong>di</strong>alogo a <strong>di</strong>stanza fatto <strong>di</strong> confronti,<br />

scontri, espressioni compiaciute, gesti <strong>di</strong> <strong>di</strong>sapprovazione.<br />

Ogni volta si crea un sistema <strong>di</strong> attese e <strong>di</strong> smentite. Ma<br />

quali sono i poli tra quali si intrattiene questo <strong>di</strong>alogo?<br />

Se immaginiamo come appare a chi siede in sala ciò che avviene<br />

sullo schermo, a quanto pare la domanda principale che si pone<br />

immancabilmente lo spettatore sarà la seguente: assomiglia alla<br />

vita oppure no? Qui, chissà perché, noi supponiamo <strong>di</strong> sapere<br />

“cos’è la vita” e <strong>di</strong> conseguenza, che sia molto semplice paragonare<br />

lo schermo con la vita. Lo schermo si trova a ricoprire il<br />

ruolo <strong>di</strong> imputato, <strong>di</strong> cui valutiamo il comportamento dal punto<br />

<strong>di</strong> vista <strong>di</strong> un co<strong>di</strong>ce noto in partenza. Avanziamo nei confronti<br />

dello schermo richieste a priori, ed esso è obbligato, con qualche<br />

imbarazzo, a rispondere a tali richieste (LOTMAN – TSIVIAN<br />

1994: 14 tr. it.).<br />

Secondo Jurij Lotman e Yuri Tsivian, rispettivamente semiologo<br />

della cultura e teorico del cinema, ciò che rende così<br />

vicini, a volte in<strong>di</strong>stinguibili, il polo della vita e quello dello<br />

schermo è il sistema <strong>di</strong> convenzioni culturali proprie del<br />

linguaggio cinematografico il quale, sorretto da una serie <strong>di</strong><br />

me<strong>di</strong>atori tecnologici, garantisce da un lato l’illusione del<br />

Il cinema italiano<br />

racconta il vino<br />

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18<br />

Il cinema italiano<br />

racconta il vino<br />

movimento e dall’altro gli effetti <strong>di</strong> realtà che possono arrivare<br />

a confermare le attese <strong>di</strong> chi desidera che tra l’oggetto<br />

e la sua rappresentazione ci sia un’adesione incon<strong>di</strong>zionata.<br />

Al <strong>di</strong> là delle <strong>di</strong>fferenze dei generi e degli stili, come dei<br />

mo<strong>di</strong> <strong>di</strong> fruizione, il cinema erige simulacri sempre più vicini<br />

al reale. Così quello che dovrebbe essere un riflesso, una riproduzione<br />

<strong>di</strong> eventi ed esistenti inquadrati dall’obiettivo<br />

e “rinchiusi” nello spazio dell’inquadratura, finisce per <strong>di</strong>ventare<br />

un’in<strong>di</strong>stinguibile amalgama tra la rappresentazione<br />

e il rappresentato, tra l’immagine e la realtà, tra lo schermo<br />

e la vita.<br />

Seppur attraverso una semplificazione, quanto detto nelle<br />

righe precedenti possiede dei risvolti importanti. Piuttosto<br />

che soffermarsi sulle capacità mimetiche del cinema o <strong>di</strong><br />

altri sistemi <strong>di</strong> riproduzione e rappresentazione, si tratta <strong>di</strong><br />

valutare l’efficacia che le immagini possiedono quando allestiscono<br />

un ambiente propizio per analizzare i fenomeni, le<br />

costanti e i mutamenti che attraversano le società e le loro<br />

culture. Il film è concepibile come una struttura, un montaggio<br />

<strong>di</strong> immagini e <strong>di</strong> suoni, capace <strong>di</strong> esporre, riflettere<br />

e costruire uno spazio socio-culturale in cui gli spettatori<br />

possono immedesimarsi o meno, ma soprattutto dove è<br />

possibile rintracciare le somiglianze e gli scarti tra le rappresentazioni<br />

e i <strong>di</strong>scorsi sociali.<br />

Questi ultimi, avvolgendo e inglobando il soggetto, possono<br />

<strong>di</strong>ventare meno opachi se osservati da una <strong>di</strong>stanza<br />

<strong>di</strong> sicurezza, all’interno <strong>di</strong> un racconto, attraverso la me<strong>di</strong>azione<br />

<strong>di</strong> uno schermo. Il testo au<strong>di</strong>ovisivo, al pari <strong>di</strong> un<br />

romanzo o <strong>di</strong> un quadro, costruisce un punto <strong>di</strong> vista dal<br />

quale è possibile comprendere ed articolare l’insieme delle<br />

pratiche, dei bisogni, dei desideri, dei <strong>di</strong>scorsi con cui una<br />

società, in un dato periodo storico, si autorappresenta e si<br />

confronta con l’esterno, con l’alterità.<br />

Nella sua riflessione sui rapporti che si sono stabiliti tra<br />

cinema e cultura in Italia, considerando il neorealismo come<br />

momento strategico sia per tornare in<strong>di</strong>etro, alla produzio-


ne filmica degli anni Trenta (il cinema dei “telefoni bianchi”),<br />

sia per spingersi oltre, sino alla comme<strong>di</strong>a degli anni<br />

Cinquanta, Maurizio Grande introduce il concetto <strong>di</strong><br />

“testualizzazione del reale”, attraverso il quale è possibile<br />

articolare le strategie che consentono <strong>di</strong> «condensare, delineare,<br />

esporre e costruire il reale nelle <strong>di</strong>mensioni che una<br />

cultura consente e stabilisce, e che […] entra nel <strong>di</strong>scorso<br />

e nella messa in scena cinematografica o d’altro genere»<br />

(GRANDE 2003: 13). È il testo cinematografico che costruisce<br />

ciò che più o meno consapevolmente viene posto<br />

sotto l’appellativo <strong>di</strong> “realtà”. Sono quin<strong>di</strong> i linguaggi, visivi<br />

o verbali, che, piuttosto che assomigliare agli oggetti del<br />

mondo, garantiscono i gra<strong>di</strong> <strong>di</strong> cattura e <strong>di</strong> comprensibilità<br />

dello spazio culturale da parte dei soggetti.<br />

Questa ricerca ha come obiettivo quello <strong>di</strong> inaugurare<br />

un’indagine sulle modalità con cui il vino, oggetto <strong>di</strong><br />

consumo con un elevato valore simbolico e culturale, è<br />

stato rappresentato sia nel cinema italiano, sia <strong>di</strong> fiction che<br />

documentario, sia all’interno del più ampio panorama del<br />

linguaggio au<strong>di</strong>ovisivo. Un campo <strong>di</strong> ricerca molto vasto,<br />

del quale si offrirà una panoramica che non ha pretese <strong>di</strong><br />

esaustività, che va dal film <strong>di</strong> fiction al documentario, sino<br />

al cortometraggio. Non è stata solo la presenza del vino, la<br />

citazione <strong>di</strong> una bottiglia famosa e <strong>di</strong> pregio, a determinare<br />

la scelta <strong>di</strong> un film piuttosto che <strong>di</strong> un altro. Nel definire<br />

il corpus della ricerca si è cercato <strong>di</strong> in<strong>di</strong>viduare, all’interno<br />

dei generi che hanno caratterizzato la storia del cinema italiano<br />

sino alle recenti produzioni documentaristiche, alcuni<br />

film esemplari. Film che, all’interno del loro tessuto figurativo<br />

e narrativo, sono in grado <strong>di</strong> esplicitare le <strong>di</strong>namiche e le<br />

funzioni culturali, gli usi e i contesti sociali in cui si sprigionano<br />

le qualità del vino.<br />

Dai classici del neorealismo alla comme<strong>di</strong>a all’italiana, dal<br />

cinema d’autore a quello contemporaneo: nel primo capitolo<br />

il vino è stato considerato come un “attore”, un personaggio<br />

centrale nell’universo del racconto filmico che, con<br />

Il cinema italiano<br />

racconta il vino<br />

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20<br />

Il cinema italiano<br />

racconta il vino<br />

la sua presenza, ha la capacità <strong>di</strong> ridefinire le coor<strong>di</strong>nate, i<br />

sistemi <strong>di</strong> valori e i mo<strong>di</strong> della relazione intersoggettiva. Si è<br />

prestata particolare attenzione alle sequenze in cui l’azione<br />

inquadrata dalla macchina da presa si svolge attorno alla<br />

tavola, uno spazio che intrattiene precisi rapporti con il<br />

resto degli ambienti domestici (la cucina ad esempio), che<br />

si relaziona a momenti molto ritualizzati della giornata (i<br />

pasti), attorno al quale si intrecciano <strong>di</strong>versi piani narrativi,<br />

dalla sequenza delle portate e delle bevande alle norme<br />

che regolano la gestualità, dal gusto alla concatenazione dei<br />

sensi, dai <strong>di</strong>scorsi dei commensali sino alle passioni che si<br />

rivelano attraverso gli sguar<strong>di</strong>.<br />

Il secondo capitolo è de<strong>di</strong>cato al documentario “enogastronomico”,<br />

un genere <strong>di</strong> cui si tracciano le caratteristiche<br />

fondamentali e vengono analizzati alcuni esempi. Negli ultimi<br />

anni, la produzione <strong>di</strong> documentari che indagano la<br />

produzione vitivinicola sul territorio italiano, intervistando i<br />

suoi protagonisti, mostrando il suo legame con la tra<strong>di</strong>zione<br />

e il rispetto degli ecosistemi, ha raggiunto una visibilità e<br />

una <strong>di</strong>ffusione ampia e ciò in virtù <strong>di</strong> almeno tre fattori. Il<br />

primo è connesso al progresso tecnologico che permette <strong>di</strong><br />

abbattere i costi sia durante la fase delle riprese che durante<br />

il montaggio. All’abbassamento dei costi economici<br />

si aggiunge la crescita del numero dei festival e delle fiere<br />

de<strong>di</strong>cate ai temi dell’enologia, alla produzione biologica e<br />

alla sostenibilità ambientale, con un corrispettivo aumento<br />

della sensibilità <strong>di</strong> produttori e consumatori a questi<br />

temi. Il terzo fattore riguarda il successo <strong>di</strong> pubblico del<br />

documentario Mondovino (2004). È proprio per la sua<br />

capacità <strong>di</strong> aver stimolato e amplificato il <strong>di</strong>battito, sia nel<br />

mondo cinematografico che in quello dell’enologia, che il<br />

film <strong>di</strong> Jonathan Nossiter è stato inserito in questa ricerca<br />

de<strong>di</strong>cata al cinema italiano. Inoltre, nel capitolo, il reportage<br />

letterario <strong>di</strong> Mario Soldati <strong>Vino</strong> al vino. Viaggio alla ricerca<br />

dei vini genuini funge da apripista ai quei documentari che<br />

a molti anni <strong>di</strong> <strong>di</strong>stanza ritornano tra le vigne d’Italia.


L’ultima parte della ricerca è de<strong>di</strong>cata ai primi passi, i primi<br />

esperimenti che il mondo della tutela, della promozione<br />

e del consumo consapevole del vino sta compiendo nel<br />

mondo dei linguaggi au<strong>di</strong>ovisivi. Negli ultimi anni, <strong>di</strong>versi<br />

enti hanno utilizzato le potenzialità comunicative del cinema<br />

per promuovere, soprattutto tra i giovani, le loro campagne<br />

<strong>di</strong> sensibilizzazione. Due sono i casi stu<strong>di</strong>o analizzati:<br />

“Vini d’Italia”, un ciclo <strong>di</strong> quin<strong>di</strong>ci documentari, curati da<br />

Vittorio Storaro e Luca Maroni, sulle produzioni vitivinicole<br />

delle regioni italiane e “Reason Wine: idee per bere con<br />

gusto!”, il concorso <strong>di</strong> cortometraggi per giovani registi realizzato<br />

dall’Enoteca italiana con il contributo del Ministero<br />

delle Politiche Agricole, Alimentari e Forestali.<br />

Desidero ringraziare Clau<strong>di</strong>o Galletti e Fabio Carlesi, Presidente e Segretario Generale<br />

dell’Enoteca Italiana, e Rosa Bianco Finocchiaro, consulente del progetto “<strong>Vino</strong> e<br />

<strong>Giovani</strong>”.<br />

Un grazie affettuoso a Silvana Lilli, coor<strong>di</strong>natrice del progetto “<strong>Vino</strong> e <strong>Giovani</strong>”, per<br />

i consigli e la cura con cui ha seguito questa ricerca e a Chiara Supplizi per l’accurato<br />

lavoro <strong>di</strong> rilettura del testo.<br />

Durante la stesura <strong>di</strong> questo lavoro, Omar Calabrese è venuto a mancare. Alla memoria<br />

del suo insegnamento sono de<strong>di</strong>cate queste pagine.<br />

Il cinema italiano<br />

racconta il vino<br />

21


1. Brin<strong>di</strong>si e tavole imban<strong>di</strong>te<br />

nel cinema italiano<br />

1.1 Sguar<strong>di</strong> attorno alla tavola<br />

La macchina da presa percorre il perimetro della tavola<br />

imban<strong>di</strong>ta, gira attorno ad essa, sosta per qualche istante a<br />

fianco <strong>di</strong> ciascun commensale e, terminato il suo aggraziato<br />

girotondo, si arresta per “accomodarsi” su uno dei posti<br />

apparecchiati per la cena. Da un campo me<strong>di</strong>o che mostra<br />

l’interno dell’intera sala da pranzo in cui si sta consumando<br />

il pasto, si passa a un lento e graduale zoom verso il centro<br />

della tavola. Poi, l’inquadratura da impersonale e oggettiva<br />

<strong>di</strong>venta soggettiva: lo spettatore, che segue i movimenti<br />

della macchina da presa e la trasformazione del punto <strong>di</strong><br />

vista, si immedesima in uno degli invitati alla cena offerta dal<br />

padrone <strong>di</strong> casa. Mentre la mano del personaggio si avvicina<br />

educatamente alla tavola, anche l’obiettivo della macchina<br />

da presa stringe la sua focale per “concentrarsi” sempre<br />

<strong>di</strong> più su un elemento della messa in scena. Bastano pochi<br />

attimi e la mano, insieme allo sguardo dell’ospite-spettatore,<br />

afferra il bicchiere <strong>di</strong> vino per sollevarlo e brindare insieme<br />

a tutti gli altri invitati.<br />

Ecco una scena che abbiamo visto tante volte, una sequenza<br />

che appartiene a molti film, girata in tanti mo<strong>di</strong> <strong>di</strong>versi,<br />

ma sempre con la stessa finalità: quando al cinema si sceglie<br />

<strong>di</strong> mettere in scena un pasto non può mancare l’ospite<br />

fisso, un buon bicchiere <strong>di</strong> vino. Ed è proprio il vino ad<br />

essere un elemento <strong>di</strong> coesione tra la visione spettatoriale e<br />

la scena inquadrata. Proprio il vino sostiene quel processo<br />

<strong>di</strong> immedesimazione tra chi guarda e la scena rappresentata,<br />

facendoci sentire partecipi del momento <strong>di</strong> convivialità,<br />

piuttosto che voyeur in<strong>di</strong>screti.<br />

Roland Barthes, nelle sue analisi sulle mitologie del con-<br />

Il cinema italiano<br />

racconta il vino<br />

23


24<br />

Il cinema italiano<br />

racconta il vino<br />

1. La sintassi narrativa<br />

descritta riguarda la<br />

presenza <strong>di</strong> attanti ovvero<br />

<strong>di</strong> funzioni logiche<br />

virtuali e non <strong>di</strong> attori,<br />

che invece si collocano a<br />

livello della manifestazione.<br />

All’interno <strong>di</strong> questa<br />

sintassi, l’attore “vino”<br />

ricoprirebbe il ruolo attanziale<br />

<strong>di</strong> /aiutante/ che<br />

fornisce all’attante /soggetto/<br />

delle competenze<br />

per superare una serie <strong>di</strong><br />

prove sino a raggiungere<br />

/l’oggetto <strong>di</strong> valore/ ed<br />

ottenere così una sanzione<br />

positiva (GREIMAS<br />

1983: 45-62 tr. it.).<br />

2. L’efficacia simbolica è<br />

stata introdotta dall’antropologo<br />

Claude Lévi-<br />

Strauss nello stu<strong>di</strong>o sugli<br />

effetti dei rituali sciamanici<br />

tra la popolazione<br />

Cuna (LÉVI-STRAUSS<br />

1958: 210-230 tr. it.). Il<br />

concetto è stato ampiamente<br />

ripreso negli stu<strong>di</strong><br />

sociosemiotici sugli effetti<br />

dei <strong>di</strong>scorsi sociali e me<strong>di</strong>atici<br />

(MARRONE<br />

2001: XXX-XXXVI).<br />

3. Sui rapporti tra cinema<br />

e gusto si veda lo stu<strong>di</strong>o<br />

<strong>di</strong> Lorenzo Bianciar<strong>di</strong><br />

de<strong>di</strong>cato all’analisi del<br />

film <strong>di</strong> Ang Lee Mangiare<br />

bere uomo donna<br />

(Yin shi nan nu, 1994).<br />

Nel primo capitolo si<br />

trova una rassegna critica<br />

delle teorie filosofiche<br />

classiche, dell’approccio<br />

semiotico e <strong>di</strong> quello fe-<br />

temporaneo, sottolinea lo spazio conviviale, lo scenario<br />

conversazionale in cui il vino si colloca e che contribuisce a<br />

costruire: «Il vino è socializzato perché fonda non solo una<br />

morale ma anche uno scenario […] dallo spuntino […]<br />

al festino, dalla conversazione d’osteria al <strong>di</strong>scorso <strong>di</strong> banchetto»<br />

(BARTHES 1957: 68-69 tr. it.). Sempre Barthes,<br />

definisce il vino come «sostanza <strong>di</strong> conversione» capace <strong>di</strong><br />

influenzare le competenze <strong>di</strong> chi ne fa uso, <strong>di</strong> trasformarne<br />

l’umore e gli stati passionali (BARTHES 1957: 67 tr. it.).<br />

In un film, come nelle occasioni quoti<strong>di</strong>ane, il vino può<br />

alterare – in senso positivo o negativo – le competenze dei<br />

personaggi. Il bicchiere <strong>di</strong> vino sorseggiato a tavola <strong>di</strong>venta<br />

uno strumento che permette al meccanismo narrativo <strong>di</strong><br />

evolversi, producendo delle svolte inattese, dotando i personaggi<br />

che ne fanno uso <strong>di</strong> capacità ine<strong>di</strong>te, dando sfogo<br />

a pensieri e affetti nascosti fino al momento del brin<strong>di</strong>si. Il<br />

vino non è soltanto un elemento scenografico: la bottiglia<br />

<strong>di</strong> vino che decora i <strong>di</strong>versi cerimoniali sociali è anche un<br />

“attore” narrativo, un “aiutante”, capace <strong>di</strong> mo<strong>di</strong>ficare le<br />

competenze <strong>di</strong> chi ne fa uso, <strong>di</strong> far progre<strong>di</strong>re lo sviluppo<br />

della trama, ad<strong>di</strong>rittura <strong>di</strong> ribaltare le situazioni narrative,<br />

istruendo, al contempo, la visione dello spettatore 1 .<br />

Nelle storie raccontate dai film, il vino mette in gioco la sua<br />

efficacia, manipola il sapere dei personaggi, le loro azioni,<br />

favorisce l’emergere <strong>di</strong> stati passionali, ne modula l’intensità<br />

e ne influenza la <strong>di</strong>mensione somatica, qualificandosi come<br />

oggetto simbolico capace <strong>di</strong> rendere pertinenti alcuni dei<br />

valori astratti che fondano un sistema sociale, come il piacere<br />

e l’eleganza o, al contrario, la devianza e l’eccesso 2 .<br />

La tavola sulla quale si consuma il pasto può essere considerata<br />

come un “banco <strong>di</strong> montaggio” delle qualità con le<br />

quali il gusto coinvolge a pieno la sensorialità dei commensali<br />

e cerca <strong>di</strong> trasmetterla anche allo spettatore 3 .<br />

Gli aspetti sensibili e quelli sensoriali, si mescolano nella<br />

rappresentazione <strong>di</strong> una pratica sociale come quella del<br />

mangiare in compagnia, sviluppando così le possibilità <strong>di</strong>


inter<strong>di</strong>pendenza e stimolazione reciproca tra i sensi che<br />

sono alla base dei processi sinestesici 4 .<br />

La tavola imban<strong>di</strong>ta <strong>di</strong> bevande e pietanze è un’architettura<br />

del gusto in cui i sensi si concatenano in modo preciso<br />

secondo i gesti inquadrati dalla macchina da presa. In un<br />

lavoro de<strong>di</strong>cato al coinvolgimento sensoriale e alle forme<br />

<strong>di</strong> manifestazione del senso in cucina e attorno alla tavola,<br />

Gianfranco Marrone scrive:<br />

Il senso della cucina passa da una cucina del senso. Ma è la tavola<br />

a costituire sempre e comunque il luogo – fisico e simbolico<br />

al contempo – in cui il corpo <strong>di</strong> ciascuno <strong>di</strong> noi, senza perdere<br />

le proprie specifiche istanze, si fa essere sociale, elemento costitutivo<br />

<strong>di</strong> una qualche forma <strong>di</strong> intersoggettività: i nostri processi<br />

sensoriali, superando le anguste vie del bisogno alimentare, accedono<br />

senza soluzione <strong>di</strong> continuità verso i più ampi li<strong>di</strong> del<br />

piacere del palato e della multiforme patina <strong>di</strong> significazione che,<br />

fondandolo, ne deriva. Dai sensi si accede così al senso, ai valori<br />

sociali e culturali, in un via vai ininterrotto dove la <strong>di</strong>mensione<br />

somatica e quella collettiva finiscono per rivelare la loro comune<br />

derivazione semiotica e, perciò, il loro essere un’unica, troppo<br />

umana realtà (MARRONE – GIANNITRAPANI 2012: 8).<br />

Allo stesso modo, anche la degustazione del vino si svolge<br />

seguendo una precisa concatenazione <strong>di</strong> gesti che prende<br />

in considerazione le caratteristiche della bevanda, da quelle<br />

cromatiche a quelle gustative, e si relaziona ai sensi del<br />

degustatore, la vista, poi l’olfatto e infine il gusto.<br />

La descrizione dell’aspetto visivo del vino è, secondo tra<strong>di</strong>zione,<br />

la prima ad essere svolta, seguita da quella della <strong>di</strong>mensione<br />

olfattiva, per concludersi con quella del gusto vero e proprio<br />

e, infine, del retrogusto. Questo or<strong>di</strong>ne assume una <strong>di</strong>mensione<br />

rituale, in quanto non è mai messo in <strong>di</strong>scussione e rispecchia<br />

una gerarchia degli or<strong>di</strong>ni sensoriali che sono <strong>di</strong>sposti in strati<br />

<strong>di</strong> profon<strong>di</strong>tà a seconda della <strong>di</strong>stanza che separa il soggetto<br />

Il cinema italiano<br />

racconta il vino<br />

25<br />

nomenologico ai temi del<br />

gusto e della sinestesia. Il<br />

secondo capitolo è invece<br />

de<strong>di</strong>cato alle strategie<br />

che il cinema adotta per<br />

chiamare in causa ed<br />

evocare l’intero apparato<br />

sensoriale dello spettatore<br />

(BIANCIARDI<br />

2011).<br />

4. Fisiologia del gusto <strong>di</strong><br />

Jean Anthelme Brillat-<br />

Savarin, pubblicato per<br />

la prima volta nel 1825,<br />

è uno dei testi classici sul<br />

tema. Il lavoro <strong>di</strong> Brillat-<br />

Savarin ha avuto <strong>di</strong>verse<br />

riletture, tra cui quella<br />

<strong>di</strong> Barthes (1984) e <strong>di</strong><br />

Gianfranco Marrone<br />

(2000) che hanno rilevato<br />

il “funzionamento”<br />

semiotico del gusto e il<br />

suo rapporto con gli altri<br />

sensi e, più in generale,<br />

con la corporeità.


26<br />

Il cinema italiano<br />

racconta il vino<br />

dall’oggetto sottoposto a indagine sensoriale. In questo tipo <strong>di</strong><br />

gerarchizzazione si può forse vedere il riflesso <strong>di</strong> un processo<br />

<strong>di</strong> progressiva congiunzione del soggetto con l’oggetto (GRI-<br />

GNAFFINI 2000: 218-219).<br />

Avvicinare il bicchiere alla bocca è un rituale in cui il bere<br />

(sod<strong>di</strong>sfazione <strong>di</strong> un bisogno fisiologico) è solo la tappa<br />

finale <strong>di</strong> un processo complesso seppur breve. Nel gesto<br />

<strong>di</strong> bere si sprigionano tutti gli elementi <strong>di</strong> una sintassi narrativa<br />

che coinvolge il tatto (la consistenza del bicchiere,<br />

le sue qualità materiali), la vista (la trasparenza del cristallo,<br />

attraverso il quale il bevitore osserva i cromatismi del vino,<br />

le lacrime e gli archetti lasciati dalla bevanda sulle pareti<br />

del calice), l’olfatto (i sentori emanati dal vino) e infine<br />

il sapore che si sprigiona a contatto con la bocca e nella<br />

quale il gusto <strong>di</strong> un singolo componente entra in sintonia<br />

con quelli già mangiati (GALOFARO 2006: 162-166).<br />

Nel cinema, il susseguirsi delle azioni che fanno parte della<br />

degustazione come dello stare a tavola si trasformano in<br />

un’avventura dello sguardo spettatoriale che, attraverso la<br />

me<strong>di</strong>azione della macchina da presa, segue le fasi <strong>di</strong> questo<br />

rito, in attesa dei suoi risvolti sul racconto (GALLINGA-<br />

NI 1998: 944).<br />

Il percorso <strong>di</strong> analisi investigherà, in questo primo capitolo,<br />

le modalità con le quali il vino, il cibo e più in generale il<br />

gusto che si produce e si manifesta attorno alla tavola, costituiscono<br />

un elemento centrale non solo della costruzione<br />

scenografica del film ma anche della sua trama. Mantenendo<br />

una <strong>di</strong>stanza mobile, che <strong>di</strong> volta in volta sappia in<strong>di</strong>viduare<br />

la taglia del suo oggetto <strong>di</strong> indagine (dall’intero film,<br />

a una sequenza, fino alla singola inquadratura), si proverà<br />

ad esercitare uno sguardo che attraversi i generi e la storia<br />

del cinema italiano per rinvenire alcune componenti essenziali<br />

nella messa in scena delle relazioni e dei comportamenti<br />

sociali legati al pasto, tra una portata e l’altra, in compagnia<br />

<strong>di</strong> un buon bicchiere <strong>di</strong> vino.


1.2 Una passeggiata nel neorealismo:<br />

Ladri <strong>di</strong> biciclette <strong>di</strong> Vittorio De Sica<br />

Un uomo in cerca della sua bicicletta si aggira per le strade<br />

in compagnia <strong>di</strong> suo figlio, un ragazzino che, a <strong>di</strong>spetto<br />

della giovane età, già lavora come garzone in una pompa<br />

<strong>di</strong> benzina. La madre in pena li attende a casa, speranzosa<br />

che i due ritornino con l’oggetto rubato, da cui <strong>di</strong>pende<br />

il sostentamento dell’intera famiglia. La macchina da presa<br />

pe<strong>di</strong>na padre e figlio, li accompagna e li insegue per le vie<br />

e i quartieri <strong>di</strong> Roma, affannandosi a mostrare, ogni volta<br />

che si apre una possibile soluzione al dramma della per<strong>di</strong>ta,<br />

il gioco <strong>di</strong> sguar<strong>di</strong>, <strong>di</strong> attese, desideri e <strong>di</strong>sillusioni che i due<br />

intrattengono. Il girovagare domenicale <strong>di</strong> padre e figlio,<br />

seppur motivato da un obiettivo, si realizza nell’incapacità<br />

<strong>di</strong> in<strong>di</strong>viduare una destinazione, nell’impossibilità <strong>di</strong> definire<br />

un tragitto che porti i due protagonisti della storia a risollevare<br />

le loro sorti.<br />

In Ladri <strong>di</strong> biciclette (1948) <strong>di</strong> Vittorio De Sica si ripete<br />

il movimento meccanico, spesso privo <strong>di</strong> scopi, che lega<br />

l’esistenza e le possibilità lavorative del borgataro romano<br />

Antonio Ricci (Lamberto Maggiorani) alla sua bicicletta:<br />

prima data in pegno per racimolare del denaro, poi “riconquistata”<br />

perché necessaria per compiere il suo lavoro<br />

<strong>di</strong> attacchinaggio e infine rubata. La ricerca della bicicletta<br />

porterà lui e suo figlio Bruno (Enzo Staiola) ad attraversare<br />

la capitale: dai mercati <strong>di</strong> strada, tra i ricettatori, alle case <strong>di</strong><br />

ospitalità per i poveri, dai quartieri <strong>di</strong> periferia alle rive del<br />

Tevere. Tragico destino quello che accompagna i due protagonisti:<br />

la loro erranza è spinta dalla ricerca <strong>di</strong> un mezzo<br />

<strong>di</strong> locomozione. Bruno trotterella accanto al padre, a volte,<br />

per stargli <strong>di</strong>etro, inciampa e cade, bagnandosi e sporcandosi<br />

i vestiti; altre volte è al suo fianco, mano nella mano,<br />

con lo sguardo alla ricerca del volto paterno. Nella scena<br />

finale, il padre, che aveva tentato <strong>di</strong> rubare a sua volta una<br />

Il cinema italiano<br />

racconta il vino<br />

27


28<br />

Il cinema italiano<br />

racconta il vino<br />

5. Per un approfon<strong>di</strong>mento<br />

storico e critico<br />

sul neorealismo, tra i<br />

molti contributi, si vedano<br />

le raccolte curate da<br />

Lino Micciché (1999)<br />

e da Alberto Farassino<br />

(1989), e il volume <strong>di</strong><br />

Gian Piero Brunetta<br />

(2006: 22-109).<br />

bicicletta, piange <strong>di</strong> vergogna non tanto e non solo per il<br />

giu<strong>di</strong>zio dei passanti che si scaglia su <strong>di</strong> lui, ma soprattutto<br />

per la presenza del figlio, che nonostante tutto torna a stringergli<br />

la mano per con<strong>di</strong>videre la stessa drammatica con<strong>di</strong>zione.<br />

Queste “gesta”, piuttosto che descrivere un’epopea<br />

del proletariato, sono riprese per scomporre al dettaglio il<br />

paesaggio urbano e soprattutto le qualità umane <strong>di</strong> un sostrato<br />

sociale: l’umanità dei volti, i gesti familiari, il linguaggio<br />

e i <strong>di</strong>aloghi <strong>di</strong> strada, i riti quoti<strong>di</strong>ani, le angherie minute<br />

e triviali. Gli acca<strong>di</strong>menti, nella loro casualità, prendono il<br />

sopravvento sulla messa in scena; inoltre il film è quasi interamente<br />

girato in esterni e con attori non professionisti, nel<br />

pieno rispetto dei canoni del neorealismo cinematografico.<br />

Pur nella centralità dei contenuti sociali che caratterizzano<br />

il cinema neorealista tra la Seconda Guerra Mon<strong>di</strong>ale e<br />

l’imme<strong>di</strong>ato dopoguerra, sono gli elementi formali – il pe<strong>di</strong>namento<br />

da parte della macchina da presa nei confronti<br />

dell’uomo <strong>di</strong> strada, teorizzato da Cesare Zavattini, come<br />

il motto <strong>di</strong> Roberto Rosselini «La realtà è là. Perché manipolarla?»<br />

– che, introducendo importanti trasformazioni nel<br />

linguaggio cinematografico, accrescono il portato politico<br />

<strong>di</strong> questa corrente cinematografica. L’impegno politico e<br />

culturale <strong>di</strong> autori come Visconti, Rossellini, Zavattini, De<br />

Sica, Lattuada, De Santis, Zampa, si affianca ad una trasformazione<br />

delle lo- giche narrative che non si conformano<br />

più al rispetto della linearità e della consequenzialità della<br />

trama (l’aderenza ai canoni del cinema hollywoo<strong>di</strong>ano)<br />

ma, attraverso una simbiosi tra i personaggi inquadrati e la<br />

macchina da presa, riproducono sullo schermo il vagabondaggio,<br />

la deambulazione e lo spaesamento dei soggetti tra<br />

le macerie e la desolazione delle periferie urbane sul finire<br />

della Seconda Guerra Mon<strong>di</strong>ale 5 . Nel definire i tratti<br />

dell’estetica neorealista e delle caratteristiche che portano<br />

all’affermazione <strong>di</strong> un’“immagine-fatto”, in cui i confini tra<br />

vedere e mostrare, tra la cattura passiva da parte <strong>di</strong> un<br />

occhio meccanico e la creatività che da questo processo


può generarsi, tendono a confondersi e a sovrapporsi, il<br />

teorico e critico del cinema André Bazin scrive a proposito<br />

del capolavoro <strong>di</strong> De Sica:<br />

Alla scomparsa della nozione <strong>di</strong> attore, nella trasparenza <strong>di</strong> una<br />

perfezione apparentemente naturale come la vita stessa, risponde<br />

la scomparsa della messa in scena. […]. Come la scomparsa<br />

dell’attore è il risultato <strong>di</strong> un superamento dello stile dell’interpretazione,<br />

la scomparsa della messa in scena è ugualmente il<br />

frutto <strong>di</strong> un progresso <strong>di</strong>alettico nello stile del racconto. Se l’avvenimento<br />

basta a se stesso senza che il regista abbia bisogno<br />

<strong>di</strong> rischiararlo per mezzo delle angolazioni della macchina da<br />

presa, è perché è appunto arrivato a quella perfetta luminosità<br />

che consente all’arte <strong>di</strong> smascherare una natura che finalmente le<br />

somiglia. Per questo l’impressione che ci lascia Ladri <strong>di</strong> biciclette<br />

è costante quella della verità (BAZIN 1958-1962: 314-315 tr. it.).<br />

Sulla scia delle riflessioni <strong>di</strong> Bazin, anche Gilles Deleuze,<br />

sostiene la centralità delle innovazioni formali, piuttosto che<br />

contenutistiche, introdotte dal neorealismo:<br />

Contro coloro che definivano il neorealismo italiano a partire<br />

dal suo contenuto sociale, Bazin invocava la necessità <strong>di</strong> criteri<br />

formali estetici. […] Il reale non è più rappresentato o riprodotto,<br />

ma “mostrato”. Invece <strong>di</strong> mostrare un reale già decifrato,<br />

il neorealismo mostrava un reale ancora da decifrare, ambiguo<br />

(DELEUZE 1985: 11 tr. it.).<br />

Per il filosofo francese, il cinema neorealista costruisce e riflette<br />

su una realtà <strong>di</strong>spersiva, ellittica, errabonda, che opera<br />

per blocchi, con eventi fluttuanti, situazioni spesso prive<br />

<strong>di</strong> una finalità narrativa e in cui i legami senso-motori che<br />

connettono il personaggio all’azione sono deliberatamente<br />

deboli. I personaggi non agiscono in base a degli scopi,<br />

non reagiscono in base a situazioni. Il personaggio <strong>di</strong>venta<br />

una specie <strong>di</strong> spettatore:<br />

Il cinema italiano<br />

racconta il vino<br />

29


30<br />

Il cinema italiano<br />

racconta il vino<br />

Ha un bel muoversi, correre, agitarsi, la situazione nella quale si<br />

trova supera da ogni parte le sue capacità motorie e gli fa vedere<br />

e sentire quel che non può più essere teoricamente giustificato<br />

da una risposta o da un’azione. Più che reagire, il personaggio<br />

registra (DELEUZE 1985: 13).<br />

I due protagonisti <strong>di</strong> Ladri <strong>di</strong> biciclette, nel loro affannoso<br />

e vano errare <strong>di</strong> una domenica mattina, si concedono un<br />

pasto fuori, uno strappo alla regola viste le ristrettezze economiche<br />

e il futuro lavorativo incerto.<br />

Arrivano così in trattoria, dove la desolazione degli ambienti<br />

urbani e le <strong>di</strong>savventure accumulate fino a quel momento<br />

lasciano il posto all’allegria e al chiacchiericcio tra i<br />

tavoli, al via vai dei camerieri, alle note <strong>di</strong> un gruppo <strong>di</strong><br />

musicisti.<br />

Nella sequenza – un’oasi drammatica la definisce Bazin<br />

nella sua analisi del film (BAZIN 1958-1962: 311 tr. it.)<br />

– Antonio e Bruno sono seduti attorno a un tavolo apparecchiato<br />

mentre tutto intorno a loro si agita e si trasforma:<br />

le portate, i gesti della piccola orchestra, gli appetiti e le<br />

espressioni dei commensali.<br />

Se le capacità motorie, rispetto alla camminata, sono limitate,<br />

i protagonisti continuano la loro attività <strong>di</strong> registrazione<br />

dell’ambiente circostante che li avvolge, pur non includendoli<br />

completamente. Attraverso una serie <strong>di</strong> campi e controcampi,<br />

il personaggio-spettatore, in perfetta simbiosi con<br />

la macchina da presa, registra e mostra ciò che accade nello<br />

spazio della trattoria (Figg. 1-4).<br />

Figura 1 Figura 2


Figura 3<br />

Figura 4<br />

l vino è la sostanza che favorisce nel personaggio la conversione<br />

passionale, il passaggio da uno stato <strong>di</strong>sforico,<br />

connesso ai risultati negativi della sua ricerca, ad uno stato<br />

euforico. Varcata la soglia della trattoria, Mario prova ad allontanare<br />

i pensieri che lo affliggono per consumare il pranzo<br />

in spensieratezza. Dopo il primo bicchiere, il suo sguardo si<br />

rivolge all’orchestra <strong>di</strong>sposta a lato del suo tavolo, venendo<br />

prontamente ricambiato dal cantante (Figg. 1-2). Al secondo<br />

bicchiere il protagonista, imitando il figlio, alza lo sguardo<br />

per fissare l’abbondanza dei piatti e delle bevande con cui<br />

i camerieri sembrano “decorare” la tavola della famiglia posta<br />

<strong>di</strong> fronte a loro (Figg. 3-4). Alla vista <strong>di</strong> quella scena, gli<br />

affanni e le incertezze tornano ad adombrare il suo volto:<br />

allontana da sé il piatto ancora pieno per prendere un tovagliolo<br />

sul quale fare i conti dello stipen<strong>di</strong>o che il lavoro da<br />

attacchino gli potrebbe garantire. La necessità <strong>di</strong> riprendere<br />

la ricerca della bicicletta torna a essere impellente. Il padre<br />

passa il tovagliolo al figlio per far scrivere a lui le cifre mentre<br />

la macchina da presa, lentamente, si avvicina al volto dell’uomo<br />

per esasperarne ancor <strong>di</strong> più l’espressione e i sentimenti.<br />

Il frugale pranzo in trattoria, in compagnia del vino, è stato<br />

una breve parentesi <strong>di</strong> gioia nell’affannata ricerca domenicale.<br />

Forse l’aiuto <strong>di</strong>vino, già invocato dalla moglie, può produrre<br />

una svolta nelle ricerche; probabilmente si tratta solo <strong>di</strong> un<br />

altro inconcludente vagabondaggio.<br />

Il cinema italiano<br />

racconta il vino<br />

31


32<br />

Il cinema italiano<br />

racconta il vino<br />

1.3 La comme<strong>di</strong>a all’italiana si consuma a tavola:<br />

C’eravamo tanto amati <strong>di</strong> Ettore Scola<br />

Attorno ai tavoli <strong>di</strong> un’altra trattoria romana si consumano<br />

i brin<strong>di</strong>si e si rievocano i ricor<strong>di</strong> <strong>di</strong> un gruppo <strong>di</strong> amici<br />

durante tutto l’arco della loro vita. Gianni (Vittorio Gassman),<br />

rampante avvocato originario <strong>di</strong> Pavia, Antonio<br />

(Nino Manfre<strong>di</strong>), portantino all’ospedale San Camillo <strong>di</strong><br />

Roma, Nicola (Stefano Satta Flores), maestro <strong>di</strong> ginnasio<br />

a Nocera Inferiore e poi intellettuale squattrinato e critico<br />

cinematografico, spesso in compagnia <strong>di</strong> Lucia (Stefania<br />

Sandrelli), aspirante attrice della provincia u<strong>di</strong>nese, si ritrovano<br />

perio<strong>di</strong>camente, spesso per caso, “Dal Re della<br />

Mezza Porzione”.<br />

Nella sala del ristorante, tra le tavole affollate, i tre amici<br />

ricordano le loro vicissitu<strong>di</strong>ni e così facendo ricostruiscono<br />

le tappe fondamentali della storia e della cultura italiana:<br />

dalla Resistenza alla nascita della Repubblica, dal cinema<br />

neorealista all’intrattenimento televisivo, dalla ripresa economica<br />

al referendum sull’aborto.<br />

Come in un film nel film, le immagini e i simboli che costellano<br />

la memoria collettiva italiana – i cinegiornali del<br />

dopoguerra, la storia del cinema italiano con i suoi gran<strong>di</strong><br />

registi (De Sica, Fellini, Antonioni) e interpreti (Mastroianni),<br />

Mike Bongiorno e il suo quiz Lascia o raddoppia? –<br />

scorrono <strong>di</strong>nanzi agli occhi dei personaggi e del pubblico.<br />

Il commento fuoricampo, in cui si alternano le voci dei tre<br />

protagonisti, ritrova sempre i corpi degli attori che, facendo<br />

il loro ingresso nell’inquadratura, in<strong>di</strong>cano allo spettatore le<br />

connessioni tra la cronologia degli eventi e le piccole storie,<br />

tra i mutamenti culturali, i litigi quoti<strong>di</strong>ani e le ipocrisie<br />

in<strong>di</strong>viduali.<br />

C’eravamo tanto amati (1974) <strong>di</strong> Ettore Scola può essere<br />

considerato un’antologia della comme<strong>di</strong>a all’italiana: la<br />

sceneggiatura porta le firme <strong>di</strong> Age e Scarpelli, al secolo


Agenore Incrocci e Furio Scarpelli, che in coppia hanno<br />

firmato molti dei copioni del cinema italiano a partire dalla<br />

fine degli anni Quaranta, gli attori – tra i quali bisogna aggiungere<br />

anche Aldo Fabrizi – hanno costruito, attraverso<br />

i loro volti, le maschere della comme<strong>di</strong>a nazionale e infine<br />

la costruzione dei personaggi, una galleria dei “tipi”, delle<br />

caricature e degli atteggiamenti esasperati <strong>di</strong> questo genere<br />

cinematografico, che ben presto si sono cristallizzati nell’immaginario<br />

degli spettatori.<br />

Ecco come Maurizio Grande, semiologo dello spettacolo<br />

che ha de<strong>di</strong>cato <strong>di</strong>versi stu<strong>di</strong> teorici al cinema italiano e alle<br />

sue trasformazioni, definisce le capacità <strong>di</strong> rappresentazione<br />

e <strong>di</strong> costruzione della società da parte della comme<strong>di</strong>a e<br />

dei suoi personaggi:<br />

La comme<strong>di</strong>a come “trama comica” (e farsesca e grottesca) del<br />

banale-quoti<strong>di</strong>ano “anonimo” e “qualunque” si esprime nel piccolo<br />

costante conflitto fra le attese del soggetto e la pressione<br />

sociale, la quale ha il compito <strong>di</strong> “istruire” l’ingresso del soggetto<br />

nella società e <strong>di</strong> “manovrare” le <strong>di</strong>namiche del suo adattamento.<br />

In questo senso, la comme<strong>di</strong>a espone la con<strong>di</strong>zione <strong>di</strong> personaggi<br />

costretti alla flessibilità psicologica, morale, comportamentale;<br />

personaggi mai definitivamente “compiuti” e costretti <strong>di</strong> continuo<br />

a mutare parametri <strong>di</strong> valutazione e “maschere <strong>di</strong> prestazione”<br />

per trovare una collocazione nella società, per aderire il più possibile<br />

ad una società che detta le norme della vita collettiva<br />

(GRANDE 2003: 41) 6 .<br />

Il continuo rimando alla messa in forma della realtà e alle<br />

capacità <strong>di</strong> interpretare le trasformazioni sociali da parte<br />

del cinema è una consapevolezza che non appartiene solo<br />

alla critica. Infatti, sono gli stessi registi e sceneggiatori che,<br />

attraverso le capacità costruttive del loro mezzo espressivo,<br />

colgono gli umori, i <strong>di</strong>ssapori e le trasformazioni in atto.<br />

Nel fare un bilancio della sua attività e del legame <strong>di</strong><br />

quest’ultima con la comme<strong>di</strong>a all’italiana, Scola scrive:<br />

Il cinema italiano<br />

racconta il vino<br />

33<br />

6. Nelle pagine successive,<br />

lo stu<strong>di</strong>oso italiano<br />

esplicita i caratteri della<br />

comme<strong>di</strong>a all’italiana<br />

(GRANDE 2003: 42-<br />

46).


34<br />

Il cinema italiano<br />

racconta il vino<br />

7. Il concetto <strong>di</strong> “intertestualità”<br />

è utilizzato per<br />

descrivere le relazioni (il<br />

plagio, la paro<strong>di</strong>a, la riscrittura,<br />

ecc.) che legano<br />

un testo ad altri (GE-<br />

NETTE 1981). Sui fenomeni<br />

<strong>di</strong> intertestualità<br />

e citazione connessi alle<br />

pratiche cinematografiche<br />

come il remake o il<br />

serial si vedano, tra i molti<br />

testi pubblicati, il lavoro<br />

<strong>di</strong> Nicola Dusi e Lucio<br />

Spaziante (2006) e la<br />

raccolta <strong>di</strong> saggi curata<br />

da Francesco Casetti<br />

(1984). La “rime<strong>di</strong>azione”<br />

riguarda qui fenomeni<br />

in cui: «un me<strong>di</strong>um<br />

si appropria <strong>di</strong> tecniche,<br />

forme e significati sociali<br />

<strong>di</strong> altri me<strong>di</strong>a e cerca <strong>di</strong><br />

competere con loro o<br />

<strong>di</strong> rimodellarli in nome<br />

del reale» (BOLTER –<br />

GRUSING 1999: 93<br />

tr. it.).<br />

La comme<strong>di</strong>a italiana è stata un ginepraio in cui è <strong>di</strong>fficile <strong>di</strong>stricarsi,<br />

una specie <strong>di</strong> mercato delle pulci dove c’è stato <strong>di</strong><br />

tutto. Perché Fellini ha fatto comme<strong>di</strong>a italiana; Pasolini l’ha fatta,<br />

Franchi e Ingrassia l’hanno fatta, Corbucci, Monicelli, io e altri<br />

ancora. […] La comme<strong>di</strong>a italiana è stata figlia un po’ degenere<br />

del neorealismo, una sorta <strong>di</strong> reazione un po’ reazionaria, in<br />

quanto nata come pacificatoria, “testimone” <strong>di</strong> un’Italia consolata,<br />

grassoccia e paesana, dai pochi riferimenti con la realtà. Un<br />

cinema <strong>di</strong> fantascienza (o <strong>di</strong> fantacoscienza). Poi la comme<strong>di</strong>a<br />

italiana è cresciuta, è entrata in maggior contatto con la realtà, ha<br />

scavato <strong>di</strong> più. Si è fatta più inquietante, da consolatoria che era<br />

è <strong>di</strong>ventata provocatoria.<br />

È in questa <strong>di</strong>rezione che credo <strong>di</strong> aver lavorato: verso una<br />

comme<strong>di</strong>a italiana nella quale, <strong>di</strong>etro l’ere<strong>di</strong>tà del neorealismo e<br />

le “magie” della satira, traspariva l’apologo civile (ELLERO 1995:<br />

7-8).<br />

Come nella <strong>di</strong>chiarazione <strong>di</strong> Scola, anche in C’eravamo<br />

tanto amati si trova condensato gran parte del percorso<br />

della comme<strong>di</strong>a italiana dagli anni Cinquanta fino agli anni<br />

Settanta. Le citazioni e i riman<strong>di</strong> cinematografici a Ladri <strong>di</strong><br />

biciclette e a L’eclisse <strong>di</strong> Antonioni, la ricostruzione dei<br />

set de La dolce vita <strong>di</strong> Fellini e <strong>di</strong> Lascia o raddoppia?, le<br />

immagini <strong>di</strong> repertorio dei cinegiornali, come altre che documentano<br />

un intervento pubblico <strong>di</strong> De Sica, sono alcuni<br />

degli espe<strong>di</strong>enti che il film, facendo interferire la storia con<br />

le sue rappresentazioni me<strong>di</strong>atiche, utilizzando le strategie<br />

dell’intertestualità e dell’interme<strong>di</strong>alità, adotta per costruire<br />

una sorta <strong>di</strong> mappatura delle coor<strong>di</strong>nate e dei riferimenti<br />

culturali a cui la comme<strong>di</strong>a ha attinto e che ha rielaborato,<br />

spesso nel segno dell’esagerazione caricaturale, della farsa e<br />

del dramma 7 .<br />

La trattoria romana, con i suoi brin<strong>di</strong>si e la sua caotica convivialità,<br />

è lo spazio <strong>di</strong> azione in cui i personaggi si ritrovano<br />

per recuperare le tracce del passato e rinsaldare per brevi<br />

momenti l’amicizia che li lega, sempre in bilico tra memoria


in<strong>di</strong>viduale e collettiva, riti collettivi e drammi privati.<br />

Figura 5 Figura 6<br />

Figura 7<br />

Figura 8<br />

È nella trattoria che Antonio, in compagnia della sua amata<br />

Luciana, ritrova l’amico Giovanni (Fig. 5).<br />

Dopo l’esperienza partigiana, le cui immagini si ripetono<br />

<strong>di</strong>verse volte all’interno del film, i due si erano separati,<br />

ognuno <strong>di</strong>retto verso la propria città d’origine. Ma mentre<br />

Antonio brinda all’amico e alle imminenti elezioni politiche,<br />

Gianni e Luciana si scambiano fuggevoli sguar<strong>di</strong> che preannunciano<br />

il loro amore e la rottura dell’amicizia tra i due<br />

uomini.<br />

Luciana e Antonio si ritroveranno, qualche tempo dopo,<br />

sempre in trattoria. Nicola, giunto a Roma per coltivare il<br />

suo impegno da intellettuale e la sua passione per il cinema,<br />

è insieme a loro (Fig. 6).<br />

Gli anni passano – il film marca lo scorrere del tempo e<br />

l’evoluzione dei costumi sociali anche attraverso il passaggio<br />

dal bianco e nero al colore – e al “Re della Mezza<br />

Porzione” fa il suo ingresso lo schermo televisivo: tutti i<br />

commensali, Antonio compreso, hanno lo sguardo rivolto<br />

alle immagini <strong>di</strong> Lascia o raddoppia? (Fig. 7). Nello stu<strong>di</strong>o<br />

Il cinema italiano<br />

racconta il vino<br />

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Il cinema italiano<br />

racconta il vino<br />

televisivo, Mike Bongiorno rivolge a Nicola la domanda<br />

che potrebbe raddoppiare il suo già ricco montepremi.<br />

La carriera da giornalista e critico cinematografico non gli<br />

ha reso grossi guadagni, i suoi libri non vengono pubblicati<br />

e allora non resta che rivolgersi al sogno <strong>di</strong> massa: il primo<br />

quiz a premi della televisione italiana <strong>di</strong>venta l’unica opportunità<br />

<strong>di</strong> riscatto, economico e sociale. Ma, anche in<br />

questo caso, il fallimento non tarderà ad arrivare. Il concorrente<br />

non risponde correttamente alla domanda su Ladri <strong>di</strong><br />

biciclette e così, nonostante la sua ira e la minaccia <strong>di</strong> fare<br />

ricorso, dovrà accontentarsi del premio <strong>di</strong> consolazione,<br />

una Fiat 600.<br />

Nell’ultima parte del film, i tre amici sono <strong>di</strong> nuovo insieme.<br />

Nonostante l’età, i litigi e gli anni trascorsi, gli abbracci e i<br />

sorrisi non mancano e il loro rincontro viene coronato con<br />

un brin<strong>di</strong>si <strong>di</strong> vino bianco (Fig. 8). Con una <strong>di</strong>ssolvenza, si<br />

passa dalle immagini della Resistenza – quando i tre partigiani<br />

gioiscono per l’annuncio della fine del conflitto – alla<br />

trattoria dove tutto sembra non essersi mai trasformato (il<br />

locale, le pietanze, le battute dell’oste) e il tempo si “riavvolge”<br />

per essere rivisitato e raccontato attorno alla tavola.<br />

Gianni è <strong>di</strong>ventato un ricco e importante avvocato che ha<br />

dovuto compromettere i suoi ideali con il potere, Nicola<br />

non ha più rivisto la sua famiglia, Antonio si è sposato<br />

con Luciana: l’amarezza per le scelte fatte, i compromessi<br />

accettati e le novità possono rivelarsi solo all’uscita dal ristorante<br />

quando, nella notte, dopo l’ennesimo alterco e la<br />

successiva riappacificazione, ciascuno proverà a confidarsi.<br />

Il film si chiude dove era incominciato: con il fermo-immagine<br />

<strong>di</strong> Gianni che sta per tuffarsi nella piscina della sua<br />

villa all’Olgiata. Il flashback che apriva il film può terminare<br />

con l’immagine a rallentatore del tuffo mentre gli amici,<br />

dall’esterno della villa, hanno ormai scoperto l’opulenza<br />

borghese che l’avvocato Perego non aveva avuto il coraggio<br />

<strong>di</strong> rivelare loro. Ancora una volta il montaggio può<br />

contravvenire alla linearità della storia e far ricominciare il


acconto. D’altronde, Nicola troverà sempre qualche spettatore<br />

pronto a seguire una storia incominciata trent’anni<br />

fa e a lui si accompagneranno le parole e i punti <strong>di</strong> vista,<br />

<strong>di</strong> Antonio, <strong>di</strong> Gianni e <strong>di</strong> Luciana. E forse questa storia<br />

rinizierà tra i tavoli della trattoria romana, per un altro incontro,<br />

per brindare <strong>di</strong> nuovo in memoria dei ricor<strong>di</strong> e delle<br />

avventure passate.<br />

1.4 La passione nasce dopo un brin<strong>di</strong>si:<br />

Il Casanova <strong>di</strong> Federico Fellini<br />

Elemento scenografico e narrativo, la tavola imban<strong>di</strong>ta è una costante<br />

nel cinema <strong>di</strong> Federico Fellini. Dalla varietà delle pietanze<br />

e delle bevande alle voci dei convitati che si sovrappongo producendo<br />

il chiasso della festa: la rappresentazione della tavola<br />

ben si accorda con la tendenza del cinema felliniano a costruire<br />

quel racconto ad episo<strong>di</strong> con cui è scan<strong>di</strong>ta la narrazione filmica,<br />

dei sipari corali sovraccarichi <strong>di</strong> personaggi dai caratteri comici e<br />

grotteschi, dove abbondano gli elementi scenografici e i dettagli.<br />

Gli esempi sono molti: le esagerazioni verbali e alimentari della<br />

cena <strong>di</strong> Trimalcione nel Fellini-Satyricon (1969), i tavoli affollati,<br />

<strong>di</strong>sposti lungo strada <strong>di</strong> fronte alle osterie, in Roma (1972)<br />

dove le carrellate della macchina da presa offrono alla spettatore<br />

l’abbondanza delle pietanze, la loro varietà, il goffo agitarsi dei<br />

camerieri sempre indaffarati, le grida in romanesco che caratterizzano<br />

il <strong>di</strong>alogo tra i commensali. E ancora: il pranzo <strong>di</strong> famiglia in<br />

Amarcord (1973), in cui l’occhio vigile, l’espressione contratta e<br />

il tono <strong>di</strong> voce irato del capofamiglia alimentano e gestiscono il<br />

succedersi dei litigi e delle azioni altrui.<br />

Le scene dei pasti <strong>di</strong>ventano, al pari <strong>di</strong> una strada affollata o<br />

<strong>di</strong> uno spettacolo <strong>di</strong> cabaret, una galleria volutamente mal organizzata,<br />

un accumulo <strong>di</strong> oggetti e soggetti in cui si cristallizzano<br />

<strong>di</strong>verse storie e temporalità. È questo secondo Fellini lo spetta-<br />

Il cinema italiano<br />

racconta il vino<br />

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38<br />

Il cinema italiano<br />

racconta il vino<br />

colo in continua crescita (DELEUZE 1985: 104 tr. it.): in esso<br />

lo spettatore è in balia dei movimenti erranti della macchina da<br />

presa che attraversano e frammentano l’inquadratura in miria<strong>di</strong> <strong>di</strong><br />

entrate e <strong>di</strong> uscite, vagando tra un personaggio e l’altro mentre,<br />

nella colonna sonora, i <strong>di</strong>aloghi si confondono con il rumore delle<br />

posate, dei bicchieri, dei passanti e la musica delle orchestre.<br />

Che cosa succede quando il pasto <strong>di</strong>venta il luogo per adescare<br />

le prede amorose? Quando Casanova è ospite <strong>di</strong> salotti e banchetti,<br />

lo spettacolo felliniano sfrutta il suo estro per mettere in<br />

mostra il rituale della seduzione. Dagli sfarzi e dagli oscuri presagi<br />

della notte <strong>di</strong> carnevale sul Canal Grande <strong>di</strong> Venezia alle rive<br />

buie dell’isolotto <strong>di</strong> San Bartolo, dai salotti parigini, custo<strong>di</strong> <strong>di</strong><br />

pratiche occulte e laboratori magici, ai bassifon<strong>di</strong> nebbiosi <strong>di</strong><br />

Londra dove si può intravedere la donna più grande e forte del<br />

mondo e si può entrare nel ventre ancora caldo della Mona,<br />

la balena femmina; dalle orge romane, sino alla festa alla corte<br />

<strong>di</strong> Württemberg: le avventure amorose e i pellegrinaggi per<br />

l’Europa <strong>di</strong> Giacomo Casanova raccontati nel film Il Casanova<br />

<strong>di</strong> Federico Fellini (1976) sono incorniciate da scene <strong>di</strong> feste e<br />

banchetti. Sono proprio i banchetti ad essere l’anticamera che<br />

precede le fatiche amorose del seduttore veneziano: è attorno<br />

alla tavola, nel gioco degli sguar<strong>di</strong>, restituiti attraverso campi e<br />

controcampi dalla macchina da presa, che l’arte seduttiva <strong>di</strong> Casanova<br />

trova il suo spazio d’azione ideale. Quando il Casanova,<br />

interpretato da Donald Sutherland, fugge dalle fredde prigioni<br />

dei Piombi, porta con sé soltanto lo scrigno che contiene l’uccello<br />

amoroso: un pennuto meccanico che con i suoi movimenti<br />

e la musica <strong>di</strong> carillon composta, come tutta la colonna sonora<br />

del film, da Nino Rota, determina i gesti e il ritmo delle sue<br />

scene amorose. Approda poi a Parigi, dove trova ospitalità presso<br />

il salotto dell’anziana nobildonna madame d’Urfé. Maghi,<br />

sensitivi, veggenti, occultisti e una bambina dalla sorprendente<br />

intelligenza, capace <strong>di</strong> contrad<strong>di</strong>re le tesi <strong>di</strong> Sant’Agostino sul<br />

concepimento della Vergine Maria, siedono attorno alla tavola<br />

sulla quale troneggia la statua <strong>di</strong> un gufo (Fig. 9).<br />

È in questo scenario esoterico che Casanova dà sfoggio delle<br />

sue doti <strong>di</strong> conquistatore. Dopo aver assistito a un episo<strong>di</strong>o <strong>di</strong>


Figura 9<br />

possessione e aver contraddetto le posizioni <strong>di</strong> alcuni dei commensali<br />

sulle caratteristiche dell’anima femminile, il suo sguardo e<br />

quello dell’anziana nobildonna si incrociano.<br />

Mentre le voci scemano un po’ alla volta, anche la luce che fa<br />

risaltare le figure e gli oggetti scompare, gettando nell’ombra i<br />

piatti, i cibi, i calici e i personaggi, sino a far <strong>di</strong>ssolvere anche<br />

questi ultimi dalla scena.<br />

I due amanti sono ormai soli e la nobildonna si solleva dalla<br />

sua se<strong>di</strong>a per accompagnare il Casanova nel suo laboratorio<br />

magico, dove sono conservati oggetti antichi dotati <strong>di</strong> poteri<br />

sovrannaturali.<br />

Il trasformismo amoroso dell’avventuriero veneziano e la creatività<br />

del regista riminese, sorretta dalle capacità <strong>di</strong> Danilo Donati,<br />

vincitore del premio Oscar per i costumi, e <strong>di</strong> molti altri tecnici,<br />

macchinisti, truccatori e architetti, si incontrano nello sfarzo barocco<br />

del Settecento. Infatti, il mondo barocco in cui è ambientata<br />

la Storia della mia vita, biografia firmata da Giacomo<br />

Casanova, viene palesemente ricostruito e rivisitato, per ciascuno<br />

degli episo<strong>di</strong> del film, negli stu<strong>di</strong> cinematografici <strong>di</strong> Cinecittà.<br />

Prima del concerto organizzato dal gobbo conte Du Bois presso<br />

la sua casa nel Ducato <strong>di</strong> Parma, Casanova si ritrova nuovamente<br />

ad esercitare il suo sguardo e le sue doti <strong>di</strong>alettiche per ingraziarsi<br />

i favori della sua nuova amante Henriette, giovane francese dal<br />

passato misterioso. A tavola, <strong>di</strong>visa fra nobili francesi e spagnoli<br />

Il cinema italiano<br />

racconta il vino<br />

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Il cinema italiano<br />

racconta il vino<br />

che si contendono il dominio sul Ducato, il protagonista ingaggia<br />

un duello verbale contro il padrone <strong>di</strong> casa (Fig. 10).<br />

Figura 10<br />

Mentre il conte esalta la lascivia dei costumi femminili, confrontandoli<br />

prima alla leggerezza <strong>di</strong> una piuma, poi a quella del<br />

vento e infine alla cenere, Casanova, sempre con lo sguardo<br />

rivolto alla sua amata, rimprovera gli abusi del genere maschile<br />

nei confronti della grazia posseduta dalle donne. Se il duca<br />

paragona i baci delle amanti ai bicchieri <strong>di</strong> vino, ai quali il bevitore<br />

insaziabile finisce per soccombere, per Casanova i baci<br />

sono lo strumento in grado <strong>di</strong> rompere le barriere che separano<br />

i corpi per renderli in<strong>di</strong>stinguibili. Alle parole <strong>di</strong> quest’ultimo<br />

Henrietta, sorridente e compiaciuta, solleva il suo bicchiere <strong>di</strong><br />

vino per brindare alla salute del suo amante che non esita, con<br />

un gesto elegante, a ricambiare. Il brin<strong>di</strong>si <strong>di</strong>venta così il sigillo<br />

con il quale saldare il nuovo sodalizio amoroso, anche se questo<br />

avrà vita breve, costringendo il Casanova a peregrinare ancora,<br />

alla ricerca <strong>di</strong> un’altra amante, in quel desiderio quasi meccanico<br />

che, al pari dell’uccello amoroso, si attiva ad ogni incontro per<br />

spegnersi subito dopo.


1.5 Il Pranzo <strong>di</strong> Ferragosto<br />

secondo Gianni Di Gregorio<br />

I gusti e le abitu<strong>di</strong>ni culinari si ripresentano puntualmente nelle<br />

<strong>di</strong>verse stagioni del cinema italiano, fornendo così un riflesso<br />

più ampio, a volte realistico altre volte comico o grottesco,<br />

delle tendenze e delle trasformazioni culturali in atto nella<br />

società. E così, il campo dei <strong>di</strong>scorsi sociali trova il suo spazio<br />

nello schermo cinematografico, il quale si dota <strong>di</strong> filtri, <strong>di</strong><br />

strumenti linguistici (la carrellata, lo sguardo in macchina, l’inserimento<br />

e il montaggio <strong>di</strong> prelievi provenienti da altri mezzi<br />

<strong>di</strong> rappresentazione) e <strong>di</strong> generi (dal dramma alla comme<strong>di</strong>a),<br />

per poterlo “contenere” e al contempo offrirne una chiave<br />

interpretativa.<br />

Il percorso compiuto fin ora, seppur con poche e brevi tappe,<br />

ha provato a seguire e comprendere alcune delle strategie<br />

<strong>di</strong> messa in scena del pasto, con un’attenzione particolare alle<br />

funzioni figurative e narrative del vino, in alcuni film italiani.<br />

Ovviamente, un’incursione nel cinema contemporaneo non<br />

poteva mancare, soprattutto se con essa si entra nel vivo <strong>di</strong> un<br />

rituale sociale come quello del pranzo ferragostano.<br />

Agli inizi degli anni Sessanta, Dino Risi faceva iniziare il suo<br />

film Il sorpasso (1962) tra le vie deserte <strong>di</strong> Roma nel giorno<br />

<strong>di</strong> Ferragosto. La trama è nota: l’impacciato studente Roberto<br />

Mariani (Jean-Louis Trintignant) si lascia coinvolgere<br />

dall’edonista Bruno Cortona (Vittorio Gassman) in una serie<br />

<strong>di</strong> avventure lungo la via Aurelia, che termineranno con un<br />

tragico incidente stradale. A più <strong>di</strong> quarant’anni <strong>di</strong> <strong>di</strong>stanza,<br />

con un altro stile e con personaggi molto <strong>di</strong>fferenti, il film<br />

Pranzo <strong>di</strong> Ferragosto (2008) scritto, <strong>di</strong>retto e interpretato da<br />

Gianni Di Gregorio, ritorna tra le vie assolate della capitale<br />

per raccontare le vicende <strong>di</strong> chi è costretto a rimanere in città<br />

nonostante la festività.<br />

Dall’evasione tragica del film <strong>di</strong> Risi, all’immobilità citta<strong>di</strong>na del<br />

Pranzo <strong>di</strong> Ferragosto, dove la corsa frenetica verso le spiagge,<br />

Il cinema italiano<br />

racconta il vino<br />

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Il cinema italiano<br />

racconta il vino<br />

il <strong>di</strong>vertimento giovanile e gli incontri imprevisti sono solo un<br />

miraggio lontano.<br />

Qualche giorno prima della festività: Gianni – il regista è<br />

anche il protagonista e nel film conserva il suo nome – si aggira<br />

con le buste della spesa tra le vie deserte e i mercati del<br />

centro <strong>di</strong> Roma. La sua occupazione quoti<strong>di</strong>ana è quella <strong>di</strong><br />

badare all’anziana madre, nobile vedova decaduta. Entrambi<br />

si trovano in ristrettezze economiche e sono costretti a piccoli<br />

espedenti per non pagare i loro debiti. Quando Gianni<br />

entra nella sua vineria <strong>di</strong> fiducia, dopo essersi fatto versare un<br />

bicchiere <strong>di</strong> Ribolla Gialla, compra due bottiglie <strong>di</strong> Chablis<br />

che sorseggierà abbondantemente durante tutto il corso del<br />

film (Fig. 11). Nel Pranzo <strong>di</strong> Ferragosto, Gianni non è solo in<br />

compagnia dei suoi bicchieri <strong>di</strong> vino bianco e delle richieste<br />

incessanti della madre. Durante le afose giornate estive, tre<br />

anziane signore, abbandonate dai familiari in fuga verso li<strong>di</strong><br />

marittimi, sono ospitate dal protagonista che, pur <strong>di</strong> racimolare<br />

del denaro e ripagare parte dei suoi debiti, si improvvisa badante,<br />

cuoco e paziente confidente. La casa <strong>di</strong> famiglia, vuota<br />

e decadente si rallegra <strong>di</strong> presenze femminili: Marina, donna<br />

capricciosa e piena <strong>di</strong> irriverente vitalità, madre <strong>di</strong> Alfonso,<br />

l’amministratore condominiale, zia Maria, regina della pasta al<br />

forno, e Grazia, sottoposta ad una ferrea <strong>di</strong>eta dal figlio, il<br />

me<strong>di</strong>co Marcello, e che in sua assenza riuscirà ad apprezzare<br />

nuovamente i piaceri della tavola.<br />

Figura 11


Al pranzo <strong>di</strong> Ferragosto è de<strong>di</strong>cato il finale del film. Sedute<br />

attorno alla tavola apparecchiata per le gran<strong>di</strong> occasioni,<br />

vestite con gli abiti della festa, le anziane signore sorridono,<br />

gioiscono e alzano i calici per brindare (Fig. 12).<br />

Figura 12<br />

Contente per una vacanza trascorsa tra le mura domestiche,<br />

vorrebbero rendere interminabili i momenti <strong>di</strong> convivialità. Per<br />

questo non esitano ad offrire al loro badante dell’altro denaro<br />

affinché la piccola festa domestica, le chiacchierate e i brin<strong>di</strong>si<br />

non si concludano con l’arrivo dei figli, pronti a separare la<br />

loro unione. Gianni, sorridente, non può che accettare l’offerta.<br />

Ma ad un patto: a cena solo un bro<strong>di</strong>no vegetale. «Ma<br />

con il parmigiano!», ribatte prontamente Grazia.<br />

Il cinema italiano<br />

racconta il vino<br />

43


2. I vitigni, le tra<strong>di</strong>zioni,<br />

le nuove frontiere:<br />

i documentari italiani sul vino<br />

2.1 Un precedente letterario.<br />

Il taccuino dei “viaggi d’assaggio”<br />

tra le vigne d’Italia:<br />

<strong>Vino</strong> al vino <strong>di</strong> Mario Soldati.<br />

Tra la fine degli anni Sessanta e la prima metà degli anni<br />

Settanta, lo scrittore, sceneggiatore e regista Mario Soldati<br />

scrive <strong>Vino</strong> al vino. Viaggio alla ricerca dei vini genuini, una<br />

raccolta <strong>di</strong> appunti, aneddoti, descrizioni e degustazioni<br />

accumulate durante tre viaggi in giro per l’Italia. Nell’arco<br />

<strong>di</strong> sette anni, Soldati attraversa gran parte delle province<br />

italiane, da Nord a Sud, compresa la Sicilia e la Sardegna,<br />

scegliendo sempre l’autunno come stagione per i suoi<br />

spostamenti. Il <strong>di</strong>ciassette novembre 1968 è la data d’inizio<br />

del primo viaggio, che prende le mosse dalla Sicilia e<br />

termina in Valle d’Aosta. Dalla vetta dell’Etna a quella del<br />

Monte Bianco, Soldati non compie dei viaggi sistematici<br />

e, come lui stesso riba<strong>di</strong>sce più volte, non ha un metodo<br />

<strong>di</strong> valutazione dei vini rigido e stabilito a priori: l’inesperto<br />

amatore dei vini, con in tasca la Guida Touring dalla<br />

copertina rossa, è sempre <strong>di</strong>sponibile a delle deviazioni in<br />

corso d’opera, agli imprevisti e alle sorprese. Per questo i<br />

viaggi non sono dei tour organizzati: si tratta piuttosto <strong>di</strong><br />

avventure alla scoperta <strong>di</strong> luoghi da annotare e descrivere<br />

con dovizia sia per il gusto del vino assaggiato, sia per i<br />

personaggi che producono un particolare vino oppure lo<br />

hanno consigliato e offerto. Il secondo viaggio è datato<br />

Il cinema italiano<br />

racconta il vino<br />

45


46<br />

Il cinema italiano<br />

racconta il vino<br />

8. Per un’accurata ricostruzione<br />

delle vicende<br />

e<strong>di</strong>toriali <strong>di</strong> <strong>Vino</strong> al<br />

vino si veda la “Nota<br />

al testo” <strong>di</strong> Stefano<br />

Ghi<strong>di</strong>nelli, contenuta<br />

nell’introduzione al volume<br />

(SOLDATI 2006:<br />

XLV-XLX).<br />

9. Nelle rie<strong>di</strong>zioni <strong>di</strong><br />

<strong>Vino</strong> al vino, prima<br />

all’interno della collana<br />

“Oscar Manuali” e poi<br />

negli “Oscar Gran<strong>di</strong><br />

Classici”, il corredo fotografico<br />

sarà sostituito<br />

dai <strong>di</strong>segni <strong>di</strong> Francesco<br />

Tabusso.<br />

1970 e i vini degustati appartengono alle regioni del Trentino<br />

Alto A<strong>di</strong>ge, del Veneto, del Friuli Venezia Giulia,<br />

dell’Emilia Romagna, delle Marche e della Puglia. L’ultimo<br />

viaggio si svolge nel 1975 e tocca la Sardegna, la Calabria,<br />

la Basilicata, l’Abruzzo – con un ritorno nella provincia <strong>di</strong><br />

Chieti, già visitata durante il secondo viaggio –, il Molise, il<br />

Lazio, l’Umbria, la Liguria, per terminare in Piemonte.<br />

I viaggi compaiono, sotto forma <strong>di</strong> inchieste a puntate, sul<br />

settimanale «Grazia» (il primo e il secondo viaggio) e su<br />

«Epoca» (il terzo). Nel 1977, l’e<strong>di</strong>tore Mondadori li raccoglie<br />

in un’e<strong>di</strong>zione integrale e li pubblica nella collana “I<br />

libri illustrati Mondadori”. Al <strong>di</strong> là delle vicende e<strong>di</strong>toriali,<br />

<strong>Vino</strong> al vino è una raccolta <strong>di</strong> testi dal carattere ibrido, che<br />

coniuga il genere romanzesco dai toni realistici, al saggio<br />

<strong>di</strong>vulgativo e al reportage 8 . Inoltre, il testo <strong>di</strong> Soldati è<br />

corredato da un ampio apparato fotografico. Nel primo e<br />

nel secondo viaggio, Soldati è accompagnato dall’enologo<br />

Ignazio Boccoli e da suo figlio Wolfango, autore degli<br />

scatti; mentre i compagni del terzo viaggio sono il fotografo<br />

professionista Giorgio Lotti e la moglie Jucci Kellerman,<br />

anch’essa autrice <strong>di</strong> alcune delle fotografie scattate durante<br />

la tappa piemontese 9 .<br />

Con la sua penna e il suo taccuino, Soldati conduce il lettore<br />

in viaggio – dei «viaggi d’assaggio» li definisce l’autore<br />

nella prima pagina del libro – alla scoperta dei vigneti sparsi<br />

nel nostro Bel Paese, dei personaggi “da osteria”, dei sapori<br />

che si palesano ad un amatore inesperto del vino.<br />

Si tratta <strong>di</strong> uno dei primi “esperimenti” <strong>di</strong> reportage sulle<br />

culture vinicole in Italia. Azzardando un po’, il libro <strong>di</strong><br />

Soldati si potrebbe annoverare tra i primi propulsori per<br />

la <strong>di</strong>ffusione sociale <strong>di</strong> una cultura attenta al consumo del<br />

vino, alle sue molteplici storie, alla bio<strong>di</strong>versità e alle tra<strong>di</strong>zioni<br />

alimentari.<br />

Più che dare un giu<strong>di</strong>zio <strong>di</strong> qualità sui vini, Soldati racconta<br />

le storie e i personaggi che, al pari delle uve utilizzate, fanno<br />

parte <strong>di</strong> un vino, ne detengono i segreti e, nell’economia


del racconto, sono necessari a descrivere i luoghi e le tra<strong>di</strong>zioni.<br />

Per l’autore-degustatore non si possono comprendere<br />

e apprezzare i vini, soprattutto quelli genuini, se non se ne<br />

conoscono i meto<strong>di</strong> <strong>di</strong> produzione e soprattutto se non si<br />

entra in contatto con le persone che da anni lo producono<br />

e lo assaggiano, se non si visita il territorio:<br />

Che ci <strong>di</strong>ce l’odorato, il palato, quando sorseggiamo un vino<br />

prodotto in un luogo, in un paesaggio che non abbiamo mai<br />

visto, da una terra in cui non abbiamo mai affondato il piede,<br />

e da gente che non abbiamo mai guardato negli occhi, e alla<br />

quale non abbiamo mai stretto la mano? Poco, molto poco<br />

(SOLDATI 2006: 60).<br />

Già nelle prime pagine, l’autore fornisce le coor<strong>di</strong>nate fondamentali<br />

del suo metodo per avvicinarsi ai vini e comprenderne<br />

la genuinità. Proprio all’inizio del suo primo viaggio,<br />

Soldati lascia la parola alla voce solenne e cavernosa <strong>di</strong><br />

Don Vicienzo Triunfo, proprietario insieme al fratello Don<br />

Antonio <strong>di</strong> un’antica bottiglieria a Napoli, nella Riviera <strong>di</strong><br />

Chiaia, che afferma: «Nun ce stanno cchiù e’ vini: so’ rimaste<br />

solo e’ nomme!» (SOLDATI 2006: 15). Questa<br />

esclamazione in <strong>di</strong>aletto napoletano apre il campo a una<br />

serie <strong>di</strong> considerazioni sulla produzione vitivinicola italiana<br />

che, per essere compresa e raccontata, richiede conoscenze<br />

geologiche, geografiche, storiche e socio-economiche del<br />

luogo in cui si vendemmia e si imbottiglia un determinato<br />

vino. Ma questa eru<strong>di</strong>zione non è sufficiente, ad essa va<br />

affiancata una conoscenza <strong>di</strong>retta <strong>di</strong> quei luoghi: per assaggiare<br />

l’Asprino <strong>di</strong> Aversa – uno dei vini pre<strong>di</strong>letti da<br />

Papa Paolo III Farnese e che Soldati credeva scomparso<br />

da almeno quarant’anni –, il più secco <strong>di</strong> tutti i bianchi,<br />

non c’è altro modo se non quello <strong>di</strong> recarsi proprio nella<br />

bottega dei fratelli Triunfo, dove il bianco aversano veniva<br />

«mesciuto gelato» (SOLDATI 2006: 43-45).<br />

Le etichette, al pari delle bottiglie che contengono i vini,<br />

Il cinema italiano<br />

racconta il vino<br />

47


48<br />

Il cinema italiano<br />

racconta il vino<br />

sono spesso fuorvianti, quantomeno incomplete, per i bevitori<br />

attenti.<br />

In un vino, il “nome” come la gran<strong>di</strong>ssima maggioranza dei consumatori<br />

italiani lo intendono e lo conoscono, e cioè il semplice<br />

nome <strong>di</strong> una parola sola (per esempio, Barbera) o tutt’al più<br />

due (Barbera <strong>di</strong> Piemonte), il semplice nome conta molto poco<br />

o quasi niente: vale tutt’al più come una segnalazione iniziale,<br />

come un avvertimento generico e grossolano. Badate: questo<br />

vino è dolce, è secco, è rosso, è bianco, è spumante, non lo<br />

è. Ecco cosa <strong>di</strong>ce, in Italia, il nome <strong>di</strong> un vino: niente <strong>di</strong> più.<br />

Un vero nome <strong>di</strong> un vino dovrebbe, invece, specificare la ben<br />

limitata località <strong>di</strong> origine (Barbera <strong>di</strong> Piemonte, Portacomaro),<br />

o, meglio ancora, il podere dove sono piantati i vigneti da cui<br />

provengono le uve (Barbera <strong>di</strong> Piemonte, Portacomaro, poder<br />

San Gillio) o, ad<strong>di</strong>rittura, la cantina dove si è proceduto alla<br />

vinificazione (Barbera <strong>di</strong> Piemonte, Portacomaro, podere San<br />

Gillio, cantina Cerruti). Inoltre ogni bottiglia dovrebbe portare<br />

due date: quella della vendemmia, e quella dell’imbottigliamento:<br />

Barbera <strong>di</strong> Piemonte, Portacomaro, podere San Gillio, cantina<br />

Cerruti, vendemmia 1964, imbottigliamento 1966 (SOLDATI<br />

2006: 17-18).<br />

Va reso merito all’autore <strong>di</strong> aver messo in pratica questa<br />

dettagliata “anagrafe” dei vini italiani. Infatti, a conclusione<br />

del volume si trova un “elenco dei vini descritti”, sud<strong>di</strong>viso<br />

per viaggio e province, dove ogni vino ha il suo nome e la<br />

sua minuziosa descrizione.<br />

Se una parte delle <strong>di</strong>chiarazioni <strong>di</strong> Soldati può risultare,<br />

per il lettore contemporaneo e soprattutto per l’esperto<br />

enologo, obsoleta e il suo metodo criticabile, non bisogna<br />

<strong>di</strong>menticare <strong>di</strong> collocare questo lavoro nella cornice storica<br />

e socioculturale nella quale è stato scritto e pubblicato.<br />

Innanzitutto va ricordato che si tratta <strong>di</strong> uno dei primi<br />

esperimenti <strong>di</strong> promozione del patrimonio enogastronomico<br />

italiano, attraverso un linguaggio teso a preservarne e tra-


mandarne le ra<strong>di</strong>ci, la ricchezza e le bio<strong>di</strong>versità. I primi due<br />

viaggi nascono, infatti, da una collaborazione tra l’Istituto<br />

Enologico Italiano e una rivista <strong>di</strong>vulgativa e <strong>di</strong> costume<br />

come «Grazia».<br />

Nel ricostruire le fasi che hanno portato i resoconti dei<br />

viaggi a <strong>di</strong>ventare un libro, Ghi<strong>di</strong>nelli scrive:<br />

Il 17 novembre 1969, sul settimanale “Grazia” (n. 1448, pp. 68-<br />

77), esce un ampio servizio dal titolo In Sicilia / Alla scoperta<br />

dei vini genuini, firmato da Mario Soldati e corredato dalle<br />

fotografie del figlio Wolfango. È l’avvio <strong>di</strong> un suggestivo reportage<br />

enologico in sei tappe, condotto da Soldati per conto<br />

della rivista e in collaborazione con l’Istituto Enologico Italiano.<br />

«Il famoso scrittore – recita l’occhiello dell’articolo – ha girato<br />

l’Italia per portare sulle tavole delle nostre lettrici il meglio della<br />

produzione enologica: ecco la prima puntata <strong>di</strong> questa singolare<br />

“avventura”». La realizzazione dell’inchiesta è infatti legata a<br />

una originale iniziativa commerciale. Soldati […] non si propone<br />

soltanto <strong>di</strong> fare «sul serio la conoscenza» <strong>di</strong> alcuni vini genuini:<br />

come spiega nel primo dei suoi resoconti […] tra gli obiettivi<br />

dei «viaggi <strong>di</strong> assaggio» c’è la sperimentazione <strong>di</strong> una ine<strong>di</strong>ta<br />

rete organizzativa, che salvaguar<strong>di</strong> la qualità «artigianale» del vino<br />

«industrializzandone», per converso, i circuiti <strong>di</strong> approvvigionamento<br />

e commercializzazione (SOLDATI 2006: XLV).<br />

La <strong>di</strong>ffusione commerciale su larga scala dei vini italiani non<br />

deve corrompere i meto<strong>di</strong> <strong>di</strong> produzione e soprattutto<br />

non deve cancellare il ra<strong>di</strong>camento territoriale. In parte<br />

questi propositi rimarranno un’utopia, in parte saranno <strong>di</strong>sattesi,<br />

ma siamo nel 1968 e gli intellettuali più attenti ai<br />

cambiamenti in corso nella società italiana, dopo il boom<br />

economico degli anni Cinquanta, si apprestano a riflettere<br />

criticamente sulle conseguenze del consumismo e sull’avvento<br />

della cultura <strong>di</strong> massa: una “mutazione antropologica”<br />

che <strong>di</strong>sfa, almeno apparentemente, le <strong>di</strong>fferenze <strong>di</strong> classe,<br />

omologando i bisogni e le tendenze culturali a svantaggio<br />

Il cinema italiano<br />

racconta il vino<br />

49


50<br />

Il cinema italiano<br />

racconta il vino<br />

10. Per un’introduzione<br />

al concetto <strong>di</strong> “mutazione<br />

antropologica” e <strong>di</strong><br />

<strong>di</strong>sfacimento del mondo<br />

conta<strong>di</strong>no si vedano<br />

gli articoli <strong>di</strong> Pier Paolo<br />

Pasolini raccolti in Scritti<br />

corsari. In particolare<br />

gli articoli “Stu<strong>di</strong>o sulla<br />

rivoluzione antropologia<br />

in Italia”, “Limitatezza<br />

della storia e immensità<br />

del mondo conta<strong>di</strong>no” e<br />

“Ampliamento del «bozzetto»<br />

sulla rivoluzione<br />

antropologica in Italia”<br />

(PASOLINI 1975: 46-<br />

52, 60-65, 66-77).<br />

11. Per il narratologo<br />

Gérard Genette, lo<br />

statuto del narratore<br />

è definito me<strong>di</strong>ante il<br />

suo livello narrativo – la<br />

prospettiva, il punto <strong>di</strong><br />

vista dal quale vengono<br />

esposti i fatti (narratore<br />

extra<strong>di</strong>egetico o intra<strong>di</strong>egetico)<br />

e si determinano<br />

i gra<strong>di</strong> <strong>di</strong> trasmissione<br />

dell’informazione da<br />

parte del racconto (racconto<br />

non focalizzato, a<br />

focalizzazione esterna o<br />

interna) – e in relazione<br />

alla sua <strong>di</strong>stanza rispetto<br />

alla storia – in questo<br />

caso, un narratore può<br />

essere assente dalla storia<br />

(etero<strong>di</strong>egetico) oppure<br />

presente in essa (omo<strong>di</strong>egetico)<br />

(GENETTE<br />

1972: 208-258 tr. it.).<br />

delle varietà, dei microsistemi legati al mondo conta<strong>di</strong>no 10 .<br />

Il regista che, nel 1941, aveva portato sugli schermi cinematografici<br />

il romanzo <strong>di</strong> Antonio Fogazzaro Piccolo mondo<br />

antico, scritto sul finire dell’Ottocento, appartiene a questa<br />

schiera da <strong>di</strong>versi anni: nelle sue nostalgiche evocazioni<br />

del passato, nella sua tenace <strong>di</strong>fesa e riscoperta <strong>di</strong> quegli<br />

oggetti culturali e anche alimentari legati alle tra<strong>di</strong>zioni<br />

conta<strong>di</strong>ne, Soldati esprime le sue riserve nei confronti del<br />

processo <strong>di</strong> industrializzazione e <strong>di</strong> conseguente massificazione<br />

dei beni <strong>di</strong> consumo alimentari e, in particolare, verso<br />

l’omogeneizzazione del sapore del vino che i gran<strong>di</strong> produttori<br />

e consumatori moderni, a <strong>di</strong>fferenza degli amatori<br />

del vino e delle sue genuinità, vogliono stabile e immutabile<br />

(SOLDATI 2006: 477). Al contrario, il vino resta qualcosa<br />

che, al pari <strong>di</strong> un’opera d’arte o <strong>di</strong> artigianato (sono<br />

similitu<strong>di</strong>ni utilizzate da Soldati), deve preservare la sua singolarità:<br />

l’etichetta è solo una garanzia parziale della qualità<br />

<strong>di</strong> una bottiglia <strong>di</strong> vino, la bontà del suo contenuto varia a<br />

seconda delle annate, dei vitigni e dei viticoltori, ecc. A ciò<br />

si aggiungono le particolari sensazioni e i ricor<strong>di</strong> che quel<br />

bicchiere <strong>di</strong> vino ha prodotto nel suo assaggiatore: sapori<br />

che non si possono scindere dai luoghi e dalle persone che<br />

hanno reso possibile quell’assaggio.<br />

In ogni pagina <strong>di</strong> <strong>Vino</strong> al vino il narratore è onnipresente:<br />

un “io” che, istallandosi nelle maglie del racconto, <strong>di</strong>chiara<br />

<strong>di</strong> aver visitato i poderi e le cantine descritte, <strong>di</strong> aver<br />

assaggiato tutti i vini nominati, <strong>di</strong> aver conosciuto tutte le<br />

persone a proposito delle quali sono riportati aneddoti e<br />

abitu<strong>di</strong>ni alimentari 11 . Questa presenza costante è la marca<br />

stilistica, la strategia testuale, con la quale l’io narrante si<br />

pone a garanzia dell’autenticità del racconto, istituendo un<br />

patto fiduciario con il lettore che si lascia guidare tra le<br />

province italiane e si adegua ai gusti enogastronomici del<br />

narratore “onniesperiente” (SOLDATI 2006: XV). Il resoconto<br />

dei viaggi è un’autobiografia scan<strong>di</strong>ta dai vini e dai<br />

paesi d’Italia: evitato consapevolmente il linguaggio tecnico


degli enologi, a Soldati non resta che sfruttare le sue doti<br />

<strong>di</strong> affabulatore, <strong>di</strong>sseminando il suo racconto con marche<br />

<strong>di</strong> soggettività («ho fatto la prova», «mi sono ricreduto»,<br />

«ho visto», «tra poco arriveremo», ma anche: «come ho già<br />

detto e <strong>di</strong>mostrato», «vi assicuro che») per convincere il<br />

lettore a seguirlo e a ripetere le sue esperienze 12 .<br />

Il valore antropologico <strong>di</strong> <strong>Vino</strong> al vino – un’imponente<br />

documentazione sulle abitu<strong>di</strong>ni alimentari degli italiani – è<br />

in qualche modo corrotto e, al contempo, esaltato dalla<br />

presenza dell’autore che non si oscura <strong>di</strong>etro all’oggetto<br />

stu<strong>di</strong>ato ma, raccontando in prima persona la sua esperienza,<br />

non esita ad esprimere le sue preferenze in fatto<br />

<strong>di</strong> cibi e bevande. Una seconda strategia adottata nella<br />

costruzione del testo, riguarda la ripresa <strong>di</strong> un modello<br />

<strong>di</strong>dattico che trova i suoi primi esempi nei programmi televisivi<br />

che Mario Soldati ideò e condusse a partire dalla<br />

fine degli anni Cinquanta. La giovane televisione italiana,<br />

che inizia le sue trasmissioni nel 1954, assume fin dall’inizio<br />

quell’impronta pedagogica che <strong>di</strong>venterà l’obiettivo principale<br />

della programmazione televisiva con l’arrivo <strong>di</strong> Ettore<br />

Bernabei, <strong>di</strong>rettore della Rai dal 1961 al 1974, e la nascita<br />

del secondo canale. Il progetto educativo della televisione,<br />

in cui la parte del maestro spettava al conduttore e quella<br />

dell’alunno ai telespettatori, nasceva per formare negli italiani<br />

una coscienza nazionale, per favorire l’acculturazione dei<br />

ceti meno abbienti e per garantire il consolidamento <strong>di</strong> uno<br />

standard linguistico fondato sull’appren<strong>di</strong>mento dell’italiano,<br />

ancora poco <strong>di</strong>ffuso rispetto alle varietà <strong>di</strong>alettali.<br />

Soldati realizza e conduce due programmi: Viaggio lungo<br />

la valle del Po alla ricerca dei cibi genuini, andato in onda<br />

sul Programma Nazionale, l’unico canale televisivo allora<br />

esistente, tra il 1957 e il 1958, e Chi legge? Viaggio lungo<br />

le rive del Tirreno, un’inchiesta sulle preferenze letterarie e<br />

sul preoccupante stato <strong>di</strong> analfabetizzazione degli italiani,<br />

ideata in collaborazione con Cesare Zavattini e trasmessa<br />

nel 1960. Seguendo il corso del fiume Po, oppure riper-<br />

Il cinema italiano<br />

racconta il vino<br />

51<br />

12. In questo modo<br />

il soggetto dell’enunciazione<br />

iscrive la sua<br />

presenza, il suo simulacro,<br />

all’interno del testo<br />

enunciato (GREIMAS<br />

– COURTÉS 1979:<br />

“Enunciazione” ad vocem<br />

nella tr. it.). Nel testo<br />

analizzato le marche<br />

<strong>di</strong> soggettività fungono<br />

da garanzia per la veri<strong>di</strong>cità<br />

delle esperienze<br />

d’assaggio raccontate,<br />

istaurando così, all’interno<br />

del <strong>di</strong>scorso enunciato,<br />

un patto fiduciario tra<br />

i simulacri dell’autore e<br />

del lettore (Ibidem: “Fiduciario”,<br />

“Veri<strong>di</strong>zione”<br />

ad vocem nella tr. it.).


52<br />

Il cinema italiano<br />

racconta il vino<br />

13. Soldati è un vero e<br />

proprio autore “multime<strong>di</strong>ale”,<br />

capace <strong>di</strong><br />

passare con <strong>di</strong>sinvoltura<br />

attraverso la letteratura,<br />

il cinema e la televisione.<br />

Analizzando <strong>Vino</strong> al<br />

vino e i suoi programmi<br />

televisivi, si comprende<br />

come sia riuscito a “tradurre”,<br />

passando da un<br />

me<strong>di</strong>um all’altro, i suoi<br />

obiettivi <strong>di</strong>dattici e il suo<br />

stile narrativo (MORRE-<br />

ALE 2009).<br />

14. Lo sguardo <strong>di</strong> Soldati,<br />

rivolto verso la telecamera,<br />

appartiene a configurazione<br />

specifica dell’inquadratura,<br />

che nel linguaggio<br />

au<strong>di</strong>ovisivo viene definita<br />

interpellazione: «L’immagine<br />

presenta un personaggio,<br />

un oggetto o una<br />

soluzione espressiva la cui<br />

funzione primaria è quella<br />

<strong>di</strong> rivolgersi allo spettatore,<br />

chiamandolo <strong>di</strong>rettamente<br />

in causa: è il caso <strong>di</strong> voci<br />

over, <strong>di</strong> <strong>di</strong>dascalie, <strong>di</strong><br />

sguar<strong>di</strong> in macchina ecc.,<br />

la cui funzione è quella<br />

<strong>di</strong> rendere esplicite delle<br />

“istruzioni” relative al progetto<br />

comunicativo del<br />

film, e <strong>di</strong> renderle esplicite<br />

a qualcuno che è supposto<br />

seguire l’esposizione.<br />

Questa configurazione<br />

è detta interpellazione<br />

proprio a causa del gesto<br />

che la sostanzia, una sorta<br />

<strong>di</strong> “ehi tu!” rivolto <strong>di</strong>rettamente<br />

allo spetta tore»<br />

(CASETTI – DI CHIO<br />

1990: 246).<br />

15. Un esempio dell’influenza<br />

che il lavoro <strong>di</strong> Soldati<br />

possiede sul cinema<br />

correndo a ritroso la spe<strong>di</strong>zione dei garibal<strong>di</strong>ni da Quarto<br />

a Marsala, i due programmi sono uno strumento <strong>di</strong> indagine<br />

sul campo per osservare da vicino la vita della gente<br />

più umile, per conversare <strong>di</strong> letteratura, per documentare<br />

tra<strong>di</strong>zioni che, nella fase <strong>di</strong> passaggio dalla civiltà conta<strong>di</strong>na<br />

all’economia industriale, rischiano <strong>di</strong> scomparire 13 .<br />

Viaggio lungo la valle del Po alla ricerca dei cibi genuini è<br />

il primo esempio italiano <strong>di</strong> giornalismo enogastronomico.<br />

L’inchiesta inizia nello stu<strong>di</strong>o televisivo, dove l’ombra <strong>di</strong> un<br />

uomo si intravede <strong>di</strong>etro alla mappa del Piemonte. Subito<br />

dopo, la figura emerge dal “sipario” e si palesa <strong>di</strong> fronte al<br />

telespettatore (Figg. 13-14).<br />

Figura 13 Figura 14<br />

È Mario Soldati che, posata la sua borsa su un tavolo<br />

da stu<strong>di</strong>o e indossati gli occhiali, rivolge lo sguardo allo<br />

spettatore, lo interpella e gli domanda quale sia il modo<br />

migliore per viaggiare 14 .<br />

Dopo aver utilizzato una penna d’oca per in<strong>di</strong>care sulla<br />

cartina la zona <strong>di</strong> Pinerolo, dove si produce un vino bianco<br />

secco, la risposta <strong>di</strong> Soldati ai suoi telespettatori non può<br />

che essere un invito al viaggio per scoprire o riassaggiare<br />

i cibi e le bevande. I viaggi d’assaggio alla scoperta dei<br />

vini genuini sono la prima tappa <strong>di</strong> quest’indagine che,<br />

attraverso i documentari sul vino realizzati negli ultimi <strong>di</strong>eci<br />

anni, indagherà il modo con cui il cinema, anche sulla scorta<br />

del lavoro <strong>di</strong> Mario Soldati, continua a documentare e<br />

raccontare le realtà vitivinicole sparse nella penisola italiana,<br />

i luoghi del gusto e del buon bere 15 .


Negli ultimi anni si sta imponendo un vero e proprio genere<br />

cinematografico, il documentario enogastronomico che<br />

mappa i territori del gusto alla scoperta delle tra<strong>di</strong>zioni,<br />

delle <strong>di</strong>fferenze geografiche e biologiche tra i <strong>di</strong>versi vitigni.<br />

2.2 I primi passi<br />

del documentario enogastronomico<br />

Nel macro-genere del documentario, agli effetti <strong>di</strong> realtà –<br />

per mezzo dei quali si dà allo spettatore l’impressione che gli<br />

oggetti del mondo inquadrati dalla macchina da presa siano<br />

riprodotti fedelmente sullo schermo – si aggiungono sempre<br />

una serie <strong>di</strong> strategie tese a produrre una rappresentazione<br />

– una ri-presentazione e quin<strong>di</strong>, inevitabilmente, una ricostruzione<br />

– parziale del mondo, “orientata” ma coerente 16 .<br />

Nel documentario, <strong>di</strong>versi sono gli elementi utilizzati per<br />

garantire un effetto <strong>di</strong> realtà, ad esempio: la contemporaneità<br />

e la compresenza tra l’accadere dell’evento e la sua<br />

registrazione; la compartecipazione del documentarista che<br />

può manifestarsi all’interno della scena secondo <strong>di</strong>versi gra<strong>di</strong><br />

– da attore e intervistatore in campo a voce narrante –<br />

e garantirne così la veri<strong>di</strong>cità; infine il coinvolgimento dello<br />

spettatore, che viene sensibilizzato nei confronti dei temi e<br />

delle problematiche raccontate.<br />

A ciò si affiancano una serie <strong>di</strong> elementi che esplicitano<br />

l’aspetto “costruito” della rappresentazione e che possono<br />

essere elaborati lungo tutte le fasi che portano alla realizzazione<br />

del film: dalla sceneggiatura che in<strong>di</strong>vidua, prima<br />

delle riprese, alcune delle linee narrative, alla selezione delle<br />

inquadrature e dei punti <strong>di</strong> vista interni a ciascuna <strong>di</strong> esse,<br />

dalla scelta <strong>di</strong> determinati attori sociali (gli esperti del settore,<br />

i critici, la gente comune, ecc.) al montaggio che ricompone,<br />

Il cinema italiano<br />

racconta il vino<br />

53<br />

impegnato a rappresentare<br />

i temi dell’enogastronomia<br />

è il documentario <strong>di</strong> Giovanni<br />

Penco Uomini e vino<br />

(2009), che ripercorre, a<br />

quarant’anni <strong>di</strong> <strong>di</strong>stanza,<br />

le tappe e i luoghi visitati<br />

dallo scrittore in Friuli Venezia<br />

Giulia.<br />

16. Roland Barthes in<strong>di</strong>vidua<br />

nell’effetto <strong>di</strong> reale<br />

quell’insieme <strong>di</strong> strategie<br />

per mezzo delle quali,<br />

nei testi e nei <strong>di</strong>scorsi,<br />

si mette in scena la “realtà”.<br />

Secondo questa<br />

prospettiva il reale sarà<br />

un effetto del <strong>di</strong>scorso<br />

e non un dato a priori<br />

(BARTHES 1988: 157-<br />

158 tr. it.).


54<br />

Il cinema italiano<br />

racconta il vino<br />

17. Sugli elementi formali<br />

e contenutistici che concorrono<br />

ad una definizione<br />

del documentario<br />

si veda, tra i molti contributi,<br />

quello del teorico<br />

Bill Nichols (2001) e <strong>di</strong><br />

Guy Gauthier (1995).<br />

Sulla storia del documentario<br />

in Italia si veda<br />

il lavoro <strong>di</strong> Marco Bertozzi<br />

(2008).<br />

18. Un’accurata ricostruzione<br />

della genesi e dell’evoluzione<br />

<strong>di</strong> “Slow Food<br />

on Film” – dal festival <strong>di</strong><br />

cortometraggi “Corto in<br />

Bra”, in Piemonte, sino<br />

alle e<strong>di</strong>zioni bolognesi<br />

– si trova nella pagina<br />

web de<strong>di</strong>cata alla storia<br />

del festival: http://www.<br />

slowfoodonfilm.it/ita/<br />

storia.lasso<br />

nel tessuto del film, l’intreccio, il modo <strong>di</strong> organizzazione<br />

e presentazione degli eventi, sino all’utilizzo, nella colonna<br />

sonora, del commento del regista e della voice over che<br />

spesso forniscono un’interpretazione alle immagini 17 .<br />

Oggi, leggere e versatili camere <strong>di</strong>gitali si aggirano con destrezza<br />

tra i filari delle vigne per mostrare allo spettatore<br />

nascita e destini del vino: la raccolta dell’uva, la spremitura,<br />

l’imbottigliamento e infine l’arrivo a tavola.<br />

Ormai si sta imponendo un vero e proprio genere cinematografico,<br />

il documentario enogastronomico, che aspira a<br />

mappare i territori del gusto alla scoperta delle tra<strong>di</strong>zioni,<br />

delle <strong>di</strong>fferenze geografiche e biologiche tra i <strong>di</strong>versi vitigni,<br />

raccontare il patrimonio culturale, identitario e alimentare racchiuso<br />

nei vini e pronto a sprigionarsi durante ogni brin<strong>di</strong>si.<br />

Questa recente produzione documentaria non si è concentrata<br />

solo sui luoghi della produzione, ma documenta<br />

e racconta anche gli spazi del consumo del vino e i valori<br />

sociali da essi trasmessi: la convivialità e il benessere oppure,<br />

al contrario, l’abuso e la devianza. Infine, il documentario è<br />

uno strumento <strong>di</strong> denuncia nei confronti dei fenomeni economici<br />

<strong>di</strong> sfruttamento del territorio, <strong>di</strong> sovrapproduzione e<br />

<strong>di</strong> alterazione del gusto del vino, <strong>di</strong> falsificazione dei marchi.<br />

Purtroppo, in Italia, il documentario soffre ancora <strong>di</strong> una<br />

scarsa <strong>di</strong>ffusione nelle sale cinematografiche. I luoghi della<br />

sua <strong>di</strong>ffusione sono soprattutto i canali televisivi de<strong>di</strong>cati e<br />

i festival. Un tentativo <strong>di</strong> <strong>di</strong>ffusione è stato “Slow Food on<br />

Film”, un festival internazionale <strong>di</strong> cinema e cibo promosso<br />

dal movimento Slow Food in collaborazione con la Cineteca<br />

<strong>di</strong> Bologna.<br />

L’ultima e<strong>di</strong>zione dello “Slow Food on Film” risale al<br />

2009 18 . Nel novembre 2011, a Dogliani, paese in provincia<br />

<strong>di</strong> Cuneo rinomato per la produzione del vino Dolcetto <strong>di</strong><br />

Dogliani, si è svolta la rassegna “Dogliani, Dolcetto e Corti<br />

(Garantiti)” il cui acronimo DOCG ricalca quello del marchio<br />

italiano per la denominazione <strong>di</strong> origine controllata e<br />

garantita. La rassegna ha raccolto al suo interno documentari,


film <strong>di</strong> fiction, cortometraggi e filmati d’epoca, questi ultimi<br />

provenienti dall’Archivio storico dell’Istituto Luce, de<strong>di</strong>cati<br />

al vino e per la maggior parte girati in Italia. Tra gli altri festival<br />

e rassegne cinematografiche sparsi nel territorio italiano,<br />

che coniugano i temi della sostenibilità ambientale a quelli<br />

dell’enogastronomia, si possono menzionare: il “Sar<strong>di</strong>nian<br />

Sustainability Film Festival” (Concorso cinematografico sulla<br />

sostenibilità), il festival <strong>di</strong> Trento “Tutti nello stesso piatto.<br />

Festival Internazionale <strong>di</strong> Cinema, Cibo & Video<strong>di</strong>versità”,<br />

la rassegna bergamasca “P/assaggi <strong>di</strong> cinema… Rassegna del<br />

film legato al cibo”, il “DOC” (Denominazione <strong>di</strong> Origine<br />

Cinematografica) <strong>di</strong> Rieti, il “SiciliAmbiente Documentary<br />

Film Festival” <strong>di</strong> San Vito Lo Capo, il “Festival CinemAmbiente”<br />

<strong>di</strong> Torino 19 .<br />

2.3 Un precedente cinematografico.<br />

Storie del vino “globalizzato”:<br />

Mondovino <strong>di</strong> Jonathan Nossiter<br />

Il 2004 è l’anno in cui Jonathan Nossiter porta sugli schemi<br />

cinematografici Mondovino, un lungo documentario sui<br />

<strong>di</strong>ssi<strong>di</strong> e le trasformazioni che da <strong>di</strong>versi anni scuotono il<br />

mondo dei produttori <strong>di</strong> vino.<br />

Dopo la presentazione in concorso al cinquantasettesimo<br />

Festival <strong>di</strong> Cannes, il documentario viene proiettato nella<br />

sale cinematografiche <strong>di</strong> molti paesi e anche la versione in<br />

DVD ottiene una buona <strong>di</strong>ffusione. Nasce il caso cinematografico:<br />

il film suscita accesi <strong>di</strong>battiti, i suoi protagonisti rilasciano<br />

interviste, i consumatori <strong>di</strong> vino più o meno esperti<br />

ne parlano, sui blog e sulle riviste specializzate proliferano<br />

gli articoli.<br />

Il cinema italiano<br />

racconta il vino<br />

55<br />

19. Oltre ai siti web <strong>di</strong><br />

ciascuna <strong>di</strong> queste iniziative,<br />

si può consultare<br />

il blog “Senza trucco”<br />

(http://senzatrucco.wordpress.com)<br />

de<strong>di</strong>cato<br />

al film <strong>di</strong> Giulia Graglia<br />

Senza Trucco. Le Donne<br />

del <strong>Vino</strong> Naturale<br />

(2011) che contiene <strong>di</strong>versi<br />

articoli, video e <strong>di</strong>scussioni<br />

su questi festival<br />

come sui film proiettati.<br />

Per il DOCG 2011 la<br />

Graglia è stata la curatrice<br />

della selezione dei<br />

film italiani e dei materiali<br />

d’archivio dell’Istituto<br />

Luce: http://senzatrucco.<br />

wordpress.com/tag/unavita-per-la-vite


56<br />

Il cinema italiano<br />

racconta il vino<br />

Una complessa e articolata “battaglia” tra gran<strong>di</strong> marchi<br />

quotati in borsa e piccoli produttori, tra enologi o critici<br />

del settore, che con i loro articoli sulle riviste specializzate<br />

stabiliscono la qualità <strong>di</strong> un vino, determinandone così il<br />

valore economico, e viticoltori, proprietari <strong>di</strong> vitigni storici,<br />

che si oppongono all’omogeneizzazione del gusto, alla<br />

globalizzazione dei meto<strong>di</strong> produttivi secondo standard<br />

commerciali, riven<strong>di</strong>cando le bio<strong>di</strong>versità legate ai territori e<br />

il loro spazio sul mercato. In Mondovino, il regista intervista<br />

i principali attori, visita i luoghi sparsi per tutto il globo –<br />

dal Brasile all’Argentina, dalla California alla Toscana, dalla<br />

regione <strong>di</strong> Bordeaux alla Borgogna, fino alla Sardegna – e<br />

assaggia i vini che sono l’oggetto <strong>di</strong> questa contesa.<br />

Le riprese ricalcano lo stile amatoriale: telecamera <strong>di</strong>gitale<br />

a mano, inquadrature fuori fuoco o traballanti, zoomate,<br />

stacchi bruschi. Il regista è spesso sulla scena e anche gli<br />

strumenti del filmare, come la telecamera o gli apparecchi<br />

utilizzati per registrare il suono in presa <strong>di</strong>retta, a volte compaiono<br />

ai margini dell’inquadratura. Questi elementi evidenziano<br />

la presenza del regista, la sua partecipazione agli<br />

eventi ripresi. I filtri utilizzati <strong>di</strong> solito nel documentario per<br />

costruire una <strong>di</strong>stanza tra la regia e gli eventi rappresentati,<br />

come il commento fuori campo o l’assenza dell’intervistatore<br />

e delle sue domande, sono eliminati a vantaggio dell’assimilazione<br />

parziale del regista ad uno degli attori sociali in<br />

campo. Quin<strong>di</strong>, la presenza dell’autore e il suo ruolo non<br />

sono mai celati: <strong>di</strong> volta in volta investigatore, ricercatore,<br />

accusatore, complice, provocatore. Nel definire le caratteristiche<br />

del documentario partecipativo, Bill Nichols scrive:<br />

Noi assistiamo al modo in cui il regista e il soggetto negoziano<br />

una relazione, a come agiscono l’uno nei confronti dell’altro, a<br />

che tipo <strong>di</strong> potere e <strong>di</strong> controllo entra in gioco, e osserviamo<br />

quali gra<strong>di</strong> <strong>di</strong> rivelazioni o <strong>di</strong> rapporto nascono da questa forma<br />

specifica <strong>di</strong> incontro. Se c’è una verità in questo caso, è quella <strong>di</strong><br />

una forma <strong>di</strong> interazione che non esisterebbe se non in funzione


della cinepresa (NICHOLS 2001: 124 tr. it.).<br />

Quando Nossiter arriva in Argentina incontra due produttori<br />

<strong>di</strong> vino. Prima visita la cantina San Pedro Yacochuya <strong>di</strong><br />

Arnaldo Etchart e figli e poi la piccola vigna <strong>di</strong> un produttore<br />

locale, l’in<strong>di</strong>os Antonio Cabezas, che a stento riesce<br />

a sopravvivere con il suo lavoro. Nel primo caso si tratta<br />

<strong>di</strong> una classica intervista, con i protagonisti seduti come a<br />

formare un ritratto <strong>di</strong> famiglia, e l’intervistatore che, salvo<br />

poche eccezioni, fa le sue domande fuoricampo. Invece,<br />

l’incontro con Cabezas presenta caratteristiche opposte:<br />

la struttura dell’intervista viene meno per lasciare il posto<br />

ad un incontro informale, uno scambio <strong>di</strong> confidenze tra<br />

amici. Mentre nel primo caso ad essere inquadrato con il<br />

bicchiere <strong>di</strong> vino è il capofamiglia Arlando, nel secondo<br />

Cabezas offre un bicchiere <strong>di</strong> vino al regista che ne loda il<br />

profumo, lo assaggia e ne apprezza il gusto.<br />

Quando il viticoltore regala una bottiglia del suo vino<br />

bianco al regista e alla moglie Stephanie Pommez, operatrice,<br />

Nossiter mostra il suo imbarazzo voltandosi verso la<br />

macchina da presa (Figg. 15-16).<br />

Figura 15 Figura 16<br />

Nossiter va ben oltre l’osservazione partecipata e costruisce<br />

il suo documentario attraverso un sistema <strong>di</strong> opposizioni sul<br />

quale si regge l’intera messa in scena e che serve a veicolare<br />

la sua “tesi”. Una scelta “orientata”, mai celata ma nemmeno<br />

reazionaria. In questo sistema, i vini “globalizzati”, come<br />

L’Opus One e i Super Tuscans, si oppongono ai vini<br />

naturali, come la Malvasia <strong>di</strong> Bosa; il marchio si oppone alla<br />

Il cinema italiano<br />

racconta il vino<br />

57


58<br />

Il cinema italiano<br />

racconta il vino<br />

denominazione <strong>di</strong> origine controllata; l’espansionismo alla<br />

salvaguar<strong>di</strong>a del “terroir” (l’insieme dei fattori legati a un clima,<br />

a una geologia, a una topografia e a un suolo); il gusto<br />

vanigliato della quercia giovane al vino che ha bisogno <strong>di</strong><br />

tempi lunghi per poter essere apprezzato; la microossigenazione<br />

consigliata da Michel Rolland, “winemaker volante”,<br />

enologo al servizio <strong>di</strong> aziende sparse in tutto il mondo, alla<br />

lenta maturazione del vino in vecchie botti; le valutazioni<br />

<strong>di</strong> Robert Parker, il più importante tra i critici, e le ricerche<br />

<strong>di</strong> laboratorio ai viaggi in giro per il mondo dell’importatore<br />

<strong>di</strong> vini Neal Rosenthal. Queste opposizioni si rivelano allo<br />

spettatore attraverso un montaggio tra le <strong>di</strong>verse interviste<br />

che costruisce una <strong>di</strong>alettica tra le parti e le loro <strong>di</strong>fferenti<br />

ideologie. Non si tratta <strong>di</strong> in<strong>di</strong>viduare i “nemici” per denunciane<br />

le malefatte, quanto piuttosto <strong>di</strong> ricostruire, per<br />

mezzo del <strong>di</strong>alogo e del confronto garantito dal montaggio<br />

filmico, la complessità del fenomeno raccontato e gli interessi<br />

che spingono le parti in gioco a compiere determinate<br />

azioni. Ad esempio: la popolazione del paesino <strong>di</strong> Aniane<br />

in Linguadoca ha bloccato, attraverso le elezioni comunali e<br />

un cambio dei vertici politici, gli investimenti dei Mondavi<br />

nel loro territorio, ma poi ha scelto <strong>di</strong> stringere accor<strong>di</strong> con<br />

l’impren<strong>di</strong>tore Bernard Magrez e con Gérard Depar<strong>di</strong>eu,<br />

promotori del progetto Les clefs du terroir”. In entrambi<br />

i casi, si tratta <strong>di</strong> potenti e ricchi investitori con obiettivi<br />

espansionistici ma declinati secondo forme <strong>di</strong>fferenti e con<br />

gra<strong>di</strong> <strong>di</strong>versi <strong>di</strong> rispetto e salvaguar<strong>di</strong>a degli interessi della<br />

popolazione locale, almeno nelle parole degli intervistati…<br />

Se il mondo del vino si regge su un rapporto inalienabile<br />

con la tra<strong>di</strong>zione e con il territorio, gli sforzi per la costruzione<br />

<strong>di</strong> una produzione globalizzata conducono a un<br />

livellamento delle caratteristiche dei vini e, a volte, ad una<br />

alterazione delle loro caratteristiche pur <strong>di</strong> raggiungere il<br />

gusto dei critici. Non si tratta <strong>di</strong> condannare le scelte fatte<br />

da gran<strong>di</strong> e potenti famiglie come i californiani Mondavi,<br />

i toscani Frescobal<strong>di</strong> o gli Antinori. Piuttosto, nel docu-


mentario <strong>di</strong> Nossiter, traspare la necessità <strong>di</strong> mostrare al<br />

pubblico i rischi e le derive <strong>di</strong> alcune scelte ma anche le<br />

storie <strong>di</strong> quei vignaioli come la famiglia de Montille <strong>di</strong> Borgogna<br />

che, proprio attraverso le personalità e le capacità <strong>di</strong><br />

ciascuno dei suoi membri, introduce importanti innovazioni<br />

provando a mantenere un rapporto “etico” con le tra<strong>di</strong>zioni,<br />

rispettando le caratteristiche ambientali, climatiche e<br />

geografiche del proprio vitigno.<br />

2.4 Le vigne delle donne:<br />

Senza Trucco. Le donne del vino naturale<br />

<strong>di</strong> Giulia Graglia<br />

Se Mondovino ha contribuito a rilanciare il documentario<br />

e a sensibilizzare gli spettatori sulle sorti del vino nel mercato<br />

globalizzato, anche in Italia è fiorita un’ampia produzione<br />

documentaristica legata a tematiche affini.<br />

<strong>Giovani</strong> registi e autori affermati hanno scelto <strong>di</strong> raccontare<br />

le storie dei vini che costellano l’Italia, puntando i loro<br />

obiettivi su quelle zone geografiche in cui è ancora forte<br />

il legame con il passato, su quei produttori poco noti che<br />

coniugano il rispetto della tra<strong>di</strong>zione all’utilizzo <strong>di</strong> meto<strong>di</strong><br />

biologici. Senza Trucco. Le donne del vino naturale (2011)<br />

<strong>di</strong> Giulia Graglia racconta il lavoro quoti<strong>di</strong>ano <strong>di</strong> quattro<br />

produttrici <strong>di</strong> vino biologico.<br />

Dalla potatura agli accorgimenti necessari per la legatura,<br />

dalla cura della vite alle molte attività da svolgere durante<br />

l’estate, dalla pulizia delle botti sino alla vendemmia: nel<br />

susseguirsi delle stagioni, le donne del vino naturale raccontano<br />

la passione per il loro prodotto, le <strong>di</strong>fficoltà da<br />

superare, l’amore per i luoghi e per le persone che le hanno<br />

seguite e sostenute nel loro lavoro.<br />

Il cinema italiano<br />

racconta il vino<br />

59


60<br />

Il cinema italiano<br />

racconta il vino<br />

20. L’articolo si può<br />

leggere alla pagina web<br />

http://senzatrucco.wordpress.com/2011/04/06/<br />

in-partenza-per-verona<br />

Ecco la sinossi del documentario, ripresa da uno degli articoli<br />

pubblicati sul blog “Senza Trucco”, che documenta<br />

tutte le fasi della lavorazione del film – dall’ideazione della<br />

sceneggiatura alle riprese, sino all’uscita del DVD – e raccoglie<br />

i backstage, i reportage sui <strong>di</strong>versi festival cinematografici<br />

e rassegne enogastronomiche, le video-interviste ai<br />

produttori e agli esperti <strong>di</strong> vino naturale in Italia e, infine, gli<br />

altri documentari girati dalla Graglia:<br />

Quattro donne, quattro stagioni, una vendemmia. Quattro produttrici<br />

<strong>di</strong> vino naturale che lavorano in vigna e lavorando raccontano<br />

le loro storie. Ognuna <strong>di</strong> loro è ripresa in una stagione<br />

<strong>di</strong>versa e in un <strong>di</strong>verso periodo dei lavori annuali in vigna e in<br />

cantina. Sono i momenti migliori per conoscerle da vicino, perché<br />

sono spesso da sole, a tu per tu con la campagna, o con giusto<br />

i figli e le persone più care a dar loro una mano. Poi, per tutte,<br />

viene il momento della vendemmia: le corse in vigna per cogliere<br />

i grappoli alla giusta maturazione; il va e vieni dei trattori e dei<br />

lavoranti; l’odore dell’uva appena spremuta che già annuncia il<br />

mosto e il vino che verrà. Per questo, pur essendo nominalmente<br />

un documentario sul vino naturale, Senza Trucco appartiene <strong>di</strong><br />

<strong>di</strong>ritto al genere del ritratto umano, dove i testimoni e i loro<br />

racconti costituiscono il perno principale della narrazione 20 .<br />

In Mondovino, Nossiter è sempre molto presente sulla<br />

scena per incalzare con le sue domande gli intervistati. Invece,<br />

Graglia sceglie uno stile <strong>di</strong> regia opposto: adotta<br />

maggiore “<strong>di</strong>screzione”, compare poche volte nelle inquadrature,<br />

non incalza con le sue domande e lascia il campo<br />

alle quattro donne “senza trucco” e ai loro vini naturali,<br />

protagonisti in<strong>di</strong>scussi del documentario. Il film è sud<strong>di</strong>viso<br />

in cinque episo<strong>di</strong>. I primi quattro portano il nome delle<br />

vignaiole protagoniste e sono ambientati nei rispettivi vigneti:<br />

Dora Forsoni nei Poderi Sanguineto a Montepulciano<br />

in Toscana, Nicoletta Bocca a San Fereolo (Dogliani)<br />

in Piemonte, Elisabetta Foradori nella Piana Rotaliana in


Trentino e Arianna Occhipinti a Vittoria nel Ragusano.<br />

Nell’ultimo episo<strong>di</strong>o, intitolato “Vendemmia”, i gesti delle<br />

protagoniste si intrecciano per rivelare in ciascuno dei loro<br />

volti i sentimenti che accompagnano il momento verso il<br />

quale convergono gli sforzi <strong>di</strong> un intero anno. Sforzi tesi a<br />

rispettare un metodo <strong>di</strong> produzione “naturale”, con il quale<br />

realizzare «un vino prodotto senza l’utilizzo <strong>di</strong> chimici e<br />

sistemici in vigna e, senza l’aggiunta, in cantina, <strong>di</strong> lieviti o altre<br />

sostanze, con un impiego limitato <strong>di</strong> anidride solforosa e<br />

nuove tecnologie» 21 . A questi meto<strong>di</strong> si affianca, nel caso<br />

del Teroldego prodotto da Elisabetta Foradori, l’agricoltura<br />

bio<strong>di</strong>namica. Scrive Nicolas Joly, uno dei massimi esperti<br />

della bio<strong>di</strong>namica in viticoltura ed enologia, produttore <strong>di</strong><br />

uno tra i vini bianchi più celebri al mondo, il Coulée de<br />

Serrant:<br />

L’agricoltura bio<strong>di</strong>namica si basa sull’idea della natura in equilibrio.<br />

Bisogna mantenere equilibrato in modo naturale il terreno<br />

con tutti i suoi organismi per ottenere – nel caso del vino – da<br />

viti sane dell’uva <strong>di</strong> alta qualità. Nella bio<strong>di</strong>namica è fondamentale<br />

la cura delle risorse naturali […]. Nella pratica questo<br />

vuol <strong>di</strong>re che nell’agricoltura bio<strong>di</strong>namica non vengono utilizzati<br />

– come neanche in quella biologica – prodotti <strong>di</strong> sintesi chimica<br />

(concimi, fitofarmaci, <strong>di</strong>serbanti) e organismi geneticamente<br />

mo<strong>di</strong>ficati. Si somministrano in dosi omeopatiche dei preparati<br />

naturali ottenuti da processi fermentativi, decotti e minerali, come<br />

polvere <strong>di</strong> quarzo, sempre tenendo conto delle fasi della luna<br />

e del sole; si lavora il terreno secondo meto<strong>di</strong> tra<strong>di</strong>zionali come<br />

arare (con il cavallo, non con il trattore!) e letamare – tutto con<br />

l’obiettivo <strong>di</strong> rigenerare e rivitalizzare il suolo. Così le viti riescono<br />

a ra<strong>di</strong>carsi bene e profondamente per sopportare perio<strong>di</strong> <strong>di</strong><br />

gran caldo o <strong>di</strong> pioggia. Come trattamento profilattico si spruzzano<br />

le piante con infusi <strong>di</strong> ortica, camomilla, finocchio, dente<br />

<strong>di</strong> leone, valeriana e corteccia […]. Il calendario lunare viene<br />

seguito anche in cantina per i travasi e l’imbottigliamento. Di<br />

solito non vengono aggiunti dei lieviti – l’enologo elabora l’uva<br />

Il cinema italiano<br />

racconta il vino<br />

61<br />

21. La definizione <strong>di</strong><br />

“vino naturale” citata<br />

è <strong>di</strong> Tiziana Gallo,<br />

organizzatrice <strong>di</strong> Vini<br />

Naturali a Roma. Si<br />

veda l’intervista rilasciata<br />

a Graglia in: http://<br />

senzatrucco.wordpress.<br />

c o m / 2 0 1 1 / 0 2 / 0 2 /<br />

vini-naturali-a-roma-2011intervista-a-tiziana-gallo


62<br />

Il cinema italiano<br />

racconta il vino<br />

22. Le <strong>di</strong>chiarazioni Nicolas<br />

Joly sono tratte<br />

da “Wine blog. Il vino si<br />

racconta”: http://www.<br />

wineblog.it/?p=89<br />

23. I <strong>di</strong>versi rapporti temporali<br />

che si producono<br />

all’interno del racconto<br />

sono stati analizzati da<br />

Genette (1976). Sul<br />

raffronto tra le temporalità<br />

iscritte nel racconto<br />

e il tipo <strong>di</strong> esperienza<br />

temporale prodotta nel<br />

fruitore si vedano le riflessioni<br />

del filosofo Paul<br />

Ricœur (1984).<br />

sana e maturata bene e non ricorre ad interventi fisici o chimici, il<br />

mosto fermenta sui propri lieviti autoctoni 22 .<br />

Durante le sue interviste davanti alla macchina da presa, Elisabetta<br />

Foradori mostra i meto<strong>di</strong> bio<strong>di</strong>namici utilizzati nelle<br />

sue vigne per rispettare e preservare l’energia delle piante<br />

e le loro fasi <strong>di</strong> crescita: arrotola i tralci delle viti attorno al<br />

filo più alto del suo impianto anziché utilizzare procedure<br />

meccanizzate che “traumatizzano” lo sviluppo delle piante<br />

come quella <strong>di</strong> tagliarne le cime più alte, raccoglie l’ortica<br />

per farne delle tisane che aiutano a regolare la crescita della<br />

vite, vinifica alcune varietà in ampie anfore <strong>di</strong> terracotta<br />

(Fig. 17).<br />

Figura 17<br />

Il film ha una struttura narrativa compatta che, pur coniugando<br />

sequenze girate in <strong>di</strong>verse zone d’Italia, dal Trentino<br />

fino alla Sicilia, mantiene la sua unità proprio attraverso<br />

il rispetto delle fasi lavorative che caratterizzano il ciclo<br />

della vite. Pur non potendo conformarsi appieno alla scansione<br />

temporale degli eventi, l’intreccio del film prova ad<br />

assecondarne il più possibile lo sviluppo. Si crea così l’impressione<br />

che il tempo impiegato a raccontare, settantasei<br />

minuti, coincida con la durata temporale dei fatti raccontati:<br />

tra il tempo del raccontare e tempo del racconto, il film<br />

non smette <strong>di</strong> costruire delle sovrapposizioni, mentre lo<br />

spettatore segue lo scorrere delle stagioni 23 .<br />

La struttura lineare si “riavvolge”, mostrando il suo carattere<br />

ricorsivo, nell’inquadratura finale, che ha il suo corrispettivo<br />

in quella inziale. Infatti, entrambe le inquadrature sono gira-


te in inverno, momento inziale e finale del viaggio, quando<br />

la neve ricopre la vigna e il terreno si gela (Figg. 18-19).<br />

Figura 18 Figura 19<br />

Una ciclicità che sembra rispettare un altro ciclo naturale,<br />

quello del giorno e della notte: dal sorgere del sole al suo<br />

splendere alto nel cielo, da un piano fisso ad una ripresa in<br />

movimento, mentre l’automobile su cui si trova l’operatore<br />

<strong>di</strong> macchina si allontana definitivamente dai luoghi del film.<br />

Se i piani sequenza accompagnano con <strong>di</strong>screzione e curiosità<br />

le protagoniste tra i filari e le cantine, mentre i piani<br />

fissi sono spesso utilizzati per riprendere gli spazi domestici,<br />

nell’ultima sequenza gli stacchi <strong>di</strong> montaggio fanno <strong>di</strong>alogare<br />

gli attori, gli spazi e i tempi delle <strong>di</strong>verse vendemmie<br />

(Figg. 20-21).<br />

Figura 20 Figura 21<br />

I documentari analizzati finora hanno mostrato lo stato attuale<br />

della produzione vinicola nel mondo e in Italia, concentrandosi<br />

soprattutto sulla <strong>di</strong>fesa delle <strong>di</strong>versità, dei vitigni dalle<br />

piccole <strong>di</strong>mensioni e del vino biologico. Ma per entrare nelle<br />

profon<strong>di</strong>tà del legame tra l’attività millenaria della vendemmia<br />

e le tra<strong>di</strong>zioni alimentari, rituali e culturali, l’attenzione dello<br />

spettatore e dell’analista si dovranno rivolgere ad un altro<br />

documentario, Rupi del vino (2009) <strong>di</strong> Ermanno Olmi.<br />

Il cinema italiano<br />

racconta il vino<br />

63


64<br />

Il cinema italiano<br />

racconta il vino<br />

24. L’appellativo “viticoltura<br />

eroica”, è presente<br />

nel commento del<br />

film, ed è poi ripreso<br />

da Ermanno Olmi nel<br />

breve testo La Valtellina<br />

eroica che si trova all’interno<br />

del libro allegato al<br />

DVD del documentario.<br />

Si tratta <strong>di</strong> un termine<br />

utilizzato per esaltare e<br />

valorizzare la viticoltura<br />

terrazzata <strong>di</strong> montagna.<br />

2.5 Alla scoperta dei vitigni della Valtellina:<br />

Rupi del vino <strong>di</strong> Ermanno Olmi<br />

La viticoltura “eroica” nasce e si sviluppa in Valtellina, dove<br />

le vigne sono coltivate con passione e fatica dagli abitanti 24 .<br />

Lungo le pareti impervie e rocciose delle Alpi Retiche nella<br />

provincia <strong>di</strong> Sondrio, tra una miriade <strong>di</strong> muretti a secco, il<br />

lavoro secolare degli uomini ha reso possibile lo sviluppo<br />

<strong>di</strong> una viticultura terrazzata. Ogni anno, protette dal vento<br />

e curate durante tutte le stagioni, prosperano ettari <strong>di</strong> vigne<br />

dalle quali nasce uno dei vini italiani più pregiati e rinomati.<br />

La macchina da presa, <strong>di</strong>sposta sugli elicotteri utilizzati per<br />

trasportare la terra dalle valli ai monti o per far <strong>di</strong>scendere<br />

i grappoli maturati nei punti più alti, sorvola con ampie panoramiche<br />

e campi lunghi le vigne che tappezzano i fianchi<br />

delle Alpi (Fig. 22) per poi “atterrare” lentamente tra i filari<br />

e inquadrare, con dei primi piani, gli eroi della Valtellina.<br />

Figura 22<br />

Sono i giovani e anziani lavoratori che, <strong>di</strong> generazione<br />

in generazione, si de<strong>di</strong>cano alla cura della vite e, così facendo,<br />

trasformano il paesaggio alpino senza deturparlo.<br />

L’equilibrio tra l’azione umana e quella della natura è retto<br />

da regole <strong>di</strong> comportamento i cui prodromi risalgono alle<br />

origini della cultura vitivinicola della Valtellina.<br />

Dalla civiltà rurale del bergamasco in L’albero degli zoccoli<br />

(1978) fino a Terra Madre (2009) – documentario <strong>di</strong>


denuncia nei confronti del degrado ambientale e d’inchiesta<br />

sull’attuale mondo conta<strong>di</strong>no, girato durante l’omonimo<br />

forum mon<strong>di</strong>ale dei “lavoratori del cibo” organizzato da<br />

Slow Food – il cinema <strong>di</strong> Olmi ha sempre mantenuto<br />

uno stretto legame con l’agricoltura, la storia conta<strong>di</strong>na e<br />

le tra<strong>di</strong>zioni rupestri. Rupi del vino mantiene fede a questo<br />

legame, anzi lo rinsalda perché alla documentazione<br />

dei luoghi si affianca un’accurata ricostruzione storica degli<br />

elementi costitutivi della cultura valtellinese. Sono infatti gli<br />

elementi connessi alla tra<strong>di</strong>zione e alla cultura locale che<br />

il documentario mette in luce, costruendo connessioni tra<br />

epoche storiche, figure intellettuali e saggezza popolare.<br />

In altri termini: l’indagine <strong>di</strong> Olmi affianca mezzi e meto<strong>di</strong><br />

del documentario a quelli della ricerca storica sulle ra<strong>di</strong>ci<br />

culturali. È nell’interazione tra il commento sonoro e le immagini<br />

che si realizza il legame tra la descrizione visiva del<br />

paesaggio vinicolo e la storia culturale. Sono le <strong>di</strong>verse voci<br />

fuoricampo che compongono il commento, a “far parlare”<br />

le immagini che, nell’organizzazione complessiva del film,<br />

assumono una funzione <strong>di</strong>dascalica rispetto alla colonna<br />

sonora. Quest’ultima è l’elemento portante del montaggio<br />

poiché permette la coesione tra la successione delle inquadrature<br />

e soprattutto ne determina la chiave interpretativa.<br />

Nei titoli <strong>di</strong> testa del film compare una de<strong>di</strong>ca a Mario<br />

Soldati e al suo racconto steso in forma <strong>di</strong> <strong>di</strong>ario L’avventura<br />

in Valtellina (1986). Da de<strong>di</strong>ca, il <strong>di</strong>ario <strong>di</strong> Soldati<br />

si trasforma, già a partire dalle prime sequenze, in parte<br />

costitutiva del film. Una voce off, coa<strong>di</strong>uvata da alcune<br />

<strong>di</strong>dascalie, cita il passo del racconto in cui è descritto l’arrivo<br />

<strong>di</strong> Soldati in Valtellina, mentre le inquadrature ricalcano<br />

il punto <strong>di</strong> vista soggettivo del narratore che, con minuzia<br />

<strong>di</strong> particolari, si introduce nel paesaggio. Percorrendo la via<br />

dal lago <strong>di</strong> Como, dal finestrino posteriore dell’automobile,<br />

Soldati e con lui, attraverso l’adeguamento delle immagini al<br />

commento, lo spettatore vedono, in un tardo pomeriggio<br />

<strong>di</strong> settembre, il paesaggio alpino mentre il sole, ancora alto<br />

Il cinema italiano<br />

racconta il vino<br />

65


66<br />

Il cinema italiano<br />

racconta il vino<br />

nonostante si avvicini l’ora del tramonto, in<strong>di</strong>ca al viaggiatore<br />

il percorso da compiere: dal letto dell’Adda ai vitigni, fino<br />

alle vette montuose.<br />

Alla voce fuoricampo che cita i passi de L’avventura in<br />

Valtellina si alterna una seconda voce che riprende alcuni<br />

passaggi dei ragionamenti de<strong>di</strong>cati all’agricoltura e alla cura<br />

della vite del poliedrico Pietro Ligari, tra i maggiori pittori<br />

del Seicento lombardo, architetto, ingegnere e agronomo.<br />

Dopo aver mostrato il suo autoritratto – utilizzato come<br />

una sorta <strong>di</strong> identikit che permette <strong>di</strong> ancorare la voce del<br />

commentatore ad un volto (Fig. 23) –, il film cita e utilizza<br />

i consigli contenuti nei suoi “famigliari raggionamenti”, sud<strong>di</strong>visi<br />

a seconda dei mesi dell’anno, per costruire la scansione<br />

temporale dell’intreccio. Infatti, come nel documentario<br />

della Graglia, anche Rupi del vino segue le fasi stagionali<br />

del lavoro in vigna.<br />

Figura 23<br />

Alle impressioni <strong>di</strong> viaggio <strong>di</strong> Soldati e ai consigli sulla cura<br />

della vite <strong>di</strong> Ligari, sorta <strong>di</strong> manuale storico per la viticultura<br />

terrazzata valtellinese, che si avvicendano nel commento<br />

fuoricampo e nelle <strong>di</strong>dascalie, si aggiungono citazioni <strong>di</strong><br />

giornalisti come Indro Montanelli ed Enzo Biagi, detti popolari,<br />

leggi forestali e stralci <strong>di</strong> statuti municipali che regolavano<br />

nel passato l’agricoltura e la gestione delle cantine.<br />

Tutti questi testi citati costituiscono una rete <strong>di</strong> relazioni<br />

intertestuali, un sostrato a cui il film rimanda e del quale si<br />

“nutre” per produrne una riscrittura che, rintracciando per-


tinenze ine<strong>di</strong>te e connessioni celate, costruisce un sistema<br />

<strong>di</strong> coerenze 25 .<br />

Questi riferimenti entrano a far parte del sincretismo <strong>di</strong> suoni<br />

e immagini che compone il film attraverso un meccanismo<br />

traduttivo che, utilizzando il commento fuoricampo e le<br />

<strong>di</strong>dascalie, permette a <strong>di</strong>verse forme espressive <strong>di</strong> entrare<br />

in <strong>di</strong>alogo 26 .<br />

Come accennato in precedenza, il criterio <strong>di</strong> intellegibilità<br />

con il quale sono state montate le immagini <strong>di</strong>pende<br />

dall’insieme dei testi verbali che vengono recitati nel commento<br />

vocale. I riman<strong>di</strong> e le traduzioni tra parole e immagini<br />

presentano allo spettatore l’universo culturale del vino, una<br />

“enosfera”, ossia il macro-sistema <strong>di</strong> testi dotti e popolari,<br />

delle forme d’arte e delle pratiche tramandate <strong>di</strong> generazione<br />

in generazione 27 . È in questo sistema, nelle relazioni<br />

che si generano al suo interno e nei rilanci che esso produce<br />

rispetto alle sfide della modernità, che può essere in<strong>di</strong>viduato<br />

il “mondo del vino”. Il film, oltre ad utilizzare le sue<br />

capacità espressive per descrivere questo mondo, prova a<br />

mostrarne le <strong>di</strong>namiche interne. Il montaggio, il rapporto tra<br />

la colonna sonora e le immagini, danno luogo a una sorta<br />

<strong>di</strong> modellizzazione che descrive, semplificandoli, i <strong>di</strong>versi<br />

elementi dell’enosfera costitutiva della Valtellina, la memoria<br />

collettiva che si raccoglie attorno ad essa, i continui prestiti<br />

e contributi che nel tempo la arricchiscono o, al contrario, i<br />

processi che portano all’oblio e alla cancellazione <strong>di</strong> alcune<br />

delle sue parti.<br />

Nei contenuti extra del DVD <strong>di</strong> Rupi del vino c’è una<br />

video-conversazione tra Maurizio Zaccaro ed Ermanno<br />

Olmi. La chiacchierata chiarisce il punto <strong>di</strong> vista dell’anziano<br />

regista sulle funzioni culturali e sociali del vino. A partire<br />

dalle trasformazioni che si sono prodotte nella società italiana,<br />

Olmi e Zaccaro riflettono sulle <strong>di</strong>verse valorizzazioni<br />

che il vino ha assunto. Se, provocatoriamente, nelle parole<br />

<strong>di</strong> Zaccaro il vino è <strong>di</strong>ventato un oggetto del culto borghese<br />

e appartiene all’universo del lusso, per Olmi il vino è<br />

Il cinema italiano<br />

racconta il vino<br />

67<br />

25. Sull’intertestualità si<br />

veda la nota 7 del primo<br />

capitolo <strong>di</strong> questo lavoro.<br />

26. Nel passaggio da un<br />

sistema semiotico ad un<br />

altro (dal testo pittorico<br />

a quello cinematografico,<br />

da quello musicale a<br />

quello coreutico, ecc.), il<br />

semiologo dell’arte Omar<br />

Calabrese descrive la traduzione<br />

come relazione<br />

tra specifiche occorrenze<br />

testuali e non tra interi<br />

sistemi semiotici (CALA-<br />

BRESE 2008: 10-13). Gli<br />

esempi descritti appartengono<br />

al fenomeno della<br />

“traduzione intersemiotica”,<br />

che per il linguista<br />

Roman Jakobson «consiste<br />

nell’interpretazione dei<br />

segni linguistici per mezzo<br />

<strong>di</strong> sistemi <strong>di</strong> segni non linguistici»<br />

(JAKOBSON<br />

1966: 57 tr. it.).<br />

27. Si sta riprendendo e<br />

parafrasando il concetto<br />

<strong>di</strong> “semiosfera” – spazio<br />

semiotico complesso e<br />

organizzato all’interno<br />

del quale si realizzano i<br />

processi <strong>di</strong> significazione<br />

– introdotto da Jurij<br />

Michajlovic Lotman.<br />

Nella semiosfera si verificano<br />

dei fenomeni <strong>di</strong><br />

traduzione che, agendo<br />

lungo i confini, garantiscono<br />

lo scambio e il<br />

conflitto tra tesi, abitu<strong>di</strong>ni<br />

culturali e pratiche<br />

sociali (LOTMAN<br />

1985).


68<br />

Il cinema italiano<br />

racconta il vino<br />

espressione della tra<strong>di</strong>zione, scan<strong>di</strong>sce le fasi della vita<br />

conta<strong>di</strong>na e <strong>di</strong> quella operaia fino ai primi decenni del<br />

Novecento.<br />

C’è stato un momento in cui il vino svolgeva il suo compito,<br />

prima <strong>di</strong> tutto come alimento. Quando <strong>di</strong>co alimento voglio<br />

<strong>di</strong>re non un accompagnamento al cibo, ma proprio come valore<br />

primario nutritivo. Posso <strong>di</strong>rti che mi ricordo delle osterie<br />

<strong>di</strong> Milano, che infatti venivano chiamate “trani” nelle quali il<br />

vino, per svolgere una funzione alimentare, doveva avere una<br />

consistenza e una gradazione che fosse all’altezza della sua funzione<br />

alimentare. Ricordo in queste osterie, per esempio, muratori,<br />

operai… TI parlo degli anni ‘30. Sedevano a questi tavoli<br />

<strong>di</strong> osteria, or<strong>di</strong>navano mezzo litro, un litro, tiravano fuori o la<br />

famosa “schiscetta”, la gavetta con dentro qualcosa che avevano<br />

prelevato da casa, se no bastava un pezzetto <strong>di</strong> gorgonzola,<br />

qualcosa da accompagnare al pane, una fetta <strong>di</strong> mortadella. E il<br />

vino. Questo vino, <strong>di</strong> un rosso sangue, veniva più che bevuto,<br />

mangiato. Dirai: “Ma come è possibile mangiare il vino?” Certo!<br />

Prendevano queste famose forme <strong>di</strong> pane milanese. Non so se<br />

le fanno ancora: a Milano c’è la “michetta” e la “banana”. […]<br />

Queste “banane”, forme allungate <strong>di</strong> pane, si spezzavano in due<br />

e si intingeva nel bicchiere la metà della “banana”. Dopo<strong>di</strong>ché<br />

in due bocconi se la mangiavano. Questo serviva a completare<br />

quel pasto, perché il pezzetto <strong>di</strong> gorgonzola o la fetta <strong>di</strong> mortadella<br />

non era sufficiente a sfamare giustamente chi lavorava con<br />

la forza fisica oltre a quella dell’intelletto. Se noi an<strong>di</strong>amo a questa<br />

origine del vino, come alimento, quin<strong>di</strong> mangiandolo, e poi<br />

anche come go<strong>di</strong>mento da assaporare, da gustare nel palato, al<br />

punto che queste due cose, il gusto del vino come bevanda, la<br />

qualità dell’alimento come vino da mangiare, hanno dato al vino,<br />

inevitabilmente, un significato <strong>di</strong> trascendenza. È un significato<br />

che emblematicamente significa la vita. Quin<strong>di</strong> il vino è vita. Chi<br />

sa se anche per questo la vite si chiama “vite”. Le molte vite del<br />

vino. Che <strong>di</strong>ventano poi le molte viti sulle quali il frutto ha in sé<br />

tutta questa potenzialità.


Da bevanda ad alimento, da accompagnamento a elemento<br />

costitutivo del pasto quoti<strong>di</strong>ano: attraverso il suo<br />

apporto nutrizionale, il vino perde quelle connotazioni che<br />

ingiustamente lo hanno relegato tra le bevande alcoliche<br />

e si ricolloca in uno spazio semantico che gli restituisce i<br />

valori sociali e simbolici che già in passato possedeva. Lo<br />

spazio semantico del vino in quanto alimento, pur non<br />

escludendo la qualità e il piacere – nel passo citato, Olmi<br />

parla <strong>di</strong> «go<strong>di</strong>mento da assaporare» – sottolinea gli aspetti<br />

nutrizionali, la genuinità e il benessere che il frutto della vite<br />

possiede. Ricordando gli usi e le funzioni alimentari che il<br />

vino possedeva nel passato, Olmi <strong>di</strong>spensa consigli tanto a<br />

chi si appresta ad assaggiare il vino, tanto a chi è interessato<br />

a comunicarne e promuoverne il consumo consapevole. La<br />

cura per tutto ciò che “riveste” il vino, come l’etichetta o la<br />

bottiglia, non deve sottrare al contenuto quelle qualità che<br />

la tra<strong>di</strong>zione e il lavoro gli hanno attribuito.<br />

Sulla scia dei viaggi d’assaggio <strong>di</strong> Mario Soldati, anche<br />

per Olmi il vino è un amico che mostra la sua sincerità e<br />

chiede lealtà, un compagno <strong>di</strong> avventure con cui riscoprire<br />

tra<strong>di</strong>zioni e coltivare la passione per le specificità locali.<br />

Ad ogni assaggio una storia, una cultura, una memoria, un<br />

ricordo <strong>di</strong> convivialità.<br />

Il cinema italiano<br />

racconta il vino<br />

69


3. Il mondo del vino incontra il cinema:<br />

alcuni esperimenti<br />

<strong>di</strong> produzione cinematografica<br />

3.1 Le nuove frontiere dell’“eno-cinematografia”<br />

Nei capitoli precedenti sono state offerte al lettore delle<br />

incursioni in alcune tappe che hanno caratterizzato le<br />

modalità <strong>di</strong> rappresentazione del vino nel cinema italiano<br />

degli ultimi sessant’anni: da Ladri <strong>di</strong> biciclette al Pranzo <strong>di</strong><br />

Ferragosto, dai classici della comme<strong>di</strong>a all’italiana al cinema<br />

d’autore, sino al documentario.<br />

Parafrasando il lavoro <strong>di</strong> Roland Barthes che ripercorreva i<br />

frammenti del <strong>di</strong>scorso amoroso rilevando i momenti salienti,<br />

le “figure” (BARTHES 1979: 5-8), che esprimono tale<br />

passione (l’attesa, l’angoscia, l’abbraccio, la <strong>di</strong>chiarazione, la<br />

gelosia, il rimpianto, l’unione, ecc.), in questa ricerca è stato<br />

indagato il campo figurativo costruito dal vino (il pasto, il<br />

brin<strong>di</strong>si, la vigna, le festività, ecc.), attraverso le sue tematizzazioni<br />

nella cinematografia del nostro paese.<br />

Un viaggio alla ricerca <strong>di</strong> frammenti <strong>di</strong> un <strong>di</strong>scorso sul vino<br />

compiuto scegliendo, come compagni d’avventura, quei<br />

film in cui l’analisi della <strong>di</strong>mensione narrativa e passionale<br />

forniva chiavi <strong>di</strong> lettura per la comprensione delle funzioni<br />

culturali e sociali del vino. Dalla nostra cinematografia, sempre<br />

profondamente attratta dai fenomeni della vita civile, è<br />

emersa così una geografia socio-culturale del vino: un attore<br />

che non ha mai abbandonato lo schermo e che ancora oggi<br />

è capace <strong>di</strong> portare sulla scena i costumi, gli umori e i desideri<br />

<strong>di</strong> un popolo. In questo capitolo conclusivo il “viaggio<br />

eno-cinematografico” 28 proverà a percorrere una rotta<br />

molto recente: quella che dai luoghi <strong>di</strong> tutela e promozione<br />

Il cinema italiano<br />

racconta il vino<br />

71<br />

28. L’espressione è ripresa<br />

dall’introduzione <strong>di</strong><br />

Paolo Mereghetti al saggio<br />

<strong>di</strong> Antonio Attore<br />

sulle rappresentazioni del<br />

cibo e del vino al cinema<br />

(ATTORE 2007: 8).


72<br />

Il cinema italiano<br />

racconta il vino<br />

29. Un’ampia bibliografia<br />

sul consumo critico<br />

e le tematiche connesse<br />

all’economia solidale è<br />

reperibile sul sito web<br />

della Rete Nazionale <strong>di</strong><br />

collegamento dei G.A.S.<br />

del vino giunge sino alle forme <strong>di</strong> rappresentazione au<strong>di</strong>ovisiva.<br />

Da <strong>di</strong>versi anni si assiste alla <strong>di</strong>ffusione sociale <strong>di</strong> una<br />

cultura attenta al consumo del cibo e delle bevande, alla<br />

bio<strong>di</strong>versità e alle tra<strong>di</strong>zioni alimentari. Il miglioramento delle<br />

con<strong>di</strong>zioni <strong>di</strong> vita nella nostra contemporaneità non può<br />

escludere l’alimentazione. Nel caso del vino, la promozione<br />

<strong>di</strong> un consumo consapevole ha favorito la nascita e lo sviluppo<br />

<strong>di</strong> molti centri <strong>di</strong> ricerca, organizzazioni <strong>di</strong> consumatori<br />

e festival enogastronomici, de<strong>di</strong>cati alla scoperta <strong>di</strong> un<br />

piacere alimentare dotto, gourmand, ma anche sensibile alle<br />

questioni del consumo etico e responsabile. Da Slow Food<br />

al Gambero Rosso, dal “Salone del Gusto” a “Vinitaly”<br />

(Salone internazionale del vino e dei <strong>di</strong>stillati), senza tralasciare<br />

i gruppi <strong>di</strong> acquisto solidali (G.A.S.) che fondano i<br />

criteri <strong>di</strong> selezione dei prodotti sui concetti <strong>di</strong> solidarietà e<br />

responsabilità, promuovendo un consumo alimentare attento<br />

alle bio<strong>di</strong>versità, critico e vigile nei confronti delle varie<br />

fasi che portano il cibo e le bevande sulle nostre tavole 29 .<br />

Come integrare l’educazione alimentare, il consumo responsabile<br />

e la valorizzazione storica delle realtà vitivinicole che<br />

costellano le regioni italiane? Come trasmettere le qualità e<br />

il gusto per il vino?<br />

Le sintonie tra le possibilità espressive rese <strong>di</strong>sponibili dal<br />

mezzo cinematografico e la necessità da parte <strong>di</strong> enti, centri<br />

<strong>di</strong> ricerca e festival legati all’enogastronomia <strong>di</strong> trovare le<br />

modalità comunicative più adatte a promuovere le proprie<br />

campagne <strong>di</strong> sensibilizzazione, spesso in<strong>di</strong>rizzate ad un target<br />

giovanile, è un fenomeno in crescita esponenziale. Le<br />

ricerche svolte dal 2003 all’interno del progetto “<strong>Vino</strong> e<br />

<strong>Giovani</strong>”, realizzato dall’Ente Mostra Vini – Enoteca italiana<br />

con il contributo del Ministero delle Politiche Agricole,<br />

Alimentari e Forestali, sono una guida utile per indagare la<br />

complessità e comprendere gli elementi centrali del rapporto<br />

tra il vino e le giovani generazioni. La sintesi che<br />

segue riprende alcuni dei risultati emersi da queste ricerche<br />

condotte dal Dipartimento <strong>di</strong> Scienze della Comunicazio-


ne dell’Università degli Stu<strong>di</strong> <strong>di</strong> Siena, per rintracciare i<br />

fondamenti <strong>di</strong> questo felice connubio e fornire così una<br />

spiegazione all’interesse crescente che il mondo del vino sta<br />

sviluppando nei confronti del cinema.<br />

Bere del vino è ancora oggi un comportamento <strong>di</strong>ffuso e,<br />

aspetto ancor più rilevante, il suo consumo spesso si colloca<br />

al <strong>di</strong> fuori della routine quoti<strong>di</strong>ana. Il consumo del vino è<br />

passato dal suo tra<strong>di</strong>zionale ra<strong>di</strong>camento nella <strong>di</strong>mensione<br />

privata e casalinga ad una sempre maggiore <strong>di</strong>ffusione nei<br />

luoghi pubblici come le enoteche, i wine bar e i festival.<br />

I principali consumatori al <strong>di</strong> fuori delle mura domestiche<br />

sono i giovani. Infatti, i dati riportati da Angela Mengoni<br />

nella sua ricerca Consumo e immaginario del vino tra<br />

i giovani. Riflessioni intorno a un questionario on line e<br />

fondati sull’analisi quantitativa e qualitativa del “questionario<br />

<strong>Vino</strong> e <strong>Giovani</strong>” 30 , <strong>di</strong>ffuso on line sul sito web del<br />

progetto “<strong>Vino</strong> e <strong>Giovani</strong>”, sono molto chiari a questo<br />

proposito: i giovani compresi tra i venticinque e i trent’anni<br />

approfittano <strong>di</strong> appuntamenti mondani, come l’aperitivo o<br />

il dopo cena, per consumare vino (MENGONI 2005:<br />

27). In questa <strong>di</strong>ffusione, il vino mantiene il suo statuto <strong>di</strong><br />

me<strong>di</strong>atore sociale (ciò che consente a determinati valori <strong>di</strong><br />

circolare all’interno <strong>di</strong> una comunità, preservandone così i<br />

legami) che favorisce la socializzazione, il consolidamento<br />

delle identità e il rafforzamento dei legami <strong>di</strong> gruppo 31 .<br />

Questi ultimi aspetti emergono anche dall’indagine Etnografia<br />

del consumo del vino negli spazi pubblici, promossa<br />

da Enoteca Italiana e condotta da Luca Acquarelli nella<br />

città <strong>di</strong> Bologna, all’interno dei luoghi pubblici <strong>di</strong> consumo<br />

del vino (ACQUARELLI 2010).<br />

D’altra parte, il vino possiede anche un elevato capitale<br />

simbolico legato all’universo culturale della tra<strong>di</strong>zione: attraverso<br />

<strong>di</strong> esso – dall’etichetta al colore, sino al bouquet che<br />

esso sprigiona – è possibile raccontare una storia legata al<br />

passato e ra<strong>di</strong>cata in un territorio. Nella contemporaneità,<br />

l’incremento del capitale sociale – fondamentale in una<br />

Il cinema italiano<br />

racconta il vino<br />

73<br />

30. Il questionario è visibile<br />

ed ancora compilabile<br />

– al fine <strong>di</strong> incrementare<br />

il campione statistico ed<br />

aggiornare gli sviluppi della<br />

ricerca – alla pagina web:<br />

http://www.vinoegiovani.<br />

it/w2d3/v3/view/vg10/<br />

questionario/questionario.<br />

html<br />

31. A questo proposito,<br />

si veda l’introduzione<br />

<strong>di</strong> Omar Calabrese alla<br />

ricerca <strong>di</strong> Mengoni. Inoltre,<br />

nelle conclusioni alla<br />

sua indagine, Mengoni<br />

riprende il concetto <strong>di</strong><br />

“capitale sociale” introdotto<br />

dal sociologo<br />

Robert Putnam per<br />

designare l’insieme delle<br />

norme, formali e informali,<br />

e dei me<strong>di</strong>atori sociali<br />

che favoriscono e accrescono<br />

il bagaglio delle<br />

relazioni e delle forme<br />

<strong>di</strong> cooperazione sociale<br />

(MENGONI 2005:<br />

10-11, 61-69).


74<br />

Il cinema italiano<br />

racconta il vino<br />

32. Sulla comunicazione<br />

massme<strong>di</strong>atica del vino, in<br />

particolare attraverso televisione,<br />

cellulare e ra<strong>di</strong>o, si<br />

veda la ricerca <strong>di</strong> Antonio<br />

Catolfi Me<strong>di</strong>a, giovani<br />

e vino. Elementi per uno<br />

stu<strong>di</strong>o sulla pianificazione<br />

dei mezzi <strong>di</strong> comunicazione<br />

del vino verso i giovani,<br />

svolta sempre all’interno<br />

del progetto “<strong>Vino</strong> e<br />

<strong>Giovani</strong>” (CATOLFI<br />

2005). Sul cinema, invece,<br />

si veda lo stu<strong>di</strong>o <strong>di</strong> Michele<br />

Guerra Il linguaggio<br />

del vino. Alcuni spunti <strong>di</strong><br />

analisi testuale, che utilizza<br />

la semiotica per analizzare<br />

le strategie <strong>di</strong> significazione<br />

del vino in alcuni testi<br />

filmici come Il pranzo <strong>di</strong><br />

Babette (1987) <strong>di</strong> Gabriel<br />

Axel, La grande abbuffata<br />

(1973) <strong>di</strong> Marco Ferreri,<br />

La mia notte con Maud<br />

(Ma nuit chez Maud;<br />

1969) e Racconto d’autunno<br />

(Conte d’automne;<br />

1998) <strong>di</strong> Eric Rohmer<br />

(GUERRA 2005).<br />

società per lo più fondata sulle relazioni informali e sulla<br />

flessibilità dei ruoli – può e deve essere realizzato anche<br />

attraverso la valorizzazione <strong>di</strong> quel “se<strong>di</strong>mento” comunitario,<br />

quella capacità <strong>di</strong> vivacizzare e armonizzare le relazioni<br />

interpersonali, che il vino possiede e che si riattualizza anche<br />

nelle forme <strong>di</strong> consumo non più connesse all’ambito<br />

familiare.<br />

Entrambe le ricerche menzionate hanno come obiettivo<br />

principale quello <strong>di</strong> comprendere gli aspetti culturali e sociali<br />

che caratterizzano il consumo <strong>di</strong> vino tra i giovani in<br />

età compresa tra i <strong>di</strong>ciotto e i trent’anni. Ma i due stu<strong>di</strong><br />

forniscono anche degli spunti utili alla progettazione e alla<br />

valorizzazione della comunicazione sul vino.<br />

A questo proposito, scrive la Mengoni:<br />

la comunicazione sul vino può avere tra i possibili elementichiave<br />

il suo potere socializzante e la sua capacità <strong>di</strong> incarnare<br />

un’identità, una storia ma deve anche ‘incarnare’ questi valori<br />

astratti nell’universo sensibile dei corpi e delle storie biografiche<br />

che sono parte integrante del vino come oggetto culturale percepito<br />

(MENGONI 2005: 56).<br />

Il vino è adatto a una comunicazione che sia intenzionata<br />

a valorizzare gli aspetti culturali <strong>di</strong> una pratica – quella del<br />

bere in compagnia con gusto e moderazione – intrisa <strong>di</strong><br />

tra<strong>di</strong>zioni e connessa ad un bacino simbolico che tutt’ora<br />

continua ad essere valorizzato nelle relazioni sociali 32 .<br />

Il linguaggio cinematografico può essere uno strumento utile<br />

a raccogliere la duplice sfida lanciata da una comunicazione<br />

sul vino: da una parte farsi carico e rilanciare le molteplici<br />

storie che sono racchiuse nella tra<strong>di</strong>zione e nella pratica<br />

vitivinicola e dall’altra mettere in scena dei racconti in cui<br />

lo spazio delle relazioni sociali, degli incontri in compagnia<br />

<strong>di</strong> un buon bicchiere <strong>di</strong> vino, <strong>di</strong>ventano momenti esemplari<br />

della vita comunitaria. Nel panorama attuale delle comunicazioni<br />

<strong>di</strong> massa, dominato dalla produzione e fruizione


me<strong>di</strong>ante supporti <strong>di</strong>gitali, le immagini influenzano in misura<br />

crescente sia i processi <strong>di</strong> costruzione e con<strong>di</strong>visione culturale<br />

del senso che quelli <strong>di</strong> negoziazione sociale dell’esperienza<br />

(spesso si sente parlare <strong>di</strong> esperienza me<strong>di</strong>ata da<br />

apparati tecnologici, da protesi, che si interpongono e trasformano<br />

la relazione tra i soggetti e il mondo). È all’interno<br />

<strong>di</strong> un sistema complesso e stratificato in cui le immagini<br />

migrano da un me<strong>di</strong>a all’altro, si trasformano, interferiscono<br />

con le convenzioni <strong>di</strong> un supporto, ibridano i linguaggi,<br />

che le strategie utilizzare per raccontare le storie del vino<br />

si avvalgono <strong>di</strong> quel sincretismo tra suoni e immagini in<br />

movimento che continua ad affascinare gli spettatori ed<br />

alimentarne l’immaginario.<br />

Nel 2011, in Italia, sono stati lanciati due progetti legati alla<br />

comunicazione del vino che hanno sfruttato le potenzialità<br />

del linguaggio cinematografico. Si tratta <strong>di</strong> “Vini d’Italia” e<br />

<strong>di</strong> “Reason Wine: idee per bere con gusto!”.<br />

3.2 “Vini d’Italia”: un atlante au<strong>di</strong>ovisivo<br />

per raccontare la produzione vinicola<br />

delle regioni italiane<br />

Nel gennaio 2011, in occasione della sesta e<strong>di</strong>zione della rassegna<br />

enologica “SensofWine”, organizzata a Roma dall’esperto<br />

<strong>di</strong> vini Luca Maroni, è stato presentato il progetto “Vini<br />

d’Italia”: un ciclo <strong>di</strong> quin<strong>di</strong>ci documentari, della durata <strong>di</strong><br />

quaranta minuti ciascuno, sulle zone vinicole italiane sud<strong>di</strong>vise<br />

per regioni. La <strong>di</strong>rezione cinematografica del progetto è stata<br />

assegnata al pluripremiato <strong>di</strong>rettore della fotografia Vittorio<br />

Storaro, la <strong>di</strong>rezione scientifica allo stesso Maroni, mentre la<br />

produzione dei quin<strong>di</strong>ci DVD contenenti i documentari è<br />

Il cinema italiano<br />

racconta il vino<br />

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76<br />

Il cinema italiano<br />

racconta il vino<br />

33. Si vedano le <strong>di</strong>chiarazioni<br />

rilasciate da<br />

Storaro e Maroni nella<br />

cartella stampa della presentazione<br />

<strong>di</strong> “Vini d’Italia”,<br />

reperibile alla pagina<br />

web: http://ebookbrowse.com/20110120vittorio-storaro-vini-d-italia-cs-<strong>pdf</strong>-d125118020<br />

stata affidata alla Mithril Production.<br />

Nell’idea degli autori, il progetto mira a costruire una mappatura<br />

dei produttori italiani in cui le varietà vinicole, il loro<br />

ra<strong>di</strong>camento regionale, sarà utilizzato come fulcro narrativo a<br />

partire dal quale raccontare il territorio, i costumi e le tra<strong>di</strong>zioni<br />

regionali. L’ampia gamma <strong>di</strong> sperimentazioni fotografiche resa<br />

possibile dalla varietà paesaggistica ha catturato l’interesse <strong>di</strong><br />

Storaro, da sempre impegnato in una ricerca che lui stesso<br />

definisce <strong>di</strong> “scrittura attraverso la luce”: «il mio vocabolario<br />

visivo parla in termini <strong>di</strong> luce e ombra <strong>di</strong> colori e elementi<br />

<strong>di</strong> sole e <strong>di</strong> luna e li ho sempre applicati al racconto <strong>di</strong> una<br />

storia e quin<strong>di</strong> per la prima volta mi si apriva la possibilità <strong>di</strong><br />

applicare il mio vocabolario visivo alla natura». Maroni, che<br />

sarà la voce narrante dei documentari, in<strong>di</strong>vidua nel progetto<br />

l’occasione per<br />

poter rappresentare e <strong>di</strong>vulgare l’Italia del <strong>Vino</strong> come fenomeno<br />

e spettacolo naturalistico, luminoso, come esempio <strong>di</strong> bellissime<br />

umanità virtuosamente applicate. Di avviare con questo strumento<br />

comunicativo un Rinascimento Culturale Agricolo e Naturalistico<br />

per il nostro paese 33 .<br />

Ad oggi il progetto ha visto la presentazione, in uno scenario<br />

allestito nel Palazzo dei Congressi dell’EUR che ricalcava<br />

i gran<strong>di</strong> festival cinematografici, del cortometraggio<br />

<strong>di</strong> lancio Vinalia, con la regia e il montaggio <strong>di</strong> Lorenzo<br />

Peluso e l’interpretazione <strong>di</strong> Vittoria Belvedere e Massimo<br />

Foschi. Vinalia è stato pensato come promo per il primo<br />

documentario che sarà de<strong>di</strong>cato ai vini della regione Lazio.<br />

Per la realizzazione del cortometraggio, Storaro ha coinvolto<br />

alcuni dei suoi ex allievi dell’Accademia dell’Immagine<br />

de L’Aquila.<br />

Il Lazio e i suoi vini sono stati protagonisti della passata<br />

e<strong>di</strong>zione <strong>di</strong> “SensofWine” anche grazie alla piccola mostra<br />

fotografica composta <strong>di</strong> do<strong>di</strong>ci scatti realizzati da Vittorio<br />

Storaro me<strong>di</strong>ante doppie impressioni fotografiche, in modo


da costruire <strong>di</strong>namicità e movimento anche nell’immagine<br />

statica. Queste immagini, a metà strada tra la fissità della<br />

posa fotografica e il <strong>di</strong>namismo cinematografico, saranno<br />

utilizzate nel libro che accompagnerà il DVD con il documentario<br />

Il Lazio: un racconto dei vini autoctoni, tra tra<strong>di</strong>zioni<br />

conta<strong>di</strong>ne, classici della letteratura, e nuove forme <strong>di</strong><br />

rappresentazione visiva.<br />

3.3 “Reason Wine: idee per bere con gusto!”:<br />

il concorso del progetto “<strong>Vino</strong> e <strong>Giovani</strong>”<br />

“Reason Wine: idee per bere con gusto!” è il concorso<br />

de<strong>di</strong>cato a giovani film maker, teso a trasmettere i valori<br />

del “buon bere” e promosso per il 2011 all’interno del<br />

progetto “<strong>Vino</strong> e <strong>Giovani</strong>”, con la collaborazione <strong>di</strong> Ibla<br />

Film, del Sindacato Nazionale Giornalisti Cinematografici<br />

Italiani (SNGCI) e della community web 242 MovieTv.<br />

Nel brief del progetto, nella sezione de<strong>di</strong>cata agli obiettivi<br />

della comunicazione, si legge:<br />

Con il Concorso Video “Reason Wine: idee per bere con gusto!”<br />

non siamo in cerca <strong>di</strong> uno spot commerciale ma <strong>di</strong> un cortometraggio<br />

<strong>di</strong> taglio cinematografico (non spot pubblicitario)<br />

che sappia trasmettere i valori del “buon bere” legati al <strong>Vino</strong> italiano,<br />

espressione <strong>di</strong> una Nazione, <strong>di</strong> un Popolo e <strong>di</strong> valori legati<br />

alla tra<strong>di</strong>zione, alla storia e alla cultura. Insomma, vogliamo creare<br />

una nuova strategia comunicativa che include la tua creatività<br />

[…]. Focus della comunicazione sarà il <strong>Vino</strong> italiano raccontato<br />

attraverso i seguenti linguaggi: fiction, animazione, mockumentary.<br />

Il <strong>Vino</strong> italiano, dunque, declinato in tutte le sue utilizzazioni:<br />

dalla coltura della vite all’utilizzo finale a tavola o per un aperitivo<br />

in compagnia. Il <strong>Vino</strong> come strumento <strong>di</strong> socializzazione e<br />

Il cinema italiano<br />

racconta il vino<br />

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78<br />

Il cinema italiano<br />

racconta il vino<br />

34. Il brief è consultabile<br />

alla pagina web: http://<br />

www.vinoegiovani.it/<br />

vg10/allegati_reasonwin<br />

e/18/20110615124256<br />

365.<strong>pdf</strong><br />

<strong>di</strong> <strong>di</strong>ffusione della cultura. Bere sapendo cosa si beve e alla base<br />

del bere con gusto e responsabilmente 34 .<br />

Se il concorso precedente, “Per<strong>Bacco</strong>”, invitava i giovani<br />

a cimentarsi nell’ideazione <strong>di</strong> un messaggio pubblicitario,<br />

me<strong>di</strong>ante uno slogan, un’immagine o uno spot, per rivitalizzare<br />

la comunicazione e l’immagine del vino, “Reason<br />

Wine: idee per bere con gusto!” sposta il focus da obiettivi<br />

e forme legate alla comunicazione pubblicitaria a una promozione,<br />

attraverso il linguaggio cinematografico e alcune<br />

delle sue forme <strong>di</strong> manifestazione (la fiction, l’animazione,<br />

il mockumentary), che punti sulla creatività dei giovani registi<br />

per trasmettere e rendere compatibile con l’universo<br />

giovanile il bagaglio simbolico e valoriale custo<strong>di</strong>to nel vino.<br />

Il cortometraggio è una forma breve della comunicazione<br />

au<strong>di</strong>ovisiva le cui caratteristiche strutturali e formali come la<br />

durata ristretta, l’importanza della colonna sonora, l’accento<br />

sul ritmo e sul montaggio, lo rendono uno strumento adatto<br />

a costruire delle narrazioni ridotte dal punto <strong>di</strong> vista temporale<br />

ma semanticamente dense, in cui alla promozione <strong>di</strong><br />

un bene <strong>di</strong> consumo si affianca la possibilità <strong>di</strong> e<strong>di</strong>ficare<br />

ed alimentare un insieme più ampio <strong>di</strong> <strong>di</strong>scorsi sociali che<br />

sollecitano l’interazione tra i soggetti che utilizzano quel<br />

bene e si riconoscono in esso. Basti pensare al videoclip,<br />

strumento commerciale per <strong>di</strong>ffondere la musica, un bene<br />

<strong>di</strong> consumo effimero e immateriale, attraverso i canali televisivi.<br />

La congiunzione tra la musica e il flusso <strong>di</strong> immagini è<br />

svolta forzando i limiti temporali e le forme più consolidate<br />

dell’au<strong>di</strong>ovisivo: il montaggio tende alla frammentazione<br />

piuttosto che alla costruzione <strong>di</strong> un’unità narrativa, si sfrutta<br />

la ripetizione <strong>di</strong> alcune sequenze piuttosto che la consequenzialità,<br />

vengono riqualificati in termini positivi elementi<br />

imperfetti del suono o dell’immagine (l’immagine sgranata, le<br />

sonorità “sporche”) e si pre<strong>di</strong>lige la loro de-sincronizzazione<br />

(PEVERINI 2004: 11-12).<br />

I cortometraggi che hanno partecipato al concorso po


vano essere realizzati con qualsiasi tecnologia, dal videofonino<br />

alla telecamera professionale, e dovevano – si legge<br />

sempre nel brief del bando – «raccontare in maniera accattivante<br />

e coinvolgente le modalità del bere vino come momento<br />

culturale, <strong>di</strong> aggregazione e <strong>di</strong> piacere». Gli elementi<br />

sollecitati nel bando riguardavano la <strong>di</strong>mensione conoscitiva<br />

del vino piuttosto che l’atto <strong>di</strong> bere vino o <strong>di</strong> abusarne,<br />

le storie messe in scena non dovevano basarsi sulla<br />

prevenzione (ad esempio la guida in stato <strong>di</strong> ubriachezza)<br />

ma raccontare i momenti <strong>di</strong> convivialità e <strong>di</strong> accrescimento<br />

culturale, privilegiando la <strong>di</strong>mensione visiva al <strong>di</strong>alogo.<br />

Al bando <strong>di</strong> concorso hanno risposto molti giovani<br />

registi inviando il loro cortometraggio al sito web<br />

www.242movietv.com, la community de<strong>di</strong>cata ai professionisti<br />

<strong>di</strong> Cinema e Televisione e a tutti gli appassionati <strong>di</strong><br />

video, sitcom, web serial e cortometraggi. Ventisei cortometraggi,<br />

selezionati da Slup Tv e Ibla Film, hanno avuto<br />

accesso alla fase finale della selezione e, dal quattor<strong>di</strong>ci<br />

al ventinove luglio del 2011, sono stati visti e votati dagli<br />

iscritti alla community 242 Movie Tv. Il Premio della<br />

Giuria, composta dal regista e documentarista Edoardo<br />

Winspeare, da Omar Calabrese e da Rosa Bianco Finocchiaro<br />

(consulenti del progetto “<strong>Vino</strong> e <strong>Giovani</strong>”) e dalla<br />

dottoressa Silvana Lilli (coor<strong>di</strong>natrice del progetto “<strong>Vino</strong> e<br />

<strong>Giovani</strong>”), è stato assegnato a 1979 <strong>di</strong> Michele Socci. La<br />

menzione speciale assegnata da 242 Movie Tv è andata<br />

al cortometraggio Un giorno d’autunno <strong>di</strong> Federica Wu.<br />

Il cortometraggio più votato online è stato Adamant <strong>di</strong><br />

Giacomo Mantovani, seguito da Come un poeta seduto<br />

in osteria <strong>di</strong> Na<strong>di</strong>a Salatin. La premiazione ufficiale è avvenuta<br />

il ventitré novembre 2011 nel Campus Universitario <strong>di</strong><br />

Coste Sant’Agostino a Teramo in occasione del talk show<br />

“La comunicazione del vino: idee a confronto”, ma il cortometraggio<br />

1979 era già stato presentato in anteprima alla<br />

Mostra Internazionale d’Arte Cinematografica <strong>di</strong> Venezia.<br />

Quali sono le storie del vino raccontate nei cortometrag-<br />

Il cinema italiano<br />

racconta il vino<br />

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80<br />

Il cinema italiano<br />

racconta il vino<br />

35. Il riferimento è al testo<br />

<strong>di</strong> Aristotele De memoria<br />

et reminiscentia, contenuto<br />

nella raccolta denominata<br />

Parva Naturalia e ripreso<br />

da Ricœur in due stu<strong>di</strong><br />

de<strong>di</strong>cati ai rapporti tra<br />

storia, memoria e oblio (RI-<br />

CŒUR 2003 e 2004).<br />

gi vincitori del concorso? Quali i personaggi, le situazioni<br />

messe in scena e i ruoli ricoperti dal vino?<br />

Il cortometraggio <strong>di</strong> Michele Socci, ventisettenne <strong>di</strong> Milano,<br />

utilizza il vino come elemento che attiva un legame tra<br />

i protagonisti e la loro memoria <strong>di</strong> eventi e luoghi appartenenti<br />

passato: a partire da una bottiglia <strong>di</strong> vino, i ricor<strong>di</strong><br />

d’infanzia del protagonista riemergono e si materializzano<br />

sulla scena. Il vino viene utilizzato come strumento per attivare<br />

e coa<strong>di</strong>uvare l’azione della memoria. Quest’ultima non<br />

consiste soltanto in una mera archiviazione, ma si sviluppa<br />

soprattutto come un’attività <strong>di</strong> elaborazione e <strong>di</strong> ricostruzione.<br />

Sussiste uno scarto tra una memoria conservativa, la<br />

riserva delle informazioni, e l’esercizio <strong>di</strong> memoria che regola<br />

il legame del soggetto con il passato e con i significati in<br />

esso trattenuti: da una parte il magazzino della memoria,<br />

dall’altra un insieme <strong>di</strong> processi che alimentano e sfruttano<br />

questa riserva, la rammemorazione. Al sopravvenire dei ricor<strong>di</strong>,<br />

in quanto semplice affezione, spesso si sostituisce il<br />

richiamo, la rammemorazione che considera il ricordo come<br />

l’oggetto <strong>di</strong> una ricerca e la memoria come esercizio pragmatico,<br />

un “fare”, che si esercita sulle tracce del passato. La<br />

rammemorazione è quell’esercizio <strong>di</strong> memoria che restituisce<br />

la <strong>di</strong>stanza <strong>di</strong> ciò a cui ci riferiamo. Si congiungono così il<br />

tempo e la memoria: se il ricordo si produce solo con il passare<br />

del tempo, il suo richiamo attivo, volto alla costruzione<br />

della narrazione, avviene attraverso una ricerca nel tempo<br />

– quella che Aristotele chiamava l’anamnesis (rammemorazione),<br />

<strong>di</strong>stinta dalla menme, il sopravvenire involontario<br />

del ricordo 35 . La memoria, per funzionare come processo<br />

rammemorante, deve sempre essere percorsa da un movimento<br />

che la attraversi in modo produttivo. È quest’attitu<strong>di</strong>ne<br />

alla rammemorazione che va <strong>di</strong>stinta dal processo <strong>di</strong><br />

immagazzinamento.<br />

La <strong>di</strong>mensione pragmatica della memoria, <strong>di</strong> cui abbiamo<br />

tracciato brevemente alcune delle premesse filosofiche, si<br />

interessa alle tracce culturali nelle quali il ricordo è stato


fissato e oggettivato. L’attenzione si sposta dai processi<br />

psichici connessi all’attività <strong>di</strong> rammemorazione del soggetto,<br />

ai me<strong>di</strong>atori del ricordo, in altre parole a quegli oggetti<br />

e a quelle forme <strong>di</strong>scorsive atte a conservare e trasmettere<br />

la memoria culturale (ASSMANN 2002). Il vino, il suo<br />

universo <strong>di</strong> figurativo, l’insieme delle pratiche sociali ad esso<br />

legate, possono essere intese come me<strong>di</strong>atori del ricordo<br />

e, a livello del testo filmico, come operatori narrativi che<br />

attivano il “fare” del memoria.<br />

In 1979, tutto incomincia con il rientro a casa del protagonista<br />

che, davanti all’uscio, trova un pacco postale. Il pacco<br />

contiene un regalo: una bottiglia <strong>di</strong> vino e un biglietto.<br />

La voce che si appresta a leggere il biglietto crea una frattura<br />

tra la componente sonora e quella visiva: mentre le labbra<br />

del protagonista mimano le parole scritte, la voce femminile<br />

che le pronuncia è <strong>di</strong>slocata fuoricampo. È quest’ultima a<br />

recitare il testo del biglietto: «Il vero valore del ricordo sta<br />

in questo: ci fa capire che nulla è mai passato». Attraverso<br />

uno stacco <strong>di</strong> montaggio, il passato si palesa sullo schermo:<br />

il primo piano del volto <strong>di</strong> una giovane ragazza, una partita<br />

a pallone tra i vicoli <strong>di</strong> un borgo, il furto <strong>di</strong> una bottiglia<br />

<strong>di</strong> vino in una cantina incusto<strong>di</strong>ta (si tratta <strong>di</strong> una delle<br />

cantine storiche <strong>di</strong> Montepulciano), la contesa del tappo<br />

<strong>di</strong> sughero, la corsa frenetica tra i filari <strong>di</strong> una vigna. Un<br />

altro rapido stacco <strong>di</strong> montaggio e si rientra <strong>di</strong> nuovo nella<br />

casa del protagonista, che sta stappando la bottiglia. La<br />

successione <strong>di</strong> immagini in cui l’uomo versa il vino, inspira<br />

con forza gli odori sprigionati dalla bevanda e avvicina il<br />

bicchiere alla bocca, si alterna a quelle, luminose e ricche<br />

<strong>di</strong> cromatismi, dell’uva e della vigna dove i due bambini si<br />

rincorrevano. Poi una richiesta, una domanda che reca in sé<br />

la promessa <strong>di</strong> un’amicizia eterna, al <strong>di</strong> là delle <strong>di</strong>stanze geografiche<br />

e temporali. Ma la risposta che consolida quella<br />

promessa passata arriva dal presente: è il protagonista ormai<br />

adulto a <strong>di</strong>chiarare, questa volta con la sua voce, «Prometto!».<br />

A suggellare il patto c’è il tappo della bottiglia,<br />

Il cinema italiano<br />

racconta il vino<br />

81


82<br />

Il cinema italiano<br />

racconta il vino<br />

elemento figurativo che garantisce le connessioni e i riman<strong>di</strong><br />

tra il passato della promessa e il presente del racconto che<br />

conferma quella stessa promessa (Figg. 24-25).<br />

Figura 24 Figura 25<br />

Il vino, attraverso le sue componenti olfattive e gustative,<br />

stimola la memoria lasciando che i ricor<strong>di</strong> invadano il presente.<br />

Al contempo, attraverso il tappo <strong>di</strong> sughero, <strong>di</strong>venta<br />

testimone del patto <strong>di</strong> amicizia e ne sanziona la vali<strong>di</strong>tà nel<br />

tempo. In Un giorno d’autunno, la regista Federica Wu,<br />

trentaquattrenne <strong>di</strong> Cologno Monzese (in provincia <strong>di</strong><br />

Milano), mette in scena la pratica antica della vendemmia.<br />

Il cortometraggio, privo <strong>di</strong> <strong>di</strong>aloghi, intreccia le vicissitu<strong>di</strong>ni<br />

che coinvolgono tre <strong>di</strong>verse generazioni durante quella che<br />

potrebbe essere una tipica giornata <strong>di</strong> vendemmia. Il rito<br />

della vendemmia con le sue <strong>di</strong>verse fasi – dalla raccolta<br />

alla spremitura, dalla fermentazione sino all’invecchiamento<br />

nelle botti – si intreccia con le traversie e gli amori <strong>di</strong> tre<br />

<strong>di</strong>verse generazioni: due bambini che giocano a rincorrersi<br />

e assaggiano un grappolo d’uva bianca, due giovani che<br />

scambiano sguar<strong>di</strong> affettuosi tra i filari della vigna e si baciano<br />

<strong>di</strong> nascosto nella cantina, un anziano vendemmiatore<br />

che a sera si concede un brin<strong>di</strong>si con il frutto del suo lavoro<br />

e balla abbracciato a sua moglie. Il tempo della vita, sociale<br />

e biologica, è allora scan<strong>di</strong>to dalle fasi della vendemmia. La<br />

vigna, inquadrata in campo lungo, si <strong>di</strong>schiude davanti agli<br />

occhi del bambino che, in soggettiva, prima oscura la sua<br />

visione interponendo le mani tra il paesaggio e i suoi occhi<br />

e poi lascia che lo scenario dei vitigni si renda <strong>di</strong>sponibile<br />

alla sua visione e a quella dello spettatore (Figg. 26-27).


Figura 26 Figura 27<br />

Alla vendemmia segue, nel finale, un altro dei topos della<br />

tra<strong>di</strong>zione. Alla sera, terminato il lavoro quoti<strong>di</strong>ano, la<br />

famiglia si ritrova tutta unita attorno al tavolo apparecchiato<br />

nel cortile della casa <strong>di</strong> campagna. La sequenza<br />

finale inizia con un’inquadratura dall’alto ma subito dopo<br />

la macchina da presa si <strong>di</strong>spone al centro e intorno alla<br />

tavola, tra i commensali. Mentre le immagini spesso sfocate<br />

rafforzano la costruzione <strong>di</strong> un punto <strong>di</strong> vista ravvicinato,<br />

la luce delle candele si riflette sui volti e illumina i sorrisi <strong>di</strong><br />

tutte le generazioni.<br />

Sia in Adamant <strong>di</strong> Giacomo Mantovani, classe 1983, che<br />

in Come un poeta seduto in osteria <strong>di</strong> Na<strong>di</strong>a Salatin,<br />

nata nel 1974 a Motta <strong>di</strong> Livenza, il bicchiere <strong>di</strong> vino è<br />

l’oggetto narrativo che permette agli altri attori <strong>di</strong> mo<strong>di</strong>ficare<br />

il proprio stato passionale o le proprie competenze<br />

cognitive 36 .<br />

In Adamant è il brin<strong>di</strong>si a spezzare la routine quoti<strong>di</strong>ana e<br />

introdurre il <strong>di</strong>scorso amoroso (Fig. 28). Un elegante wine<br />

bar lon<strong>di</strong>nese è la scenografia in cui si realizza, in compagnia<br />

del vino, la richiesta <strong>di</strong> matrimonio che il protagonista<br />

rivolge alla donna amata.<br />

Figura 28<br />

Il cinema italiano<br />

racconta il vino<br />

83<br />

36. Si veda la nota 1 del<br />

primo capitolo.


84<br />

Il cinema italiano<br />

racconta il vino<br />

Il <strong>di</strong>scorso del giovane è anche un elogio al vino italiano<br />

che accompagna importanti momenti sociali come il rito<br />

religioso, la firma <strong>di</strong> un contratto, la passione amorosa. È<br />

attraverso il vino che gli attori in scena e quelli evocati<br />

dal protagonista arrivano alla congiunzione con determinati<br />

valori (religiosi, politici, amorosi), poiché sono gli elementi<br />

simbolici legati al vino e alla sua ritualità ad essere riattivati<br />

ogni volta e a fornire una garanzia nei confronti <strong>di</strong> uno<br />

specifico patto sociale.<br />

Come un poeta in osteria è il breve racconto degli ostacoli<br />

che impe<strong>di</strong>scono al giovane protagonista <strong>di</strong> raggiungere<br />

la sua meta. Un viaggio in vespa tra i vitigni con il mare<br />

sullo sfondo, verso un pranzo e una tavola che un’attenta<br />

signora sta imbandendo sin dal mattino. Ma il protagonista<br />

del cortometraggio raggiunge la meta solo a sera, quando i<br />

commensali hanno già consumato il loro pasto e solo alcuni<br />

<strong>di</strong> loro siedono ancora attorno alla tavola. Una serie <strong>di</strong><br />

ostacoli (la mancanza <strong>di</strong> benzina nella vespa e <strong>di</strong> copertura<br />

telefonica per il cellulare) hanno ritardato il raggiungimento<br />

dell’obiettivo finale, il lauto pranzo. Solo nel finale, quando<br />

ormai è scesa la sera, compare sulla tavola il vino. Il suo<br />

intervento è <strong>di</strong> aiuto al protagonista che, nel sorseggiare<br />

la bevanda, trova finalmente un aiutante per le sue azioni.<br />

Ristorato dal vino versato dal più anziano dei commensali<br />

e dal calore familiare, egli riesce a risolvere un piccolo indovinello<br />

e a terminare la giornata in allegria (Fig. 29).<br />

Figura 29


Ecco come le note <strong>di</strong> regia descrivono l’idea alla base del<br />

cortometraggio e il suo plot, in cui i ricor<strong>di</strong> personali della<br />

regista Na<strong>di</strong>a Salatin vengono rievocati e trasformati in un<br />

racconto <strong>di</strong> finzione:<br />

Trovata l’idea. Un bicchiere tintinna, accompagnando in sottofondo<br />

il piacere <strong>di</strong> stare insieme, come la musica in un pianobar,<br />

come un poeta seduto in un’osteria, scandendo dolcemente il<br />

tempo, dalla bambina che rivedo guardare il mosto <strong>di</strong> settembre<br />

ribollire nella cantina <strong>di</strong> mio padre, alla donna che ora gioca e<br />

ride con gli amici in una fredda sera d’inverno, e risolve l’indovinello.<br />

Ho trasportato la mia storia fuori dal bar e dentro una famiglia,<br />

aprendo lo sguardo sulla quoti<strong>di</strong>anità del rapporto con il vino,<br />

naturale come il suo maturare al sole, spontaneo e rituale come lo<br />

scorrere dei giorni in un piccolo paese <strong>di</strong> campagna, un rapporto<br />

<strong>di</strong> fiducia, perché non c’è un passo fondamentale nelle nostre<br />

strade che non sia sigillato con un brin<strong>di</strong>si.<br />

La Salatin riprende e descrive gli elementi che sono emersi<br />

dall’analisi dei precedenti cortometraggi: la memoria personale<br />

che si attiva grazie al vino e produce una storia da<br />

raccontare per immagini, le tra<strong>di</strong>zioni legate al vino che preservano<br />

i loro valori <strong>di</strong> coesione per la comunità, gli eventi<br />

sociali che il vino consacra e sigilla. Tutti fattori che concorrono<br />

ad alimentare l’immaginario dei giovani spettatori e a<br />

ricostruire la pratica del bere con gusto e responsabilmente.<br />

Il cinema italiano<br />

racconta il vino<br />

85


Conclusioni<br />

La panoramica attraverso le tavole messe in scena dal cinema<br />

italiano, tra i vitigni esplorati dai documentari “enogastronomici”<br />

e i progetti promossi dagli enti preposti alla<br />

salvaguar<strong>di</strong>a e alla promozione del patrimonio e della cultura<br />

vitivinicola italiana è servita a ricostruire, senza pretese<br />

<strong>di</strong> esaustività, il campo dei rapporti che il linguaggio<br />

au<strong>di</strong>ovisivo ha costantemente instaurato con il mondo<br />

del vino. Il cinema, sia <strong>di</strong> fiction che documentaristico, ha<br />

utilizzato il vino, le sue modalità produttive e i luoghi del<br />

suo consumo (dalla cena all’aperitivo, dalla degustazione<br />

al brin<strong>di</strong>si) come strumenti per costruire delle storie che<br />

descrivessero le trasformazioni culturali, il rapporto con le<br />

tra<strong>di</strong>zioni e il mutamento dei gusti enogastronomici della<br />

società italiana. Questa tendenza possiede tuttora i suoi<br />

risvolti positivi. Basta soffermarsi, ad esempio, sulla crescita<br />

esponenziale dei documentari, dei festival e delle rassegne<br />

cinematografie che sono de<strong>di</strong>cate al vino. Negli ultimi<br />

anni si assiste allo sviluppo del fenomeno speculare rispetto<br />

a quello descritto in precedenza. Concorsi de<strong>di</strong>cati alle<br />

giovani generazioni, manifestazioni e fiere legate al vino<br />

utilizzano le <strong>di</strong>verse forme del linguaggio au<strong>di</strong>ovisivo per<br />

ridefinire ed implementare i loro obiettivi <strong>di</strong> comunicazione<br />

sociale. La promozione del consumo consapevole del vino<br />

si abbevera allo sterminato bacino della rappresentazione<br />

cinematografica per trovare in esso storie e modelli figurativi<br />

da riproporre all’interno delle campagne <strong>di</strong> sensibilizzazione.<br />

Laddove non è preponderante l’aspetto commerciale<br />

<strong>di</strong> un prodotto, il film, nelle sue <strong>di</strong>verse durate, <strong>di</strong>venta il<br />

canale adeguato per informare lo spettatore, garantendogli<br />

momenti <strong>di</strong> appren<strong>di</strong>mento e <strong>di</strong> crescita formativa. Capacità<br />

che il cinema ha incrementato anche attraverso l’ibridazione<br />

e il contatto con i nuovi mezzi <strong>di</strong> comunicazione:<br />

dai videofonini <strong>di</strong> ultima generazione ai social network del<br />

Il cinema italiano<br />

racconta il vino<br />

87


88<br />

Il cinema italiano<br />

racconta il vino<br />

web 2.0, grazie ai quali è possibile creare e <strong>di</strong>ffondere<br />

filmati, con<strong>di</strong>videre e commentare con il proprio gruppo <strong>di</strong><br />

amici i frammenti dei film visiti e amati.<br />

Il vino irra<strong>di</strong>a momenti <strong>di</strong> socialità e stimola le rotte della<br />

conversazione lontano dai luoghi comuni del quoti<strong>di</strong>ano<br />

per rendere anche i momenti rilassanti della giornata delle<br />

occasioni in cui imparare e gustare con piacevolezza. Alla<br />

<strong>di</strong>mensione conviviale del consumo, in cui si rinsaldano i<br />

legami e si alimenta il capitale sociale, si legano tutti quegli<br />

elementi che permettono al vino <strong>di</strong> essere trattato come un<br />

oggetto culturale e non una semplice bevanda: dalle tematiche<br />

ambientaliste alla produzione biologica, dall’attenzione<br />

per la tra<strong>di</strong>zione e la qualità all’affermazione del valori<br />

comunitari. Il benessere prodotto dal consumo moderato<br />

<strong>di</strong> vino <strong>di</strong>venta anch’esso una risorsa culturale.<br />

Tutto sembra già “apparecchiato”, manca solo il primo ciak<br />

per dare inizio alle riprese.


Bibliografia<br />

ACQUARELLI, Luca<br />

– 2010 Etnografia del consumo del vino negli spazi pubblici,<br />

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– 1999 Erinnerungsräume. Sonderausgabe. Formen und Wandlungen des<br />

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(tr. it. Ricordare. Forme e mutamenti della memoria culturale,<br />

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ATTORE, Antonio<br />

– 2007 Château Lumière. Brin<strong>di</strong>si ed ebbrezze al cinema,<br />

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racconta il vino<br />

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(tr. it. Che cos’è il cinema?, Milano, Garzanti, 2008).<br />

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– 2011 Il sapore <strong>di</strong> un film. Cinema, sensi e gusto, Siena, Protagon.<br />

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– 2008 Storia del documentario italiano: immagini e culture dell’altro<br />

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racconta il vino<br />

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– 2006 Cent’anni <strong>di</strong> Cinema italiano. 2. Dal 1945 ai nostri giorni,<br />

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– 2008 Fra parola e immagine. Metodologie ed esempi <strong>di</strong> analisi,<br />

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– 1984 L’immagine al plurale: serialità e ripetizione nel cinema e nella televisione,<br />

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– 2006 Remix-remake. Pratiche <strong>di</strong> replicabilità, Roma, Meltemi.<br />

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– 2003 La comme<strong>di</strong>a all’italiana, a cura <strong>di</strong> Orio Cal<strong>di</strong>ron, Roma, Bulzoni.<br />

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– 1998 “Gusti e <strong>di</strong>sgusti: la tavola e il cibo nella letteratura e nel cinema”<br />

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Il cinema italiano<br />

racconta il vino<br />

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– 2006 “Degustare il vino: il bicchiere come macchina sinestetica”<br />

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GAUTHIER, Guy<br />

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– 1972 Figures III, Paris, Seuil<br />

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– 1981 Palimpsestes: la littérature au second degré, Paris, Seuil<br />

(tr. it. Palinsesti. La letteratura al secondo grado, Torino, Einau<strong>di</strong>, 1997).<br />

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– 1983 Du sens II, Paris, Seuil<br />

(tr. it. Del senso 2. Narrativa, modalità, passioni, Milano, Bompiani, 1984).<br />

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– 1979 Sémiotique. Dictionnaire raisonné de la théorie du langage, Paris, Hachette<br />

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Paolo Fabbri, Milano, Mondadori, 2007).<br />

GUERRA, Michele<br />

– 2005 Il linguaggio del vino. Alcuni spunti <strong>di</strong> analisi testuale,<br />

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91


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Il cinema italiano<br />

racconta il vino<br />

JAKOBSON, Roman<br />

– 1963 Essais de linguistique générale, Paris, Minuit<br />

(tr. it. Saggi <strong>di</strong> Linguistica generale, Milano, Feltrinelli, 1966).<br />

LÉVI-STRAUSS, Claude<br />

– 1958 Anthropologie structurale, Paris, Plon<br />

(tr. it. Antropologia strutturale, Milano, Il Saggiatore, 1966).<br />

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– 1985 La Semiosfera, Venezia, Marsilio.<br />

LOTMAN, Jurij Michajlovic – TSIVIAN, Yuri<br />

– 1994 Dialog s ekranom, Tallinn, Aleksandra<br />

(tr. it. Dialogo con lo schermo, a cura <strong>di</strong> Silvia Burini e Alessandro Niero,<br />

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MARRONE, Gianfranco<br />

– 2000 “La narrazione del gusto in Brillat-Savarin”, in<br />

Landowski Eric – Fiorin José L. (eds.) Gusti e <strong>di</strong>sgusti. Sociosemiotica<br />

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– 2001 Corpi sociali. Processi comunicativi e semiotica del testo, Torino, Einau<strong>di</strong>.<br />

MARRONE, Gianfranco – GIANNITRAPANI, Alice (eds.)<br />

– 2012 La cucina del senso. Gusto, significazione, testualità,<br />

Milano-U<strong>di</strong>ne, Mimesis.<br />

MICCICHÉ, Lino (ed.)<br />

– 1999 Il neorealismo cinematografico italiano, Venezia, Marsilio.<br />

MENGONI, Angela<br />

– 2005 Consumo e immaginario del vino tra i giovani. Riflessioni intorno a un<br />

questionario on line, Siena, Enoteca italiana.<br />

MORREALE, Emiliano (ed.)<br />

– 2009 Mario Soldati e il Cinema, Roma, Donzelli.


NICHOLS, Bill<br />

– 2001 Introduction to Documentary,<br />

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(tr. it. Introduzione al documentario, Milano, Il Castoro, 2006).<br />

PASOLINI, Pier Paolo<br />

– 1975 Scritti corsari, Milano, Garzanti.<br />

Il cinema italiano<br />

racconta il vino<br />

RICŒUR, Paul<br />

– 1984 Temps et récit II. La configuration dans le récit de fiction,<br />

Paris, Seuil<br />

(tr. it. Tempo e racconto. Volume secondo. La configurazione nel racconto<br />

<strong>di</strong> finzione, Milano, Jaca Book, 1985).<br />

– 1998 Das Rätsel der Vergangenheit. Erinnern – Vergessen – Verzeihen,<br />

Göttingen, Wallstein<br />

(tr. it. Ricordare, <strong>di</strong>menticare, perdonare. L’enigma del passato,<br />

Bologna, Il Mulino, 2004).<br />

– 2000 La mémoire, l’histoire, l’oubli, Paris, Seuil<br />

(tr. it. La memoria, la storia, l’oblio, Milano, Raffaello Cortina, 2003).<br />

SOLDATI, Mario<br />

– 2011 <strong>Vino</strong> al vino. Viaggio alla ricerca dei vini genuini,<br />

Milano, Mondadori.<br />

– 1988 L’avventura in Valtellina, Bari, Laterza.<br />

Filmografia<br />

Adamant, regia <strong>di</strong> Giacomo Mantovani, Inghilterra/Italia, 2011.<br />

L’albero degli zoccoli, regia <strong>di</strong> Ermanno Olmi, Italia, 1978.<br />

Amarcord, regia <strong>di</strong> Federico Fellini, Italia, 1973.<br />

Il Casanova <strong>di</strong> Federico Fellini, regia <strong>di</strong> Federico Fellini, Italia, 1976.<br />

C’eravamo tanto amati, regia <strong>di</strong> Ettore Scola, Italia, 1974.<br />

Come un poeta seduto in osteria, regia <strong>di</strong> Na<strong>di</strong>a Salatin, Italia, 2011.<br />

Fellini-Satyricon, regia <strong>di</strong> Federico Fellini, Italia, 1969.<br />

93


94<br />

Il cinema italiano<br />

racconta il vino<br />

La grande abbuffata, regia <strong>di</strong> Marco Ferreri, Francia/Italia, 1973.<br />

Ladri <strong>di</strong> biciclette, regia <strong>di</strong> Vittorio De Sica, Italia, 1948.<br />

Mangiare bere uomo donna (Yin shi nan nu), regia <strong>di</strong> Ang Lee, Taiwan/USA, 1994.<br />

La mia notte con Maud (Ma nuit chez Maud), regia <strong>di</strong> Eric Rohmer, Francia, 1969.<br />

Mondovino (Id.), regia <strong>di</strong> Jonathan Nossiter, Argentina/Francia/Italia/USA, 2004.<br />

Piccolo mondo antico, regia <strong>di</strong> Mario Soldati, Italia, 1941.<br />

Il pranzo <strong>di</strong> Babette (Babettes gæstebud), regia <strong>di</strong> Gabriel Axel, Danimarca, 1987.<br />

Pranzo <strong>di</strong> Ferragosto, regia <strong>di</strong> Gianni Di Gregorio, Italia, 2008.<br />

Racconto d’autunno (Conte d’automne), regia <strong>di</strong> Eric Rohmer, Francia, 1998.<br />

Roma, regia <strong>di</strong> Federico Fellini, Italia/Francia, 1972.<br />

Rupi del vino, regia <strong>di</strong> Ermanno Olmi, Italia, 2009.<br />

Senza Trucco. Le donne del vino naturale, regia <strong>di</strong> Giulia Graglia, Italia, 2011.<br />

Il sorpasso, regia <strong>di</strong> Dino Risi, Italia, 1963.<br />

Vinalia, regia <strong>di</strong> Lorenzo Peluso, Italia, 2011.<br />

Un giorno d’autunno, regia <strong>di</strong> Federica Wu, Italia, 2011.<br />

Uomini e vino, regia <strong>di</strong> Giovanni Penco, Italia, 2009.<br />

1979, regia <strong>di</strong> Michele Socci, Italia, 2011.<br />

Programmi televisivi<br />

Lascia o raddoppia?, con Mike Bongiorno, 1955.<br />

Chi legge? Viaggio lungo le rive del Tirreno, <strong>di</strong> Mario Soldati e Cesare Zavattini, 1960.<br />

Viaggio lungo la valle del Po alla ricerca dei cibi genuini, <strong>di</strong> Mario Soldati, 1957.<br />

Sitografia<br />

www.ec-aiss.it<br />

www.omarcalabrese.net<br />

www.retegas.org<br />

www.senzatrucco.wordpress.com<br />

www.slowfoodonfilm.it<br />

www.vinoegiovani.it<br />

www.wineblog.it<br />

www.242movietv.com


In<strong>di</strong>ce delle figure<br />

Capitolo 1<br />

Figure 1, 2, 3, 4: Ladri <strong>di</strong> biciclette (1948) <strong>di</strong> Vittorio De Sica.<br />

Figure 5, 6, 7, 8: C’eravamo tanto amati (1974) <strong>di</strong> Ettore Scola.<br />

Figure 9 e 10: Il Casanova <strong>di</strong> Federico Fellini (1976) <strong>di</strong> Federico Fellini.<br />

Figure 11 e 12: Pranzo <strong>di</strong> Ferragosto (2008) <strong>di</strong> Gianni Di Gregorio.<br />

Capitolo 2<br />

Figure 13 e 14: Mario Soldati durante il programma televisivo Viaggio lungo<br />

la valle del Po alla ricerca dei cibi genuini (1957).<br />

Figure 15 e 16: Mondovino (2004) <strong>di</strong> Jonathan Nossiter.<br />

Figure 17, 18, 19, 20, 21: Senza Trucco. Le donne del vino naturale (2011)<br />

<strong>di</strong> Giulia Graglia.<br />

Figure 22 e 23: Rupi del vino (2009) <strong>di</strong> Ermanno Olmi.<br />

Capitolo 3<br />

Figure 23 e 24: 1979 (2011) <strong>di</strong> Michele Socci.<br />

Figure 25 e 26: Un giorno d’autunno (2011) <strong>di</strong> Federica Wu.<br />

Figura 27: Adamant (2011) <strong>di</strong> Giacomo Mantovani.<br />

Figura 28: Come un poeta seduto in osteria (2011) <strong>di</strong> Na<strong>di</strong>a Salatin.<br />

Il cinema italiano<br />

racconta il vino<br />

95


Finito <strong>di</strong> stampare nel mese <strong>di</strong> giugno 2012

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