BEAUTIFUL LOSERS RITO CON KARAOKE CAPPA & SPADA - Urban
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PROVE<br />
TECNICHE DI<br />
MOVIMENTO<br />
Futurismo, Dadaismo, Surrealismo, Pop Art: quale “ismo” riuscirà a<br />
partorire questa manciata d’anni a cavallo tra i due millenni? A Milano<br />
una mostra in Triennale prova a fare i conti con il nostro presente<br />
testo: Raffaele Panizza<br />
Ryan Mcginley<br />
Mark Gonzales<br />
Magari c’è un camion ribaltato. Oppure una parete azzurra<br />
piena di teschi bianchi che sembrano sghignazzare<br />
o piena di tavole da skate decorate con le bombolette<br />
spray. Ci sono delle Nike, magari. O due piedi di donna<br />
sensualmente imprigionati da un paio di sandali, con le<br />
mutandine rosa abbassate a toccarne i lacci. Ci sono i<br />
Simpson, trasformati in pupazzi mostruosi, senz’occhi,<br />
e un ragazzo che sta tracciando una tag sulla parete del<br />
museo. Ehi ragazzo, fermati, non si può scrivere su quel<br />
muro. Un colpo sulla spalla ma questo non si gira, non si<br />
ferma, è un’opera anche lui, una statua con la bomboletta<br />
in mano e la felpa con il cappuccio, in caso passi la polizia.<br />
Sono tutte visioni dalla grande mostra che il prossimo 16<br />
febbraio verrà inaugurata alla Triennale di Milano (fino al<br />
19 marzo, www.triennale.it), dopo aver girato i musei d’arte<br />
contemporanea di molte città statunitensi. È il mondo<br />
dei Beautiful losers, come i curatori e ideatori dell’evento<br />
Aaron Rose e Christian Strike di Iconoclast hanno battezzato<br />
questa generazione di artisti arrivati dalla strada, o<br />
che verso la strada sono andati apposta per farsi cambiare<br />
e ispirare, scegliendola come liquido amniotico dove<br />
crescere insieme ad altre creature off, tutte operose come<br />
api che lottano per conquistarsi un posto e una credibilità<br />
all’interno della loro sottocultura cittadina. Graffiti, musica<br />
hip hop e new punk, skating, grafica, video, fanzine e<br />
pure qualche giocattolo. Forse è davvero nato un nuovo<br />
movimento. E per molti di noi, per la prima volta, s’affaccia<br />
l’opportunità di esserne testimoni.<br />
“I dadaisti rivoluzionarono il linguaggio e poi bla bla…”,<br />
abbiamo letto da qualche parte.<br />
“Poi la Pop Art. Ecco, la Pop Art…”.<br />
Tutto vissuto sui libri. Stavolta, invece, ecco la sensazione<br />
di poter afferrare il presente. “Da quando Beautiful losers:<br />
Contemporary Art and Street Culture è stata inaugurata<br />
a Cincinnati nel 2004, sono stati in molti a cercare<br />
un nome per questa generazione, anche se credo che<br />
nessuno abbia colto davvero nel segno” spiega Aaron<br />
Rose. “Qualcuno ha parlato di ‘Right now art’. Qualcuno<br />
di ‘Make it big outsiders’. Per me, invece, questi artisti<br />
hanno in comune soprattutto un’etica, che io ho definito<br />
DIY (Do It Yourself). Se ti piace fare una cosa, e non sei<br />
andato in nessuna accademia a impararla, fregatene: falla<br />
lo stesso, falla da solo, ed esponila in una topaia presa<br />
a prestito se nessuno ti vuole ospitare in una galleria. È<br />
stata l’arte di arrangiarsi che li ha obbligati a rinnovarsi<br />
continuamente. E lottando, alla fine, molti si sono trovati<br />
tra le mani qualcosa di magico. È una grande famiglia<br />
di persone che condividono, più che un punto di vista<br />
sull’arte e sul mondo, un nuovo stile di vita”. O, mal che<br />
vada, il sogno di uno stile di vita. Come documentano le<br />
grandi foto di Ryan McGinley, cronaca della vita quotidiana<br />
della sua cerchia di amici tra le strade del Lower East<br />
Side di New York. “Ho raccontato la vita del gruppo a cui<br />
appartenevo”, spiega Ryan, “ma non bisogna confonderla<br />
col realismo. Questa, piuttosto, è la vita che mi piace<br />
pensare di aver vissuto, tra i marciapiedi del mio quartiere.<br />
Un mondo che non esiste nella realtà, ma unicamente<br />
nelle mie foto”. O il cortometraggio di Cheryl Dunn sulle<br />
bicycle gang della Grande Mela, con i Black label sulle<br />
loro biciclette modificate per renderle altissime, quasi<br />
PIÙ CHE UN PUNTO DI VISTA SULL’ARTE E SUL MONDO <strong>CON</strong>DIVIDONO UN NUOVO STILE DI VITA<br />
circensi. O i Landlors, sempre incappucciati. E i Bicycle<br />
cherries, vestiti di stracci e catene. Guerrieri della notte<br />
su due ruote, si direbbe. Cheryl Dunn, per esempio, è<br />
una che è uscita da tempo dal mondo underground. Gira<br />
il pianeta e fa foto di moda per Vogue America. Ma ha<br />
sempre bisogno di tornare qui, nei bassifondi. Gli stessi<br />
dai quali provenivano tipi come Jean-Michel Basquiat,<br />
che insieme a Warhol, Keith Haring e molte altre icone<br />
della Pop Art saranno esposte all’interno di Beautiful<br />
losers nella categoria Roots and influences, come padri<br />
e maestri indiscussi di quanto sta accadendo. Artisti<br />
diventati a un certo punto ricchi e famosi. Osannati<br />
come star. Perché, mentre alcuni losers hanno ormai<br />
fatto il salto verso la fama, come Terry Richardson ed Ed<br />
Templeton per esempio, molti altri sono lì che desiderano<br />
e contemporaneamente temono questo passaggio.<br />
Quale sarà, allora, il futuro dei Beautiful losers? “Molti<br />
arrivano da mondi davvero duri, e non sarà facile per<br />
loro crescere, sfondare. Alcuni stanno facendo strada,<br />
ma non mi pare che questo li stia cambiando o preoccupando”,<br />
conclude Rose. “Credo che ciascuno di loro,<br />
semplicemente, non debba dimenticare mai da dove è<br />
venuto”.<br />
32 URBAN URBAN 33<br />
Ed Templeton<br />
Glen E. Friedman<br />
Stephen Powers