BEAUTIFUL LOSERS RITO CON KARAOKE CAPPA & SPADA - Urban
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Chi è? Un citofono è curioso per natura e ti fa sempre<br />
la stessa domanda. Appostato in una zona franca, tra<br />
dentro e fuori, è un personal check-point sulle mura di<br />
cemento armato che circondano la nostra vita privata.<br />
Moderni o art deco, di plastica o di ottone, lustrati dalla<br />
portinaia o vittime indifese delle bombolette spray, i<br />
citofoni presidiano i marciapiedi muniti del loro numero<br />
civico, faccia a faccia, pari contro dispari. E dalla strada,<br />
oltre l’androne su per le scale passando per il pianerottolo,<br />
sono il micro-canale di comunicazione più diretto<br />
tra le nostre tane e il pianeta Terra giù da basso. Certe<br />
volte vorresti staccare i fili, tipo quando il campanello<br />
suona sul fischio di un calcio di rigore oppure mentre stai<br />
immergendo i piedi nella vasca da bagno. Altre sarebbe<br />
meglio che non esistesse: quasi ogni domenica mattina,<br />
per dirne una, quando il profeta di passaggio ti annuncia<br />
che è arrivato il messia. Sei ancora in tempo per salvarti<br />
l’anima, spalanca la porta del cuore e quella di casa e<br />
metti una firmetta sul contratto.<br />
Ma il citofono è anche un grande amplificatore di sensazioni.<br />
Avvicinando l’orecchio alla cornetta non si sentirà<br />
il rumore delle onde, ma di certo si percepisce il respiro<br />
lontano della città: clacson motori sirene il tip tap di mocassini<br />
e tacchi a spillo e i discorsi dell’uomo della strada.<br />
Prova a pensarci, magari la persona giusta sta passando<br />
sotto casa tua, a pochi metri d’altezza dalla tua vita. E tu<br />
sei lì in pantofole, inutile strappare un geranio dal balcone<br />
e scendere le scale, lei adesso è già chissà dove, sotto un<br />
Il respiro della città? Alzate la cornetta e mettetevi all’ascolto<br />
testo: Diego Bazzano / foto: Alberto Bernasconi<br />
FUORI COME<br />
UN CITOFONO<br />
altro citofono, un isolato più in là. E siccome ogni lasciata<br />
è persa tanto vale allora approfittarne e gridare dentro il<br />
microfono un disperato chi èèèè?, cercando di creare una<br />
situazione.<br />
Chissà quante persone in questo momento stanno parlando<br />
dentro un citofono: un’enorme vibrazione di corde<br />
vocali trasformate in impulso elettrico, un coro di voci<br />
metalliche che si sovrappone alle altre parole sospese<br />
sulla città. Si potrebbe immaginare di mettere insieme tutti<br />
i campanelli, azzerare le distanze tra i luoghi, dal centro<br />
alla periferia, e formare una sconfinata agenda di indirizzi.<br />
Fare nomi e cognomi, svelare l’identità della metropoli. E<br />
poi schiacciare tutti i bottoni in un colpo solo, accendere<br />
i desideri degli abitanti della città e illuminarli tutti in una<br />
grande mappa dei sogni da esaudire nell’arco dell’anno.<br />
Certo, non sarebbe male. Sarebbe però già un miracolo<br />
se la solita banda di tredicenni la smettesse di mollare un<br />
cinque con il palmo della mano alla pulsantiera del mio<br />
citofono ogni sabato notte. Inutile imbracciare la mazza da<br />
baseball e scendere le scale. La mitragliata di suonerie si è<br />
già scaricata sulle teste del condominio e la combriccola si<br />
è già dileguata nel labirinto di vicoli del quartiere.<br />
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