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Numero 18 - giugno 2007 - Società Filosofica Italiana

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considerazioni pedagogiche sul valore del gioco) possiamo parlare di<br />

un’ontologia e un’ermeneutica del gioco. E in questo senso vogliamo, nelle<br />

pagine che seguono, con Gadamer, chiederci: che cosa ‘è’ un gioco? E che<br />

cosa può ‘dare’ il giocare al nostro essere, alla nostra esistenza?<br />

5. Il gioco è una cosa seria<br />

…È la prima indicazione di queste pagine gadameriane dedicate al<br />

gioco. Ed è la prima indicazione didattica che vogliamo trarne. Non<br />

possiamo presentare agli alunni un gioco di filosofia dicendo: “Ragazzi,<br />

oggi niente studio, niente filosofia, niente spiegazione, niente<br />

interrogazione! Oggi si gioca!”. Sarebbe poco serio. Non tanto e non solo<br />

nei confronti degli alunni e della funzione docente, ma proprio nei confronti<br />

dello stesso gioco, che – nella logica di Gadamer – non è (e lo vedremo<br />

subito) un modo di liberarsi dalle responsabilità e soppiantare la<br />

dimensione educativa; anzi, al contrario, è proprio una delle strade<br />

attraverso la quale è possibile arrivare a maturare nella direzione e<br />

dimensione della responsabilità. In questo senso, il gioco è serio e richiede<br />

massima serietà: da parte di chi lo presenta e da parte di chi lo svolge.<br />

Ascoltiamo Gadamer:<br />

«Si può dire che per il giocatore il gioco non è qualcosa di serio e proprio<br />

per questo si gioca. Possiamo quindi cercar di definire il concetto di gioco<br />

su questa base. Ciò che è puro gioco non è qualcosa di serio. (…) Eppure il<br />

gioco ha un peculiare rapporto essenziale con ciò che è serio. Non solo nel<br />

senso che ha in esso il suo ‘fine’. Si gioca ‘in vista della ricreazione’, come<br />

dice Aristotele. Più importante di questo è il fatto che, nel giocare stesso è<br />

riposta una peculiare, sacrale serietà. E, tuttavia, nell’atteggiamento<br />

ludico, tutti gli scopi che determinano l’esistenza pratica e attiva non<br />

scompaiono semplicemente, ma vengono sospesi in una maniera<br />

peculiare. Il giocatore sa bene che il gioco è solo gioco e si accampa in un<br />

mondo che è determinato dalla serietà degli scopi. Ma sa questo non nel<br />

senso che egli, come giocatore, abbia ancora esplicitamente presente<br />

questo rapporto con ciò che è serio. Il gioco raggiunge il proprio scopo solo<br />

se il giocatore si immerge totalmente in esso. Non il rimando esteriore del<br />

gioco alla serietà, ma solo la serietà del giocare fa sì che il gioco sia<br />

interamente gioco. Chi non prende sul serio il gioco è un guastafeste» 5 .<br />

Cogliamo una prima serie di indicazioni. Se è vero (e su questo<br />

torneremo) che il fine del gioco è ‘sospendere’ la dimensione della<br />

5 H.G.Gadamer, Verità e metodo, Bompiani, Milano, 1983, pp. 132-133.<br />

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