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RIASSUNTO DE “I PROMESSI SPOSI” - brunocamaioni.com

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col titolo:”Del sistema che fonda la morale sull’utilità” in cui confuta<br />

l’utilitarismo del filosofo inglese Bentham.<br />

Dal 1820 al 1822 il Poeta lavora alla <strong>com</strong>posizione della tragedia “Adelchi”,<br />

pubblicata a Milano nel 1822. L’argomento è tratto dal crollo del dominio<br />

longobardo in Italia per opera dei Franchi (anni 772 - 774). La rivalità politica tra<br />

Carlo, re dei Franchi, e Desiderio, re dei Longobardi, è inasprita dal ripudio, da<br />

parte del primo, della sposa Ermengarda, figlia di Desiderio e sorella di Adelchi;<br />

Carlo scende in Italia, vince i Longobardi alle Chiuse di Val di Susa, insegue i<br />

fuggitivi tra la gioia degli oppressi Italiani. Ma il Poeta, nel primo coro (“Dagli<br />

atrii muscosi, dai fori cadenti”) li disillude, affermando che i Franchi non sono<br />

venuti a liberarli, ma a conquistare terre e sudditi: non potranno essere liberi, gli<br />

Italiani, se non quando impugneranno essi stessi le armi per operare il proprio<br />

riscatto. Mentre l’eroico Adelchi muore nel vano tentativo di difendere Verona<br />

(qui il Poeta si allontana dalla verità storica, perché Adelchi fuggì a<br />

Costantinopoli a implorare soccorso), l’infelice Ermengarda (o Desiderata) si<br />

spegne rasserenata nel convento, dove volontariamente si è chiusa per trovare<br />

pace al suo travaglio interiore, acuito dalla sempre viva passione amorosa.<br />

L’amore per Carlo, anche se misconosciuto e ferito dal superbo ripudio, non si è<br />

mai sopito nel suo animo tenero a appassionato, che pur tra le preghiere e i pii<br />

canti delle vergini torna con accorata nostalgia ai giorni felici passati a fianco di<br />

Carlo. Ma la fede in Dio le fa alfine dimenticare ogni affetto terreno<br />

nell’abbandono all’amore eterno di Dio. Nel secondo coro della tragedia (“Sparsa<br />

le trecce morbide” ) il Poeta ci rappresenta liricamente i sentimenti che<br />

travagliavano l’animo di Ermengarda, che “la provvida sventura” ascrisse tra<br />

quanti subiscono ingiustizie e violenze, per farla partecipe della salvezza eterna<br />

che Dio ha promesso agli umili e a quelli che soffrono per Lui. “L’Adelchi” è da<br />

tutti i critici riconosciuta tragedia meglio riuscita della precedente, sia per la trama<br />

più intensamente drammatica, sia per i caratteri più poeticamente efficaci e<br />

rilevati, sia per il sentimento religioso che più profondamente la pervade.<br />

Circa la vita esteriore del Manzoni, ricorderemo che nell’ottobre del 1819 egli<br />

si recò a Parigi con tutta la famiglia, sperando, con la mutazione del clima e delle<br />

condizioni di vita, un qualche giovamento ai disturbi nervosi che lo affliggevano,<br />

provocandogli delle vertigini, che l’obbligavano talora a passare intere giornate<br />

inoperoso; ma ritornò a Milano nell’agosto del 1820, non certamente guarito<br />

della sua nevrosi la quale lo tormentò per tutto il resto della vita. Un altro viaggio<br />

di tutta la famiglia Manzoni avvenne verso la metà di luglio del 1827, subito<br />

dopo la pubblicazione del romanzo: ne fu meta Firenze, dove voleva “risciacquare<br />

i suoi cenci nell’Arno”; e nel viaggio di andata passò per Genova.<br />

E ora diciamo poche parole sul capolavoro manzoniano, dando le notizie<br />

essenziali sulla sua <strong>com</strong>posizione e pubblicazione. Il Manzoni <strong>com</strong>incia a scrivere<br />

il romanzo il 24 aprile 1821 e lo conduce a <strong>com</strong>pimento il 17 settembre 1823; il<br />

manoscritto, che reca il titolo “Fermo e Lucia” , è dato a leggere a pochi amici<br />

intimi, tra cui il Grossi e il Fauriel. Verso la fine del 1824 il Manzoni inizia,<br />

presso la tipografia V.Ferrario di Milano (che aveva già stampato le due tragedie),<br />

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