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RIASSUNTO DE “I PROMESSI SPOSI” - brunocamaioni.com

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sé e il lettore un terzo personaggio, <strong>com</strong>e un “alter ego”, che gli permettesse di<br />

fare le sue osservazioni o esprimere i suoi sentimenti in modo più discreto o più<br />

arguto, <strong>com</strong>e dietro a un <strong>com</strong>odo paravento. Certamente, questo pretesto<br />

dell’anonimo scrittore non era affatto necessario, né per fini storici né per<br />

esigenze artistiche, ma nessuno può affermare che esso sia del tutto inutile e vano.<br />

Abbiamo detto che il Manzoni, dopo un po’ d’incertezza, decise di pubblicare<br />

l’opera in lingua moderna, cioè in lingua viva. Oggi per noi questo concetto di<br />

“lingua viva” è abbastanza ovvio e chiaro, ma al tempo in cui il Manzoni scriveva,<br />

i letterati non erano affatto d’accordo sul concetto di tale lingua né sull’uso di essa<br />

negli scritti letterari. Infatti da una parte c’erano i puristi, riuniti nell’Accademia<br />

della Crusca, che pretendevano una lingua aulica, cioè arcaica, sul tipo di quella<br />

che era stata usata dai grandi scrittori italiani dal Trecento al Cinquecento; mentre<br />

i novatori volevano un linguaggio vivo, vicino a quello effettivamente parlato. Ma<br />

parlato da chi e dove? A questo riguardo non tutti erano concordi; e il Manzoni<br />

decise saggiamente e praticamente la controversia adottando il linguaggio<br />

fiorentino parlato dalle persone colte; detto linguaggio, soprattutto per merito<br />

della grande notorietà del romanzo, divenne in breve tempo la lingua nazionale<br />

italiana, universalmente riconosciuta e adottata; per cui il Manzoni può essere<br />

giustamente chiamato, dopo Dante, il secondo Padre della nostra lingua, colui che<br />

l’ha resa veramente popolare, avvicinando d’un colpo e arditamente la lingua<br />

scritta a quella parlata.<br />

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