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RIASSUNTO DE “I PROMESSI SPOSI” - brunocamaioni.com

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CAPITOLO IV<br />

Il mattino del giorno successivo, 9 novembre 1628, allo spuntar del sole, padre<br />

Cristoforo, avvertito da fra Galdino, uscì frettoloso dal convento per salire alla<br />

casetta di Agnese. La scena naturale era lieta: cielo nitido, monti che si<br />

stagliavano nell’azzurro intenso del cielo, vigne e campi coltivati ai lati della via,<br />

e una brezzolina autunnale che asciugava la guazza notturna e investiva gradevole<br />

il viso del viandante mattutino. E’ la tipica estate di San Martino; ma lo spettacolo<br />

umano su quella lieta scena naturale era tutt’altro che lieto: mendichi macilenti, di<br />

cui alcuni spinti a elemosinare dall’incipiente carestia, contadini che lavoravano la<br />

terra senza l’usata letizia, che seminavano “con risparmio e a malincuore, <strong>com</strong>e<br />

chi arrischia cosa che troppo gli preme”, fanciulli scarni; anche le vacche erano<br />

magre, per la penuria dei pascoli, dovuta alla persistente siccità. La triste scena<br />

umana accresceva la mestizia del frate, il quale presentiva che a Lucia era<br />

successo qualcosa di grave.<br />

A questo punto il Manzoni traccia una breve biografia di Padre Cristoforo, che<br />

allora era vicino ai sessant’anni. Prima di entrare nell’Ordine dei Cappuccini si<br />

chiamava Ludovico, ed era figlio unico di un ricco mercante di tessuti, il quale a<br />

una certa età aveva lasciato il <strong>com</strong>mercio trovandosi bastevolmente ricco e non<br />

avendo bisogno di guadagnare ancora. Stranamente, da quel momento <strong>com</strong>inciò a<br />

odiare la sua precedente attività, a vergognarsene <strong>com</strong>e di una turpe macchia da<br />

dimenticare, dato che non la si poteva cancellare, “non riflettendo mai – osserva<br />

argutamente l’Autore – che il vendere non è cosa più ridicola che il <strong>com</strong>prare.” I<br />

suoi amici e ospiti dovevano mettere una grande attenzione per evitare ogni<br />

minimo accenno – diretto o indiretto – al mestiere precedente del padrone di casa,<br />

che intanto si era dato a vivere da gran signore, facendo impartire al figlio<br />

un’educazione cavalleresca, senza badare a spese, in emulazione con i nobili della<br />

città. Ma in tal modo l’ex-mercante amareggiava sé e gli altri, vivendo nel<br />

perpetuo sospetto che essi ricordassero quello che lui era stato e ridessero di lui,<br />

mentre “il fondaco, le balle, il libro, il braccio, gli <strong>com</strong>parivano sempre nella<br />

memoria, <strong>com</strong>e l’ombra di Banco a Macbeth, anche tra la pompa delle mense e il<br />

sorriso dei parassiti.” Tra questi un tale, un brutto giorno, stuzzicato durante il<br />

banchetto dall’anfitrione in mezzo all’allegria generale, si lasciò scappare: “Eh! io<br />

fo l’orecchio del mercante!” Lui stesso rimase colpito dalla parola che gli era<br />

sfuggita, e tentò invano di riavviare la conversazione che era stata troncata in un<br />

silenzio imbarazzante; tutti i convitati allibirono scandalizzati, scorgendo la faccia<br />

scura del padrone di casa; l’allegria finì per quel giorno in un silenzio glaciale, e<br />

l’autore dello scandalo se ne andò mortificatissimo e da quel giorno non fu più<br />

invitato.<br />

Quando il padre morì, Ludovico era ancora giovinetto; educato signorilmente,<br />

voleva stare con i figli dei nobili, alla loro pari; ma questi, pieni dell’orgoglio di<br />

casta, lo consideravano al di sotto, anche se era forse più ricco di loro.<br />

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