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RIASSUNTO DE “I PROMESSI SPOSI” - brunocamaioni.com

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sistema di vita in un batter d’occhio viene travolto nell’infausto vespro del 7<br />

novembre 1628.<br />

Quella sera, tornando bel bello dalla passeggiata verso casa, incontra “due<br />

bravi” che gli ordinano, pena la morte, di non celebrare, né l’indomani né mai, il<br />

matrimonio tra Renzo e Lucia.<br />

I bravi erano soldati privati dei nobili e dei ricchi signori i quali se ne<br />

servivano, oltre che per difesa, anche e soprattutto per imporre la loro volontà<br />

superba e capricciosa, specialmente nelle campagne, dove l’autorità governativa<br />

era del tutto inefficace o addirittura inesistente. I governatori spagnoli avevano<br />

emanato delle “gride” (cioè bandi o decreti che venivano gridati dai banditori<br />

nelle vie e nelle piazze) severissime contro questi soldatacci fuorilegge, ma senza<br />

nessun effetto, perché tutta la nobiltà, che era poi la classe dirigente, era coalizzata<br />

nell’eludere la legge, in quanto tutti i nobili signori, <strong>com</strong>presi i senatori e i<br />

magistrati, avevano più o meno sfacciatamente i loro bravi, vestiti e protetti dalle<br />

loro sgargianti livree. Il Manzoni riporta alcuni squarci delle gride del tempo, in<br />

cui i governatori, dopo aver sciorinato tutti i loro titoli nobiliari, tuonano contro i<br />

bravi, <strong>com</strong>minando nei loro riguardi le pene più gravi e più arbitrarie; ma questi<br />

ripetuti decreti servivano solo a dimostrare pomposamente l’impotenza dei loro<br />

tronfi e plurititolati promulgatori.<br />

Don Abbondio, davanti all’inaspettato ordine, rimane <strong>com</strong>e fulminato. Che<br />

fare? Egli vorrebbe guadagnar tempo, rispondendo in modo evasivo, ma i due<br />

loschi figuri esigono una chiara e impegnativa risposta da riportare al loro<br />

padrone, l’illustrissimo signor don Rodrigo!<br />

“Disposto sempre all’obbedienza…” balbetta il povero curato, e i due si<br />

allontanano soddisfatti, mentre il malcapitato vorrebbe, ora che ha ingoiato il<br />

rospo, trattenerli per trattare… spiegare… Ma quelli lo piantano in asso, e il<br />

poveretto torna a casa stralunato e balordo, per cui la serva, a vederlo con quel<br />

viso, si accorge subito che è accaduto qualcosa di grave. Incalza perciò il padrone<br />

con le sue domande, e il curato, dopo essersi difeso sempre più debolmente,<br />

finisce per rivelare il penoso e pericoloso segreto, facendo però giurare<br />

solennemente a Perpetua (questo è il nome della domestica) di non fiatare<br />

minimamente sulla cosa, dato che i bravi avevano imposto il più assoluto silenzio.<br />

Il dialogo tra il prete e la serva è vivacissimo, e ci mostra la grande abilità della<br />

donna la quale riesce ben presto ad aver ragione della paura gelosa del suo<br />

padrone, il quale ha ancor presenti davanti agli occhi i due bravacci che gli<br />

avevano minacciosamente <strong>com</strong>andato:<br />

“E soprattutto non dica a nessuno di questo avviso, che gli abbiamo dato per il suo<br />

bene. Sarebbe <strong>com</strong>e fare quel tal matrimonio!”<br />

Ma il fatto sta, <strong>com</strong>e acutamente osserva il Manzoni, che forse non era minore il<br />

bisogno di don Abbondio di confidarsi con qualcuno, che la curiosità di Perpetua<br />

di sapere che cosa fosse successo al padrone.<br />

Perpetua è una zitella di oltre quarant’anni, curiosa e ciarliera ma non priva di<br />

un certo buon senso, che ci tiene a far credere che non si è voluta mai sposare, pur<br />

avendo avuto tanti buoni partiti, mentre le maligne <strong>com</strong>ari andavano dicendo che<br />

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