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10 10 Civitanova Civitanova Civitanova Marche: Marche: Marche: i i 60 60 60 InContriamoCi - Notiziario Ispettoriale ICC - anno III - numero IV - NOVEMBRE 2011 SESSANT’ANNI E... OLTRE 8 settembre 1951 - 8 settermbre 2011: sessant'anni di presenza per i Salesiani a Civitanova. Il primo grazie è a Dio per tutto quello che è stato fatto in questi anni. Ecco perché proprio l'otto settembre alle ore 19,00 ho invitato tutta la Comunità a stringersi intorno all'altare per una solenne Concelebrazione Eucaristica presieduta dall'Ispettore don Alberto Lorenzelli. La risposta è stata più che positiva, dato il giorno lavorativo. Ringrazio tutti comprese le autorità presenti: il sindaco dott. Massimo Mobili, l'assessore Sergio Marzetti e il consigliere regionale dott. Erminio Marinelli. "Tutto è cominciato con un catechismo". Così fu per Don Bosco l'otto dicembre del 1841 quando incontrò Bartolomeo Garelli. Tutto è cominciato a Civitanova quell'otto settembre, con l'arrivo di cinque salesiani, quattro preti più un coadiutore: don Tarcisio Ciurciola, don Luigi Colucci, don Marco Perego, don Emilio Giancola e il signor Valentino Giovagnoli. Ha scritto don Giancarlo Manieri in uno stile colorito: "Un giorno, d'improvviso, un camion carico di La Parrocchia di San Marone in Civitanova Marche festeggia il suo 60° genetliaco. Le testimonianze dei primi tempi (quella di un “fondatore”) sottolineano la generosità della popolazione sempre vicina ai Salesiani. vecchio mobilio, poche cassapanche e qualche sedia polverosa, più quattro preti con la tonaca tirata su che… facevano i facchini. Alcuni visi curiosi che, sbucati come d'incanto, più stupiti che increduli, fissano i nuovi arrivati. 'Arrivati per restare' si andava sussurrando. Per scaldarsi quell'inverno, i vecchi candelieri della chiesa rovinati dalla guerra. Per mangiare, un po' di pane e qualche mela… Ma sull'altare, la sera, fichi e companatico che la gente cominciò a deporre… La prima domenica 23 ragazzi; due mesi dopo 170…" (G. Manieri, Lungo il fiume). Sembra di rileggere gli inizi di Valdocco! Dal poco man mano si è arrivati a realizzare una comunità unita e dinamica e un oratorio invidiato da di tanti. Grazie al lavoro instancabile di tanti salesiani, chi viene a San Marone avverte subito che c'è qualcosa di "diverso" uno stile, un clima, un ambiente che parla di accoglienza di stima e di rispetto. E' quanto ho potuto costatare nell'incontrare le famiglie. Bussare, entrare, sedersi ed essere accolti come se ci si conoscesse da sempre. Incontrare tantissime persone che sono passate all'oratorio e che dicono grazie all'oratorio e agli insegnamenti in esso impartiti. Giocare, correre, divertirsi, ma anche fermarsi per ascoltare, pregare, imparare a vivere. Così penso di poter sintetizzare la realtà che finora è stato realizzato. Certo non hanno fatto tutto e da soli i salesiani. Quante persone buone, quanti collaboratori,quanti benefattori, quanti si sono rimboccate le maniche con la consapevolezza che si lavorava per il bene dei giovani della città. don Giovanni Molinari
anni anni anni di di San San San Marone Marone Marone InContriamoCi - Notiziario Ispettoriale ICC - anno III - numero IV - NOVEMBRE 2011 RICORDI DI UN OTTUAGENARIO Nel 1951 avevo 27 anni, quando l'Ispettore Don Parazzini, con un rapido messaggio, vergato su una cartolina illustrata, mi comunicò la mia nuova destinazione di "obbedienza": Civitanova Marche. Soltanto in seguito mi resi conto che ero stato "scelto" assieme ad altri tre Salesiani per formare il "quartetto" dei soci fondatori. La guerra ci aveva temprato il carattere e resi più forti per superare la mancanza delle più elementari esigenze. Dormire per terra, senza materassi, vivere senza energia elettrica, senza le necessarie suppellettili di cucina (pentole, piatti, posate e quant'altro), arrangiandosi con qualche panino, era diventato per noi, nelle prime settimane di apertura della Casa, un nostro naturale, pionieristico stile di vita. Per noi però la penuria di ogni cosa non era un problema; le improvvise situazioni in cui venivamo a trovarci di volta in volta destavano più ilarità che disagio. La buona popolazione di San Marone ben presto si accorse della situazione e, "provvidenzialmente" vennero in nostro aiuto con cristiana e generosa carità. In breve tempo affluirono reti, materassi, suppellettili e ogni ben di Dio. Il periodo d'emergenza era passato. La mia predisposizione per la musica e per il teatro ebbero buon gioco per avvicinare i ragazzi e i giovani del popolare quartiere. Si iniziò con la Scuola di Canto e con le recite che, man mano presero piede, tanto che ricevemmo richieste per proporre i nostri spettacoli in vari paesi confinanti. Fu necessario trovare spazi sempre più grandi per le rappresentazioni di "Riviste", spettacoli musico-teatrali che riscuotevano il plauso della popolazione. La Rivista "Due marinai e una... ramazza" fu replicata per tre volte nella palestra ex Casa del Balilla. Le sedie? Prelevate da tutti i bar della città. Il segreto della riuscita? Il coinvolgimento di tutte le persone di buona volontà: musicisti, attori, scenografi, elettricisti, costumi, trucco, effetti speciali, volantinaggio, adulti, giovani, ragazzi, uomini, donne e... quant'altro, era una mobilitazione generale di popolo. Lo "spettacolo" era di tutti e per tutti. In seguito don Mario Pace sviluppò le attività sportive incominciando dal Basket. Don Ciurciola si specializzò nell'organizzazione di gare di bocce per gli adulti e di gite-pellegrinaggi (quattro o cinque pullman per volta!) che contribuirono molto per socializzare e "fare famiglia". Non mancava la parte formativa che avveniva attraverso la predicazione, la celebrazione dell'Eucaristia, la Riconciliazione, la catechesi e l'associazionismo giovanile. Uno zoccolo duro da battere era, allora, la mentalità comunista puntigliosamente avversa all'opera della Chiesa. Questo pregiudizio impediva a tanti giovani delle "Case popolari" di partecipare alle iniziative dell'Oratorio e dalla Parrocchia. A cancellare questo pregiudizio giocò un ruolo importante un episodio di cui fui protagonista. Sono le due o tre di notte. Sento squillare il campanello della canonica. Mi alzo, indosso la veste talare e sono al portoncino d'entrata. -"Scusate il disturbo, a quest'ora. C'è un giovane deceduto nelle Case popolari. Lo hanno riportato dall'Ospedale di Ancona per dargli la possibilità di morire in casa. Era malato terminale di tubercolosi. Ha avuto uno sbocco di sangue ed è morto improvvisamente. È tutto imbrattato di sangue e nes- 11 11 suno osa accostarsi per paura di prendere l'infezione. C'è qualcuno qui che possa fare qualcosa?" "Vengo io" - rispondo senza esitare un istante - "le confido che sono contento che mi abbia chiamato, dato che si tratta di un giovane. Don Bosco, il fondatore dei Salesiani, era disposto a tutto quando si trattava di soccorrere un giovane. Non posso rifiutarmi, vengo proprio volentieri". Arriviamo alla casa. In una stanza, isolato, abbandonato da tutti, giace sul letto macchiato di sangue il corpo nudo ed esanime del giovane dai capelli fulvi. Parenti ed amici, in disparte, singhiozzano inebetiti ed inerti per il dolore. - "C'è un po' di alcool e una spugna?" - chiedo come se quel mestiere lo avessi fatto da sempre, e mi accingo all'operazione. Forse, spinto dalla mia incosciente sicurezza, qualcuno mi dà una mano e, in breve tempo, tutto è sistemato. Ora il corpo esile del giovane, fulvo nei capelli, decorosamente vestito, pare emani un sommesso sorriso dal volto emaciato dalla sofferenza, ma ancora candido di giovinezza. Mentre saluto tutti e incoraggio a sopportare la prova, mi si avvicina un uomo che mi chiede: - "Quant'è?" - "Nulla" - rispondo deciso - "Per i giovani i Salesiani sono disposti a fare questo ed altro, se ce ne fosse bisogno. Buonanotte e grazie per avermi chiamato". Dopo questo fatto, le relazioni con "quelli" delle Case popolari cominciarono a cambiare in senso positivo. Caddero i muri di separazione ed iniziarono collaborazione e stima. Don Luigi Colucci
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