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42 42 don don Bettin Bettin Giuseppe Giuseppe InContriamoCi - Notiziario Ispettoriale ICC - anno III - numero IV - NOVEMBRE 2011 SCUOLA E PARROCCHIA Don Giuseppe Bettin era nato a Villatora di Saonara, in provincia di Padova, da Ferdinando e Antonia Zago, il 2 marzo del 1933. Ha frequentato la scuola media ed il quarto ginnasio presso il seminario vescovile di Thiene, per passare all’aspirantato salesiano di Strada Casentino. Il Noviziato lo svolge a Varazze, concludendolo, il 16 agosto del 1952 con la prima professione religiosa. Dal ‘52 al ‘54 è a San Callisto, in Roma, per gli studi di filosofia. A Genova Sampierdarena, per un anno, e a Firenze, per due anni, Don Giuseppe adempie all’assistenza, come chierico tirocinante. A Bollengo compie gli studi teologici, fino ad arrivare al Presbiterato il 25 marzo del 1961, per l’imposizione delle mani di Mons. Albino Mensa. L’obbedienza lo porta, come consigliere scolastico, per un anno a Firenze, per 2 a Livorno, per uno a Marina di Pisa e per nove a Genova Sampierdarena. Nel 19775/76 è aiutante parrocchiale, sempre a Sampierdarena, per poi passare, come insegnante a Varazze (dal 1976 al 1992) e ad Alassio (dal 1992 al 1995). Nei successivi due anni è Vicario parrocchiale a Genova Sampierdarena e a Firenze Scandicci (dal 1998 al 2001). Con qualche problema di salute torna a Firenze Istituto dove vi rimane per 4 anni e poi trasferirsi a Varazze dove è deceduto. CHI CI SEPARERÀ DALL'AMORE DI CRISTO?" San Paolo proclama che la morte è una vittoria dell’amore. Che paradosso! Come può avere una simile convinzione? In fondo al suo ragionamento vi è che la morte di Gesù è il modello e il prototipo di ogni morte cristiana. Egli è “primogenito tra i morti” (Col. 1,18). E la sua, che è la morte esemplare, è una testimonianza d’amore verso di noi. Anzitutto da parte del Padre che non ha risparmiato il proprio Figlio, ma lo ha dato per tutti noi, perché “Dio ha tanto amato il mondo da dare il suo Figlio unigenito” (Gv. 3,16). Quanto al Figlio Gesù, è morto contemporaneamente per obbedienza al Padre (Gv 10,18; 14,31), per amore verso il Padre e per amore verso di noi " Nessuno ha un amore più grande di questo: dare la vita per i propri amici (Gv. 15,13), dice Gesù stesso; e San Paolo: “Mi ha amato e ha dato se stesso per me (Gal. 2,20). Ora, la morte di Gesù non è stata un fallimento, una perdita, ma una vittoria, una conquista della vita piena, poiché Gesù è risuscitato, sta alla destra di Dio e intercede per noi. Perciò nulla ci separerà dall’amore di Cristo. Noi siamo più che vincitori per virtù di colui che ci ha amati. Nulla, né morte, né vita, né alcun’altra creatura potrà mai separarci dall’amore di Dio, in Cristo Gesù, nostro Signore. Mi direte forse: e i nostri peccati? E’ vero, il peccato ci può separare dall’amore di Dio; è proprio questa la definizione del peccato, esso solo ci può separare dall’amore di Dio. Ma se il Padre e Gesù ci hanno amati, è proprio perché eravamo peccatori. "II Figlio dell'uomo infatti è venuto a cercare e a salvare ciò che era perduto” (Lc. 19,10). Colui che ci riunisce oggi nel suo ricordo è stato senza dubbio un peccatore come tutti noi. Ma mediante il battesimo è stato incorporato a Cristo per sempre; ha avuto la possibilità di pentirsi dei suoi peccati e di ripararli con un po’ d'amore che, unito all'amore di Dio, diventa un amore infinito. Infine può essere riconciliato totalmente con Dio accettando con abbandono e fiducia la prova suprema della morte, il sacrificio totale che Dio ci propone quando ci chiama a morire. Abbiamo "perduto" uno dei nostri; per noi è una "perdita" dolorosa. E forse, quando il nostro tefunto era malato, un giorno abbiamo dovuto riconoscere con spavento: È perduto". Se rammento il posto di queste parole -perdere, perdita- nel vocabolario detta morte, è perché Gesù le usa spesso nel Vangelo, ma sempre per rifiutarle. A proposito di se stesso dice in riferimento al pubblicano Zaccheo: "Il Figlio dell'Uomo è venuto a cercare e a salvare chi era perduto" (Lc 19,10). Alla vigilia della sua morte dice al Padre: "Non ho perduto nessuno di quelli che mi hai dato " (Gv. 18,9 cf. 17,12). E così conclude la parabola della pecora smarrita: “Così il Padre vostro celeste non vuole che si perda neanche uno solo di questi piccoli " (Mt. 18,14). Allo stesso modo, ci ha detto in San Giovanni: Sono disceso dal Cielo non per fare la mia volontà, ma la volontà di colui che mi ha mandato. E que- il 23 settembre 2011 è deceduto Don GIUSEPPE BETTIN a 78 anni di età, 60 di professione,50 di sacerdozio I funerali si sono celebrati nella Chiesa di San Francesco in Varazze sta è la volontà di colui che mi ha mandato, che io non perda nulla di quanto egli mi ha dato. Così la volontà del Padre come quella del Figlio è una volontà di amore, che deve sorreggere la nostra speranza. Gesù non vuol che si perda neppure uno dei suoi discepoli.
don don Canu Canu Alessandro Alessandro 43 43 InContriamoCi - Notiziario Ispettoriale ICC - anno III - numero IV - NOVEMBRE 2011 UN “GRAN SIGNORE” Civitanova Marche 6 ottobre 2011 Carissimi Confratelli, cari amici, fratelli e sorelle, don Alessandro ha terminato ieri all'alba il suo lungo cammino e ci ha lasciati alla veneranda età di quasi cent'anni. Si è addormentato tranquillamente, un po' come quelli che giungono alla sera di una dura giornata di lavoro Questo sacerdote è un maestro di vita, non di professione, ma di vita. Un maestro sui valori nei quali ha creduto: innanzitutto che Gesù Cristo meritava di essere seguito e lui dalla sua Sardegna, da Ossi, dove era nato il 10 marzo 1912, ha risposto prontamente alla voce del Signore. Entra nella Congregazione Salesiana nel 1932. Don Alessandro svolge il suo noviziato a Lanuvio e il 3 settembre del 1933 fa la sua professione religiosa come salesiano di Don Bosco per essere "portatore dell'amore di Dio ai giovani". Dopo gli studi filosofici a San Callisto è a Lanuvio assistente dei novizi. Don Alessandro svolge il suo tirocinio pratico a Lanusei e per due anni a Macerata. Gli studi teologici, in pieno conflitto mondiale durante la guerra, li svolge a Macerata per concluderli a Monteortone (PD) presso il nostro studentato teologico. A Frascati, il 24 ottobre del 1943 viene ordinato sacerdote, coronando il sogno e il grande desiderio della sua vita. Nel 1943 è nella nostra casa di Roma Testaccio come insegnante ed Economo fino al 1951. Nel 1951 - 1952, troviamo don Alessandro a Napoli, dove consegue l'abilitazione all'insegnamento di Lingua straniera. Negli anni seguenti lo troviamo per cinque anni a Gaeta con gli aspiranti, a Castelgandolfo aiuto pastorale, Prefetto-Economo a Roma Gerini, poi un anno a Roma Don Bosco come insegnante e aiuto pastorale, per approdare nel 1966 a Lanusei come Direttore della Casa, lasciando un grande ricordo per la sua dolcezza e il suo carattere sereno e gioviale. Negli anni seguenti i Superiori affidano a don Alessandro vari compiti di responsabilità, Direttore a Faenza dal 1975 al 1983; Direttore a Ravenna dal 1983 al 1987, Vicario a Loreto fino al 1989, quando giunge a San Marone come aiuto pastorale e confessore e guida spirituale. In ogni luogo dov'è stato don Alessandro ha lasciato un ricordo indelebile per signorilità, accoglienza, gentilezza, delicatezza e profonda spiritualità. Un vero uomo di Dio! Ricorda Teresa Tolozzi: “Quante anime della nostra parrocchia, e non solo, ha consolato, sostenuto,confortato. Sapeva sempre arrivare al cuore delle persone regalando generosamente consigli, affetto e la sua costante preghiera. La corona del rosario era sempre fra le sue mani di giorno e di notte e pregava incessantemente per tutti, in particolare per chi si rivolgeva a lui con il cuore pesante. Ci ha insegnato il valore e il gusto della preghiera. Ri- cordo che un giorno entrai in chiesa con alcuni ragazzi del catechismo e trovammo don Alessandro,già anziano, che pregava in ginocchio davanti al tabernacolo. Fu per noi una testimonianza di una grande fede e di un'intima unione con Dio. Quanti ragazzi, giovani e adulti aspettavano per tanto tempo pur di confessarsi con lui e quanti hanno riscoperto che Dio è Padre buono e miseri-cordioso,sempre pronto al perdono. A chi si avvicinava al suo confessionale don Alessandro donava parole di speranza e la pace del cuore ; le lacrime e il tormento interiore lasciavano il posto al sorriso e alla serenità. Me lo hanno detto in tanti. Abbiamo perso un punto di riferimento,qualcuno ha detto "il faro della nostra comunità"; è vero ma sono sicura che dal paradiso continuerà ad illuminarci e a proteggerci. Speravamo di poter celebrare tra qualche mese la Festa dei suoi cent'anni. Ma il Signore ha disposto diversamente. Ha voluto che questa festa si celebrasse nel cielo, ma noi, questa sera con lui, anticipiamo qui la sua festa”. Ancora una testimonianza, quella di Don Arnaldo Scaglioni: "E' mancato un parente, uno di casa, uno che dici tuo e da lontano penso mio. Sì, tuo e mio, perché vicino in ogni circostanza, radioso in ogni incontro, ricco di umanità, amabile e giovanile nell'esuberanza delle sue parole. E' facile immaginarlo: in sacrestia, al suo posto, in attesa di confortare, benedire, assolvere, rasserenare. E' bello parlarne. Si piange ma ci si sente consolati. Siamo al tuo funerale non per costatare che non ci sei più, ma per tenerti stretto-stretto nei nostri ricordi più belli. E' bello averlo conosciuto: una ricchezza per la parrocchia, un dono per noi, un onore per i salesiani. Personalmente lo voglio ricordare vivo: tanto calore, tanto so- il 05 ottobre 2011 è deceduto Don ALESSANDRO CANU a 99 anni di età, 78 di professione, 68 di sacerdozio. I funerali si sono celebrati nella Parrocchia S.Marone in Civitanova Marche stegno, tanto cuore, le sue parole, semplici e pure come l'acqua, preziose come l'oro, un sacerdote doc, un salesiano scic, un figlio di Don Bosco e - sottovoce - un santo in carne ed ossa. Con affetto”.
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