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Scavi a Veleia - Istituto per i Beni Artistici, Culturali e Naturali della ...

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grarsi di questa fortunata sco<strong>per</strong>ta, che veniva a ricompensarlo (almeno in<br />

parte) <strong>della</strong> <strong>per</strong>dita del celeberrimo Museo Farnese, portato con sé da Carlo<br />

di Borbone, quando nel 1734 venne eletto re di Napoli, e così, quando si<br />

accese la contesa tra Benedetto XIV e il re di Sardegna, Carlo Emanuele<br />

III di Savoia, <strong>per</strong> il possesso <strong>della</strong> Tavola 7 , decise con energia di far valere i<br />

suoi diritti e assicurare alle raccolte ducali il pezzo che da allora in poi (e<br />

possiamo dire fino ad oggi) ha rappresentato il vanto <strong>della</strong> collezione archeologica<br />

parmense. Il ducato aveva avanzato le proprie richieste di prelazione<br />

fin dal 1748, ma il merito dell’acquisizione <strong>della</strong> Tavola Traiana va interamente<br />

ascritto alla sagacia e all’abilità diplomatica di Guillaume Du<br />

Tillot, che subito dopo la sua nomina a Ministro Segretario di Stato, nel<br />

1759, si incaricò di trattare con i proprietari la cessione del monumento al<br />

Museo di Antichità di Parma, che proprio da esso, come è noto, deve la<br />

sua origine 8 . Il Du Tillot fu il vero e proprio promotore degli scavi di Vele-<br />

7 La documentazione relativa alle trattative intercorse tra i vari aspiranti possessori <strong>della</strong><br />

Tavola è stata pubblicata in Masnovo 1913 e Nasalli Rocca 1924. Fin dal gennaio del 1748<br />

papa Benedetto XIV aveva infatti avanzato la sua richiesta di acquisto <strong>della</strong> Tavola, di proprietà<br />

del Costa e del Roncovieri, ma le pretese (poi presto ritirate in ossequio al pontefice)<br />

del re di Sardegna e soprattutto le esose richieste dei proprietari, e del Costa in particolare,<br />

che cercò sempre di fare <strong>della</strong> Tavola un buon affare, finirono presto <strong>per</strong> disgustare l’animo<br />

del papa, che nell’aprile dello stesso anno chiuse definitivamente ogni trattativa con i due<br />

nobili piacentini: «siamo stati 73 anni senza questa Lamina, staremo ancora con tutta indifferenza<br />

senza la medesima tutto il tempo che piacerà a Dio di tenerci in questo mondo: tanto<br />

più che se il conte Teologo [il Costa] venisse a Roma, gli faressimo vedere di quali statue, di<br />

quali busti, di quali bassorilievi, di quali iscrizioni, di quali lamine abbiamo arricchito il<br />

Campidoglio, ed esso stesso come uomo d’onore e d’intelligenza confesserebbe, che la deficienza<br />

<strong>della</strong> sua Lamina nulla scema il pregio del Campidoglio, in cui, se l’avessimo avuta<br />

l’avressimo collocata» (Masnovo 1913, p. 104). L’evidente stizza e le parole di ripicca con cui<br />

il papa liquida la faccenda fanno capire quanto in realtà avesse desiderato entrare in possesso<br />

<strong>della</strong> Tavola, <strong>per</strong> la quale aveva probabilmente già immaginato un posto d’onore nelle<br />

raccolte capitoline. Le richieste di re di Sardegna, oltre che con gli interessi antiquari e collezionistici<br />

del sovrano (esaminati in S. Pinto, a cura di, Arte di Corte a Torino da Carlo Emanuele<br />

III a Carlo Felice, Torino 1987, in part. pp. 12-64), si sposavano anche con le sue mire<br />

politiche di quegli anni: fino al 1762 il re continuò infatti ad aspirare ai territori di Parma e<br />

Piacenza e ancora nel 1749, quando Filippo di Borbone aveva già preso possesso del ducato<br />

assegnatoli con il Trattato di Aquisgrana, continuò a mantenere le proprie truppe di stanza a<br />

Piacenza; del tutto naturale, quindi, che tentasse l’acquisto <strong>della</strong> Tavola, rinvenuta proprio<br />

in territorio piacentino (<strong>per</strong> l’intera vicenda, vedi anche Criniti 1991, pp. 17-19; Idem 2001,<br />

pp. 391-93 e ora Albasi e Magnani 2003, p. 13).<br />

8 Da una lettera di Benedetto XIV al vescovo di Piacenza, del febbraio 1748, si ricava<br />

infatti che anche il ducato di Parma si era fatto avanti <strong>per</strong> il possesso <strong>della</strong> Tavola Traiana:<br />

«non ci eravamo certamente figurato, che o la corte di Torino o cotesto governo potessero<br />

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