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Scavi a Veleia - Istituto per i Beni Artistici, Culturali e Naturali della ...

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quando, alla fine del secolo, l’allora direttore del Museo di Antichità di<br />

Parma, il giovane Pietro De Lama, deciderà di aggiornare le proprie competenze<br />

tecniche, sarà proprio sui cantieri di Roma che cercherà di apprendere<br />

i segreti del mestiere.<br />

«Je suis très-curieux, je l’avoue, de l’impression que vos fouilles auront<br />

faites au premier coup d’oeil sur le fouilleur que vous avez fait venir de Rome.<br />

Sur votre récit, il me parâit le premier de son art, et je crois qu’il n’y a<br />

rien qu’il ne fouillât» scrisse subito il Caylus all’amico, pieno di entusiasmo<br />

<strong>per</strong> il nuovo corso preso dagli scavi84 . In considerazione del gran numero di<br />

iscrizioni, spesso molto frammentarie, che lo scavo continuava a restituire, il<br />

Paciaudi ottenne anche che sul cantiere ci fosse qualcuno in grado di leggere<br />

correttamente le epigrafi antiche, e così il sacerdote piacentino Antonio<br />

Colombi (valido collaboratore, come vedremo, del Blasi) entrò a far parte<br />

dell’équipe impegnata a <strong>Veleia</strong>85 .<br />

Gli accurati sopralluoghi e i consulti con lo scavatore romano avevano finalmente<br />

convinto il Paciaudi degli errori commessi dalla direzione Costa e<br />

<strong>della</strong> necessità di indagare il terreno da altre parti. Nel luglio del 1763 scrisse<br />

dunque al Du Tillot:<br />

siccome pare costante che la rovina degli edifizi sia nata dal diroccamento<br />

<strong>della</strong> su<strong>per</strong>iore montagna, è necessario di tentare gli scavi nella parte sollevata<br />

al di là <strong>della</strong> Parrocchia, il che ho ordinato che si intraprenda dopo la mietitura.<br />

Dopo questo saggio e dopo qualche altro vicino al rivo, si potrà con<br />

più di fondamento presagire cosa sia da ripromettersi dagli scavi86 .<br />

I diari di scavo dell’anno 1763 confermano infatti uno spostamento delle<br />

indagini dall’area del foro alle terrazze sovrastanti, nei settori sud e sudest<br />

dell’abitato: si contava, in questo modo, di agevolare le o<strong>per</strong>azioni di<br />

scavo, che in corrispondenza del foro erano state ostacolate dall’alto strato<br />

di terra mista a pietrame franata dai monti vicini, e non ci si nascondeva la<br />

s<strong>per</strong>anza di imbattersi in re<strong>per</strong>ti in migliore stato di conservazione. Infatti<br />

il terreno dello scavo, anche quello verso la montagna, dove ora si erano<br />

concentrate le ricerche, era sì pieno di antichità, come faceva sa<strong>per</strong>e il Pa-<br />

84 Nisard 1877, I, p. 311, lettera del 16 maggio 1763.<br />

85 ASP, Istruzione Pubblica. <strong>Scavi</strong> di Velleia, b. 20, “Riflessioni intorno ad alcuni provvedimenti<br />

<strong>per</strong> gli scavi di Velleja”, 16 luglio 1763.<br />

86 Ibidem. Una lettera del Martelli del 30 maggio 1763 conferma l’opinione del Blasi sulla<br />

necessità di scavare più a monte, nell’area meridionale dell’abitato: «l’o<strong>per</strong>aio stesso a vista<br />

de’ Monumenti che si sono sco<strong>per</strong>ti, e che li ho fatto vedere, giudica che avanzandosi le<br />

escavazioni nel sito più elevato, che resta verso mezzogiorno, possasi in esso fare dei ritrovamenti<br />

felici» (AMANP, <strong>Scavi</strong> di Velleia, 2).<br />

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