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II. L'ANALISI DELL'AMBIENTE INTERNO: IL RUOLO ... - Economia

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<strong>II</strong>. L’ANALISI DELL’AMBIENTE <strong>INTERNO</strong>: <strong>IL</strong> <strong>RUOLO</strong> DELLE<br />

COMPETENZE DISTINTIVE<br />

2.1. L’analisi dell’ambiente interno: impostazione del problema<br />

L’analisi dell’ambiente interno mira a comprendere il legame tra le risorse e le<br />

competenze dell’impresa, le sue scelte strategiche e l’ottenimento di vantaggi<br />

competitivi difficilmente replicabili dai concorrenti.<br />

L’analisi strategica si è tradizionalmente concentrata sull’ambiente esterno, con<br />

particolare riferimento allo studio del contesto settoriale e della posizione<br />

competitiva dell’impresa rispetto agli avversari. L’analisi dell’ambiente interno<br />

all’impresa è invece rimasta per lungo tempo focalizzata sui problemi relativi<br />

all’allocazione delle risorse ed alla massimizzazione della performance delle<br />

funzioni aziendali in termini di efficienza/efficacia: in altri termini le risorse<br />

aziendali venivano ad essere valutate solo ed esclusivamente nella fase di<br />

attuazione della strategia, nel momento in cui venivano considerate le strutture<br />

organizzative, i sistemi di controllo, le risorse umane e gli stili di management,<br />

necessari per perseguire obiettivi strategici precedentemente definiti.<br />

Una maggiore attenzione verso l’ambiente interno come leva cruciale per la<br />

formulazione della strategia è emersa solo negli anni ’90, quando la rapidità dei<br />

mutamenti dello scenario competitivo e la crescente contendibilità dei mercati<br />

hanno reso necessario ricercare parametri più stabili - rispetto al settore di<br />

appartenenza, ai bisogni soddisfatti o al mercato di riferimento - per definire<br />

l’attività dell’impresa.<br />

In questo contesto, le risorse e competenze possedute sono diventate gli<br />

elementi fondamentali per delineare identità e obiettivi strategici delle imprese.<br />

L’impresa viene vista come un insieme eterogeneo di risorse e competenze che<br />

rappresentano la base per la realizzazione di un vantaggio competitivo e la<br />

determinante principale della redditività d’impresa; si individua, quindi un nesso<br />

strettissimo tra risorse, competenze e performance delle imprese e più rapido è il<br />

mutamento dell’ambiente esterno, tanto più risorse e competenze interne devono<br />

essere in grado di sostenere una strategia di lungo periodo (Grant, 1994).<br />

Se, tuttavia, si considera la definizione di strategia come mediazione tra<br />

opportunità e minacce che si generano nell’ambiente esterno e la capacità di<br />

risposta che l’impresa possiede in funzione della dotazione attuale e potenziale di<br />

risorse e di competenze distintive, la valenza dell’ambiente interno ai fini delle<br />

costruzione della competitività è determinata dal rapporto con le caratteristiche<br />

dell’ambiente esterno e, in particolare, dell’ambiente competitivo.<br />

61


Il successo competitivo dipende da quegli elementi dell’ambiente interno, vale a<br />

dire risorse, competenze e capacità che consentono all’azienda di sfruttare o di<br />

creare opportunità di mercato; in altre parole la competitività viene ad essere<br />

influenzata dalla disponibilità di risorse e competenze in grado di fare emergere<br />

l’unicità dell’impresa, in modo coerente ai fattori critici di successo del business.<br />

2.2. Le risorse come base per la formulazione della strategia d’impresa<br />

L’approccio alla strategia fondato sulle risorse, noto come Resource Based<br />

Theory, (Vedi riquadro) è caratterizzato da una valutazione della posizione<br />

competitiva dell’impresa basata su quello che essa è in grado di fare, prima che sui<br />

bisogni che essa cerca di soddisfare.<br />

Secondo gli studiosi della Resource-Based View, la ricerca del vantaggio<br />

competitivo dipende dall’implementazione e dalla formulazione di una strategia<br />

che riconosca e sviluppi le caratteristiche distintive di ogni impresa; solo l’analisi<br />

dei fattori che hanno spinto un’impresa all’adozione di una determinata strategia<br />

può aiutare a comprendere la ragioni del maggior successo che un’impresa ottiene<br />

rispetto ai concorrenti (Wernerfelt, 1984; Barney, 1986).<br />

La logica della strategia non è quella dell’allocazione delle risorse come mero<br />

adattamento ad opportunità che si generano nell’ambiente esterno, ma è costituita<br />

dallo sviluppo delle risorse e delle competenze necessarie per affrontare il contesto<br />

ambientale e per far maturare le opportunità che possono derivare dalle tendenze<br />

emergenti dei business.<br />

Questo orientamento, che assume la centralità dell’ambiente interno per la<br />

formulazione della strategia aziendale, si afferma quasi in contrapposizione<br />

all’atteggiamento delle imprese e degli studiosi assunto nei decenni precedenti.<br />

Negli anni ‘80, l’interesse delle imprese era focalizzato essenzialmente<br />

sull’analisi dell’ambiente esterno (e della concorrenza) e sul posizionamento<br />

dell’impresa nel segmento di mercato scelto. In questa prospettiva, la chiave del<br />

successo aziendale è dove l’impresa decide di competere. Questo orientamento<br />

proposto dagli studiosi di Business Strategy (basti pensare al lavoro di Porter sullo<br />

studio della concorrenza allargata) deriva dalla necessità delle imprese di<br />

fronteggiare alcune modificazioni intervenute nell’ambiente esterno, quali la<br />

progressiva apertura dei mercati e l’aggressione delle imprese Giapponesi su<br />

mercati di tradizionale predominio statunitense, che hanno reso urgente la<br />

comprensione dei fattori determinanti la concorrenza, il posizionamento aziendale<br />

e il vantaggio competitivo<br />

62


Questo approccio, tuttavia, necessita una integrazione necessaria per affrontare,<br />

in modo maggiormente efficace, più recenti cambiamenti che si sono verificati<br />

nell’ambiente competitivo:<br />

1. la proliferazione e la frammentazione dei segmenti di mercato,<br />

determinate dalla saturazione dei bisogni primari e dalla progressiva<br />

sofisticazione delle esigenze della domanda;<br />

2. il progressivo accorciamento del ciclo di vita del prodotto,<br />

conseguenza sia della rapidità dei cicli di innovazione tecnologica sia<br />

dai repentini cambiamenti delle esigenze della domanda;<br />

3. la globalizzazione che frantuma i confini dei mercati e che riduce il<br />

valore della quota di mercato nazionale o regionale.<br />

Tali cambiamenti richiedono che il comportamento delle imprese diventi<br />

maggiormente dinamico “dall’interno”.<br />

Il comportamento delle imprese non deve basarsi solo sulla predisposizione di<br />

azioni necessarie per abbattere la concorrenza (che è sempre meno individuabile) e<br />

per presidiare il posizionamento in un determinato segmento di mercato (i cui<br />

confini sono labili) quanto piuttosto su quegli elementi propri dell’impresa e<br />

difficilmente imitabili dai concorrenti che sono in grado di assicurare il vantaggio<br />

competitivo.<br />

In altri termini, la competizione diventa una guerra di movimento in cui il<br />

successo dipende sulla capacità di anticipare i mercati e di rispondere ai<br />

cambiamenti dei bisogni dei consumatori; l’essenza della strategia non è la<br />

struttura dei prodotti e dei mercati di un’impresa ma le dinamiche del suo<br />

comportamento (Stalk G., et alii, 1992, pag. 62).<br />

63


RIQUADRO. UN MODELLO DI INTERAZIONE TRA LE RISORSE E <strong>IL</strong><br />

COMPORTAMENTO AZIENDALE<br />

Secondo alcuni studiosi, il comportamento delle imprese è determinato dall’insieme delle<br />

risorse aziendali che, a loro volta (seguendo lo schema di un circolo che si autoalimenta),<br />

sono alimentate dal comportamento aziendale stesso. In altri termini, il complesso delle<br />

risorse di cui l’impresa dispone sono il risultato di comportamenti messi in atto<br />

dall’impresa in diversi ambiti. A loro volta, quei comportamenti sono il risultato delle<br />

risorse che l’impresa aveva a disposizione nel momento in cui ha deliberato o attuato<br />

l’azione e delle risorse potenziali che l’impresa prevedeva di ottenere con quel particolare<br />

comportamento. Ogni risorsa è contemporaneamente il risultato di risorse precedenti e<br />

l’origine di risorse future.<br />

comportamenti<br />

Fonte: Vicari, 1992<br />

risorse<br />

risorse<br />

Secondo Grant (1998), numerosi sono motivi per i quali le risorse possono<br />

essere considerate il fondamento del comportamento strategico dell’impresa di<br />

lungo periodo.<br />

La strategia deve aver inizio da una dichiarazione dell’identità e degli scopi<br />

dell’impresa, nella forma di un’enunciazione della missione, che corrisponde a<br />

definire il campo di attività aziendale. Poiché alcuni elementi dell’attività<br />

aziendale, quali i clienti, i bisogni da soddisfare, le tecnologie, sono soggetti a<br />

cambiamenti repentini, l’identità dell’impresa potrà essere più precisamente<br />

definita in base alle risorse e alle competenze interne (e questo è l’aspetto che<br />

deriva dai fondamenti della Resource Based Theory).<br />

64<br />

comportamenti


Le risorse, inoltre, rappresentano l’origine della profittabilità dell’impresa, vale<br />

a dire l’attitudine dell’impresa di guadagnare un tasso di profitto superiore al costo<br />

del capitale. La profittabilità dell’impresa dipende da due fattori:<br />

• l’attrattività del business in cui l’impresa è collocata;<br />

• il raggiungimento di un vantaggio competitivo sui competitor nel business di<br />

riferimento 1 .<br />

L’attrattività del business, che è strettamente connessa alle fonti del potere di<br />

mercato e delle rendite da monopolio, trova la sua origine nelle risorse (Grant,<br />

1991, pag, 118):<br />

1. il prerequisito del potere di mercato risiede nelle barriere all’entrata: le<br />

barriere all’entrata sono basate sulle economie di scala, sui brevetti, sui<br />

vantaggi connessi all’esperienza, sulla reputazione, risorse che le<br />

imprese potenziali nuove entranti possono acquisire solo lentamente o a<br />

costi elevati;<br />

2. il potere di imposizione del prezzo di mercato dipende dalla quota di<br />

mercato che è conseguenza dell’efficienza di costo, della forza<br />

finanziaria dell’impresa, vale a dire delle risorse aziendali.<br />

Una seconda fonte di profittabilità per l’impresa è il raggiungimento di vantaggi<br />

concorrenziali rispetto ai concorrenti: può infatti accadere che imprese che operano<br />

in settori molto attrattivi siano posizionate nel business in modo penalizzante, così<br />

da veder compromessa la capacità di produrre reddito, oppure che imprese in<br />

settori poveri manifestino eccellenti risultati, grazie alla loro vantaggiosa<br />

collocazione strategica relativa.<br />

E’ stato osservato da numerosi studi e indagini empiriche (Grant 1991, pag. 179)<br />

che le differenze nella profittabilità tra imprese all’interno di uno stesso business si<br />

rivelavano molto più accentuate rispetto alle differenze profittabilità tra imprese<br />

appartenenti in business diversi. L’aumento della competizione internazionale, i<br />

cambiamenti tecnologici, la diversificazione delle imprese tra settori diversi, hanno<br />

indotto a riequilibrazioni nel tasso medio di profittabilità, inducendo così a pensare<br />

che non esistono più business – paradisi per la profittabilità 2 .<br />

1 Porter, 1985: «il vantaggio competitivo nasce fondamentalmente dal valore che un’azienda è in<br />

grado di creare per i suoi acquirenti, che fornisca risultati superiori alla spesa sostenuta dall’impresa<br />

per crearlo. Il valore è quello che gli acquirenti sono disposti a pagare: un valore superiore deriva<br />

dunque dall’offrire prezzi più bassi della concorrenza per vantaggi equivalenti, o dal fornire vantaggi<br />

unici che controbilancino abbondantemente un prezzo più alto»<br />

2 La strategia dovrebbe quindi essere vista non tanto come la ricerca di rendite da monopolista (i<br />

ritorni del potere di mercato), quanto piuttosto come la ricerca di rendite ricardiane (ritorni da risorse<br />

che conferiscono un vantaggio che eccede i costi di queste risorse) – Grant, 1991, pag, 117.<br />

65


E’ la posizione in cui l’impresa si colloca, quindi, a determinare la sua<br />

redditività, che potrà essere superiore o inferiore al tasso medio di profitto del<br />

settore.<br />

figura: Risorse e profittabilità dell’impresa<br />

Tasso di profitto<br />

superiore<br />

Attrattività del<br />

business<br />

Vantaggio<br />

competitivo<br />

monopoli<br />

o<br />

Barriere<br />

all’entrata<br />

Potere<br />

contrattuale<br />

verticale<br />

Vantaggio di<br />

costo<br />

differenziazione<br />

66<br />

Brevetti<br />

Marca<br />

Capacità<br />

distributiva<br />

Quota di mercato<br />

− Dimensione<br />

aziendale<br />

− Risorse<br />

finanziarie<br />

− Tecnologia di<br />

processo<br />

− Dimensione<br />

d’impianto<br />

− Accesso ad input<br />

low cost<br />

− marca<br />

− tecnologia di prodotto<br />

− marketing,<br />

distruzione, e capacità di<br />

servizio


Il vantaggio competitivo, quindi, piuttosto che il “fattore attrattività”, diventa la<br />

fonte primaria dei differenziali tra le imprese: la maggiore focalizzazione sul<br />

vantaggio competitivo rende cruciale la comprensione delle sue fonti.<br />

Nonostante la letteratura in tema di strategia tenda ad enfatizzare la scelta del<br />

posizionamento strategico in termini di costi e differenziazione e la scelta tra<br />

l’ampiezza o la focalizzazione dell’ampiezza del mercato, il fondamento di queste<br />

scelte risiede nelle risorse dell’impresa. La capacità di realizzare un vantaggio di<br />

costo, per esempio, dipende dal possesso di impianti che raggiungano una<br />

dimensione di scala efficiente, da tecnologie di processo più avanzate, dall’accesso<br />

privilegiato agli input necessari, dalla localizzazione delle attività e dalla vicinanza<br />

dei mercati; la differenziazione dipende dal possesso o dal controllo di brevetti, di<br />

marchi, di reti di distribuzione 3 .<br />

Alla luce di queste considerazioni, l’ambiente interno diventa un punto<br />

estremamente importante ai fini della comprensione delle leve del successo<br />

aziendale, sia in quanto contribuisce a determinare la missione dell’impresa sia in<br />

quanto rappresenta la base per la profittabilità di lungo periodo per l’impresa.<br />

2.3. Le risorse dell’impresa<br />

Le risorse di cui l’impresa dispone sono gli assets specifici dell’impresa,<br />

composti d qualsiasi cosa un’impresa utilizzi al fine di creare, produrre e/o offrire i<br />

suoi prodotti (beni o servizi) sul mercato.<br />

Si differenziano dai fattori produttivi, che sono invece input disponibili in forma<br />

disaggregata come fattori di mercato: terra, lavoro, e capitale sono tipici esempi<br />

(Teece, Pisano, 2000). Il termine risorse deriva dal latino resurgere che ha il<br />

significato di risorgere e rinascere: la caratteristica fondamentale delle risorse<br />

dell’impresa è appunto data dalla loro capacità di autoalimentazione e dal processo<br />

di continua rigenerazione dell’impresa stessa che esse consentono. Ciò implica che<br />

il processo vitale dell’impresa ruota intorno alla sua capacità di generare le proprie<br />

risorse a partire dalle risorse possedute.<br />

Per quanto concerne l’individuazione delle risorse, Hofer e Schendler, hanno<br />

identificato cinque tipi di risorse, sulla base di una classificazione, che può essere<br />

3 Nel breve periodo la competitività di un’impresa dipende dal rapporto qualità/prezzo che è stata in<br />

grado di realizzare rispetto alla concorrenza. In molti settori, tuttavia, i competitori tendono a<br />

convergere verso standards simili e molto elevati di tale rapporto, cosicché questo elemento può<br />

diventare sempre meno importante come fonte di vantaggio competitivo: «Gli aspetti legati alla<br />

qualità, come la solidità e l’affidabilità, si diffondono sempre più e diventano un prerequisito piuttosto<br />

che una fonte di vantaggio competitivo».(R. GRANT, op. cit., pag. 437).<br />

67


utilizzata per comprenderne le caratteristiche principali e definire gli indicatori<br />

delle potenzialità di sviluppo 4 . Si tratta di:<br />

1. risorse finanziarie,<br />

2. risorse fisiche,<br />

3. risorse umane<br />

4. risorse organizzative,<br />

5. risorse tecnologiche.<br />

Le risorse materiali sono contraddistinte dal fatto di essere supportate da un<br />

elemento fisico e, generalmente, hanno un riscontro quantitativo nel patrimonio<br />

dell’impresa, rappresentato dall’attivo di bilancio.<br />

Le risorse dell’impresa tuttavia, sempre meno sono rappresentate dal bilancio<br />

dell’impresa.<br />

In primo luogo, il valore dei cespiti iscritti a bilancio spesso non riflette il<br />

valore effettivo della risorsa stessa, in quanto il loro valore dipende da effetti di<br />

complementarietà con altri elementi del sistema aziendale, dalla loro<br />

localizzazione, dalla loro flessibilità rispetto agli input utilizzati, ecc : il sistema di<br />

valutazione dei cespiti al costo storico fornisce indicazioni modeste circa il valore<br />

di mercato dei beni che compongono il patrimonio dell’impresa.<br />

Ma soprattutto maggiore rilevanza hanno oggi le risorse immateriali, vale a dire<br />

quelle risorse che sono contraddistinte dall’immaterialità e che difficilmente<br />

possono essere valorizzate nel bilancio dell’impresa: il processo di terziarizzazione<br />

dell’economia ha anzi reso la rappresentazione del patrimonio delle risorse<br />

aziendali nel bilancio non rispondente all’effettivo insieme delle risorse che<br />

compongono le imprese.<br />

La valenza di alcune risorse intangibili (la conoscenza tecnologica dell’impresa,<br />

il marchio aziendale, effetti dell’utilizzo di un software), pur essendo suscettibili di<br />

una valorizzazione in termini monetari, può essere solo in parte tradotta in termini<br />

patrimoniali se non in misura convenzionale in alcuni assets d’impresa, quali per<br />

esempio l’avviamento e/o i brevetti.<br />

Altre risorse (la fiducia del consumatore, il clima sociale, i valori aziendali, la<br />

motivazione del personale) invece, non trovano una precisa collocazione negli<br />

assets del patrimonio dell’impresa.<br />

Questo è il motivo che ha indotto alcuni autori a porsi il problema - a fini della<br />

valutazione della strategia e dell’azienda - di stimare e di evidenziare il valore degli<br />

assets immateriali dell’impresa<br />

4 Hofer C.W.- Schendel D., 1976, pag. 145-148.<br />

68


RISORSE CARATTERISTICHE<br />

PRINCIPALI<br />

RISORSE TANGIB<strong>IL</strong>I<br />

Risorse finanziarie La capacità di indebitamento<br />

dell’impresa e la generazione<br />

interna di fondi determinano la<br />

capacità di investimento e la<br />

capacità di fare fronte alle<br />

fluttuazione nella domanda e nei<br />

profitti<br />

Risorse fisiche Dimensione, localizzazione,<br />

livello tecnico e flessibilità<br />

dell’impianto<br />

attrezzature<br />

e delle<br />

Localizzazioni ed usi alternativi<br />

dei terreni e dei fabbricati<br />

RISORSE INTANGIB<strong>IL</strong>I<br />

Risorse tecnologiche Entità della tecnologia e<br />

proprietarietà della medesima:<br />

brevetti, copyright, segreti<br />

industriali e di esperienza<br />

nell’applicazione della<br />

tecnologia<br />

Risorse per l’innovazione:<br />

laboratori di ricerca, personale<br />

tecnico e scientifico<br />

Reputazione Reputazione mediante marche,<br />

rapporti con i clienti reputazione<br />

per l qualità dei prodotti e dei<br />

servizi, affidabilità, ecc.<br />

RISORSE UMANE Reputazione dell’impresa con i<br />

fornitori (inclusi i fornitori di<br />

componenti, banche e altri<br />

finanziatori, dipendenti e<br />

potenziali dipendenti) con il<br />

governo e le agenzie<br />

governative e con la comunità<br />

L’addestramento e l’esperienza<br />

degli addetti determinato la<br />

capacità disponibili all’impresa<br />

L’addattabilità degli addetti ha<br />

effetti determinanti su aspetti<br />

della flessibilità strategica<br />

dell’impresa<br />

L’impegno e la lealtà dei<br />

dipendenti influisce sulle<br />

capacità di raggiungere e<br />

mantenere un vantaggio<br />

competitivo<br />

69<br />

INDICATORI PRINCIPALI<br />

Rapporto fra passività e<br />

consistenze patrimoniale<br />

Percentuale di contante netto per<br />

gli investimenti<br />

Valutazione di solidità del<br />

credito<br />

Valore di vendita delle attività<br />

immobilizzate<br />

Età mediategli impianti<br />

Scala degli impianti<br />

Flessibilità degli impianti e delle<br />

attrezzature<br />

Numerosità e rilevanza dei<br />

brevetti<br />

entrate per vendita di licenze<br />

personale impiegato nella R&S<br />

rispetto al totale<br />

Riconoscimento della marca<br />

Prezzi superiori alle marche<br />

concorrenti<br />

Percentuale acquisti ripetuti<br />

Livello e solidità dei risultati<br />

Educazione e qualificazione<br />

tecnica dei dipendenti<br />

Livello retributivo rispetto al<br />

settore<br />

Dati sui conflitti<br />

Indice di rotazione del personale


Alcuni autori distinguono le risorse umane sia dalle risorse immateriali sia da<br />

quelle materiali, considerandole quindi una categoria particolare. Esse da un lato<br />

sono contraddistinte da una certa fisicità; dall’altro esse sono significative<br />

soprattutto per il fatto che le risorse umane sono portatrici di capacità e competenze<br />

aziendali.<br />

2.3.1. Le risorse immateriali<br />

Come anticipato, le risorse immateriali appaiono sempre più determinati per il<br />

successo competitivo dell’impresa.<br />

In primo luogo, le risorse immateriali sono dotate di elevata specificità in<br />

quanto derivano dalla storia di ciascuna impresa; la sostenibilità del vantaggio<br />

competitivo, che è connessa alla una inimitabilità, dipende dalle risorse aziendali<br />

immateriali, che, essendo frutto della storia dell’impresa, difficilmente possono<br />

essere imitate. (Vicari, 1992, pag. 131).<br />

Inoltre, le barriere all’entrata non dipendono solo da risorse legate agli<br />

investimenti (per esempio alle economie di scala) ma anche dal patrimonio di<br />

risorse immateriali che si è sedimentato nell’impresa (per esempio la forza del<br />

marchio, la fedeltà alla marca, il rapporto con i fornitori).<br />

Le risorse immateriali possiedono alcune proprietà.<br />

Le risorse immateriali sono accumulabili nell’impresa: in altri termini, le risorse<br />

immateriali tendono a sedimentari con il tempo e nel tempo attraverso diversi<br />

processi che i realizzano all’interno del sistema impresa (per esempio attraverso i<br />

processi di esperienza).<br />

Esse si sviluppano grazie al loro utilizzo: le relazioni con il cliente e con i<br />

fornitori, l’efficacia segnaletica e informativa del marchio, la motivazione del<br />

personale sono risorse immateriali che generalmente si alimentano grazie al loro<br />

utilizzo che tende a generare circoli virtuosi.<br />

Al tempo stesso, tendono a deperire se non sufficientemente gestite<br />

dall’impresa: le risorse tecnologiche dell’impresa, per esempio, possono essere<br />

superate da innovazioni generate da altre imprese, se non continuamente<br />

monitorate e rinnovate; la forza del marchio può perdere la propria efficacia se non<br />

sufficientemente supportata da investimenti pubblicitari; la preparazione e la<br />

motivazione delle risorse umane può esaurirsi se non sostenuta da investimenti in<br />

formazione e in marketing interno, ecc..<br />

Importanza delle risorse immateriali<br />

70


“Idee nuove, prodotti inimitabili: ecco la realtà Ferrero. Un’azienda che ha saputo imporsi<br />

nel mondo con prodotti amati da tutti, che sono diventati nel tempo leader di mercato e<br />

parte integrante della nostra storia.<br />

Una manciata di nocciole, un po’ di cacao, un pizzico di zucchero possono trasformarsi in<br />

un dolce buono, ma non bastano a trasformarlo in una vera “specialità”. Per questo ci vuole<br />

di più. Ci vuole un ingrediente raro e prezioso: la creatività. È la creatività che rende un<br />

prodotto Ferrero unico e diverso da ogni altro e che contrassegna tutte le scelte operate dal<br />

Gruppo: dall’ideazione dei prodotti agli impianti, dalla ricerca alla comunicazione. È<br />

ancora la creatività che ha portato a scelte difficili, a volte controcorrente, che però ha<br />

condotto al successo il Gruppo, ne ha reso unici e forti i marchi, ne ha accelerato<br />

l’espansione internazionale. Fino a far diventare Ferrero uno dei più importanti gruppi<br />

dolciari del mondo”.<br />

Fonte: Brochure Ferrero<br />

Le risorse immateriali, che per loro natura si accumulano all’interno<br />

dell’impresa grazie a processi generati dall’impresa stessa, sono difficilmente<br />

trasferibili da un’impresa ad un’altra: si tratta di risorse imperfettamente mobili.<br />

Anzi, esse non hanno generalmente un mercato di scambio.<br />

Le caratteristiche dell’accumulabilità e della imperfetta trasferibilità delle<br />

risorse intangibili rendono quindi difficile la loro riproduzione per imitazione o<br />

acquisizione da parte di altre imprese. Il patrimonio di risorse dell’impresa, mentre<br />

può essere alimentato grazie a processi di autocreazione – autopoiesi - può essere<br />

limitatamente sviluppato grazie a processi di acquisizione e imitazione da parte di<br />

altre imprese.<br />

RIQUADRO. Il seguente caso analizza l’importanza delle risorse umane e delle<br />

risorse tecnologiche per il successo aziendale<br />

Remco Italia S.p.A. è una società di lunga tradizione, anno di fondazione 1947, che<br />

progetta, produce e distribuisce con il marchio CARDIOLINE ® dispositivi medici per la<br />

diagnostica cardiovascolare non invasiva (elettrocardiografi, holters, prove da sforzo,<br />

defibrillatori, sistemi di monitoraggio e sistemi integrati, applicazioni di informatica<br />

sanitaria e telemedicina).<br />

Con una rete distributiva per 1/4 diretta (filiali di Milano, Padova e Bologna più società del<br />

gruppo in Francia, Olanda e USA) e per il resto indiretta (agenti plurimandatari e<br />

rivenditori) raggiunge il mercato interno e straniero sia pubblico che privato in proporzioni<br />

quasi uguali, realizzando circa il 42% delle vendite in esportazione.<br />

71


La società ha 48 dipendenti, di cui solo 9 operai, e si avvale di collaborazioni sia con<br />

professionisti che con Centri di ricerca. Nel '99 ha avuto un fatturato di 14 miliardi di lire,<br />

con una crescita del 10% rispetto all'anno precedente.<br />

I punti di forza della società sono legati a risorse intangibili, quali:<br />

a. un'immagine consolidata del marchio, legata alla solidità ed ergonomia delle linee di<br />

elettrocardiografi, al rapporto qualità/prezzo<br />

b. un solido rapporto di partnership con la rete di vendita, basato su una radicata<br />

cultura del servizio al cliente;<br />

c. una struttura orizzontale e flessibile, con un forte "spirito di squadra";<br />

d. una rete distributiva professionale e stabile nel tempo, ben integrata con le strutture<br />

di sede della società.<br />

Fonte sviluppoimpresa.com,<br />

Tra le risorse immateriali, un approfondimento particolare meritano due tipi di<br />

risorse quali le risorse immateriali di conoscenza e fiducia. La conoscenza è<br />

l’insieme degli schemi cognitivi sufficientemente stabili e diffusi all’interno<br />

dell’impresa, che connotano il comportamento aziendale.<br />

L’importanza delle risorse di conoscenza dipende dal fatto che:<br />

1. la conoscenza ricopre la maggior parte del valore aggiunto;<br />

2. rappresentano le risorse aziendali parte più difficilmente replicabili ed<br />

imitabili dai concorrenti. 5<br />

Le risorse di conoscenza sono distinguibili in risorse di conoscenza superficiale<br />

e risorse di conoscenza profonda.<br />

La conoscenza superficiale è quella che deriva dalle routine organizzative<br />

dell’impresa e che è assimilabile al know how dell’impresa. Il valore di queste<br />

routine è legato al fatto che esse producono efficienza nella gestione aziendale,<br />

diventano un meccanismo di comunicazione (e quindi possono essere trasmesse o<br />

comunicate), consentono di evitare comportamenti destabilizzanti<br />

5 La conoscenza può essere implicita o esplicita (codificata): la prima appare molto interessante e<br />

difficile da essere gestita in quanto è generata negli individui e in essi è accumulata: dati i limiti<br />

propri degli individui umani spesso ad un ampliamento dell’ampiezza della conoscenza corrisponde<br />

una riduzione della profondità e viceversa.<br />

Questo pone le basi per una considerazione dell’impresa knowledge based: se la conoscenza è un<br />

fattore critico nella produzione, se l’efficienza richiede che essa sia creata e sedimentata negli<br />

individui in modo specializzato, e se la produzione richiede l’applicazione di molti tipi di conoscenza<br />

specializzata, allora il primo ruolo dell’impresa è l’integrazione delle conoscenza. L’integrazione<br />

delle conoscenze è la essenza delle organisational capabilities , “definite come la capacità<br />

dell’impresa di sperimentare in modo ripetitivo un modello produttivo che è correlato sia direttamente<br />

sia indirettamente alla capacità dell’impresa di creare valore (Grant, 1996, pag. 377).<br />

72


La conoscenza profonda, invece, contribuisce in modo significativo ad<br />

influenzare i comportamenti aziendali: è quella conoscenza che viene utilizzata per<br />

trovare soluzioni a problemi nuovi. E’ una forma di conoscenza tacita che consente<br />

ad una certa impresa che affronta il problema del tutto nuovo di fare appello non<br />

solo ai rimedi sperimentati ma di trovare altre soluzioni che, pur essendo nuove,<br />

mantengono coerenza con la sua storia (Vicari, 1992, pag. 142) 6 .<br />

Figura. Le risorse immateriali dell’impresa. Conoscenza e fiducia<br />

ESEMPIO DI RISORSE NEL CAMPO DEL MARKETING<br />

CONOSCENZA PROFONDA<br />

SUPERFICIALE<br />

Interpretazione del mercato Modalità di selezione del<br />

personale di vendita<br />

FIDUCIA RELAZIONI INTERNE RELAZIONI ESTERNE<br />

Clima organizzativo nella<br />

funzione di marketing<br />

Fedeltà alla marca<br />

ESEMPIO DI RISORSE NEL CAMPO DELLA TECNOLOGIA<br />

CONOSCENZA PROFONDA<br />

Sapere tecnologico<br />

FIDUCIA RELAZIONI INTERNE<br />

Coesione del personale di<br />

ricerca<br />

Vicari, 1992, pag. 139<br />

73<br />

SUPERFICIALE<br />

Procedura di lavorazione<br />

RELAZIONI ESTERNE<br />

Contatti con Università<br />

Tra le risorse di conoscenza, la categoria più significativa è rappresentata dalle<br />

conoscenze tecnologiche: esse possono essere analizzate attraverso il possesso di<br />

brevetti, copyright, segreti industriali. In realtà, se tali diritti evidenziano appunto<br />

le conoscenze di proprietà dell’impresa, in modo limitato possono contribuire a<br />

comprendere il valore del patrimonio delle conoscenze tecnologiche dell’impresa.<br />

Pensiamo, infatti, alle conoscenze tecnologiche incorporate dal personale delle<br />

imprese. Inoltre, il potenziale delle conoscenze tecnologiche in termini di<br />

contributo al successo competitivo diventa difficile da valutare: se infatti le<br />

conoscenze sono vicine alla conoscenza di base, il loro potenziale valore in termini<br />

di creazione di nuove opportunità di mercato è difficile da stimare.<br />

6 Essa è difficilmente codificabile : “è rappresentabile in quell’insieme nebuloso, indistinto, difficile<br />

da cogliere,di conoscenze individuali, visioni, opinioni significati, motivazioni – soprattutto delle<br />

relazioni che si instaurano tra di essi – che caratterizzano l’impresa”.


La fiducia è rappresentata dall’insieme degli schemi cognitivi attraverso cui<br />

determinati soggetti interni o esterni all’impresa danno una rappresentazione<br />

dell’impresa sufficientemente stabile e definita nel tempo 7 . La fiducia è alle base<br />

delle relazioni dell’impresa sia quelle che si verificano all’interno sia quelle che si<br />

verificano all’esterno 8 .<br />

La fiducia è alla base delle relazioni sociali intra-organizzative: basti pensare al<br />

ruolo che l’atmosfera , le norme, i simboli e la cultura giocano nei comportamenti<br />

delle imprese. La fiducia, inoltre, plasma le relazioni esterne dell’impresa:<br />

prescindendo dalle interazioni occasionali che l’impresa intrattiene con altri<br />

soggetti, le interazioni relazionali, di natura continuativa, sono generate e ampliate<br />

appunto dalle risorse di fiducia.<br />

La fiducia accordata dal consumatore all’impresa è alla base delle relazioni<br />

continuative tra il consumatore e l’impresa stessa: ciò diventa la base di una risorsa<br />

di fiducia particolare e importante per l’impresa quale la fedeltà alla marca 9<br />

.<br />

Questi due tipi di risorse sono strettamente interrelate in quanto il patrimonio di<br />

conoscenze dell’impresa alimenta la fiducia dei consumatori e di tutti gli<br />

stakeholders che incidono sull’attività dell’impresa e nel contempo le risorse di<br />

fiducia alimentano la conoscenza che si sviluppa all’interno dell’impresa. Per<br />

esempio, da una lato la fiducia accordata da investitori esterni contribuisce a<br />

puntare su nuove conoscenze, dall’altro la fiducia del personale dell’impresa rende<br />

possibile lo sviluppo di nuove conoscenze. Oppure le conoscenze di marketing<br />

dipendono dai processi di apprendimento dell’impresa, ma questi ultimi si fondano<br />

in gran parte sulle possibilità di interazione continuativa con la domanda che a loro<br />

volta scaturiscono dall’esistenza di un rapporto fiduciario con la clientela. Il<br />

rapporto fiduciario con il cliente è riconducibile alle scelte pregresse dell’impresa,<br />

ovvero alle conoscenze di marketing già possedute (Busacca, pag. 22).<br />

2.4. Quali caratteristiche devono avere le risorse affinché siano cruciali per il<br />

vantaggio competitivo aziendale?<br />

L’importanza delle risorse per la generazione di valore e per la costruzione del<br />

successo aziendale dipende dal possesso di alcune proprietà.<br />

7 Secondo Vicari la fiducia “nasce dalla tendenza di un individuo di cercare conferme e da una certa<br />

inerzia cognitiva”(Vicari, 1992, pag. 142). La fiducia non è altro che uno schema cognitivo, un<br />

modello di strutturazione di informazioni, che richiede un minore numero di dati per consentire una<br />

interpretazione (o attivazione della realtà) : Vicari, 1992, pag. 143.<br />

8 “ Le relazioni sono dunque processi cognitivi di creazione di fiducia a partire dalla fiducia<br />

generata nel precedente processo di interazione”.<br />

9<br />

Secondo Johnson bisogna convincersi che “... i profitti derivano da clienti affezionati, non da<br />

vendite di prodotti effettuate una volta tanto (one shot sales)” (H.T. Johnson, op. cit. pag. 87).<br />

74


In una situazione di assenza di concorrenza, la sostenibilità del vantaggio<br />

competitivo deriva dal tasso di obsolescenza e di deprezzamento delle risorse, che<br />

varia considerevolmente da risorsa a risorsa. L’accellerazione del progresso<br />

tecnologico tende ad accorciare la vita utile di alcuni cespiti e dell’insieme delle<br />

conoscenze tecnologiche aziendali. La reputazione legata alla marca è invece<br />

soggetta ad un minore tasso di deprezzamento, nonostante necessiti di alcuni<br />

investimento di mantenimento o di rafforzamento della forza segnaletica.<br />

Se ci si pone in una prospettiva concorrenziale – in cui le imprese lottano<br />

ciascuna contro le altre al fine di potere godere di vantaggi competitivi – le risorse<br />

dovrebbero possedere caratteristiche ulteriori, che consentano all’impresa che ne<br />

dispone di potere usufruire di rendite che non si esauriscano nel breve termine.<br />

Un modello generale proposto da M. Peteraf (1993) (figura) spiega le modalità<br />

con cui le risorse generano posizioni competitive differenti tra imprese e, quindi,<br />

diventano fonti del vantaggio competitivo delle imprese. L’autrice propone quattro<br />

condizioni di base, esse costituiscono le quattro pietre angolari sui cui si fonda la<br />

capacità delle risorse di generare vantaggi competitivi:<br />

1. l’eterogeneità delle risorse<br />

2. i limiti ex ante alla omogeneizzazione delle risorse;<br />

3. i limiti ex post alla omogeneizzazione delle risorse;<br />

4. l’imperfetta trasferibilità delle risorse.<br />

La prima pietra angolare riguarda l’eterogeneità delle risorse: le risorse,<br />

affinchè siano in grado di produrre vantaggi, devono essere eterogenee. La<br />

condizione di eterogeneità consente di comprendere perché le imprese siano<br />

costituite da un sistema di risorse differenziato dai concorrenti, che rende le<br />

imprese stesse diverse tra di loro (alcune superiori e altre inferiori).<br />

Per esempio, alcune imprese sviluppano risorse in grado di produrre a costi<br />

inferiori e/o di soddisfare meglio di altre imprese i bisogni dei consumatori. Queste<br />

imprese sono in grado di sviluppare rendite ricardiane o monopolistiche (vedi<br />

riquadro), mentre le altre rimangono imprese marginali.<br />

RENDITA RICARDIANA: essa è ascrivibile alla scarsità delle risorse ed è frutto di fattori<br />

della produzione difficilmente riproducibili. Le rendite ricardiane si formano in mercato in<br />

cui le imprese non definiscono il prezzo (price taker) ma lo acquisiscono come un dato. Se<br />

il prezzo è un dato, l’impresa gode di una rendita ricardiana se possiede un sistema di<br />

risorse produttive migliori che consentono all’impresa di produrre meglio e in modo più<br />

efficiente. Se, infatti, si pensa la modello di concorrenza perfetta (in cui il costo marginale<br />

eguaglia il prezzo e quindi il produttore non realizza nessun profitto), la generazione di<br />

75


extraprofitti può verificarsi solo nel caso in cui l’impresa abbia risorse migliori che le<br />

consentono di produrre a costi medi inferiori<br />

RENDITA MONOPOLISTICA O SCHUMPETERIANA: essa è il prodotto della capacità<br />

innovativa dell’impresa. Le rendite derivano essenzialmente dal potere di mercato<br />

dell’impresa che consente all’impresa di manovrare il prezzo o la quantità prodotta,<br />

massimizzando così il profitto. Il potere di mercato può derivare dalla differenziazione del<br />

prodotto, dall’unicità dell’impresa che opera in un mercato protetto da barriere all’entrata,<br />

dal vantaggio di essere un’impresa first mover. In questa situazione, l’impresa gode di una<br />

rendita monopolistica finché altre imprese non riescano ad imitare l’innovazione.<br />

La condizione di eterogeneità delle risorse da sola non è sufficiente a garantire<br />

il vantaggio competitivo per le imprese, in quanto imprese concorrenti potrebbero<br />

avere accesso alle medesime risorse o acquisendole o imitandole.<br />

Possono essere evidenziati alcuni fattori (limiti ex ante ed ex post) che limitano<br />

il processo di omogeneizzazione delle risorse tra le imprese.<br />

I limiti ex ante alla competizione per le risorse si manifestano prima che<br />

l’impresa abbia acquisito una posizione di vantaggio ai concorrenti , nel momento<br />

in cui le imprese sono dotate del medesimo mix di risorse. La pietra miliare riferita<br />

ai limiti ex ante necessaria per la creazione di un vantaggio competitivo riguarda<br />

l’esistenza di mercati dei fattori di produzione imperfetti.<br />

Le informazioni relative al valore esatto delle risorse dovrebbero essere<br />

distribuite in modo asimmetrico tra gli attori; in tal modo la competizione per<br />

l’acquisizione delle risorse strategiche viene limitata e, quindi, i prezzi di tali<br />

risorse non incorporano la loro effettiva capacità di generare valore.<br />

Se tutte le imprese fossero infatti informate sul valore superiore di una<br />

determinata risorsa, la competizione che ne deriverebbe potrebbe annullare la<br />

redditività futura delle imprese in quanto il prezzo di acquisto delle risorse sarebbe<br />

superiori alle rendite che la risorsa potrebbe assicurare.<br />

76


ETEROGENEITA’<br />

Rendita da monopolio<br />

Rendita ricardiana<br />

IMPERFETTA<br />

IMMOB<strong>IL</strong>ITA’<br />

Rendite sostenute all’interno<br />

dell’impresa<br />

Fonte: Peteraf, 1993<br />

VANTAGGIO<br />

COMPETITIVO<br />

Le condizioni ex-post si riferiscono alla situazione che si verifica dopo<br />

l’acquisizione della risorsa da parte dell’impresa e dopo la generazione di una<br />

situazione di vantaggio competitivo. Tali condizioni - che permettono alle aziende<br />

di preservare l’eterogeneità delle dotazioni di risorse - sono:<br />

− l’imperfetta sostituibilità: l’imperfetta sostituibilità tra le risorse evita che<br />

risorse sostitutive riducano la rendita associata ad una risorsa.<br />

− l’imperfetta inimitabilità: l’imperfetta imitabilità, invece, deriva dalla<br />

difficoltà di replicare una particolare combinazione di risorse. Spesso questa<br />

caratteristica è alimentata dall’impresa che possiede la risorsa superiore.<br />

Rumelt definisce meccanismi di isolamento per riferirsi a quelle azioni poste in<br />

essere dalle imprese che limitano le riequilibrazioni ex post delle rendite tra<br />

imprese 10 .<br />

10 Nella teoria dell’uncertain imitability, i meccanismi di isolamento sono riconducibili<br />

all’ambiguità causale. L’incapacità dei soggetti e delle imprese di comprendere le cause<br />

dell’efficienza limita la competizione attrabvero nuove entrate e imitazione (si evita quindi la<br />

concorrenza perfetta) – (Rumel R.P., 1984, pag. 567). Spesso questi meccanismi di solamento sono<br />

associati al first mover. Rumelt giunge quindi a evidenziare una nuovateoria della strategia di<br />

77<br />

LIMITI EX-POST ALLA<br />

COMPETIZIONE<br />

Inimitabilità<br />

insostituibilità<br />

LIMITI EX-ANTE ALLA<br />

COMPETIZIONE<br />

Imperfezioni del mercato


L’eterogeneità e la difficile imitabilità o sostituibilità non sono da sole<br />

sufficienti per generare un vantaggio competitivo sostenibile in quanto tali risorse<br />

potrebbero essere perfettamente trasferibili e, pertanto, acquisibili sul mercato.<br />

L’imperfetta trasferibilità – che rappresenta un’ulteriore pietra miliare delle<br />

modello - assicura che le risorse di valore rimangano all’interno dell’azienda. In<br />

particolare, la specificità di una particolare risorsa, rispetto alla dotazione delle<br />

condizioni di produzione di una certa azienda, assicura e protegge il legame tra la<br />

risorsa e l’azienda stessa.<br />

In linea teorica, si potrebbe verificare che tutte le risorse potrebbero essere<br />

scambiate attraverso i meccanismi di mercato.<br />

La specificità delle risorse, invece, rende difficile lo scambio e fa sì che le<br />

risorse abbiano un prezzo di mercato inferiore al valore che esse rappresentano per<br />

l’azienda che le possiede (Conner, 1991; Peteraf, 1993)<br />

Una risorsa umana di una impresa potrebbe essere assorbita anche da altre<br />

imprese. Tuttavia, la risorsa umana acquista un valore maggiore se associata al<br />

contesto strategico e organizzativo in cui si è formata. Le altre imprese potrebbero<br />

assumere tale risorsa umana, ma potrebbero solo in parte sfruttarne le conoscenze<br />

specifiche (in quanto firm specific).<br />

2.5. Il ruolo delle competenze distintive<br />

Mentre il termine risorse attiene allo stock di fattori disponibili, posseduti o<br />

controllabili dall’impresa ed impiegati per la formulazione delle strategie; le<br />

competenza o capacità organizzative riguardano l’abilità dell’impresa di impiegare<br />

e combinare le risorse. Quelle particolari competenze in grado di rendere l’impresa<br />

unica sul mercato in cui opera vengono definite competenze distintive (Selznick,<br />

1957) o core competence 11 .<br />

impresa: “la strategia d’impresa potrebbe essere speigata in termini di eventi inattesi che creano o<br />

possono creare rendite potenziali insieme a meccanismi di isolamento che le preservano (Rumel R.P.,<br />

1984, pag. 568).<br />

11 Le competenze sono state variamente definite nella letteratura economico-aziendale. Per Teece,<br />

Pisano e Shuen (1994), esponenti della corrente economica, le competenze derivano<br />

dall’assemblaggio di attività specifiche d’impresa in integrati clusters che, abbracciando e<br />

coinvolgendo individui e gruppi, permettono il compimento di attività distintive. Per tali autori le core<br />

competences risultano critiche per la sopravvivenza dell’impresa ed inoltre prospettano opportunità e<br />

minacce per essa.<br />

Leonard-Barton (1995), rappresentante del management della tecnologia, ha definito la core<br />

capability come la conoscenza distintiva dell’impresa grazie alla quale la corporate può raggiungere<br />

il vantaggio competitivo.<br />

Secondo Hamel e Prahalad (1990), invece, esponenti dello strategic management, le core<br />

competences della corporate risiedono nell’apprendimento collettivo sviluppato nell’organizzazione e<br />

78


Le capacità presenti all’interno di un’impresa possono essere individuate<br />

secondo due criteri.<br />

Un primo approccio prevede che le capacità presenti all’interno dell’impresa<br />

vengano individuate per aree funzionali, stabilendo, in relazione alle singole aree<br />

presenti, quali sono le peculiari competenze possedute dall’impresa. Capacità<br />

specifiche dell’area di marketing potrebbero, ad esempio, essere quelle relative allo<br />

sviluppo e alla gestione del marchio, alla promozione o alla comprensione delle<br />

tendenze del mercato; afferenti all’area di produzione risulterebbero, invece, le<br />

competenze relative alla flessibilità o al miglioramento dei processi produttivi.<br />

Il limite di tale approccio risiede nel pericolo di trascurare l’interdipendenza<br />

esistente tra le diverse funzioni: i risultati della funzione produzione, in termini di<br />

qualità del prodotto, ma anche velocità di realizzazione ed efficienza dei processi<br />

produttivi, sono sicuramente influenzati dall’attività della funzione ricerca e<br />

sviluppo e dalle relative competenze, così come da quelli della funzione marketing,<br />

la quale può individuare, attraverso lo studio della domanda, eventuali modifiche<br />

da apportare al prodotto o miglioramenti da realizzare nell’ottenimento degli stessi.<br />

Un criterio diverso è quello che identifica le capacità presenti all’interno<br />

dell’impresa in relazione alle attività della catena del valore 12 della stessa. In questo<br />

caso, partendo dal contributo che le singole attività offrono alla creazione del<br />

valore complessivo, si individuano le competenze centrali per l’impresa.<br />

Le core competence di una impresa possono essere, inoltre, definite come<br />

l’insieme di intuiti riguardanti la definizione dei problemi e la risoluzione di questi<br />

(Lei, Hitt e Bettis, 1996); come quelle abilità atte a sostenere coordinati impieghi di<br />

risorse nei modi efficaci al raggiungimento dei traguardi strategici (Sanchez, 1997).<br />

Le competenze distintive possedute, quindi, oltre a riguardare la capacità di<br />

disporre delle risorse materiali ed immateriali necessarie allo svolgimento<br />

dell’attività di impresa, attengono, soprattutto, all’abilità, dei manager, di saper<br />

combinare le risorse disponibili per acquisire maggiore forza o minore debolezza<br />

nei confronti dei concorrenti e degli attori chiave del contesto in cui l’impresa<br />

opera (Calvelli, 1998).<br />

Il vantaggio competitivo delle imprese non dipende, infatti, dal semplice<br />

possesso o controllo delle risorse necessarie ad opere all’interno del business<br />

prescelto, ma dalla capacità dei manager di combinare le risorse disponibili in<br />

modo da acquisire una posiziona unica nel mercato (Grant, 1991).<br />

riferito specificatamente alla coordinazione delle diverse abilità di produzione ed alla integrazione di<br />

multiple correnti di tecnologia; tali autori definiscono le core competences come le fonti del<br />

vantaggio competitivo.<br />

12 Il concetto verrà approfondito nel capitolo successivo.<br />

79


Emerge in tal senso, la natura trasversale delle competenze distintive, le quali<br />

non attengono a singole aree funzionali o attività della catena del valore, ma alla<br />

combinazione di tutte le risorse e capacità presenti nelle attività all’interno<br />

dell’impresa e quanto più forte è l’interazione tra queste, tanto più difendibile<br />

risulta il vantaggio competitivo delle imprese.<br />

Affinché le competenze distintive permettano di acquisire un vantaggio<br />

competitivo sostenibile, esse devono rispettare alcuni requisiti.<br />

Innanzitutto devono essere durevoli, cioè offrire opportunità che durano nel<br />

tempo; sono durevoli le competenze legate alla capacità di innovazione delle<br />

imprese, oppure alle relazioni intra ed inter-organizzative.<br />

Il secondo requisito è la difficile trasferibilità delle competenze; le competenze<br />

meno trasferibili sono quelle firm-specific, cioè sviluppate e radicate all’interno<br />

dell’azienda perché derivanti dall’internazione tra individui diversi, influenzati, nel<br />

loro agire, dai credi e dai valori presenti all’interno dell’organizzazione. Tali<br />

competenze, caratterizzate da una elevata contestualità, sono quindi proprie degli<br />

individui, e quanto più derivano dalla collaborazione tra individui diversi, tanto più<br />

difficilmente potranno essere trasferite all’esterno, anche qualora siano gli stessi<br />

individui a trasferirsi in altre imprese.<br />

La terza caratteristica in grado di assicurare la difendibilità del vantaggio<br />

competitivo acquisito da un’impresa è la difficile replicabilità delle competenze,<br />

che deriva o dal fatto che le capacità risultino basate su routine organizzative<br />

complesse o su credi culturali forti, o ancora dalla possibilità che esse siano il<br />

risultato di investimenti di lungo periodo e che una loro replicazione comporti un<br />

fabbisogno di risorse troppo elevato.<br />

2.6. Competenze distintive e processi di sviluppo delle imprese<br />

L’approccio alla formulazione strategica basato sulle risorse comprende tre<br />

elementi chiave: la capacità dell’impresa di selezionare una strategia che permetta<br />

di sfruttare le risorse e le competenze più significative che l’impresa possiede; la<br />

capacità di verificare che tali risorse e competenze siano sfruttate nel miglio modo<br />

possibile, la possibilità di ampliare le risorse base possedute dall’impresa al mutare<br />

dello scenario competitivo. Si afferma in sostanza il criterio della coerenza come<br />

presupposto fondamentale della formulazione strategica: le strategie devono essere<br />

ben definite nei loro confini spazio-temporali e gli obiettivi devono essere coerenti<br />

con la quantità e qualità delle risorse presenti all’interno.<br />

80


Grant (1991) sottolinea come, per quanto l’individuazione e l’analisi delle<br />

competenze, nella formulazione di una strategia a livello di area strategica di affari<br />

uno schema di riferimento utile risiede nella catena del valore di Porter, che<br />

permette di valutare l’apporto che le diverse attività forniscono alla formazione del<br />

valore dell’output offerto sul mercato. L’articolazione di ogni attività in<br />

competenze e risorse permette di valutare, infatti, secondo quanto evidenziato da<br />

Genco, la posizione competitiva dell’impresa in un determinato business ed offre<br />

anche indicazioni utili in merito alla possibilità di esternalizzare attività per le quali<br />

non si possiedono e non sembra opportuno acquisire competenze distintive.<br />

Riguardo all’ampliamento delle risorse di base, questo elemento si riferisce alla<br />

possibilità che l’impresa verifichi uno scostamento tra risorse necessarie ad operare<br />

in un determinato mercato e risorse possedute. In questo caso l’impresa deve<br />

acquisire le risorse di cui ha bisogno, ma nel valutare le opportunità di<br />

ampliamento del proprio patrimonio deve valutare le opportunità e i rischi delle<br />

diverse alternative. Le risorse possono essere, infatti, ottenute mediante processi di<br />

sviluppo interno o esterno. Nel primo caso, il management dovrà considerare la<br />

possibilità che le capacità consolidate ostacolino gli investimenti in nuove risorse;<br />

può essere questo il caso di imprese altamente diversificate in cui i responsabili<br />

delle singole Sbu non recepiscono le opportunità di realizzare nuovi investimenti o<br />

di presidiare aree di mercato poco proficue dal punto di vissuta della redditività, ma<br />

importanti per lo sviluppo o per il mantenimento di competenze (Hamel e Prahalad,<br />

1989).<br />

Nel secondo caso, invece, sia che lo sviluppo esterno avvenga tramite processi<br />

di acquisizione, sia che si tratti di alleanze, il management deve verificare la<br />

presenza, all’interno dell’impresa, di particolari tipi di competenze, definite di<br />

apertura (Golinelli, 2002), che possono favorire o meno l’integrazione tra capacità<br />

preesistenti e nuove competenze. In particolare, nel caso di alleanze risultano<br />

particolarmente rilevanti le competenze di relazione, relative alla capacità di<br />

instaurare relazioni collaborative durevoli e basate sulla fiducia; nel caso di<br />

acquisizioni e fusioni, invece, particolare importanza spetta alle competenze di<br />

assorbimento, cioè alla capacità di integrare i nuovi saperi con quelli preesistenti.<br />

Nelle analisi ispirate alla RBV, il ruolo delle competenze distintive nella<br />

formulazione delle strategie assume un significato diverso rispetto a quello dei<br />

filoni di studio precedenti. La strategia non viene formulata per allocare le risorse<br />

in un’ottica di adattamento alle opportunità del mercato; lo scopo della strategia è<br />

invece quello di far leva sulle risorse attuali e potenziali per creare vantaggi<br />

competitivi e occasioni di crescita.<br />

81


Deriva da questa considerazione l’esigenza di distinguere le competenze<br />

distintive che consentono all’impresa di presidiare una data area strategica di affari<br />

da quelle capaci di generare e sostenere la crescita futura. E’ necessario, quindi,<br />

secondo Hamel e Prahalad, distinguere le competenze per la crescita dalla mera<br />

condivisione di risorse o dagli investimenti in ricerca e sviluppo, in quanto la prima<br />

è il risultato di un tentativo che viene fatto a posteriori dall’impresa per ottimizzare<br />

l’uso delle risorse, mentre i secondi non è detto che generino nuove competenze<br />

distintive.<br />

Il legame tra competenze distintive e strategie di sviluppo è stato approfondito<br />

da diversi autori. In particolare, la Penrose è stata il primo studioso a sottolineare<br />

che le opportunità di espansione delle imprese derivano dalla presenza di risorse<br />

inutilizzate; mentre Selznick, negli stessi anni, ha teorizzato per primo il legame tra<br />

competenze distintive e successo delle strategie di sviluppo delle imprese.<br />

Le competenze distintive vengono tradizionalmente suddivise in cinque<br />

tipologie: competenze tecnologiche, riconosciute da Hamel e Prahalad come le più<br />

significative, competenze di mercato, competenze organizzative, competenze<br />

finanziarie e competenze di general management. Le ultime due categorie, tuttavia,<br />

sembrano essere quelle meno indicative dei processi di sviluppo seguiti dalle<br />

imprese, visto che risultano collegate a tutte le attività dell’impresa e risultano<br />

coinvolte in qualsiasi processo di ampliamento o riduzione del patrimonio di<br />

risorse delle imprese (Calvelli, 1995).<br />

Le diverse competenze individuate influenzano le strategie di sviluppo delle<br />

imprese da più punti di vista. In primo luogo, esse determinano la propensione del<br />

management ad attuare o meno una determinata strategia; nel rispetto del principio<br />

di coerenza, infatti, le opzioni strategiche a disposizione delle imprese dipendono<br />

dalle risorse di cui essa dispone e dal capacità del management di combinarle per<br />

creare valore (Genco, Ferrara, 1995).<br />

Riguardo ai criteri di valutazione delle competenze, le competenze distintive<br />

vengono considerate rilevanti dal punto di vista strategico se forniscono un<br />

contributo sostanziale al valore percepito dai consumatori; inoltre non devono<br />

essere facilmente imitabili suscettibili, attraverso una loro riorganizzazione creativa<br />

di offrire nuove opportunità di sviluppo (Genco, Ferrara, 1995). Tali concetti<br />

risultano ben enfatizzati negli studi di Hamel e Prahalad sull’analisi del legame tra<br />

competenze distintive e successo delle imprese diversificate. Secondo gli autori la<br />

competitività delle imprese nel lungo periodo deriva dalla capacità di sviluppare in<br />

modo creativo le competenze possedute al fine di realizzare prodotti innovativi,<br />

tale capacità è stata definita da Hamel Corporate Imagination.<br />

82


Più precisamente, gli autori, confrontando le diverse performance di imprese<br />

europee, statunitensi e giapponesi ed indagando le ragioni dei diversi percorsi di<br />

sviluppo seguiti dalle stesse, sono pervenuti alla conclusione che le imprese di<br />

maggior successo sono quelle che si sviluppano in maniera coerente rispetto alle<br />

proprie core competencies; sviluppando prodotti che, dal punto di vista delle<br />

competenze, risultino correlati a quelli precedenti.<br />

Le competenze distintive possono,inoltre, fungere da criterio guida anche per le<br />

strategie di risanamento. Grant evidenzia, infatti, come le strategie di riconversione<br />

siano caratterizzate da maggiori probabilità di successo nel caso in cui le scelte<br />

strategiche delle imprese siano guidate dalla logica delle competenze e non da<br />

quella dei bisogni da soddisfare.<br />

Il caso Iomega può essere d’aiuto per comprendere la relazione che esiste, da un<br />

lato, tra costruzione di nuove competenze e possibilità di sviluppo futuro<br />

dell’impresa; dall’altro, tra arricchimento del patrimonio conoscitivo e capacità di<br />

fronteggiare nuovi ambiti competitivi.<br />

La Iomega Corporation<br />

Fondata nel 1980, la Iomega Corp., leader a livello mondiale nella produzione di<br />

avanzate soluzioni di memorizzazione portatili, tra cui unità e dischi, produce<br />

soluzioni di memorizzazione dati personali in grado di semplificare la<br />

condivisione, la gestione, la protezione e l'uso delle informazioni digitali.<br />

I principali prodotti Iomega per lo storage includono i drive Zip 100MB, 250MB e<br />

750MB, Iomega REV, gli hard drive ad alte prestazioni Iomega HDD Portable, gli<br />

hard drive da desktop Iomega HDD, i Iomega Mini USB Drive, i drive esterni<br />

Iomega CD-RW, i drive Iomega DVD e l’unità portatile Iomega Floppy USBautoalimentata.<br />

Iomega rende più semplice la protezione e la condivisione dei dati<br />

grazie ai software Iomega Automatic Backup, Iomega Sync, HotBurn per la<br />

masterizzazione e la tecnologia Active Disk.<br />

Iomega offre agli utenti business e consumer un’ampia gamma di soluzioni per il<br />

data recovering in seguito a danni dell’hardware e al danneggiamento dei file o dei<br />

supporti.<br />

Nel gennaio, 2004 la Iomega Corporation ha annunciato la nuova tecnologia<br />

Iomega® Digital Capture Technology (DCT) che consentirà ai prodotti elettronici<br />

di prossima generazione destinati al mercato consumer di utilizzare dischi dalle<br />

dimensioni di una scatola di fiammiferi e dalla capacità di 1.5 GB. La nuova<br />

tecnologia è stata presentata per la prima volta sotto forma di prototipo in<br />

83


occasione del Consumer Electronics Show (CES) che si è svolto a Las Vegas l'8 e<br />

il 9 gennaio scorsi.<br />

Le potenzialità di successo ed il valore della tecnologia DCT sono legate alla sua<br />

trasversalità, ossia alla pluralità dei possibili impieghi ed applicazioni che spaziano<br />

dalla telefonia mobile, alle telecamere digitali, ai notebook. Per tali ragioni Iomega<br />

ha già iniziato a proporre la sua tecnologia ai diversi produttori.<br />

La tecnologia Iomega DCT offrirà alle aziende che operano nel settore<br />

dell'elettronica di consumo la possibilità di esplorare le nuove frontiere<br />

dell'intrattenimento digitale. I dischi Iomega DCT, di dimensioni estremamente<br />

ridotte e caratterizzati da basso costo e elevata capacità, sono l'ideale per salvare,<br />

leggere, archiviare, condividere e gestire in modo semplice file audio, video o di<br />

qualsiasi altro genere. Le videocamere, i PDA, i lettori audio e video, le<br />

televisioni e i riproduttori video personali sono tra le applicazioni indirizzate da<br />

questa nuova piattaforma storage.<br />

I primi prodotti con integrata la tecnologia Iomega DCT saranno disponibili sul<br />

mercato nel corso della seconda metà del 2004. Inoltre, Iomega ha in progetto di<br />

introdurre una PC Card drive basata su tecnologia DCT e dalla dimensione di una<br />

carta di credito, un drive esterno USB 2.0 (Hi-Speed USB) e un drive OEM.<br />

L'obiettivo che Iomega si prefigge con l'introduzione di DCT è rendere semplice ed<br />

economica agli utenti consumer la condivisione di dischi a basso costo e il<br />

trasferimento dei dati tra i diversi dispositivi di entertainment e il PC". L’idea di<br />

sviluppare la nuova tecnologia è nata dalla constatazione che ciascuno dei quattro<br />

principali supporti attualmente utilizzati (hard disk, tape, dischi ottici e solid state<br />

memory) presenta infatti dei limiti in termini di costo, dimensioni, consumo<br />

energetico e durata. Gli utenti necessitano, inoltre, spesso, di diversi supporti<br />

storage per ciascun dispositivo utilizzato. I drive basati su tecnologia DCT offrono,<br />

al contrario, la possibilità di trasferire i dati, in maniera semplice ed economica, da<br />

un dispositivo portatile all'altro.<br />

Il disco DCT dovrebbe essere, in effetti, in grado di coniugare i vantaggi della<br />

memoria flash (basso consumo energetico e resistenza agli urti e alle vibrazioni) e<br />

le caratteristiche degli hard drive rimovibili (basso costo per gigabyte ed elevata<br />

trasferibilità).<br />

I principali vantaggi offerti dalla nuova tecnologia risiedono nella durata dei dischi<br />

DCT, protetti da un involucro di metallo e, quindi, meno esposti, alle perdite di dati<br />

derivanti da graffi, polvere, impronte e cadute accidentali; la convenienza, il costo<br />

stimabile per un disco da 1.5 GB è di circa 10 dollari; la portabilità, i dischi DCT<br />

hanno le dimensioni di una scatola di fiammiferi e pesano meno di 9 grammi; la<br />

velocità (il livello di trasferimento dati è superiore a 6.7 MB/sec.); l’efficienza, i<br />

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drive DCT consumano una quantità così esigua di energia da poter essere<br />

alimentati direttamente dalla porta USB e da permettere alle batterie dei dispositivi<br />

portatili di durare molto di più rispetto alle tecnologie tape e hard drive; la capacità<br />

(un solo disco DCT è in grado di contenere circa due ore di dati video - formato<br />

Windows Media Player 9, risoluzione 720x480, 24 frame al secondo e scansione<br />

progressive - e una colonna sonora musicale completa con audio di elevata<br />

qualità).<br />

La tecnologia DCT di Iomega, attualmente in corso di valutazione da parte dei<br />

partner OEM (Original Equipment Manufacturer) e ODM (Original Design<br />

Manufacturer), permetterà inoltre all’azienda di entrare nel settore della telefonia<br />

mobile. La capacità di memoria della tecnologia DCT e le sue caratteristiche<br />

fisiche di compattezza sono coerenti ed in linea con i principi di miniaturizzazione,<br />

che costituiscono un attributo sempre più richiesto nel phone design.<br />

I dischi DCT hanno le dimensioni di una scatola di fiammiferi, grazie alla capacità<br />

di 1.5 GB offerta dai dischi DCT, gli utenti potranno trasferire in tutta libertà video<br />

clip, tracce audio e fotografie da dispositivo a dispositivo; salvare i dati in modo<br />

permanente su dischi resistenti ed economici; cancellare e riscrivere i dischi<br />

ogniqualvolta lo desiderano; gestire tutta la propria vita digitale portando con sé i<br />

file, i film, la musica e i giochi preferiti in qualsiasi luogo, per lavoro o<br />

semplicemente per svago.<br />

Fonte: Banca Dati Iomega Corporation.<br />

Il caso proposto si ricollega anche al principio di coerenza discusso in<br />

precedenza. Il successo della Iomega risulta, infatti, assicurato dalla continua<br />

focalizzazione dell’impresa sulle proprie core competence. Il successo viene cioè<br />

ricercato in business per i quali la Iomega può sfruttare un’esperienza consolidata<br />

nel corso degli anni.<br />

D’altra parte, l’importanza del principio di coerenza, già introdotto in<br />

precedenza, tra obbiettivi perseguiti e competenze possedute non deve tuttavia<br />

indurre ad un’eccessiva staticità dell’impresa. E’ possibile, infatti, che, a seguito di<br />

cambiamenti avvenuti nell’ambiente esterno, la competenza distintiva su cui<br />

l’impresa aveva basato in passato il proprio successo, perda valore o addirittura<br />

trasformarsi in un punto di debolezza per l’impresa, qualora la sua soppressione o<br />

conversione comporti elevati costi 13 . Per evitare tale situazione l’impresa dovrebbe<br />

13 A tale proposito sembra calzante l’esempio di IBM riportato da Hamilton <strong>II</strong>I, Eskin e Michaels<br />

(1998) secondo il quale la nascita e lo sviluppo nel tempo di operatori specializzati nella spedizione<br />

(Gateway, Dell) ha reso obsoleta e farraginosa la tradizionale rete distributiva di IBM, in passato vero<br />

punto di forza della Corporate; gli elevati costi di dismissione e di spostamento dovuti alla rigidità del<br />

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alimentare in modo continuo le capacità cognitive del managment che, attraverso la<br />

percezione e l’anticipazione dei cambiamenti, dovrebbe modificare gli obiettivi<br />

strategici e, in base a questi, ridefinire il proprio patrimonio di competenze.<br />

Gli studiosi della RBV si sono concentrati prevalentemente sull’analisi<br />

dell’ambiente interno (Wernerfelt, 1984; Barney, 1986, Hamel e Prahalad, 1989),<br />

trascurando la necessità che le competenze distintive delle imprese siano coerenti<br />

con la necessità di sfruttare le opportunità e fronteggiare i pericoli dell’ambiente<br />

esterno (Genco, Ferrara, 1995). Al contrario una corretta pianificazione della<br />

strategia dovrebbe basarsi su un’attenta analisi sia delle dinamiche interne<br />

all’impresa, che delle dinamiche esterne, al fine di individuare i nodi critici della<br />

strategia che si intende perseguire, individuare i segmenti di mercato/prodotto su<br />

cui si intende operare, definire la migliore allocazione delle risorse possedute ed<br />

individuare le risorse e capacità che l’impresa ha bisogno di acquisire (Ferrara,<br />

1995). Nello stessa direzione si muovono gli studi di Teece e Pisano (1994), i<br />

quali, enfatizzando la natura dinamica delle competenze, introducono il concetto di<br />

capacità dinamiche, per enfatizzare che l’impresa deve avere la capacità di<br />

evolvere e modificare i propri comportamenti al mutare delle caratteristiche del<br />

contesto.<br />

Un’impostazione che permette di analizzare contemporaneamente ambiente<br />

esterno e interno è quella introdotta da Calvelli (1995), la quale considera il<br />

rapporto esistente tra alternative strategiche delle imprese, mutamenti dell’ambito<br />

competitivo e modificazioni del patrimonio di invisibile asset dell’impresa. L’idea<br />

di fondo di tale impostazione risiede nella considerazione che se le scelte<br />

strategiche attuate comportano modificazioni sostanziali dell’ambito competitivo, è<br />

necessario che l’impresa rivisiti i propri comportamenti e sviluppi le competenze<br />

necessarie a competere nel nuovo scenario. In particolare, l’impresa, qualora<br />

intenda perseguire strategie di sviluppo che presuppongono l’ingresso in business<br />

sostanzialmente diversi, per tecnologia, processi produttivi, relazioni, o regole del<br />

gioco competitivo nuove, dovrà essere in grado di acquisire conoscenze specifiche<br />

e di sviluppare le competenze necessarie a fronteggiare la nuova situazione<br />

concorrenziale.<br />

La relazione esistente tra risorse, competenze e strategie risulta, in definitiva,<br />

ben esplicitata nel concetto di coerenza dinamica di Itami (1987). Secondo l’autore,<br />

infatti, strategie e risorse seguono un processo di sviluppo parallelo e sequenziale,<br />

per cui da risorse e competenze possedute deriva la formulazione della strategia,<br />

l’implementazione di quest’ultima permette a sua volta il consolidamento delle<br />

network di IBM hanno ostacolato, tuttavia, la sua riorganizzazione e pertanto la rete di vendita si è<br />

trasformata da fattore critico di successo a punto di debolezza per il colosso.<br />

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competenze che, incrementandosi, permettono all’impresa di pianificare le scelte<br />

strategiche future.<br />

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