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01 Prel_trt:_v - Teatro del Giglio di Lucca

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<strong>del</strong>l’incubo infernale <strong>di</strong> un avvenire <strong>di</strong> miseria («Dunque era vero»), dalla deflagrazione<br />

gioiosa («Schicchi! Schicchi!») e ingenuamente infantile («Com’è bello<br />

l’amore fra i parenti!»), alla furia concitata («Ladro! Ladro! Furfante!»).<br />

Di fatto, nel solco <strong>del</strong>la tra<strong>di</strong>zione buffa Puccini accoglie anche i momenti<br />

qualificanti <strong>del</strong> lascito <strong>del</strong>l’ultimo Ver<strong>di</strong>. L’impianto <strong>del</strong> Gianni Schicchi, infatti,<br />

trae dal Falstaff alcuni elementi fondamentali. Innanzi tutto, è <strong>di</strong> matrice ver<strong>di</strong>ana<br />

la presenza <strong>di</strong> un protagonista baritono che è motore <strong>del</strong>la vicenda e si pone in<br />

relazione antagonistica con un personaggio collettivo, con un gruppo <strong>di</strong> dramatis<br />

personae che nel libretto e nella musica assumono tratti univoci (comari e uomini<br />

in Ver<strong>di</strong>, gli otto esponenti <strong>del</strong>la famiglia Donati in Puccini, sempre trattati come<br />

coro da camera). E poi, è ver<strong>di</strong>ano l’incunearsi nel plot buffo <strong>del</strong>la tinta genuina<br />

<strong>del</strong> coronamento <strong>del</strong>l’amore giovanile tra tenore e soprano. Rinuccio e Lauretta –<br />

al pari <strong>di</strong> Fenton e Nannetta – hanno in bocca versi dal profilo lessicale antico<br />

(«Ad<strong>di</strong>o, speranza bella, / s’è spento ogni tuo raggio»), s’esprimono attraverso forme<br />

poetiche insolite, venate <strong>di</strong> fattezze melo<strong>di</strong>che popolareggianti (lo stornello toscano<br />

<strong>di</strong> Rinuccio, «Firenze è come un albero fiorito»), cantano insieme un duetto<br />

che si pone nel contesto come ‘a parte’ estatico.<br />

L’incursione nella tra<strong>di</strong>zione buffa e il confronto col mo<strong>del</strong>lo <strong>del</strong> comico ver<strong>di</strong>ano,<br />

però, non intaccano gli orientamenti fondamentali <strong>del</strong>la melodrammaturgia<br />

pucciniana, semmai li mettono al servizio <strong>di</strong> una nuova visione <strong>del</strong> teatro. Ad<br />

esempio, la tendenza cospicua in Puccini a definire ambienti e situazioni con tratti<br />

musicali efficaci e netti, nello Schicchi è trasferita alla connotazione dei tipi umani<br />

che si confrontano nel congegno teatrale. Il tema d’apertura fin dalla prima<br />

esposizione a sipario chiuso s’attesta come perno musicale <strong>del</strong>la vicenda, in quanto<br />

motivo <strong>del</strong>la grettezza dei parenti <strong>di</strong> Buoso e, nello stesso tempo, compen<strong>di</strong>o<br />

sia <strong>del</strong> guizzo beffeggiatore <strong>di</strong> Schicchi, baluginante nell’impasto <strong>di</strong> ottavino, flauto<br />

e clarinetto, sia <strong>del</strong>l’ostinato funebre <strong>del</strong> tamburo. Non è <strong>di</strong>fficile vedervi una<br />

piena manifestazione <strong>del</strong>la tendenza pucciniana a garantire la flui<strong>di</strong>tà e la consequenzialità<br />

<strong>del</strong>la singola opera sul piano <strong>di</strong> trame puramente musicali ad essa peculiari<br />

e specifiche.<br />

Il tema <strong>del</strong>lo Schicchi assolve la funzione esplicita <strong>di</strong> elemento <strong>di</strong> partizione<br />

<strong>del</strong>le fasi principali <strong>del</strong>l’azione. Nella prima parte <strong>del</strong>l’opera con scansione lenta<br />

s’associa alle lamentazioni funebri dei Donati. Ritorna quin<strong>di</strong> all’ingresso <strong>di</strong> Gianni<br />

Schicchi («Andato? Perché stanno a lagrimare?») e, <strong>di</strong> nuovo, nel punto in cui<br />

il protagonista attacca la dettatura <strong>del</strong> falso testamento («Oh!… siete qui? Grazie,<br />

messere Amantio!»). L’impressione d’ostinato ch’esso trasmette, procurata dalla<br />

monotonia <strong>del</strong>l’incedere metrico-melo<strong>di</strong>co (tà-a, tà-a, ta ta / tà-a, tà-a, ta ta …),<br />

non rende ragione <strong>del</strong>la sua natura <strong>di</strong> vero e proprio tema, perio<strong>di</strong>camente co-<br />

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