Oltre che la complessità <strong>del</strong> cast vocale, una <strong>del</strong>le questioni notoriamente più spinose per l’allestimento <strong>del</strong>l’intero Trittico riguardano il rapporto fra l’eterogeneità dei tre atti, che hanno registri molto <strong>di</strong>versi l’uno dall’altro, e la necessità <strong>di</strong> accomunarli in uno spettacolo che Puccini ha sempre voluto come unico. Puccini scelse infatti tre soggetti profondamente <strong>di</strong>versi l’uno dall’altro dal punto <strong>di</strong> vista drammatico, ai quali <strong>di</strong>ede una veste sonora altrettanto contrastante. Il tabarro, che è uno spaccato <strong>del</strong>l’esistenza misera degli scaricatori <strong>di</strong> merci in un canale <strong>del</strong>la Senna, ha un carattere decisamente tragico e passionale; Suor Angelica, la vicenda <strong>di</strong> una figlia <strong>del</strong>l’aristocrazia che sconta fino al suici<strong>di</strong>o un peccato <strong>di</strong> gioventù fra le mura anguste <strong>di</strong> un convento, ha un’impronta lirica, mistica e religiosa; Gianni Schicchi è un’esplosione <strong>di</strong> comicità pura, e prende in giro l’avarizia <strong>di</strong> una famiglia nobile, nella Firenze <strong>del</strong> Trecento, alle prese con l’ere<strong>di</strong>tà <strong>di</strong> un congiunto appena defunto. Naturalmente c’è il comune denominatore <strong>del</strong>la morte, centrale in tutti e tre gli episo<strong>di</strong>. Oltre a questo, però, fermo restando che trovo stimolante la <strong>di</strong>fferenza e il contrasto fra <strong>di</strong> loro, ho sempre sentito anche la presenza forte <strong>di</strong> una cifra unitaria, un filo rosso che li lega uno all’altro, a partire dalla musica. Sul come realizzare un’unità <strong>di</strong> fondo dal punto <strong>di</strong> vista visivo abbiamo ragionato a lungo con lo scenografo (Giacomo Andrico) e il costumista (Gianluca Falaschi). Ponendoci dal punto <strong>di</strong> vista <strong>di</strong> chi compie oggi una rilettura <strong>del</strong>l’opera, con sguardo contemporaneo, a <strong>di</strong>stanza <strong>di</strong> quasi cent’anni, abbiamo pensato <strong>di</strong> uniformare Il trittico in termini <strong>di</strong> ambientazione temporale. Su tutta l’opera, in cui il realismo è spinto talvolta alle soglie <strong>del</strong>l’espressionismo, o <strong>del</strong> grottesco in Schicchi, incombe il peso <strong>del</strong>la prima grande catastrofe europea. Mi ha colpito leggere le lettere <strong>di</strong> Puccini che, pensando alla guerra, scriveva: “ma se il mondo va avanti così, a che serve scrivere ancora musica?”, e mi sembra evidente che il suo lavoro in quel momento fosse molto con<strong>di</strong>zionato dallo spirito <strong>del</strong> tempo. Perciò abbiamo scelto un’ambientazione unica a cavallo <strong>del</strong>la prima guerra mon<strong>di</strong>ale, ovvero negli anni in cui fu scritta. I costumi <strong>del</strong>imitano nettamente un’epoca che va, a seconda degli episo<strong>di</strong>, dal 1915 ai primi anni Venti. Coevo ad alcune pagine celebri <strong>del</strong> teatro musicale <strong>del</strong> Novecento, come L’Heure espangole <strong>di</strong> Ravel (1909), L’Histoire du soldat <strong>di</strong> Stravinskij (1918), Erwartung (1909) e Die Glückliche Hand (1913) <strong>di</strong> Schoemberg, Elektra (1909) <strong>di</strong> Strauss, Il trittico è stato considerato spesso, alla luce <strong>del</strong>la sua veste più tra<strong>di</strong>zionale, come frutto tardo <strong>del</strong> melodramma italiano <strong>del</strong>l’Ottocento. Tuttavia, a <strong>di</strong>stanza <strong>di</strong> tempo, l’opera ha rivelato un modernismo più vicino <strong>di</strong> quanto si credesse all’espressionismo e alle correnti teatrali e musicali europee <strong>del</strong> primo Novecento. 24
Il tabarro, in scena: Devid Cecconi (Modena, febbraio 2007. Foto Rolando Paolo Guerzoni). 25
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