30.05.2013 Views

NELLO STRETTO DI DRAKE

NELLO STRETTO DI DRAKE

NELLO STRETTO DI DRAKE

SHOW MORE
SHOW LESS

Create successful ePaper yourself

Turn your PDF publications into a flip-book with our unique Google optimized e-Paper software.

DA USHUAIA ALLA PENISOLA ANTARTICA CON UN IMPALA 42 ITALIANO<br />

Verso l’assoluto<br />

Il Tari II in navigazione<br />

verso la Penisola<br />

Antartica, dopo aver<br />

lasciato Deception<br />

Island. La temperatura<br />

varia tra i -5° e i 5°<br />

GRAN<strong>DI</strong> VIAGGI A VELA<br />

<strong>NELLO</strong> <strong>STRETTO</strong> <strong>DI</strong> <strong>DRAKE</strong><br />

Oceano<br />

Pacifico<br />

Penisola Antartica<br />

America del Sud<br />

Oceano<br />

Atlantico<br />

Puerto Williams<br />

Ushuaia<br />

Isola degli Stati<br />

Capo Horn<br />

Cile<br />

Diego Ramirez<br />

Stretto di Drake<br />

Argentina<br />

Shetland Australi<br />

Rotta del Tari 2<br />

Una sola barca italiana naviga stabilmente tra<br />

Capo Horn e la Penisola Antartica. Queste le<br />

sue avventure nei mari più estremi del pianeta<br />

foto di EUGENIO FORCELLATI<br />

Capo Horn, Stretto di Drake, Isola degli Stati, Shetland australi.<br />

Nomi da brividi (non solo termici) per generazioni di marinai.<br />

Ferdinando Magellano, Francis Drake, Jacques le Maire, Cornelius<br />

William Schouten, Duclos Guiot, James Cook. Capitani temerari e audaci<br />

che aprirono la via marittima dell’estremo australe del pianeta. Vicende al<br />

limite della praticabilità umana, quando doppiare Capo Horn poteva rivelarsi<br />

impresa impossibile. Oggi, le 450 miglia di mare dello Stretto di Drake, il<br />

braccio di mare che separa Capo Horn dalla Penisola Antartica, nell’estate<br />

australe sono frequentemente battute da navi turistiche e da qualche yacht<br />

privato. Base storica di navigatori francesi (Poncet con il Damien II e Carcadec<br />

con il suo Kotick) e anglosassoni (per tutti lo Skip Novak di Pelagic<br />

Expeditions), l’argentina Ushuaia vede da tre anni anche la presenza del Tari<br />

II, un Impala 42 disegnato da Doug Peterson e costruito nei cantieri di<br />

Niccolò Puccinelli a Castiglione della Pescaia, unica barca italiana a svolgere<br />

regolare charter tra il sud magellanico della Terra del Fuoco e la Penisola<br />

Antartica. Il suo skipper, il romano Antonio Guglielmo, dopo una vita di<br />

noleggi tra Mediterraneo, Indonesia e Caraibi ha deciso di provare la<br />

navigazione all’estremità del mondo. Questo il diario di un viaggio<br />

indimenticabile, redatto dal suo compagno di viaggio Eugenio Forcellati, che vi<br />

offriamo in esclusiva con l’augurio di potervi misurare al più presto con il soffio<br />

impetuoso dei venti antartici. (MT)<br />

Dopo le prime crociere del 2002 a Capo Horn e nel Canale di<br />

Beagle, abbiamo deciso. Si va in Antartide. L'organizzazione andava<br />

presa sul serio. La barca fu preparata con cura. Carte nautiche<br />

fotocopiate da alcuni francesi che già vi erano stati, attrezzature di<br />

rispetto, medicinali, una ricca cambusa, telefono satellitare Iridium,<br />

Epirb portatile, lista delle frequenze radio per i bollettini meteo, carte<br />

metereologiche che riuscimmo a ricevere tramite un laptop<br />

interfacciato con la radio SSB, vestiario tecnico adeguato, nafta,<br />

kerosene per la piccola stufa.<br />

Tari II è uno sloop in alluminio di 13 metri progettato da Doug<br />

Peterson nel 1980. Per questo viaggio è stato allestito un paraspruzzi<br />

in alluminio: il punto di entrata sottocoperta dalla tuga è stato<br />

arretrato nel pozzetto e rinforzato. Fermi sono stati messi in opera per<br />

<strong>DI</strong>CEMBRE<br />

113


le batterie, il motore e tutto ciò che, nell'eventualità di una scuffia<br />

avrebbe potuto danneggiare lo scafo. Non mancava l’emozione: d’altra<br />

parte il Tari II sarebbe stata solo la quarta barca a vela italiana a<br />

raggiungere la penisola antartica.<br />

La nuova avventura inizia ad Ushuaia, base dal 2001 del Tari. Il Canale<br />

Beagle sembra un fiume tra le Alpi e la rada di Ushuaia un lago di alta<br />

montagna. Ushuaia stessa è un insieme vivace di case colorate alle<br />

pendici del monte Martial e l'omonimo ghiacciaio la sovrasta. La prima<br />

sosta è a Puerto Williams (isola di Navarino), sosta obbligata dove viene<br />

registrata l'entrata in Cile e si ottiene il permesso per navigare su rotte<br />

prestabilite in acque cilene sino all'isola di Horn, tappa necessaria,<br />

questa, prima di affrontare lo Stretto di Drake.<br />

Puerto Williams, città che contende all’argentina Ushuaia il primato di<br />

città più a sud del mondo, è una fila di baracche di legno abitate da<br />

famiglie di pescatori che costeggiano la riva, alcuni negozi, una chiesa,<br />

il piccolo porto militare. Gli argentini non la considerano città<br />

attribuendosi quindi il primato.<br />

Siamo così ormeggiati al Micalvi, una vecchia nave militare da trasporto<br />

poggiata su di un basso fondale. Un accogliente pub, che apre solo la sera,<br />

è stato ricavato in quella che era la plancia di comando della nave, ed è qui<br />

che ci ritroviamo a bere insieme ad altri marinai, tedeschi, inglesi e francesi.<br />

114 <strong>DI</strong>CEMBRE<br />

<strong>NELLO</strong> <strong>STRETTO</strong> <strong>DI</strong> <strong>DRAKE</strong><br />

Il 2 gennaio 2004 si riparte. Mollati gli ormeggi si riprende a navigare<br />

nel Beagle, la temperatura è di 5°C, verso l’Arcipelago delle Wollanston,<br />

dove si trova l’isola dell’Horn. Passiamo di fronte a Porto Toro (55° 05’<br />

S), questo sì con i suoi 35 abitanti abitato più australe del mondo. La<br />

carta meteo delle 20:00 dell'Armada Cilena mostra due profonde<br />

depressioni in avvicinamento a Capo Horn e ci rifugiamo a Caleta<br />

Martial, la bellissima baia situata nella parte orientale dell’isola<br />

Hershel.Il mare è bianco latte: il vento soffia a 50 nodi e non scende.<br />

Nei tre giorni di burrasca, pioggia e a volte neve, all'interno della barca<br />

ci si dedica alla lettura, tra ricche mangiate, pisolini e continue ispezioni<br />

alla tenuta della nostra Delta da 20 kg (90 m di catena da 10 mm su di<br />

un fondale di 7 m di sabbia e fango).<br />

All'alba del 5 gennaio lasciamo Martial alla volta dell'Isola Horn. Il<br />

barometro in risalita ci fa ben sperare. Una possente onda lunga<br />

comincia a farsi sentire mentre doppiamo il grande Capo. 55° 58’ 50 S<br />

e 67° 15’ 10 W, la fine della terra. Altissimi spruzzi si innalzano dalle<br />

onde che frangono sulla mitica roccia. Nessuno di noi è mai andato<br />

oltre: il Drake non è più un progetto, ci siamo. Siamo in rotta e circa<br />

450 miglia ci separano dall'isola Deception, nelle Shetland australi. Ci<br />

teniamo 10° più a ovest prevedendo un eventuale scarroccio. Bremen,<br />

una nave proveniente dall'Antartide contattata via radio, ci fornisce la<br />

A vela verso Deception. Con il Tari II, la bandiera italiana, issata<br />

su uno yacht da diporto, arriva per la quarta volta in Antartide.<br />

La base di partenza è Ushuaia (foto a destra) nella terra del<br />

Fuoco argentina, città di 70.000 abitanti che contende alla<br />

dirimpettaia (ma cilena) Puerto Williams il primato di centro<br />

urbano più australe del mondo. A sinistra: l’equipaggio<br />

del Tari tra ossa di balena e pinguini a Port Lockroy<br />

meteo in cui si evidenzia l'arrivo di un'altra depressione, ma questa volta<br />

siamo in ballo e balleremo. Sullo schermo del PC i fax meteo si<br />

susseguono mostrando un interminabile valzer di depressioni: i quaranta<br />

ruggenti, i cinquanta urlanti ed anche i sessanta sono così superati:<br />

entriamo in una dimensione dove la realtà ed il sogno si fondono: ci<br />

circonda una surreale atmosfera di smaglianti riflessi: è la purezza<br />

estrema dell'ultimo continente. Il 6 gennaio si naviga sulla piattaforma<br />

continentale del Sud America che si innalza all’incontro tra il Pacifico e<br />

l’Atlantico. Il mare si fa subito potente. Venti medi portanti e<br />

navigazione a motore si alternano.Tra onde lunghe circa 100 m e alte<br />

dai 2 ai 4 m, Albatros giganti (diomedea exulans) e Petrelle Damero<br />

(daplion capense) volteggiano intorno a noi regalandoci momenti<br />

estasianti. Gli oltre 2 metri di apertura alare degli albatros sfiorano<br />

l'acqua alla ricerca di cibo. Salgono, scendono, cabrano, picchiano senza<br />

mai dare un colpo d'ala.<br />

Noi, nel frattempo, continuiamo a segnare punti nave sulla carta nautica.<br />

I turni si susseguono con ritmi di 2 ore fuori e tre dentro. La<br />

temperatura interna non è molto accogliente: la stufa, in navigazione<br />

con vento fresco, non funziona per un problema di ritorno di aria dalla<br />

canna fumaria. Alle 03:20 dell'8 gennaio il radar ci mostra un oggetto<br />

non identificato sulle carte: il primo iceberg. Un’isola galleggiante di<br />

IL TARI II<br />

IMPALA 42 in alluminio<br />

Doug Peterson 1980<br />

Cantiere CN71 - Puccinelli<br />

Lunghezza 13,05 m<br />

Larghezza 3,95 m<br />

Pescaggio 2,40 m<br />

Dislocamento 10.500 kg<br />

Superifice Velica 108 mq<br />

Gennaker, trinchetta<br />

Motore (Mercedes) 40 Hp<br />

Acqua 700 l<br />

Gasolio 360 l<br />

Cuccette 7<br />

Bagni 2<br />

Autopilota, timone a vento<br />

Dal dicembre 2004 all’aprile<br />

2005, Tari II è in crociera tra<br />

Capo Horn, i Ghiacciai Darwin e<br />

la Penisola Antartica.<br />

L’imbarco avviene a Ushuaia.<br />

Info bagus2@libero.it<br />

www.vela-aiconfinidelmondo.com<br />

proporzioni enormi, circa 3 miglia di ghiaccio davanti a noi che ci<br />

costringono a correggere la rotta e a poggiare. Per lo sbalzo termico,<br />

man mano che ci avviciniamo il vento aumenta fino a 30 nodi.<br />

Tutti in silenzio ad ammirare lo spettacolo. Il freddo è intenso, -8° C, la<br />

luce è surreale, colori dell'alba e del tramonto che si mescolano con<br />

delle nuvole nere bassissime. Mai visto prima qualcosa di simile. Gli<br />

incontri con gli iceberg aumentano, diventando quasi una cosa normale.<br />

Sono centinaia, dalle più diverse forme, opere d’arte scolpite dal mare e<br />

dal vento… Balene, uccelli: quaggiù c’è tutto un mondo che pulsa di<br />

vita, in continuo movimento, grazie alla corrente sub-antartica ricca di<br />

fito-plancton, essenziale anello della catena biologica.<br />

Passiamo nello Stretto di Boyd tra l'isola Smith e l'isola Snow.<br />

Barometro 973, nebbia, mare corto e mosso. Alle 02:40 del 9 gennaio<br />

entriamo a Deception e diamo fondo in Whale's Bay. L'ingresso di<br />

questo vulcano è impressionante, stretto, con pareti a picco alte più di<br />

200 metri. L’isola è un vero anello che circonda una baia protettissima,<br />

Port Foster. Un vulcano esploso in tempi remoti che si è allagato e il<br />

cui cratere è ora come un grande lago.Whale's Bay una volta ospitava<br />

una base baleniera. Gli equipaggi che lo abitavano raccoglievano l'olio<br />

ricavato dal grasso delle balene in grandi silos. In seguito, il villaggio fu<br />

distrutto dall'eruzione del vulcano, ancora oggi attivo. Semisommersa<br />

<strong>DI</strong>CEMBRE<br />

115


A VELA VERSO L’ULTIMA FRONTIERA<br />

A parte la leggenda polinesiana di Hui Te Rangiora, che nell’850 a.C.<br />

avrebbe navigato verso sud fino ad “avvistare il mare che si congela”,<br />

l’esplorazione delle estremità australi inizia nel 1502 con Amerigo<br />

Vespucci. Durante il suo terzo viaggio il navigatore fiorentino arriva<br />

in Georgia Australe. Il passaggio di Magellano dallo Stretto che ora<br />

porta il suo nome è del 1520. Nel 1578 Francis Drake arriva fino a<br />

57° Sud. Nel 1598 l’olandese Dirck Gherritz avvista per la prima<br />

volta il continente antartico a 64° S.<br />

Nel 1616 Jacques Le Maire e Cornelius Schouten doppiano Capo<br />

Horn verso ovest. Tra il 1773 e il 1775 James Cook completa la<br />

circumnavigazione dell’Antartide.Il primo yacht a vela ufficialmente<br />

in Antartide è l’inglese Morning di Colbeck, nel 1902-1903. Prima del<br />

Tari II, le altre barche italiane ad arrivare in Antartide sono state il<br />

motoveliero San Giuseppe 2 di Aimone Cat con un equipaggio<br />

militare (1970-71), il Tenera Luna di Paolo Mascheroni (1994-95) e il<br />

Fragola di Galileo Ferraris (marzo 2000). Da questo viaggio è stato<br />

tratto un bel volume dal solido apparato scientifico-cartografico:<br />

Una Fragola tra i Ghiacci, Edizioni il Frangente 2004<br />

Il Tari ormeggiato all’inglese<br />

al relitto dell’Enterprise,<br />

nell’omonima baia. Sotto<br />

da sinistra: un insediamento<br />

baleniero alle Melchior<br />

e scalate sul ghiaccio<br />

a Enterprise Bay<br />

<strong>NELLO</strong> <strong>STRETTO</strong> <strong>DI</strong> <strong>DRAKE</strong><br />

dalla cenere lavica troviamo una vecchia lancia, parti delle strutture e<br />

degli impianti per la lavorazione dell’olio e qualche costruzione in<br />

legno. Sarà una giornata da ricordare, siamo atterrati qui alle Shetland e<br />

siamo alle porte dell'Antartide. Sono le 3 del mattino e sta albeggiando.<br />

Al mattino ci spostiamo per visitare le altre baie dell'isola, Pendulum<br />

Cove e Telephon Bay, dove avviene il nostro primo incontro ravvicinato<br />

con gli unici abitanti del posto: grandi foche che pigramente oziano<br />

sulla spiaggia sotto un sole tiepido.<br />

Vincendo la timidezza si lasciano fotografare ma mostrano una decisa<br />

diffidenza quando proviamo ad accarezzarle. Alle 13:00 decidiamo di<br />

lasciare l'isola per far rotta verso Enterprise Island.<br />

Il vento è giusto e a vela continuiamo a spingerci verso sud, entrando<br />

nello stretto di Gerlache costeggiando la Terra di Graham (Penisola<br />

Antartica). Il cielo è sereno e il sole dipinge gli iceberg che incontriamo<br />

di mille colori. Procediamo sempre con rotta SSO zigzagando tra<br />

iceberg di tutte le grandezze e decine di isolotti ricoperti<br />

completamente di ghiaccio. Il tempo continua ad essere sereno e la<br />

temperatura varia tra i -5 ed i +10°. Grandi balene scivolano sotto la<br />

barca spruzzando in segno di saluto. Alle 10:30 dell’11 gennaio, in<br />

posizione 64° 12' S e 61° 33' W in una piccolissima baia, ci accostiamo<br />

al relitto della Enterprise, una nave semiaffondata che dà il nome<br />

all'omonimo isolotto. La nave è popolata da simpatici e rumorosissimi<br />

uccelli (Gabiotin Antartico - Sterna Vittata) che al nostro arrivo<br />

protestano non poco. Nel pomeriggio siamo a spasso con il tender per<br />

la Baia di Andword, ad ammirare balene che giocano tra loro.<br />

All'improvviso una balena riemerge ad un metro dal gommone, il suo<br />

violento soffio ci fa saltare dalla sorpresa e a momenti finiamo in acqua.<br />

Riempiamo dei sacchi di neve da squagliare poi in barca per rifornire i<br />

serbatoi. 12 gennaio. Barometro 989, vento calmo, cielo velato. Lasciamo<br />

Enterprise Island alla volta di Paradise Bay, rientriamo nello stretto di<br />

Gerlache costeggiando la parte ad ovest della Penisola Arctowski. Alle<br />

13 entriamo nello strepitoso canale di Herrera. Qui osserviamo<br />

ammutoliti un andirivieni di balene (megattera novacanglieae e<br />

balaenoptera bonaerensis), pinguini dal becco arancione, foche leopardo<br />

(lobodon carcinophaga), e tanti, tanti gabbiani, skua, petrelle. La barca<br />

stride passando in mezzo ai piccoli ghiacci con rumori assordanti, ma<br />

senza pericolo per il robusto scafo d'alluminio.<br />

A Paradise Bay passiamo davanti alla base cilena, in tre si sbracciano per<br />

salutarci e ci invitano a una sosta… decidiamo però di approfittare della<br />

luce per proseguire in direzione della base inglese di Port Lockroy.<br />

Passiamo davanti alla base abbandonata dagli argentini. La “luce della<br />

notte” ci aiuta a superare gli innumerevoli iceberg e attraversiamo il<br />

Ferguson Channel, costeggiamo Bruce Island, le Boutan Roks e una<br />

volta doppiato il fanale posizionato sulle Capstan Roks (64° 57' 50 S)<br />

entriamo nel Neumarer Channel, rotta su Lockroy Bay.A Port Lockroy<br />

visitiamo la base inglese e il suo piccolo museo. C'è anche un piccolo<br />

spaccio e rimaniamo stupiti dai prezzi delle cartoline e degli altri<br />

souvenir in vendita. Scopriremo in seguito che quello è un luogo di<br />

passaggio delle navi da crociera, che sbarcano i passeggeri per far<br />

ammirare una delle più popolate “pinguinere” di quell’area. Oltre ai<br />

pinguini, gli inglesi della base studiano la propagazione delle onde radio<br />

nella ionosfera, controllando costantemente i movimenti del buco<br />

nell'ozono. In mattinata vediamo ancorare ad un miglio al largo della<br />

baia il grande piroscafo Hanseatic: via radio chiediamo al comandante<br />

se ci fa sbarcare la spazzatura e se ci può fornire dell'acqua per riempire<br />

i serbatoi. Con nostro grande piacere veniamo invitati a bordo della<br />

nave, dopo 20 minuti di sobbalzi con il tender sull'onda corta alzata da<br />

116 <strong>DI</strong>CEMBRE <strong>DI</strong>CEMBRE<br />

117


un vento teso, veniamo accolti e forniti di tutto ciò di cui abbiamo<br />

bisogno, il pane appena sfornato e i dolci erano deliziosi. Grazie al<br />

comandante Ulf, vero gentleman del mare. Alle 09:00 del 14 gennaio,<br />

avvisiamo la base inglese della nostra partenza con un vento da SO sui<br />

15/20 nodi. Facciamo vela verso quella che sarà l'ultima tappa del nostro<br />

viaggio nella penisola antartica: le Melchior Islands. Le nuvole sono<br />

bassissime, a volte sfiorano l'acqua, il barometro in discesa (985 mb) non<br />

annuncia niente di buono. Rientriamo nello stretto di Gerlache<br />

costeggiando la penisola Parker dell'isola di Anvers. Alle 19:30, dopo<br />

svariate manovre di ormeggio per i continui balzi del vento, siamo<br />

all'interno dell'arcipelago delle Melchior Islands. Una grande foca grigia<br />

sdraiata sulla spiaggetta alle nostre spalle ci guarda incuriosita. Il<br />

Barometro è a 974.5 in discesa. La carta meteo indica una forte<br />

depressione in arrivo nello stretto di Drake: dovremo aspettare il suo<br />

passaggio e poi cercheremo di risalire il più possibile verso Ovest, per<br />

118 <strong>DI</strong>CEMBRE<br />

<strong>NELLO</strong> <strong>STRETTO</strong> <strong>DI</strong> <strong>DRAKE</strong><br />

poggiare in caso di<br />

burrasca. 16 gennaio.<br />

Barometro 963.5.<br />

Nevica. Il vento da<br />

NE di 20/30 nodi ci<br />

obbliga a uscire: con<br />

un freddo che spacca<br />

le mani portiamo a<br />

terra altre cime per<br />

fermare il movimento<br />

della barca.<br />

Andiamo con il tender<br />

per fissare la cima<br />

su una roccia adiacente<br />

alla spiaggia,<br />

ma ecco che… infiliamo la prua nella tana di una foca leopardo che,<br />

spaventata dalla nostra decisa intrusione, salta fuori dall'acqua<br />

mordendo e lacerando il tubolare di prua. La barca è in una posizione<br />

difficile. A prua abbiamo un ghiacciaio che scende nell'acqua con una<br />

parete a picco di almeno 80 m, alle spalle a una cinquantina di metri<br />

abbiamo tutte rocce e scogli affioranti: non possiamo muoverci molto.<br />

Il 17 gennaio il barometro è in risalita e il sole ci fa ben sperare. Si<br />

riparte alla volta del Drake. L’uscita dall’arcipelago è caratterizzata da<br />

grosse onde frangenti provenienti da ovest, che picchiano duro sulle<br />

coste delle isole.Verso mezzanotte il tempo inizia a cambiare, una serie<br />

di groppi nerissimi ci investono uno dopo l'altro, il vento gira a SO con<br />

salti da 15 a 30 nodi, e per risalirlo siamo costretti ad aiutarci con il<br />

motore. Nonostante il mare contro riusciamo a mantenere il sopravento<br />

rispetto a Capo Horn con una rotta bussola di 325°. Il vento è sui 20<br />

nodi da Ovest. Contattata via radio Punta Arenas le previsioni meteo<br />

per i giorni successivi non sono buone: ci aspettano colpi di vento da<br />

ONO con raffiche sino a 50 nodi. Eccoci: 61° 28' 34 S, il 19 gennaio<br />

il barometro è a 968, in caduta libera. 27 mb in 24 ore. La depressione<br />

di cui si parlava due giorni fa si è fermata, ingrandita e approfondita: ci<br />

stiamo infilando dentro. Il vento da Ovest sui 35 nodi e le onde ci<br />

obbligano ora a virare e mettere il mare al traverso con una rotta bussola<br />

di 15°.All'interno la temperatura è scesa a 5° C, l'umidità è al 95% e si<br />

gela.Alle 22:00 il barometro è a 964. Il Drake ora sta facendo sul serio,<br />

le enormi colline di acqua a gruppi di 4-5 alla volta ci vengono<br />

incontro correndo, talvolta frangendo sulla barca. Le raffiche toccano i<br />

40 nodi e le creste delle onde iniziano a rotolare su se stesse.Il pilota a<br />

vento si alterna a quello elettrico permettendoci di stare quasi<br />

all'asciutto sotto la cappottina di alluminio. Il mare è grosso. Qualche<br />

frangente ogni tanto colpisce la barca sdraiandola, uno ci fa scuffiare<br />

facendo saltare libri, paioli. La barca all'interno è un caos.<br />

Alle 20:30 ci accorgiamo che lo strallo di trinchetta si sta rompendo e<br />

la momentanea relativa calma di vento ci dà l'opportunità di sistemarlo<br />

e riempire i serbatoi della nafta. Dopo 24 ore di relativa calma il vento<br />

ricomincia a soffiar forte, stabile sui 40 nodi con raffiche oltre 50.<br />

Barometro 983. 57° 50' S. Cappa secca. Ce ne andiamo tutti a dormire<br />

mentre fuori il vento urla furiosamente. Dopo cinque ore ci rendiamo<br />

conto di aver scarrocciato per 30 miglia verso SE , diamo un po' di tela<br />

per ricominciare a guadagnare in longitudine e latitudine. Il 23 gennaio,<br />

settimo giorno di navigazione, il vento è calato a 20 nodi, le creste non<br />

frangono più e si riprende rotta 355°. Stiamo costeggiando la<br />

piattaforma continentale a sole 86 mg da Capo Horn. Qui il fondale da<br />

4000 m di profondità sale a 100 in poche miglia. La Marina Cilena ha<br />

registrato qui onde con altezze superiori ai 20 metri.<br />

Alle 16:50 del 23 gennaio, avvistiamo terra, ed è Capo Horn, al nostro<br />

mascone di sinistra. Siamo tornati nel mondo abitato.<br />

Telephone<br />

Bay<br />

1 miglio<br />

Isola Deception<br />

Port Foster<br />

Pendulum<br />

Cove<br />

Shetland Meridionali<br />

Isola Deception<br />

Brabant<br />

Anvers<br />

Stretto di Gerlache<br />

Baia delle Baleniere<br />

Terra di Graham<br />

Terra di Palmer<br />

Mare di Weddell<br />

100<br />

Con genoa rollato e un po’ di<br />

ausilio dal motore, il Tari II<br />

percorre le ultime miglia prima<br />

della terra di Graham. Sono<br />

evidenti i rulli per le lunghe<br />

cime da tonneggio (200 m),<br />

indispensabili in Antartide.<br />

Qui sopra: lo skipper Antonio<br />

Guglielmo in tenuta polare.<br />

Pagina a sinistra: l’Impala 42<br />

transita dallo stretto ingresso<br />

dell’isola-vulcano Deception,<br />

verso la Baia dei balenieri.<br />

Sotto: l’equipaggio al caldo<br />

grazie alla stufa del Tari;<br />

la cartina meteo della<br />

depressione a 964 hPa<br />

<strong>DI</strong>CEMBRE<br />

119

Hooray! Your file is uploaded and ready to be published.

Saved successfully!

Ooh no, something went wrong!