Diritti e Servizi - Ricerca senza dimora
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Tematica<br />
degli ultimi vent’anni, si è reso particolarmente<br />
visibile il cosiddetto terzo<br />
settore 3 . Gruppi di volontari, associazioni<br />
solidali ed ecclesiali, fondazioni<br />
caritative e cooperative sociali sembravano<br />
poter contribuire a saldare lo<br />
scollamento fra welfare pubblico e cittadini<br />
non-utenti 4 . Assumendo una delega<br />
di intervento assistenziale e riparativo,<br />
molti organismi di terzo settore<br />
si sono candidati a “gestire” l’invisibilità<br />
istituzionale di questa parte di popolazione.<br />
Si è sviluppata una diffusa<br />
capacità di intervento assistenziale e<br />
di emergenza che riusciva ad incontrare<br />
le persone immerse nel disagio<br />
<strong>senza</strong> attendere la loro capacità-possibilità<br />
di esigere aiuto. Sono sorti progetti,<br />
competenze “quasi professionali”,<br />
richieste di finanziamenti agli Enti<br />
Locali, conquista di appalti per la gestione<br />
esternalizzata dei servizi pubblici<br />
rivolti all’emarginazione.<br />
Se non si esprimeva in prima persona<br />
una vera e propria categoria assistibile<br />
(la categoria dei <strong>senza</strong> <strong>dimora</strong>), è<br />
emersa così una domanda sociale “mediata”<br />
da organizzazioni di “privato<br />
sociale” (chiamate, in fine, “non lucrative”)<br />
che interpretavano un bisogno<br />
crescente di riconoscimento e di investimento<br />
assistenziale e riabilitativo.<br />
In tal senso, l’affermarsi anche in Italia<br />
di una Federazione degli Organismi<br />
per le Persone Senza Dimora, pare<br />
mostrare con evidenza questa funzione<br />
di advocacy (sostegno, rivendicazione<br />
e tutela dei diritti a favore dei più<br />
deboli) ed insieme di strutturazione di<br />
una capacità rappresentativa sia sul<br />
versante socio-culturale che sul versante<br />
latamente politico (o, più propriamente,<br />
di lobbing).<br />
12<br />
Mentre, però, questo accadeva al volgere<br />
dello scorso millennio, al contempo<br />
mutavano la cultura politica nel<br />
Paese, le formazioni sociali, le forme<br />
del disagio.<br />
CAMBIO DI SECOLO<br />
Come è noto, gli anni novanta anno segnato<br />
il tramonto del mito universalistico<br />
del welfare pubblico, messo sotto<br />
accusa sul versante economico, per la<br />
gravosità dei costi secondo la cosiddetta<br />
spirale della domanda (pressione<br />
sociale verso un aumento quantitativo<br />
e qualitativo di servizi collegato alla<br />
particolarizzazione e moltiplicazione<br />
delle domande sociali, congiunta all’effetto<br />
paradossale di una maggiore<br />
insoddisfazione soggettiva dei cittadini-utenti<br />
a fronte di crescenti costi gestionali),<br />
e sul versante politico per l’accusa<br />
di uno statalismo egemone ed insufficiente,<br />
che sembrava non saper riconoscere<br />
la pre<strong>senza</strong> e la capacità dei<br />
diversi soggetti presenti nella società<br />
civile e nel mercato. I concetti di sussidiarietà<br />
verticale ed orizzontale, sono<br />
sembrati guidare la nuova impostazione<br />
dei servizi, le idee di pianificazione,<br />
decentramento e fornitura<br />
pubblica dei servizi, hanno lasciato il<br />
posto alle idee di valorizzazione dei<br />
diversi soggetti sociali presenti nella<br />
società civile, di competizione sul piano<br />
dell'innovazione e dei costi fra differenti<br />
fornitori di servizi, di concertazione<br />
dei piani di intervento zona per<br />
zona, di valorizzazione della “libertà<br />
di scelta” dei cittadini fra la gamma<br />
delle prestazioni del “quasi mercato” 5<br />
dei servizi sociali.<br />
Una linea di frontiera sul piano normativo,<br />
fra i due orizzonti di politica