Diritti e Servizi - Ricerca senza dimora
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Tematica<br />
Se quanto detto ha un qualche fondamento,<br />
il problema dell’accesso ai servizi<br />
(nell’accezione più nota di “capacità<br />
di chiedere ed ottenere prestazioni<br />
d’aiuto standardizzate”) non si pone<br />
come primo e reale problema degli<br />
emarginati più gravi, poiché l’interazione<br />
con il sistema assistenziale si<br />
pone ad un livello di motivazione al<br />
cambiamento e di adesione alle mete<br />
socio-culturali del contesto “normale”,<br />
che gli esclusi più “profondi” non percepiscono<br />
più. Per “uomini in fuga” segnati<br />
dalla “rinuncia” della realizzazione<br />
di sé sentita come impresa impossibile,<br />
la questione dell’inclusione sociale<br />
non si pone più in termini di prestazioni<br />
e servizi da richiedere ma piuttosto<br />
di riconoscimento interpersonale<br />
come primo fattore di conferma positiva<br />
dell’identità, di restituzione di<br />
“senso” 28 e, solo successivamente, di<br />
"prospettiva".<br />
Non vi è ripresa della dignità personale,<br />
della proiezione di sé in un futuro<br />
auspicato, della rimotivazione alla<br />
progettualità, se non a partire dal riconoscimento<br />
della propria particolarità<br />
originale e del proprio valore esistenziale,<br />
a prescindere dalla contrattualità<br />
o dai bisogni manifestati apertamente.<br />
Inoltre, non vi è autentico riconoscimento<br />
se non in contesti comunicativi<br />
ricchi di attenzione e di ascolto; dove<br />
ascoltare possa significare comprendere<br />
l’universo interiore e simbolico di<br />
ogni interlocutore 29 , cioè “accedere” ai<br />
suoi spazi di relazionalità autodeterminata<br />
ed autentica.<br />
Ecco, dunque, che la scena si rovescia<br />
e ed i confini si confondono: il vecchio<br />
tema “accesso ai servizi” introduce il<br />
18<br />
nuovo tema “accesso dei servizi”.<br />
Forse, andrebbe invertita la direzione<br />
comunicativa, od almeno sviluppata<br />
nei due sensi, tra esclusi e servizi, sviluppando<br />
capacità (e forme organizzative)<br />
di maggiore condivisione: non<br />
solo e non tanto persone “bisognose”<br />
che accedono alle “agenzie dell'aiuto”,<br />
ma persone (operatori e servizi) determinate<br />
all’aiuto che accedono alla<br />
condizione di chi patisce il disagio. In<br />
tal senso, ogni agenzia ed istituzione<br />
che si candidi a prestare “servizi sociali”<br />
in forma organizzata deve misurarsi<br />
con la capacità di entrare in relazione<br />
costruttiva (e ri-costruttiva) con chi soffre<br />
un particolare disagio, e con la capacità<br />
di dilatare uno stile relazionale<br />
corresponsabile, entro le reti sociali<br />
della “normalità”. E’ in esse che si producono<br />
e si sviluppano sia il disagio<br />
che l’agio, in esse si prospettano e si<br />
condividono le mete esistenziali ed i<br />
mezzi per conseguirle.<br />
Se, come si è detto, fattori di esclusione<br />
possono legarsi alla frammentazione<br />
dell’identità e dei legami, accompagnati<br />
da catene di eventi traumatici<br />
e carenza di risorse, all’opposto, fattori<br />
di agio sono collegati a relazioni significative,<br />
alla pre<strong>senza</strong> di reti sociali<br />
“dense” 30 , a rapporti primari affidabili<br />
nel tempo e affettivamente “nutritivi”,<br />
opportunità materiali per esprimere<br />
potenzialità e progetti di auto ed<br />
etero realizzazione 31 .<br />
Non si tratta, in questa linea, di sviluppare<br />
nel sistema dei servizi sociali particolari<br />
accorgimenti per agevolarne<br />
l’accesso a partire da un atteggiamento<br />
selettivo e strumentale (cioè finalizzato<br />
ad un risultato precostituito, quale la<br />
normalizzazione dei comportamenti,