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Diritti e Servizi - Ricerca senza dimora

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sociale nazionale tra il ’900 e il 2000,<br />

pare essere rappresentata dalla legge<br />

quadro sui “sistemi integrati di interventi<br />

e servizi sociali” n.328/2000. In<br />

essa si riordina il frastagliato corpo<br />

delle leggi assistenziali di settore (per<br />

ogni area di problema una legge ad<br />

hoc) riconducendo ad una “logica di<br />

sistema” la programmazione e la gestione<br />

degli interventi socio assistenziali,<br />

secondo le coordinate della sussidiarietà<br />

verticale, per la quale primo<br />

titolare e responsabile dei servizi assistenziali<br />

è l’Ente Locale più decentrato<br />

(il Comune) “sussidiato” in successiva<br />

istanza dei livelli istituzionali via via<br />

superiori (Province, Regioni, Stato), e<br />

della sussidiarietà orizzontale, per cui<br />

primi titolari e responsabili del loro<br />

benessere (e delle forme organizzate<br />

per conseguirlo) sono i cittadini, “sussidiati”<br />

dagli enti, dalle associazioni e<br />

dalle agenzie che compongono e programmano<br />

in forma concertata l’articolazione<br />

dei servizi nel territorio (circoscritto<br />

in “ambiti” o “zone”).<br />

In questa prospettiva, pare cadere definitivamente<br />

ogni categorizzazione<br />

assistenziale, cioè la risposta settoriale<br />

a categorie di cittadini definiti dalla<br />

specificità dei loro problemi, ed invece<br />

si conferma il diritto alle prestazioni<br />

di aiuto alle persone in quanto cittadini,<br />

garantendo (almeno nell'enunciato)<br />

sia livelli essenziali di “protezione”<br />

dal disagio, sia il diritto di scelta<br />

fra la pluralità dei servizi offerti.<br />

Ebbene, proprio sul crinale di una norma<br />

che abbandona il riferimento alle<br />

tipologie di utenti assistibili, appare invece<br />

specificatamente (agli artt.22 comma<br />

2, e 28 comma 1), come categoria<br />

particolare, quella delle “persone sen-<br />

Tematica<br />

za fissa <strong>dimora</strong>”.<br />

Parrebbe quasi, ironia della sorte, che<br />

nella lunga maratona del welfare state<br />

gli emarginati-gravi abbiano raggiunto<br />

il traguardo di un riconoscimento<br />

normativo “a corsa finita”, quando ormai<br />

è partita la nuova marcia del welfare<br />

mix!<br />

A ri-confondere la scena delle politiche<br />

e delle norme, poi, è seguita “a ruota”<br />

la modifica del titolo quinto della<br />

Costituzione italiana, che consegna interamente<br />

alle Regioni ogni potestà<br />

normativa in merito alle politiche sociali,<br />

esonerando lo Stato dall’intervenire<br />

a tal proposito (se non nel garantire,<br />

non si comprende ancora come,<br />

livelli essenziali di assistenza in tutto<br />

il territorio nazionale). Dunque, anche<br />

quei finanziamenti “particolari” destinati<br />

alle “situazioni di povertà estrema”<br />

indicati nella legge quadro 328/00,<br />

vanno rimessi in gioco Regione per Regione,<br />

politica locale per politica locale.<br />

Come in un interminabile “giro dell’oca”<br />

6 , ora si possono rimettere in discussione<br />

i livelli di riconoscimento<br />

raggiunti, la “mano” torna agli Enti Locali<br />

ed alla loro capacità di “mix” (concertazione/composizione/coordinamento<br />

del sistema assistenziale) pubblico-privato.<br />

Intanto lo Stato, uscito<br />

dalla partita (per restare nella metafora)<br />

e assillato dal problema di riequilibrio<br />

dei suoi bilanci, non solo non<br />

emana più leggi di settore (che finanzino<br />

progetti specifici di contrasto al<br />

disagio) ma erode anche le quote destinate<br />

complessivamente ai Comuni,<br />

i quali si trovano a stiracchiare la coperta<br />

sempre più corta delle quote di<br />

bilancio destinate ai servizi sociali.<br />

Se da un lato, quindi, si vanno moltipli-<br />

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