ACHILLE SERRAO - Poeti del Parco
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profondamente rimaneggiata, accompagnata dalla “Difesa” di cui s’è detto. La Vaiasseide<br />
è un poemetto in cinque canti in ottava rima (la tradizionale ottava eroica è il<br />
metro cui il Cortese si manterrà fe<strong>del</strong>e in tutti i suoi poemi), che narra, come si è anticipato,<br />
i costumi e gli intrighi amorosi <strong>del</strong>le serve napoletane. Ha la dedica di Giambattista<br />
Basile: “A lo re de li viente”. Precedono il poema due sonetti e tre madrigali<br />
che si fingono composti da alcuni accademici in lode <strong>del</strong>l’autore. Nel sonetto “A le<br />
sdamme sciorentine”, dietro l’invettiva <strong>del</strong> poeta, che all’aggressivo sprezzo <strong>del</strong>le<br />
“sdamme” oppone la vitalità <strong>del</strong>le “vaiasse” napoletane, “…si può forse riconoscere<br />
una metafora <strong>del</strong>la propria operazione letteraria intesa a rivendicare la corposa dignità<br />
<strong>del</strong> dialetto contro il formalismo <strong>del</strong>la tradizione in lingua”. 4<br />
Segue nel 1621 Il viaggio di Parnaso (Venezia, Niccolò Misserini,): poemetto di<br />
sette canti in ottava rima cui Cortese lavora fin dal 1613. Fortemente (e tristemente)<br />
autobiografico, anche se in forma allegorica il poema racconta quanto segue nella sintesi<br />
che ne fa Michele Rak: 5 “Di ritorno dal monte <strong>del</strong>la letteratura il poeta aveva perso<br />
il tovagliolo magico che gli era stato donato da Apollo – metafora <strong>del</strong> lavoro letterario.<br />
Lo aveva barattato con un coltello in apparenza altrettanto magico e adatto a far spuntare<br />
castelli se piantato nel suolo – metafora <strong>del</strong> lavoro in corte adatto a procurare un<br />
titolo nobiliare –, il castello era un emblema <strong>del</strong>le comodità e <strong>del</strong>le ricchezze. Ma non<br />
aveva trovato un pezzo di terra dove piantare il suo coltello e il suo desiderio aveva<br />
cominciato a diventare un’ossessione”. E tale resterà per tutta la vita, dopo la partenza<br />
<strong>del</strong> protettore Fernandez de Castro (1616). Cortese lamenterà la condizione <strong>del</strong> letterato,<br />
inferiore a quella <strong>del</strong>l’oste, anche per bocca di Mineco d’Antoniello, il poeta <strong>del</strong><br />
suo romanzo in prosa Li travagliuse ammure de Ciullo e Perna.<br />
Micco Passaro nnammorato, poema eroico in dieci canti in ottava rima, ha per<br />
eroe un plebeo abile spadaccino che si arruola volontario per combattere i briganti che<br />
infestano l’Abruzzo. Micco abbandona l’innamorata Nora la quale, spinta da cieca<br />
passione, lo segue fino a L’Aquila dove, dopo varie peripezie, riesce a sposarlo.<br />
La Rosa. Favola drammatica, opera teatrale in cinque atti “che no toscanese decerria<br />
favola boschereccia o pastorale”, spiega lo stesso Cortese.<br />
Lo Cerriglio ’ncantato, 1628 (Messina, Pietro Brea), poema eroico in sette canti<br />
in ottava rima. A differenza degli altri, il poemetto trabocca di incantesimi e metamorfosi.<br />
L’autore se ne serve ingegnosamente per attribuire una favolosa origine ad<br />
alcune statue e monumenti celebri presso il popolo napoletano, quali erano le quattro<br />
statue <strong>del</strong> Molo (che raffiguravano vecchi dalle lunghe barbe).<br />
La Vaiasseide e Il viaggio di Parnaso, apparsi autonomamente negli anni già segnalati,<br />
vengono riediti con Li travagliuse ammure de Ciullo e Perna, il Micco Passaro<br />
’nnammorato e La rosa, in Opere burlesche in lingua napoletana, Napoli, Domenico<br />
di Ferrante Maccarano, 1621.<br />
“Quando dalle ottave di Storia de’cient’anne arreto passiamo alle ottave dei poemi<br />
di Giulio Cesare Cortese – scrive Giacinto Spagnoletti 6 – il salto di qualità è già avvenuto.<br />
Il poeta-cantastorie è diventato un letterato di grande raffinatezza che sa come<br />
trattare una materia popolare in dialetto legandola agli spunti e alla tecnica <strong>del</strong> poema<br />
eroicomico”.<br />
I testi antologizzati sono tratti da: G. C. Cortese, Opere poetiche, edizione critica<br />
con note e glossario a cura di E. Malato, Roma, Edizioni <strong>del</strong>l’Ateneo, 1967, 2 voll., I,<br />
pp. 407 e pp.199-211. Traduzione e note di A. Serrao.<br />
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