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La viabilità che cambia - jesi e la sua valle

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20 | economia<br />

Ci salverà il MADE IN ITALY<br />

Intervista al prof. Giorgio Galeazzi docente di Economia politica al dipartimento di<br />

Giurisprudenza dell’Università di Macerata. Presidente dei corsi di <strong>la</strong>urea di Scienze<br />

giuridi<strong>che</strong> applicate dell’Università “Fondazione Colocci” di Jesi, dove insegna Economia<br />

finanziaria e Analisi economica dei comportamenti criminali.<br />

>> Il prof. Giorgio Galeazzi<br />

di Marina Marini<br />

Una crisi così non l’avevamo mai vista. Una crisi enorme, epocale, <strong>che</strong> ancora non è finita.<br />

«Quello <strong>che</strong> colpisce di questa crisi, oltre al<strong>la</strong> vastità, profondità e durata, è <strong>la</strong> difficoltà a<br />

uscirne. <strong>La</strong> causa: questo enorme fardello <strong>che</strong> è il debito pubblico, per il quale i cittadini<br />

sono costretti a versare elevate imposte».<br />

Ma gli economisti dove erano, perché non hanno <strong>la</strong>nciato un grido di al<strong>la</strong>rme, forse si poteva<br />

fare qualcosa…<br />

«Nessuno può prevedere esattamente quando una crisi avverrà. Ci sono stati vari interventi<br />

di economisti, convegni in cui si evidenziavano i pericoli. Lo sviluppo <strong>che</strong> abbiamo avuto,<br />

in partico<strong>la</strong>re negli ultimi quindici - venti anni, è stato basato sull’accumu<strong>la</strong>zione di debito.<br />

Non solo in Italia, ma in molti altri Paesi, e non solo pubblico, ma an<strong>che</strong> privato. Da noi, a<br />

fronte di un pesante debito pubblico, grazie alle famiglie italiane, parsimoniose per loro<br />

natura <strong>che</strong> hanno saputo risparmiare, <strong>la</strong> situazione del debito privato è migliore di quel<strong>la</strong> di<br />

altri paesi come gli Stati Uniti».<br />

Lei insegna Economia politica, tutti i giorni con i suoi studenti tratta argomenti come il funzionamento<br />

dei mercati, <strong>la</strong> globalizzazione, il ruolo del governo nell’economia, insomma<br />

cose concrete e di attualità. Non le sembra <strong>che</strong> questi argomenti siano stati stravolti dal<strong>la</strong><br />

crisi? Quali modelli economici saranno ancora validi in futuro?<br />

«<strong>La</strong> teoria economica è in continua evoluzione. Ci sono dibattiti e confronti. Ma certi meccanismi<br />

di base rimangono fermi. L’economia è una scienza sociale basata sull’evoluzione<br />

del<strong>la</strong> società e quindi risente dei <strong>cambia</strong>menti <strong>che</strong> questa subisce, nei gusti, nei modi di<br />

fare cultura, nell’età del<strong>la</strong> popo<strong>la</strong>zione».<br />

Qual è l’elemento più cruciale dei Paesi europei?<br />

«Direi il fenomeno dell’invecchiamento del<strong>la</strong> popo<strong>la</strong>zione. Una fase di transizione <strong>che</strong> andava<br />

gestita meglio e <strong>che</strong> ha creato un ulteriore elemento di aggravamento per le nostre finanze. Fase<br />

di transizione, <strong>che</strong> si prevede stabilizzarsi intorno al 2040. Oggi, <strong>la</strong> quota del<strong>la</strong> popo<strong>la</strong>zione anziana<br />

cresce più rapidamente del<strong>la</strong> quota delle nascite. Per questo, è stato necessario rivedere i<br />

meccanismi del<strong>la</strong> pensione. Per non trasferire su chi verrà l’onere degli aggiustamenti».<br />

Le Mar<strong>che</strong> forse si sono accorte del<strong>la</strong> crisi in ritardo, ma adesso stanno soffrendo. Imprese<br />

chiuse, disoccupazione, i numeri sono brutti an<strong>che</strong> rispetto al<strong>la</strong> media nazionale. Si può<br />

par<strong>la</strong>re ancora di un modello Mar<strong>che</strong> fatto di piccolissime, piccole, medie imprese?<br />

«Le risorse <strong>che</strong> avevamo in passato le abbiamo an<strong>che</strong> oggi: <strong>la</strong> capacità imprenditoriale, <strong>la</strong><br />

volontà di <strong>la</strong>vorare bene. Il problema è creare le condizioni affinché queste capacità si possano<br />

esprimere. Fare in modo <strong>che</strong> chi vuol <strong>la</strong>vorare abbia <strong>la</strong> possibilità di farlo. Oggi <strong>la</strong> situazione<br />

è molto difficile. An<strong>che</strong> se <strong>la</strong> domanda estera, dal terzo trimestre dello scorso anno,<br />

sta riprendendo, quel<strong>la</strong> <strong>che</strong> manca è <strong>la</strong> domanda interna, penalizzata dal<strong>la</strong> necessità di<br />

un’elevata imposizione fiscale».<br />

Come siamo arrivati a questo punto?<br />

«C’è stato un errore di impostazione. Il rigore è stato visto dal punto di vista quantitativo, in<br />

termini di coefficienti. Il rigore andava visto dal punto di vista qualitativo. A parte l’aumento<br />

pesante dell’imposizione fiscale, si è puntato a tagliare gli investimenti. Si doveva corregge-

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