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Qui - Istituto del Nastro Azzurro

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decennio prima (338 a. C.), per venire a capo <strong>del</strong>la Lega<br />

ltalica che, capeggiata da Manduria, si contrapponeva<br />

fieramente alle sue mire espansionistiche, Taranto si<br />

era rivolta ad Archidamo III°, re di Sparta. Questi accolse<br />

volentieri la richiesta dei discendenti degli antichi<br />

coloni spartani, anche se l'impresa non appariva <strong>del</strong><br />

tutto semplice. Infatti Archidamo trovò morte gloriosa<br />

mentre, espugnata la terza cerchia di mura intorno a<br />

Manduria, si accingeva ad espugnare la seconda.<br />

Come Taranto, altre colonie <strong>del</strong>la Magna Grecia<br />

chiedevano volentieri l'aiuto <strong>del</strong>la madrepatria. Nel<br />

304 a. C., ad esempio, Agatocle di Siracusa, divenuto re<br />

di Sicilia, per liberarsi <strong>del</strong>la invadente presenza dei cartaginesi,<br />

chiese l'aiuto dei greci <strong>del</strong>la madrepatria.<br />

Memore però di quanto era toccato 34 anni prima ad<br />

Archidamo III°, stette bene attento a cercare il proprio<br />

alleato e fra i tanti generali che si erano fatte le ossa<br />

alla scuola di Alessandro Magno, e scelse Demetrio<br />

(figlio di Agapito: uno dei migliori generali <strong>del</strong> grande<br />

Alessandro) perché sul suo biglietto da visita risaltava<br />

in tutta evidenza il soprannome di "Poliorcete", ossia<br />

di "assediatore di città" (che riusciva ad espugnare grazie<br />

all'impiego di ordigni e macchine da assedio di<br />

nuova concezione).<br />

Tornando a Pirro, diremo che questi fu ben lieto di<br />

IL NASTRO AZZURRO<br />

31<br />

accogliere la richiesta di aiuto dei tarantini perché,<br />

avendo conquistato tutto ciò che c'era da conquistare<br />

in Epiro, sperava in cuor suo di ingrandire il proprio<br />

regno nei vasti territori <strong>del</strong>la Magna Grecia.<br />

Sbarcato in Italia con 20.000 tra fanti e cavalieri,<br />

sbaragliò facilmente i Romani ad Eraclea nel 280 a. C.<br />

grazie all'aiuto di 20 elefanti da guerra che seminarono<br />

il terrore tra i romani che mai, prima di allora, avevano<br />

visto un pachiderma.<br />

Dopo la folgorante vittoria, Pirro cercò invano di<br />

indurre le città alleate dei Romani a passare dalla sua<br />

parte. Quasi tutte rimasero fe<strong>del</strong>i a Roma e Pirro si convinse<br />

che solo un'altra grande vittoria avrebbe potuto<br />

indurre le città confederate a ribellarsi. Trascorse quindi<br />

il successivo inverno fra le mura accoglienti di<br />

Taranto dove, a stento, costrinse la popolazione<br />

maschile ad esercitarsi nelle arti marziali: per riuscirci<br />

dovette far chiudere le piscine, le terme, i ginnasi, le<br />

case di piacere e tutti gli altri luoghi dove i giovani rampolli<br />

locali erano soliti trascorrere oziosi il proprio<br />

tempo. In qualche maniera i suoi sforzi ebbero successo<br />

tanto che, nella primavera <strong>del</strong>l'anno successivo (279<br />

a. C.), Pirro poté mettere in campo 85.000, tra fanti e<br />

cavalieri, e 19 dei suoi preziosi elefanti. Prese a distruggere<br />

e incendiare città e villaggi pugliesi, rimasti fe<strong>del</strong>i<br />

L’itinerario <strong>del</strong>la campagna d’Italia di Pirro

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