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gli spostamenti. E, a oggi, pare che il corpo conservi<br />
un’incredibile flessibilità.<br />
Da allora la Santa è nella piccola cappella di via<br />
Tagliapietre, circondata degli oggetti contenuti nei reliquari<br />
alle pareti: ci sono il breviario con le miniature<br />
da lei stessa realizzate e la piccola viola che amava<br />
suonare; la preziosa teca che contiene il sangue misto<br />
a umore trasudato dal suo corpo; e poi denti e ossa e<br />
crani addobbati con ghirlande di fiori. Piccoli oggetti<br />
che attraggono l’occhio, trascinando lo spirito in una dimensione<br />
mistica, o quantomeno esoterica. “L’affluenza<br />
è aumentata negli ultimi anni”, dichiara padre Bernardo,<br />
parroco della chiesa di San Cristoforo delle Muratelle<br />
che ospita il santuario, che racconta delle visite degli<br />
habitué bolognesi ma anche di forestieri, come i fedeli<br />
che dal New Jersey vengono ogni anno per onorare la<br />
santa a cui è dedicata la loro parrocchia in America.<br />
Molti scrivono per chiedere informazioni, immaginette<br />
e calendari; o vengono per chiedere un’intercessione<br />
nelle alte sfere. All’uscita della cappella c’è, infatti, il<br />
libro delle grazie, dove si lasciano messaggi e preghiere.<br />
“So che ho sbagliato, ma per piacere dammi l’ultima<br />
possibilità di parlare con Elisa”, scrive per esempio un<br />
innamorato disperato. A chi ambisse alla santità, padre<br />
Bernardo ricorda che siamo tutti potenziali candidati,<br />
anche se quello della beatificazione è un processo lungo<br />
e complicato (Caterina fu fatta santa solo nel 1712)<br />
e variabile nel tempo. Oggi, la regola generale è “vivere<br />
le virtù in grado eroico”. Per un non religioso la castità<br />
non è un requisito indispensabile, ma è richiesto almeno<br />
un miracolo in vita o anche post mortem.<br />
Così, sospesa in uno strano equilibrio tra sacro e<br />
profano, la città rossa di dichiarato, o almeno presunto,<br />
ateismo, oltre che la Bologna godereccia delle tre T,<br />
sembra nascondere un mondo tutto fede e castità, fatto<br />
di storie, leggende, luoghi e fatti. Di miracoli e di santi.<br />
E in questo itinerario religioso nella Bologna mistica,<br />
l’orecchio non poteva eludere le richieste di grazia<br />
ricevute dalla Madonna di San Luca, che nella prima<br />
settimana di maggio, mese dedicato alla Vergine, compie<br />
la sua consueta processione dal colle di San Luca al<br />
Cassero di Porta Saragozza. Ancora una volta la storia<br />
si affianca alla leggenda: l’icona bizantina, trasportata<br />
a Bologna nel secolo XII nella chiesetta di San Luca e<br />
custodita da una monaca di clausura, fu venerata dai<br />
cittadini con un’intensità che culminò nel 1433, quando<br />
fu portata in città per impetrare la cessazione delle<br />
“INCORROTTA, SENZA SEGNI DI DECOMPOSIZIONE, INTERAMENTE NERA E ODORANTE DI ROSE”<br />
piogge che da tre mesi flagellavano Bologna. Quando<br />
l’immagine raggiunse Porta Saragozza la pioggia cessò<br />
e riapparve il sole. E per onorare la divina intercessione,<br />
i bolognesi costruirono il portico che collega la Porta<br />
alla cima del colle, un portico di nove chilometri con<br />
666 archi, che si usava percorrere in ginocchio il giorno<br />
della processione, come di rado capita anche oggi.<br />
Spostandoci su un altro versante, del miracoloso<br />
sembrerebbero avere anche le mutazioni subite dal<br />
Cassero, ora sede del Museo della Beata Vergine di<br />
San Luca, dopo aver ospitato il Fascio negli anni della<br />
guerra e addirittura l’Arcigay più di recente. In linea<br />
generale, il museo è di moderato interesse (soprattutto<br />
se si ripensa alle feste malandrine andate in scena in<br />
quelle stesse stanze) con un picco nel caso degli ex<br />
voto: piccoli quadri raffiguranti l’incidente focalizzati sul<br />
momento in cui si ebbe la visione della Madonna, realizzati<br />
dai devoti per grazia ricevuta.<br />
A chiudere questo inconsueto itinerario mistico per<br />
Bologna, non poteva mancare un’ultima chicca per<br />
accontentare anche i pagani adoratori del Nettuno.<br />
Protagonista ne è una pietra nera, detta anche “pietra<br />
della vergogna”, che secondo una leggenda fu collocata<br />
in un punto specifico di Piazza Maggiore dallo stesso<br />
Giambologna, autore della fontana del Nettuno, in seguito<br />
alla censura che gli aveva imposto di ridurre le dimensioni<br />
del divino membro. Beh, la battuta che gira in<br />
città recita: “Visto da una certa prospettiva, il Nettuno è<br />
davvero un dio”. Provare per credere...<br />
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