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Kettunen & Helmke 2012 Introduzione<br />
1. STORIA DELLA DECIFRAZIONE<br />
La storia della decifrazione dell’antica scrittura maya è una vicenda appassionante che copre un arco di tempo di<br />
circa 500 anni nel corso dei quali si è cercato di comprendere efficacemente un sistema di scrittura che, al primo<br />
sguardo, sembrava una delle cose più incompresibili che si potessero immaginare. In questo volume è impossibile<br />
raccontare, anche solo a grandi linee, il percorso che ha seguito questa lunga storia, ma è invece importante fare<br />
qualche accenno alle più significative scoperte per mettere il lettore nella condizione di capire come alcune delle<br />
letture dei glifi furono prodotte.<br />
Figura 1: Stele A, Copan,<br />
Honduras (disegno di<br />
Frederick Catherwood).<br />
Nel 1862, mentre spulciava negli archivi della Reale accademia di storia di<br />
Madrid in cerca di documenti provenienti dal Nuovo Mondo, un sacerdote<br />
francese Charles Étienne Brasseur de Bourbourg incappò in un manoscritto dal<br />
titolo Relación de las cosas de Yucatán 7 scritto dal vescovo Diego de Landa. Due<br />
anni dopo Brasseur de Bourbourg pubblicò il manocritto in un’edizione blingue<br />
(spagnola e francese) e la intitolò Relation des choses de Yucatán de Diego de Landa.<br />
Tre decenni prima, un avvocato, viaggiatore e scrittore americano, John Lloyd<br />
Stephens, in compagnia dell’artista inglese Frederick Catherwood, era partito<br />
da New York per un viaggio nell’area maya che i due intendevano raggiungere<br />
passando dal Belize. Nel corso degli annuali soggiorni che fecero nella zona tra il<br />
1839 e il 1842, i due ebbero l’opportunità di esplorare le rovine dei siti maya, su<br />
cui scrissero dettagliate relazioni, disegnando carte geografiche, riproducendo le<br />
antiche sculture e riportando gli schizzi delle antiche costruzioni. Le loro<br />
esplorazioni contibuirono a far conoscere le città perdute dei <strong>Maya</strong>, soprattutto<br />
con la pubblicazione di due volumi riccamente illustrati: Incidents of Travel in<br />
Central America, Chiapas, and Yucatan (1841) e Incidents of Travel in Yucatan (1843).<br />
Nel primo di questi libri Stephens scrisse a proposito di Copan:<br />
In regard to the age of this desolate city I shall not at present offer any conjecture. Some idea<br />
might perhaps be formed from the accumulations of earth and the gigantic trees growing on<br />
the top of the ruined structures, but it would be uncertain and unsatisfactory. Nor shall I at<br />
this moment offer any conjecture in regard to the people who built it, or to the time when or<br />
the means by which it was depopulated, and became a desolation and ruin; whether it fell by<br />
the sword, or famine, or pestilence. The trees which shroud it may have sprung from the<br />
blood of its slaughtered inhabitants; they may have perished howling with hunger; or<br />
pestilence, like the cholera, may have piled its streets with dead, and driven forever the feeble<br />
remnants from their homes; of which dire calamities to other cities we have authentic<br />
accounts, in eras both prior and subsequent to the discovery of the country by the Spaniards.<br />
One thing I believe, that its history is graven on its monuments. Who shall read them?<br />
(Stephens 1993 [1841]: 59). 8<br />
Probabilmente questa sfida fu lanciata da Stephens per il fatto che appena<br />
qualche anno prima della pubblicazione del suo libro la scrittura egizia era stata<br />
decifrata (da Jean-François Champollion). Tuttavia, all’epoca di Stephens, non<br />
v’era traccia di una Stele di Rosetta 9 che facesse al caso degli studi sulla civiltà<br />
maya che proprio allora andavano nascendo. Ma, dopo che Brasseur de<br />
Bourbourg ebbe riscoperto la Relación di Landa, gli studiosi del tempo si<br />
convinsero di avere finalmente a disposizione per le loro ricerche una nuova<br />
Stele di Rosetta.<br />
7 Il manoscritto è, in realtà, un riassunto dell’originale scritto da Diego de Landa Calderón nel 1566 in Spagna, originale che non è mai stato<br />
ritrovato. Questo riassunto è stato ricopiato più volte fino a una versione finale del 1660 circa che è stata quella (ri)trovata da Brasseur de<br />
Bourbourg.<br />
8 “Non farò nessuna congettura sull’antichità di questa desolata città. Ce ne si potrebbe fare un’idea guardando la terra che vi si è accumulata<br />
sopra, gli enormi alberi che crescono sulla cima degli edifici in rovina, ma sarebbe comunque un’idea approsimativa e non soddisfacente. D’altra<br />
parte non saprei nemmeno dire chi erano le genti che la costruirono, né quando né come successe che essa fu abbandonata e lasciata andare in<br />
rovina; né se questo avvenne a causa di guerra, carestia o pestilenza. Gli alberi che la ricoprono affondano forse le loro radici nel sangue degli<br />
antichi abitanti; o forse quegli uomini morirono ululando per la fame; o una pestilenza, come il colera, può darsi che abbia prodotto cumuli di<br />
morti per le strade e abbia scacciato i derelitti sopravvisuti lontano dalle loro case; conosciamo i terribili effetti di tutte queste calamità dai racconti<br />
che abbiamo di altre città, sia prima che dopo la conquista degli spagnoli. Solo di una cosa sono convinto: che la storia della città sia registrata sui<br />
suoi monumenti. Ma chi sarà in grado di leggerli?”<br />
9 La Stele di Rosetta fu scoperta nel 1798 durante l’invasione dell’Egitto da parte dell’esercito napoleonico. Essa conteneva tre testi paralleli in<br />
greco, demotico ed egizio geroglifico. I nomi propri contenuti nei testi paralleli furono la chiave per la decifrazione dei geroglifici egizi.<br />
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