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Kettunen & Helmke 2012 Struttura e contenuto dei testi<br />
18. LA CERAMICA<br />
I testi su supporti di ceramica spaziano da frasi molto semplici, dall’ ”etichettatura” del nome, agli elenchi di<br />
dinastie regnanti e a frasi molto articolate. Un carattere comune in tali testi è la cosiddetta Sequenza Primaria<br />
Standard (PSS), normalmente riportata attorno al bordo del vaso ma qualche volta scritta in colonne verticali o<br />
diagonali lungo il corpo del vaso.<br />
La PSS è un testo che espleta una funzione di “etichettatura” del nome; è un testo piuttosto complesso e<br />
formulaico che comincia con il cosiddetto glifo focus marker (conosciuto anche come segno iniziale). Tale glifo<br />
serve a indicare l’inizio del testo, visto che inizio e fine del testo possono non avere una soluzione di continuità<br />
(dal momento che la maggior parte del vasellame è circolare).<br />
Alcune altre occorrenze glifiche ricorrenti nella PSS ci informano su come l’oggetto sia stato “dedicato” (nella<br />
sezione di introduzione del testo), su cosa vi era contenuto (ad esempio kakaw [cacao], o ul [atole, bevanda a base<br />
di mais]), sul tipo di oggetto (si veda sotto la sezione dedicata), e sul suo proprietario o sull’artista che vi aveva<br />
dipinto o inciso il testo o l’iconografia. Tra i tipi di vasellame si possono menzionare ad esempio uk’ib, “la tazza”,<br />
jaay, “ciotola”, lak, “il piatto”, e jawa[n]te’, “il piatto tripode”. 38<br />
Siccome la ceramica costituisce uno dei supporti più largamente impiegati per registrare la scrittura geroglifica, se<br />
ne parlerà più in dettaglio qui sotto. Nella pagine seguenti si potranno trovare alcune informazioni utili a<br />
sbrogliare gli intricati testi che vi sono ospitati.<br />
Ricostruire la tipologia vascolare degli antichi maya<br />
Come hanno messo in luce fin da subito i primi studi sull’argomento, i vasi che riportano più di un testo glifico<br />
può essere spesso distinto un testo “primario” che è riportato in una posizione di preminenza: è scritto lungo il<br />
bordo o in larghe colonne verticali, oppure è scritto con glifi di maggiori dimensioni. Ci sono poi altri testi<br />
“secondari” che sono di norma più corti, o scritti con glifi di dimensioni più ridotte, la cui funzione è di offrire<br />
brevi didascalie alle rappresentazioni iconografiche.<br />
Entrambi questi testi possono essere ben conservati oppure essere erosi al punto tale da rendere difficile<br />
un’accurata idenificazione dei glifi. Inoltre i testi possono presentare glifi veri e propri o pseudoglifi (che pare<br />
servissero a dare l’impressione della scrittura, ed erano forse realizzati da artigiani illetterati).<br />
Il trattamento della superficie<br />
Tra quei testi che registrano le modalità del trattamento della superficie dell’oggetto, il gruppo di gran lunga<br />
maggiore si riferisce alla pittura della superficie e impiega la radice del nome tz’ib 39 che sta per “pittura” o<br />
“scrittura” e il verbo derivato da tale radice. Nella forma più semplice il vasellame dipinto reca la dicitura tz’ib o<br />
utz’ihb, mentre nei casi di maggior complessità lessicale lo stesso significato può essere reso con utz’ibnajal o<br />
utz’ibaalnajal. E’ interessante notare che lo stesso termine, nella forma utz’ihba e con l’aggiunta di un segmento<br />
nominale, era impiegato dagli artisti al servizio della committenza reale quando firmavano le proprie opere<br />
(Reents-Budet 1994; MacLeod 1990). Per una migliore comprensione di questi termini e delle loro possibili<br />
derivazioni, eccone un’analisi morfologica:<br />
38 Per ulteriori informazioni sull’argomento si può consultare Reents-Budet 1994.<br />
39 Le lingue maya non fanno distinzione tra “pittura e “scrittura”, dal momento che lo strumento con cui si registrano le parole scritte è comunque<br />
il pennello per pitturare. Nelle lingue maya moderne, il termine tz’ib si riferisce specificamente a disegni e decorazioni ed è spesso l’equivalente di<br />
altri verbi che si riferiscono per esempio al pitturare la casa (Terry Kaufman, comunicazione personale 2003).<br />
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