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Kettunen & Helmke 2012 Introduzione<br />
conosciuti (Villacorta e Villacorta 1933) che l’Armata Rossa, nel 1945, aveva “rinvenuto” a Berlino e aveva pensato<br />
di “mettere al sicuro”. 13<br />
Il metodo impiegato da Knorozov fu quello di cercare delle analogie con altri sistemi di scrittura che fossero già<br />
stati decifrati. Basandosi sui tratti comuni e sul numero di segni in uso in ogni sistema scrittorio Knorozov<br />
suggerì che quello maya fosse costituto da logogrammi e segni fonetici. A grandi linee esso poteva assomigliare al<br />
sistema di scrittura giapponese.<br />
Knorozov decise di verificare la propria teoria impiegando l’alfabeto di Landa non, come fino ad allora era stato<br />
fatto, in maniera alfabetica, ma sillabica, ipotizzando cioè che i segni in esso contenuti fossero sillabe. L’approccio<br />
sillabico era giustificato dal fatto che altre scritture antiche già decifrate avevano messo in evidenza una struttura<br />
di quel tipo. Dunque, Knorozov applicò alcuni di quei segni ai corrispondenti che aveva trovato nei codici. Uno<br />
di quei segni era la sillaba cu 14 di Landa seguita da un segno fino ad allora sconosciuto. Entrambi quei segni erano<br />
rappresentati sopra una figura che delineava un tacchino e Knorozov pensò che il glifo dovesse corrispondere<br />
all’animale dipinto 15 . Tale ipotesi era confermata dalla prossimità della collocazione del glifo e dell’immagine del<br />
tacchino che si ripeteva nei codici.<br />
In maya yucateco la parola che significa “tacchino” è kutz (cutz se si segue la vecchia ortografia impiegata anche<br />
da Knorozov; ed è per evitare anacronismi che in tale circostanza abbiamo deciso di mantenere la vecchia<br />
ortografia). Knorozov dedusse che il primo segno dovesse rappresentare la sillaba cu, menzionata come detto<br />
nell’alfabeto di Landa, mentre la seconda doveva essere tzu (riteneva che l’ultima vocale non fosse pronunciata<br />
dal momento che la maggioranza dei termini maya finisce con una consonante, e sospettò che l’ultima vocale<br />
dovesse essere /u/ secondo il principio della armonia vocalica) 16 .<br />
Figura 3: Dettagli dal codice di Madrid e da quello di Dresda<br />
rispettivamente (disegni di Carlos A. Villacorta).<br />
La sua conclusione fu che il segno dovesse leggersi: cu-tz(u). Per verificarlo Knorozov cercò un glifo che<br />
cominciasse con il segno tzu, e lo trovò sopra al disegno di un cane (tzul in yuacteco): perciò, quel secondo glifo<br />
doveva essere composto dai segni tzu e lu (e il segno lu è presentato<br />
nell’alfabeto di Landa come lettera “l”).<br />
Knorozov continuò a lavorare sui codici con altri glifi nella stessa<br />
maniera e i suoi risultati furono tali da far dividere la scuola di studi<br />
geroglifici maya occidentale e sconvolgerne il tradizionalismo.<br />
Figura 4: Architrave 8, Yaxchilan,<br />
Messico (disegno di Ian Graham).<br />
13 Kettunen 1998a e 1998b. In realtà sembra che Knorozov non fosse mai arrivato a Berlino nel corso della Seconda Guerra mondiale ma che,<br />
piuttosto, conobbe i codici mayan solo nel dopoguerra, in Unione Sovietica, dall’edizione di Villacorta.<br />
14 Si tratta di ku nella nuova ortografia (si veda sopra il relativo capitolo).<br />
15 Il “metodo Konorozov” è qui presentato in maniera molto semplificata per dare al lettore un’idea approssimativa di come funzionava. Per<br />
analisi più dettagaliate si consiglia di consultare testi che ne trattino in maniera più approfondita (per esempio Coe 1992) o, ancor meglio,<br />
direttamente l’opera di Knorozov.<br />
16 Già nel 1876 de Rosny aveva applicato l’”alfabeto” di Landa ai codici maya. Anche lui aveva impiegato il segno cu di Landa come primo<br />
simbolo del glifo che si riferiva a un tacchino nel codice di Madrid, e aveva ipotizzato che l’intero geroglifico potesse significare cutz, o “tacchino”<br />
in yucateco.<br />
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