Parole, proverbi, modi di dire, tutto quello che ricorda un ... - Agyrion
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muzzica, cummà! -Vossa muzzica, cumpà! Al rito da muzzicata<br />
non si poteva sfuggire, se non si voleva dare l'impressione <strong>di</strong><br />
essere schizzinosi, cca nasca ad<strong>di</strong>tta. Nulla poteva nuocere <strong>di</strong><br />
più ai buoni rapporti <strong>che</strong> con il matrimonio si istauravano tra<br />
due parentele, <strong>che</strong> il mostrare <strong>di</strong> sentirsi superiori, <strong>di</strong><br />
schifiàrisi del compare o della comare. Seduti per la prima<br />
volta <strong>un</strong>o accanto all'altra, al centro <strong>di</strong> <strong>un</strong>'attenzione <strong>che</strong><br />
avrebbero volentieri schivato, i due ziti, confusi e inebetiti,<br />
finalmente si tenevano per mano; e mentre il vocìo, col<br />
passare del tempo e delle passate <strong>di</strong> rosolio, <strong>di</strong>ventava<br />
concitazione e frastuono, essi timidamente cercavano <strong>di</strong><br />
ascoltare le segrete emozioni del cuore, <strong>che</strong> non riuscivano, e<br />
forse mai sarebbero riuscite, a <strong>di</strong>ventare parole. Il matrimonio,<br />
soprat<strong>tutto</strong> tra le famiglie conta<strong>di</strong>ne, <strong>di</strong> solito, come <strong>di</strong>cevo, si<br />
celebrava verso la fine dell'estate. Qualc<strong>un</strong>o in primavera, ad<br />
aprile. Mai a maggio, a zita maiulina n<strong>un</strong> si oda a vistina. Quasi<br />
sempre <strong>di</strong> sabato, <strong>di</strong> sabitu a Madonna ci proia l'abitu. Mai <strong>di</strong><br />
l<strong>un</strong>edì, <strong>di</strong> l<strong>un</strong>i si nni va a ruzzul<strong>un</strong>i. I parenti dello sposo<br />
aspettavano in chiesa; la sposa, in abito bianco, arrivava dopo,<br />
in braccio al padre e seguita dal numeroso corteo dei suoi<br />
parenti. I balconi e le finestre <strong>che</strong> si affacciavano sulle strette<br />
viuzze dove passava il corteo venivano addobbate con le coltri<br />
e i lenzuoli ricamati, come per la processione del Corpus<br />
Domini. Alla fine della cerimonia in chiesa, <strong>un</strong> corteo ancor più<br />
numeroso tornava nella casa della sposa per il trattenimento,<br />
<strong>che</strong> era in <strong>tutto</strong> simile a <strong>quello</strong> del fidanzamento. C'era <strong>un</strong>a<br />
cosa, ai tempi della mia infanzia, <strong>che</strong> più viva mi torna alla<br />
mente, soprat<strong>tutto</strong> per il gran senso <strong>di</strong> tristezza <strong>che</strong> mi metteva<br />
dentro già allora; ed an<strong>che</strong> ora <strong>che</strong> ne scrivo provo <strong>un</strong>o strana<br />
ed accorata malinconia. La guerra era finita da poco e fame in<br />
giro ce n'era tanta. Ricordo <strong>che</strong> c'era sempre <strong>un</strong> gran nugolo <strong>di</strong><br />
ragazzini malvestiti <strong>che</strong> seguiva da presso ogni corteo nuziale<br />
e <strong>che</strong> poi si assiepava vociante all'uscio della casa della<br />
sposa; e ricordo <strong>che</strong> qualc<strong>un</strong>o da <strong>un</strong> balcone, dopo <strong>che</strong> tutti gli<br />
invitati erano entrati in casa, buttava loro dei confetti e delle<br />
monetine. Immagino <strong>che</strong> fosse <strong>un</strong> gesto per augurare<br />
ric<strong>che</strong>zza e benessere ai nuovi sposi. Ma a me quei bambini ai<br />
quali si buttavano delle monetine facevano <strong>un</strong>a gran pena. Non