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di Letizia Chilelli - Campo de'fiori

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20<br />

<strong>Campo</strong> de’ fiori<br />

Tesori d’Arte<br />

San Pietro - Via della Conciliazione<br />

“La bellissima facciata della basilica <strong>di</strong> San<br />

Pietro, splen<strong>di</strong>do esempio barocco del<br />

Maderno, andava sfortunatamente a<br />

coprire, a chi si accingeva ad entrare in<br />

chiesa, la magnifica cupola <strong>di</strong><br />

Michelangelo, simbolo del collegamento<br />

tra cielo e terra. Fu per risolvere questo<br />

problema che il Bernini ideò il colonnato<br />

che forma l’attuale piazza San Pietro. I<br />

due bracci, che idealmente avvolgono la<br />

cristianità intera, avevano soprattutto il<br />

compito <strong>di</strong> “spostare” l’accesso alla chiesa<br />

più avanti, ridando in tal modo alla cupola<br />

quella monumentalità che la <strong>di</strong>stingue su<br />

tutta Roma.”<br />

Ancora oggi ricordo quella lezione <strong>di</strong> storia<br />

dell’arte, così determinante per le scelte<br />

future <strong>di</strong> una giovane liceale. Per anni propensa<br />

al giornalismo e alla letteratura,<br />

proprio nei mesi decisivi per le scelte universitarie,<br />

il giro <strong>di</strong> boa: non più i testi<br />

classici, non le lettere antiche, che comunque<br />

rimarranno col tempo passioni trasversali,<br />

ma la matematica e l’arte del<br />

costruire, lo stu<strong>di</strong>o dei monumenti e la<br />

tutela dell’ambiente.<br />

Una scelta <strong>di</strong>fficile, per chi non aveva mai<br />

preso una matita in mano, ma mai rimpianta,<br />

nonostante le lunghe notti passate<br />

al tavolo da <strong>di</strong>segno, in compagnia <strong>di</strong><br />

un’instancabile ra<strong>di</strong>o.<br />

Durante gli anni universitari poi la ricerca<br />

<strong>di</strong> un compromesso tra l’interesse per l’architettura<br />

moderna e la stima per le gran<strong>di</strong><br />

opere del passato, le cui tracce indelebili<br />

sono così vive in un museo all’aperto<br />

quale è la città <strong>di</strong> Roma.<br />

Da qui la scelta del restauro dei monumenti<br />

, due anni <strong>di</strong> specializzazione durante<br />

i quali finalmente viene trovato quel<br />

compromesso. Sì, perché restauro è<br />

rispetto del passato, è riconoscimento dell’eccezionalità<br />

<strong>di</strong> un evento creativo ma è<br />

anche architettura esso stesso.<br />

Il concetto <strong>di</strong> restauro trova le sue ra<strong>di</strong>ci in<br />

un passato molto lontano, se si pensa che<br />

già il faraone Sethi II nel tempio grande <strong>di</strong><br />

Abu Simbel consolida con un supporto<br />

murario il braccio caduto della statua del<br />

suo predecessore, il faraone Ramses II.<br />

Forse Sethi II è legato al rispetto <strong>di</strong> un’immagine<br />

simbolica che va ben oltre la pietra<br />

ed è lungi da quel rispetto del passato<br />

e della sua storicità che è acquisizione<br />

moderna del restauro, ma ciononostante è<br />

un esempio <strong>di</strong> come gli uomini <strong>di</strong> tutti i<br />

tempi si siano sempre e comunque trovati<br />

a stabilire un rapporto, spesso contrastante,<br />

con il passato, con ciò che i nostri padri<br />

prima <strong>di</strong> noi hanno realizzato e che ne è<br />

poi <strong>di</strong>ventato un’immagine <strong>di</strong>stintiva nel<br />

tempo.<br />

Quante volte, <strong>di</strong> fronte ai gran<strong>di</strong> monumenti<br />

del passato, viene spontaneo chiedersi<br />

come in tempi più antichi si siano<br />

potute concepire opere che sono <strong>di</strong>venute<br />

spesso simboli delle nostre città!!<br />

Quello che spesso ci sfugge è che la nostra<br />

epoca è parte <strong>di</strong> una catena, è futuro<br />

rispetto al passato e, così facilmente,<br />

<strong>di</strong>venta passato per il futuro. Al <strong>di</strong> là del<br />

gioco <strong>di</strong> parole, quel che vorrei trasmettere<br />

è che quelli che per noi sono “monumenti”<br />

nascono in realtà per sod<strong>di</strong>sfare le<br />

esigenze quoti<strong>di</strong>ane <strong>di</strong> uomini vissuti in<br />

un’altra epoca e, allo stesso modo, le<br />

nostre strutture, così moderne, così lontane<br />

per noi dallo splendore passato, <strong>di</strong>venteranno<br />

in futuro testimonianza del nostro<br />

modo <strong>di</strong> vivere, <strong>di</strong> un’epoca che, al pari<br />

Il Tempio <strong>di</strong> Abu Simbel<br />

Arch. Cristina Collettini<br />

delle altre, avrà contribuito al progre<strong>di</strong>re<br />

dell’umanità sulla terra.<br />

Perché restauriamo una chiesa, una villa<br />

romana, così come un <strong>di</strong>pinto, una scultura<br />

o i corre<strong>di</strong> funebri delle tombe etrusche?<br />

Vogliamo cercare <strong>di</strong> strapparle al<br />

tempo, farle rivivere, ma soprattutto<br />

vogliamo trarre da queste opere il loro<br />

significato più grande, quello <strong>di</strong> “testimonianza<br />

storica”. Sì, perché la chiesa, la<br />

villa, il <strong>di</strong>pinto, la scultura, il corredo funebre,<br />

e la lista potrebbe continuare ancora,<br />

sono come le pagine <strong>di</strong> un libro <strong>di</strong> storia,<br />

in grado <strong>di</strong> raccontarci dei nostri antenati<br />

e <strong>di</strong> permetterci <strong>di</strong> comprendere meglio<br />

quello che oggi siamo e come lo siamo<br />

<strong>di</strong>ventati.<br />

Di tutto ciò si dovrebbe tener conto quando<br />

si affronta il restauro <strong>di</strong> un’opera d’arte,<br />

coscienti che restaurare non vuol <strong>di</strong>re<br />

ricostruire ex novo, restaurare vuol <strong>di</strong>re in<br />

primo luogo comprendere l’opera, collocarla<br />

nel suo contesto storico, rendere<br />

esplicite tutte le notizie sul passato che<br />

esso ci trasmette. Il restauro è anche, o<br />

forse soprattutto, coscienza, perché intervenire<br />

male su un monumento, vuol <strong>di</strong>re<br />

alterare le fonti storiche o, ad<strong>di</strong>rittura,<br />

perdere una testimonianza del passato.<br />

Attraverso questo spazio vorrei sensibilizzare<br />

i lettori su questo tema così <strong>di</strong>ffuso e<br />

attuale ma purtroppo soggetto a tanta<br />

superficialità, come <strong>di</strong>mostra lo scempio<br />

dei ripristini <strong>di</strong> cui è oggetto buona parte<br />

del nostro patrimonio storico, affinchè il<br />

passato non sia avulso al nostro vivere<br />

quoti<strong>di</strong>ano, ma elemento <strong>di</strong> <strong>di</strong>alogo in cui<br />

il nuovo e l’antico possono convivere senza<br />

entrare in competizione tra loro.

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