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di Letizia Chilelli - Campo de'fiori

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<strong>di</strong> Sandro Anselmi<br />

<strong>Campo</strong> de’ fiori 51<br />

Una “Fabrica” <strong>di</strong> ricor<strong>di</strong><br />

storie e immagini <strong>di</strong> Fabrica <strong>di</strong> Roma<br />

Il ribollir dei vini<br />

Finita la raccolta<br />

delle nocciole, esse<br />

erano state essiccate<br />

al sole ed imballate<br />

nei sacchi <strong>di</strong><br />

iuta che, riempiti<br />

fino all’orlo, erano<br />

stati cuciti con lo<br />

spago e poi stipati<br />

nei magazzini.<br />

L’ultima frutta dell’estate<br />

era stata<br />

consumata, insieme<br />

ai primi grappoli d’uva, in compagnia dei<br />

“tozzetti” e dei “cazzotti” sulle tavole imban<strong>di</strong>te<br />

delle Feste Patronali dei SS Matteo e<br />

Giustino e, tutta quella che restava, veniva<br />

trasformata in succhi <strong>di</strong> frutta e marmellate<br />

che le donne, con pazienza e sapienza, preparavano<br />

ogni anno per l’inverno. Le dosi<br />

erano sempre quelle e la conservazione classica<br />

“a bagno Maria”. Era oramai tempo <strong>di</strong><br />

vendemmia ed allora quasi tutto il paese si<br />

mobilitava per quella raccolta che era, senza<br />

dubbio, la più laboriosa <strong>di</strong> tutte. Nelle cantine<br />

si incominciavano a preparare i tini, le<br />

botti, i bigonci, la barella per trasportarli, la<br />

macchina per macinare l’uva ed il torchio.<br />

Tutto veniva perfettamente lavato e, nelle<br />

botti gran<strong>di</strong>,<br />

vi si entrava<br />

ad<strong>di</strong>rittura<br />

dentro per<br />

spazzolarle<br />

con la brusca<br />

e, poi,<br />

v enivano<br />

sciacquate<br />

ruotandole<br />

pian piano.<br />

La persona<br />

più esperta<br />

e <strong>di</strong> buon<br />

olfatto, si<br />

assicurava<br />

che alla fine<br />

dell’operazione,<br />

non<br />

Antonio Santini<br />

vi fossero<br />

più odori <strong>di</strong><br />

muffe, <strong>di</strong> rasine, <strong>di</strong><br />

aceto… ed essa<br />

era chiamata un<br />

po’ da tutto il vicinato<br />

perché esprimesse<br />

il suo giu<strong>di</strong>zio.<br />

Venivano<br />

accesi per ultimo<br />

degli zolfanelli,<br />

dentro le botti,<br />

perché risultassero<br />

così idonee alla<br />

conservazione del<br />

vino. Per le piccole<br />

riparazioni alle<br />

doghe, provvedevano<br />

<strong>di</strong>rettamente<br />

i conta<strong>di</strong>ni con<br />

l’applicazione <strong>di</strong><br />

cemento che riusciva<br />

a tappare le<br />

piccole falle, ma per i danni più gran<strong>di</strong> si<br />

doveva ricorrere al “bottaro”. C’era allora nel<br />

paese un personaggio molto noto che svolgeva<br />

con esperienza questa attività ed esso<br />

era Antonio Santini, detto “o bottaro”. Era in<br />

via dell’Asilo dove allora c’erano molti negozi<br />

e molte botteghe artigiane, dal calzolaio, al<br />

ven<strong>di</strong>tore <strong>di</strong> varechina e saponi, al “molinaro”<br />

che vendeva la farina, all’orefice. Antonio<br />

aveva bottega proprio davanti al monastero<br />

delle suore e lavorava quasi sempre per strada,<br />

davanti al suo ingresso, per via della<br />

mole delle botti che doveva riparare. Doveva<br />

cambiare le doghe rovinate, forgiare i cerchi<br />

logorati e calibrarne la scampanatura, conoscendo<br />

bene il mestiere del fabbro e quello <strong>di</strong><br />

maestro d’ascia. La fucina era sempre accesa<br />

ed il ferro battuto con forza, sprigionava<br />

luminose scintille, meraviglia dei bambini<br />

che, appena usciti dall’asilo delle suore, si<br />

fermavano, curiosi, a guardare. Era un uomo<br />

corpulento e deciso ma, quando suonava il<br />

clarino nella banda del paese, addolciva il<br />

suo carattere soffiando con grazia nello strumento<br />

e, siccome era anche il riven<strong>di</strong>tore<br />

ambulante della sua rinomata porchetta, che<br />

fu la prima del paese, veniva spesso invitato<br />

ad eseguire la Polka, con il concertino della<br />

banda, che venne ribattezzata così “la<br />

Antonio e Floro al lavoro<br />

Porchetta <strong>di</strong> Antonio”. La sua famiglia ha proseguito<br />

con la musica e con il legno e tutti i<br />

suoi componenti hanno militato, ed alcuni<br />

militano ancora, nella banda del paese e tutti<br />

invece, sono occupati presso l’omonimo<br />

mobilificio.<br />

Antonio ed Emilio Santini<br />

al banco della porchetta

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