I MANOSCRITTI DEL MAR MORTO E IL CRISTIANESIMO PRIMITIVO
I MANOSCRITTI DEL MAR MORTO E IL CRISTIANESIMO PRIMITIVO
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avere qualche debito nei confronti dei riti e delle credenze di altre religioni più<br />
antiche.<br />
Il rito della "discesa nella morte" è forse l'elemento più importante che<br />
accomuna tutte le spiritualità iniziatiche precristiane e non poche di quelle che<br />
ancora esistono in altre aree culturali del pianeta. Infatti molte filosofie<br />
insegnano, e ancor più hanno insegnato nel passato, che l'uomo non può<br />
conoscere le verità spirituali attraverso l'utilizzo dei suoi sensi ordinari o delle<br />
facoltà della mente intellettiva. Secondo queste discipline è proprio il ritiro<br />
dall'utilizzo delle facoltà fisiche e psichiche del corpo e del cervello che<br />
consente all'uomo la conoscenza della natura di fondo del proprio essere e<br />
della causa causarum, ordinariamente nascoste dalle apparenze illusionanti<br />
dei sensi e della mente. Naturalmente questa non è la sede per affrontare una<br />
discussione teologica sui contenuti di queste credenze. A noi basta porre<br />
l'attenzione sul fatto che il cristianesimo ha sempre energicamente rifiutato<br />
queste concezioni.<br />
Al contrario, l'idea fondamentale delle discipline iniziatiche attribuisce grande<br />
importanza alla realizzazione di una visione interiore illuminante, anche<br />
attraverso stati di coscienza alterati che possono essere il frutto della<br />
meditazione intensa, dell'ipnosi, della trance autoindotta, persino<br />
dell'esperienza connessa con una catalessi provocata, una morte temporanea<br />
da cui l'adepto deve poi resuscitare. I conoscitori e i seguaci del buddismo non<br />
avranno alcuna difficoltà a comprendere queste mie parole, dal momento che<br />
Buddha stesso, protagonista di una illuminazione, invita i suoi fedeli a cercare<br />
questa condizione di conoscenza superiore.<br />
In tempi attuali abbiamo una autentica testimonianza di questo rito della<br />
discesa nella morte, sopravvissuta all'opera del tempo che cambia le culture.<br />
Mi riferisco ad una pratica straordinaria, in uso presso gli adepti dello yoga<br />
tantrico indiano, che porta il nome di kechari mudra. Essa può essere<br />
compiuta esclusivamente da iniziati esperti, poiché non solo è molto difficile,<br />
ma è estremamente pericolosa. Consiste nel realizzare una sospensione<br />
prolungata del respiro, che però non porta al decesso fisico, bensì ad una<br />
catalessi guidata in cui il metabolismo corporeo si abbassa producendo una<br />
condizione di morte apparente. La cosa è stata controllata più di una volta dai<br />
fisiologi occidentali, i quali hanno dovuto constatare le straordinarie capacità<br />
degli yogi che la praticano. Qualcuno di costoro si fa addirittura seppellire sotto<br />
un metro e più di terra. Alla fine di tutto, dopo ore o giorni, l'adepto riprende<br />
conoscenza e torna alla vita normale, proprio come un autentico resuscitato.<br />
Anche la capacità di operare miracoli di resurrezione sembra non essere una<br />
prerogativa esclusiva del presunto fondatore del cristianesimo, ma appartiene<br />
agli iniziati di tante altre religioni.<br />
Perché, ci possiamo domandare noi, questo desiderio di affacciarsi sull'al di là<br />
era così comune nell'universo delle spiritualità antiche? In parte abbiamo già<br />
risposto, quando abbiamo accennato brevemente all'esperienza illuminante<br />
che consiste nel superamento del limiti sensoriali e mentali della coscienza<br />
ordinaria, in parte lasceremo che siano i versi di un antico scritto indù a<br />
risponderci ulteriormente:<br />
"…lasciate ora che vi parli dell'eccelsa disciplina del samadhi, che<br />
mette fine a questa esistenza mortale, porta alla felicità ed elargisce<br />
quella suprema beatitudine che è il Brahman… come il sale, sciolto<br />
file:///Y|/News/Letteratura/(e-book%20ITA)%20-%20Van...Scritture/documenti%20mar%20morto/files/premesse.htm (15 di 22)10/03/2005 20.49.44